Bambini e disabilità, parlarne per non renderla tabù e promuovere l’accessibilità
Il dialogo è fondamentale in ogni aspetto della vita. L’educazione di un bambino si fonda su esempio e su dialogo, e non ci stancheremo mai di ripeterlo. Ma il dialogo non va intrapreso solo per le questioni quotidiane o per esprimere le emozioni a fondo. Il dialogo è la chiave dell’educazione e va applicato su ogni aspetto della vita e della società.
Parlare con i bambini a cuore aperto e senza stupidi paternalismi è insomma importantissimo: l’educazione sessuale, l’accoglienza dell’altro, l’empatia, il no al razzismo, i pericoli del bullismo… Sono tutti argomenti di cui i genitori dovrebbero parlare apertamente con i bambini, sempre, e non solo quando crescono. Ma c’è anche un altro argomento che ci sta a cuore e che dovrebbe entrare nei discorsi in famiglia: la disabilità.
Parlarne subito fa bene, così come parlare dell’accessibilità e di tutti quegli strumenti che aiutano tutti a vivere una vita semplice: scivoli e passerelle, ascensori, bagni dedicati, montascale disabili, sedie a rotelle… I bambini le vedono, e giustamente si fanno domande. E a queste domande noi dobbiamo rispondere, in maniera chiara, naturale e senza tabù. Perché la disabilità sta negli occhi di chi guarda, e se chi guarda intende la disabilità come qualcosa di cui non avere paura o come qualcosa che non mette a disagio, allora le barriere cadono.
Ma come fare per spiegare la disabilità ai bambini? E come fare per rendere la vita accessibile a tutti?
Bambini e disabilità, parlarne per non renderla tabù e promuovere l’accessibilità: come spiegare ai bambini la disabilità e come rendere la vita accessibile a tutti
Non parcheggiare nel posto auto riservato ai disabili. Non occupare i bagni riservati ai disabili. Aiutare chi è in difficoltà, riconoscendo quando invece un disabile non ha bisogno di aiuto perché in grado di fare da solo, proprio come noi (cosa c’è di strano?). Sono tutte piccole regole che possiamo insegnare ai nostri bambini, elencandole ma soprattutto mostrandogliele, facendo noi per primi ciò che professiamo.
Sono regole giustissime, ma che vanno date solo nel momento in cui i bambini sanno di cosa parliamo. Perché nei loro occhi c’è ancora innocenza: quando i bambini vedono la diversità, si chiedono immediatamente e con nonchalance di cosa si tratti (a volte uscendosene con imbarazzantissime affermazioni!). E sta a noi genitori spiegare subito, con naturalezza e tranquillità, la disabilità. Perché la paura della disabilità e della diversità nasce solo dall’ignoranza, ovvero dall’ignorare di cosa si tratti. La conoscenza, invece, distrugge le barriere, azzera la paura e crea inclusione nella maniera più naturale del mondo.
La prima cosa da spiegare, innanzitutto, è che tutti siamo diversi. TUTTI. E che la diversità è una cosa bellissima, e non negativa.
Nella diversità, tuttavia, tutti abbiamo qualcosa in comune: gli occhi, la bocca, la voce, le gambe, i capelli… C’è chi ha problemi, e chi no, e soprattutto c’è chi ha più problemi di altri, ma ciò non significa che dobbiamo allontanarlo. Quel bambino ha bisogno della carrozzella? Magari tu hai bisogno di occhiali, perché le sue gambe non funzionano, così come i tuoi occhi fanno fatica.
Un altro punto da chiarire, sembra strano, ma è il concetto di contagio. I bambini non sanno ancora distinguere tra malattie contagiose e malattie non contagiose, e spesso, anche per discorsi che sentono qua e là, associano la parola “disabilità” con “malattia”. Prima di tutto, quindi, è bene chiarire che la disabilità non è una malattia. E che soprattutto non “si attacca”. Punto. I bambini recepiscono subito questa cosa, e il problema sparisce.
Infine, è fondamentale chiarire il concetto di “disabilità” nelle parole. I bambini devono subito capire che è assolutamente sbagliato e da condannare l’utilizzo delle parole relative alla disabilità come insulto. Secondo, è bene parlare sempre in maniera rispettosa e chiara della disabilità, senza compassione o paternalismo, ma sempre con “normalità”. Perché la disabilità è qualcosa di reale, che c’è, è qualcosa di neutro, non positivo o negativo, non arricchente o svilente. È qualcosa che fa parte dell’essere umano e come tale va trattata.
Sembra poco, ma per l’accessibilità e l’inclusione a volte basta questo. Perché quando un bambino sa cosa sia la disabilità, quando non ha paura di essa, quando la vede come qualcosa di normale nella società, qualcosa di “diverso” che fa parte di un mondo FATTO DI DIVERSITÀ, allora tutto diviene più semplice. Un bambino che conosce la disabilità e non ne ha paura, aiuta gli altri, li tratta con naturalezza, normalmente, li lascia vivere senza pressione, senza compassione e senza differenze di trattamento.