Non guarirai in tre giorni: ossia quando lui è malato
Durante le caldi e afose giornate estive milanesi ci capita di pensare alla frescura invernale. Io a volte lo faccio, dicono che pensare “fresco” induca il corpo ad avere meno caldo, la mente controlla tutto… sti cazzi manco per niente, anzi quando riapri gli occhi ti pare di essere stata leccate da una super gigantesca lingue che ha mangiato una caramella, con quella sensazione di appiccicaticcio che ti ricopre il corpo, e la mente nulla può. Sembra impossibile come a distanza di pochi mesi ci troviamo dallo sventolarci le ascelle, indossare meno vestiti possibili, bere come cammelli ad imbacuccarci con strati di maglioni di pile, dormire come ghiri e sostituire il ghiacciolo alla minestrina; alla fine sono le magie della natura, i cicli stagionali, ma a volte li sottovalutiamo, è una roba meravigliosa.
Comunque arriva l’inverno e noi lo aspettiamo, e mentre lo aspettiamo parliamo di giornate a leggere sul divano accoccolate con un plaid, bere una cioccolata calda con le amiche, scaldarsi una zuppa bollente quale confort food, vegetare riguardando vecchi film mentre fuori c’è quell’atmosfera un po’ ovattata magari data dalla neve.
Nulla di più sbagliato. Pensieri romantici che ai primi freddi vacillano, per poi scomparire del tutto: quando scompaiono? Non so … direi…alla prima ghiacciata e voi dovete alzarvi prima per sbrinare la macchina come si fa col frizzer, alla neve che da ovatta morbida e candida che cade sofficemente dal cielo, vi ritrovare a camminare in una puciacca grigiastra a bordo strada, ghiacciata sui marciapiedi e rovinosamente pericolosa sulla carreggiata stradale, dopo un tot di giorni in cui dovete per forza cucinare e spignattare, perché d’estate con una bella macedonia di frutta ti fai un pranzo, un’insalatona o un pinzimonio ti risolvono, una valanga di insalata di pasta fredda o riso, lo cucini una volta e per qualche giorno lo condisci solo in maniera diversa, così vivi di rendita, d’inverno tutto ciò di cui hai voglia è roba che ha cotto e bollito, che sia fumante ed avvolgente e quindi ci tocca stare più tempo ai fornelli.
La cosa che maggiormente ci fa temere la stagione fredda sono…. I MALANNI.
Quando poi ad ammalarsi è il marito, la tua sanità mentale andrà letteralmente a farsi f…… friggere.
Lo so perché in questi giorni mio marito si è beccato il classico stato di raffreddore, tosse, mal di gola, una tragedia vera, una di quelle robe insuperabili, una prova di sopravvivenza… no non per lui… per me.
TU…
Inizi con un leggero pizzicorino alla gola, una robina sottovalutabile, poi senti come le formiche nel naso… Il giorno dopo sei con i dolori alle ossa e stato febbrile. Poi tosse e mal di gola, non riesci a deglutire nemmeno la saliva e il medico ti prescrive quelle bombe di antibiotico grandi come noci da deglutire con un bicchiere di acqua, l’ultima volta per poco non litigo con il farmacista, poveretto… “scusi hanno messo il pasto per gli astronauti in una pillola piccola piccola, ho le placche in bocca, le tonsille in fiamme e la bronchite, ste robe che dovrei cacciarmi giù sono più grandi delle supposte, come devo fare?! Non potevate farle più piccole, sminuzzabili, bevibili, per endovena?”. Poi ti viene il raffreddore, ti tappi così tanto che respiri a bocca aperta giorno e notte, hai la bocca secca e la lingua così arida che sembra di cartavetrata, ti cola la candela ed essendo tappata non riesci nemmeno a tirare su il moccio, continui a soffiarti il naso fino a farti sanguinare la pelle sopra le labbra, la bocca si screpola e nessuna crema o fumenti ti danno sollievo. Di giorno vivi in una bolla, con la testa ovattata, la notte non dormi e non respiri, ti trascini che sei uno straccio, ti senti pure sporca, sciatta, il trucco ti cola al bordo degli occhi e solo una passata di calcestruzzo può coprire quel malsano colore grigiastro della pelle e il rossore che rende il tuo naso simile a quello di Mastrociliegia. Poi se proprio sei tanto tanto fortunata un po’ di passa, diciamo nel giro di soli quindici / venti giorni, inizi a ritornare alla realtà, sei però debilitata e spossata e… ti attende il virus gastrointestinale.
Io sono una che non vomita (come i conigli), mi sarà capitato forse due volte nella vita, logicamente entrambe ero nel posto sbagliato ed al momento sbagliato, ma tant’è. Io vivo con la nausea, mi si attorcigliano le budella, mi si rivolta lo stomaco, mi si capotta la bile, cambio colore in faccia, sudo come una fontana, ma niente, non vomito, resto con questa terribile sensazione dell’ “andrà su o giù” per un paio di giorni. Io sono una da squaraus, diarella, squarella, sciolta… insomma io gli do di cagarella. E detto così pare una roba, ma vissuta è tutta un’altra storia. Perché appena senti i primi dolorini, quando le budella ti brontolano dentro e senti quel rumore nella pancia simile a quando viene su il caffè dalla moka… ecco, in quel preciso istante o sei seduta sulla tazza o è troppo tardi. Caghi così tanto che ad un certo ti chiedi se sia umanamente possibile avere in corpo tutta quella roba, ti senti pulita dentro come dopo una lavanda gastrica ma non sei per nulla bella fuori, se becchi quello brutto che ho fatto io l’anno scorso sono stata due giorni a luglio in compagnia di quello che io ho ribattezzato “lo spruzzo anarchico” e dico davvero spruzzo e dico davvero anarchico. Mi sono cambiata più mutante e pantaloncini di un asilo nido, me le sono fatta letteralmente addosso quattro volte, ormai al secondo giorno pensavo non avrei mai più ripreso possesso delle mie facoltà corporali, succedeva tutto così, senza che nemmeno me ne accorgessi, non potevo manco stare seduta sul divano per paura di scagazzarlo, vivevo con i pannoloni, non gli assorbenti, mi sembrava di essere la donna da esorcizzare in un film dell’orrore, poi piano piano è passato, sono stata attenta all’alimentazione per qualche giorno, disidratata, col culo in fiamme, mi è venuta la cistite che me la sono trascinata per tre mesi e… non ho perso manco un etto. E ho cercato di arrabattarmi al meglio facendo quello che potevo in casa (logicamente mi sono rassegnata a non poter uscire fino alla guarigione, pe evitare imbarazzanti scene il pubblico). Ma tant’è, tra un virus e l’altro come si dice the show must go on.
LUI…
Inizia già a lamentarsi che gli sembra di sentire una parvenza di sintomi tipo un leggero bruciore di gola e il naso che pizzica, ma nel frattempo beve a canna dalla bottiglia dell’acqua, ti russa addosso, smoccia i fazzoletti e li abbandona per casa come armi potenzialmente letali, per vedere se riesce proprio ad attaccartela. Anche i sintomi più leggeri lo fanno trascinare per casa come uno zombie, lamentoso come la sirena di un allarme, brontolone come una pentola a pressione; e tu che cerchi di rincuorarlo che è solo un raffreddore e dall’altra parte preghi te stessa di trovare la forza di non ucciderlo nel sonno, cerchi di curarlo con lo sciroppino miele / zenzero, spremute di agrumi ed alla fine cedi, pur di non sentirlo lo imbottisci di medicinali nella speranza che cada nel sonno della Bella Addormentata, nel frattempo si appalesano anche a te i primi sintomi ma ti dai forza “no, è solo suggestione” ti ripeti… e intanto che tu peggiori visibilmente fino a ridurti un’ameba lui… lui guarisce in tre giorni, dopo aver sternutito addosso a te tutti i suoi microbi e gli continui a ripetere come un mantra “puoi metterti la mano davanti alla bocca”.
Ma così è, lui si ammala e guarisce con la stessa velocità con cui tu capisci che te la stai buscando, con i microbi che ti aspettano, bastardi, silenti e latenti, pronti ad esplodere solo nel momento giusto, perché il minimo è che proprio in quei giorni avrai due riunioni importanti e non potrai mancare in ufficio, i bambini avranno una recita a scuola o la gita che tanto aspettavano, tua madre ti chiederà di essere accompagnata a fare la spesa al centro commerciale e tutti gli sbalzi di temperatura a cui sarai sottoposta non faranno che far letteralmente fermentare tutti i bacilli nel tuo corpo, fino all’esplosione massima di venerdì verso le 18 di sera, pronta per il tuo weekend che ti passerai così, cucinando, pulendo e spignattanto, badando alla casa al marito ai bambini a tutti tranne che a te stessa, con la testa in una bolla e tutti i contorni del caso, e mentre trascini le pantofole per casa lui ti guarda stravaccato sul divano e dice… “cos’hai? Stai male? Vedi di non attaccarmela che l’ho appena fatta!” … Lunedì si riparte con la certezza che no, tu non guarirai in tre giorni…