John Dewey: il bambino deve costruire esperienze
Contemporaneo di Maria Montessori e affine alla pedagogista italiana per pensiero educativo e didattico, John Dewey è poco conosciuto in Italia, ma le sue idee piaceranno molto a chi trova il metodo montessoriano tra i più interessanti.
Veniva dagli Stati Uniti, e la sua filosofia iniziò a prendere piede negli anni Venti, proprio come avvenne per la nostra Maria nazionale. La sua pedagogia si fondava sul concetto di "esperienza", ed è anche grazie ad essa se i bambini hanno iniziato ad essere considerati protagonisti della propria educazione!
Ecco l'approccio pedagogico di John Dewey: il bambino deve costruire esperienze
Tra i meriti di Montessori e Dewey, sicuramente al primo posto sta la loro lotta per modernizzare e democratizzare la scuola pubblica (nella quale i bimbi erano sostanzialmente attori passivi in un ambiente in cui la star era l'istruzione in sé, non relazionata agli studenti). E da darwinista e pragmatista convinto, Dewey, alla stregua di Maria Montessori, ha voluto fondare questa democratizzazione della scuola (oltre che sulla convinzione dell'uguaglianza di tutti gli alunni) sul concetto di esperienza diretta del bambino, fautore delle proprie conoscenze attraverso il rapporto con il mondo circostante.
L'"esperienza" teorizzata da Dewey vuole far sì che il bambino costruisca il suo sapere attivamente, toccando con mano ciò che impara, in modo da lasciare indietro ciò che ha conosciuto teoricamente per tenersi stretto ciò che ha processato concretamente.
Questa esperienza, che si caratterizza anche come esperienza "sociale", deve fondarsi su tre fondamentali punti.
1. Il primo è la continuità: ai bambini deve essere infatti assicurata costantemente la possibilità di fare esperienza del mondo. Attraverso gli insegnamenti concreti, i piccoli creano delle abitudini e dei comportamenti continui che gli permettono di volta in volta di interagire con il mondo. Se l'esperienza viene interrotta, allora fallisce l'intento educativo, in quanto si rischia di rimanere bloccati solo sugli insegnamenti precedenti, che invece devono risultare come una concatenazione continua e costante.
2. Il secondo punto imprescindibile è la crescita. L'esperienza ha uno scopo, che è appunto il progresso. Quando l'esperienza crea un blocco, allora non ha senso. Gli insegnamenti devono essere sempre propedeutici a nuove esperienze (imparare a leggere e scrivere è la base per giungere a molti altri apprendimenti, ad esempio!), quindi è bene stare attenti a non creare comportamenti statici e inibitori che ostacolino nuove esperienze.
3. Il terzo punto riguarda l'interazione, che può essere intesa tra passato, presente e futuro e tra individuo e ambiente. Quello del "passato, presente e futuro" è un concetto che vuole far sì che l'educazione non neghi il suo passato: facendo esperienza del presente si può comprendere il passato per un futuro migliore; mentre il secondo, che vuole mettere in relazione individuo e ambiente, è pensato da Dewey come processo per armonizzare la psicologia individuale della persona (il bambino) e l'ambiente sociale che la circonda.
In concreto, quando si tratta di educazione, l'esperienza secondo Dewey deve essere assicurata dall'educatore attraverso una coniugazione tra il soggetto (il bambino) e l'oggetto (l'insegnamento); e questa coniugazione è possibile, appunto, solo tramite l'esperienza.
Essendo il bambino in costante interazione con l'ambiente che lo circonda, questo ambiente deve essere integrato nel processo educativo, che parte così dalle esperienze quotidiane che il bimbo vive ogni giorno. E pian piano ciò che i piccoli imparano sulla loro pelle può venire reso più prettamente scolastico, in maniera organizzata.
Un pensiero filosofico e pedagogico davvero all'avanguardia, pur con il suo secolo di vita, che se integrato con quello montessoriano può dare vita ad approcci pedagogici innovativi che si fanno prima di tutto garanti dell'individualità e dell'indipendenza dei nostri bambini.
Sara Polotti