Il parto in acqua: cos'è, quando è possibile farlo e quali sono i benefici
Sempre più donne scelgono il parto in acqua, una pratica che sta conquistando il suo posto tra le opzioni offerte dagli ospedali italiani. Grazie ai numerosi benefici, non è più considerata una procedura alternativa ma una valida opportunità per un'esperienza meno traumatica e più naturale.
Cos’è il parto in acqua e come funziona?
Il parto in acqua avviene immergendo la mamma in una vasca riempita con acqua calda a circa 37 gradi. L'immersione può avvenire durante il travaglio, il parto vero e proprio o entrambi, a seconda delle politiche dell'ospedale. L'obiettivo principale è rendere più dolce il passaggio del neonato dall'ambiente liquido del grembo materno all'esterno, riducendo il trauma della nascita.
Contrariamente a quanto si possa temere, il bambino non rischia di ingerire acqua o soffocare, poiché inizierà a respirare solo una volta a contatto con l’aria.
L'ostetrica supervisiona l'intero processo, monitorando costantemente sia la mamma che il bambino per garantire sicurezza e benessere.
I benefici del parto in acqua
Scegliere il parto in acqua offre numerosi vantaggi, sia per la mamma che per il bambino:
- Effetto analgesico naturale: l'acqua calda aiuta a rilassare i muscoli, riducendo il dolore e lo stress.
- Maggiore rilassamento: il calore stimola la produzione di endorfine, riducendo gli ormoni dello stress.
- Libertà di movimento: la riduzione della gravità consente alla mamma di assumere posizioni più comode e naturali, favorendo la progressione del travaglio.
- Meno lacerazioni: i tessuti si distendono meglio, diminuendo il rischio di episiotomie e lacerazioni nella fase espulsiva.
- Travaglio più veloce: i tempi di dilatazione e parto possono ridursi di 30-40 minuti rispetto a un parto tradizionale.
Anche il papà può spesso partecipare, immergendosi nella vasca per offrire supporto emotivo e fisico alla mamma, dove consentito.
Quando è possibile optare per il parto in acqua?
Non tutte le gravidanze sono idonee per il parto in acqua. Ecco le condizioni principali:
- Gravidanza a basso rischio, senza complicazioni.
- Tampone vaginale effettuato a 36 settimane con esito negativo.
- Nessuna patologia pregressa o problema durante il travaglio.
- Scelta condivisa e approvata dall’ostetrica che segue il parto.
In alcuni ospedali, la mamma può entrare in acqua solo a dilatazione avanzata, mentre in altri è possibile immergersi già dalle prime fasi del travaglio. È fondamentale informarsi in anticipo sulle procedure della struttura prescelta.
Come si svolge il parto in acqua?
Una volta iniziato il travaglio, la mamma entra in una vasca spaziosa con acqua calda. Qui può:
- Muoversi liberamente per trovare la posizione più comoda.
- Uscire dalla vasca in qualsiasi momento, se necessario o richiesto dall’ostetrica.
- Ricevere supporto dall’ostetrica o dal partner, che può massaggiare la zona lombare o suggerire movimenti.
Durante la fase espulsiva, l’ostetrica interviene solo se necessario, lasciando che il bambino nasca spontaneamente in acqua. Dopo il parto, il neonato viene sollevato dall’acqua e posizionato sul petto della mamma. La decisione di espellere la placenta in acqua o fuori spetta alla mamma e all’équipe medica.
Sicurezza e controindicazioni
Il parto in acqua è sicuro per le gravidanze fisiologiche. I rischi sono paragonabili a quelli di un parto tradizionale, purché vengano rispettate tutte le indicazioni mediche.
Non è raccomandato in caso di:
- Parto prematuro o problematico.
- Gravidanza gemellare o presenza di complicazioni come il diabete gestazionale.
- Febbre o infezioni attive nella mamma.
Grazie alla supervisione costante dell’ostetrica o dell'ostetrico, ogni aspetto viene attentamente monitorato per garantire un’esperienza serena e sicura.
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