Condividere, un concetto difficile per i bambini che non va forzato
“Condividere” sembra una parola semplicissima. E in effetti lo è, dal nostro punto di vista di adulti. E tuttavia, nonostante la comprendiamo, spesso è difficile metterla in pratica. Non per egoismo, ma perché in effetti nel senso stesso di condivisione c’è un po’ di compromesso.
Provate quindi a pensare a quanto sia difficile per un bambino, se già è difficile per noi. Ecco perché dobbiamo trovare il giusto equilibrio quando si tratta di condividere i giocattoli, gli strumenti da disegno o gli oggetti che stanno usando in un determinato momento con altri bambini ed ecco perché non dovremmo nemmeno spingere troppo alla condivisione. Ma non per un senso semplicemente filosofico o perché “poverini, sono bambini e non capiscono cosa sia la condivisione”, e nemmeno per evitare pianti e urla. No. Semplicemente perché giocare è il lavoro dei nostri bambini e a volte la condivisione è controproducente.
Condividere, un concetto difficile per i bambini che non va forzato: perché è meglio lasciare che i bambini non condividano i loro giocattoli se non gli va e come questo andrà a loro favore per la crescita
I bimbi stanno giocando tra di loro. Uno dei due sta disegnando, l’altro costruendo con i mattoncini. A un certo punto, anche l’altro vuole disegnare e vuole utilizzare proprio la matita che sta usando il primo. Esatto: spesso scatta la tragedia, perché il litigio è dietro l’angolo. A volte i bambini condividono tranquillamente, e questo non accade. Ma, giustamente, se sono impegnati in qualcosa si seccano nel dover porgere l’oggetto all’altro.
Facciamo un passo indietro e per capire mettiamoci nei loro panni: mentre lavoriamo al computer non capita spesso che qualcuno ci chieda il nostro pc, no? E se capita ci infastidiamo anche, giustamente. E se stessimo stirando, ad esempio, se qualcuno ci chiedesse il ferro da stiro proprio in quel momento, per portarcelo via, ci girerebbero le scatole, no? E pensiamo anche solo alla doccia: se la stiamo facendo noi nessuno (solitamente!) entra, buttandoci fuori, perché non ha pazienza di aspettare il suo turno.
Bene: dobbiamo utilizzare questa prospettiva quando vogliamo insegnare la condivisione ai nostri bambini. Ovvero: ci sono momenti nei quali è giusto educarli a questo aspetto nobile e necessario della vita e altri momenti in cui è corretto lasciare che non condividano. E il gioco è uno di questi momenti, perché il gioco è il lavoro di un bambino.
Il messaggio che deve passare è un altro, proprio come accade in molte scuole montessoriane: tutto è condiviso o condivisibile, ma nel momento in cui si è concentrati o si sta lavorando su qualcosa non è giusto fermarsi e lasciare ciò che si sta facendo. Innanzitutto per un motivo di crescita: i bambini stanno imparando in questi anni a concentrarsi e a impegnarsi e distoglierli da ciò che stanno facendo (per quanto per un motivo nobile come la condivisione) è rischioso. Sarà difficile per loro imparare la costanza, se non gliela facciamo provare.
In secondo luogo, questo atteggiamento è producente anche per chi ha bisogno di quel determinato oggetto. Perché la pazienza è un’abilità importante che si impara proprio da bambini e chiedere di attendere un attimo è lecito e anche benefico per chi si ritrova a dover aspettare. Se quella cosa non è disponibile in quel momento, perché un altro bambino la sta usando, l’altro bambino può decidere di aspettare tranquillo, di trovare un’altra soluzione o di cambiare completamente attività, in base a ciò che ritiene giusto o a seconda di cosa ha voglia di fare in quel momento.
La regola, quindi, non deve essere tanto il “non condividere”, che, anzi, è sbagliato. La condivisione è un valore che possiamo insegnare tutti i giorni in mille altre occasioni (e anche attraverso il nostro esempio). La regola che dobbiamo fissare è invece rivolta all’altro, a chi vorrebbe chiedere l’oggetto: se qualcuno è impegnato in qualcosa non disturbiamo e non chiediamo di prestarcelo o passarcelo. Se quell’oggetto sta venendo usato significa che non è disponibile e quindi o attendiamo o cambiamo obiettivo. Prima o poi tornerà disponibile, e solo allora potremo usarlo.
Piano piano i bambini impareranno a frenare la loro impazienza (anche guidati da noi, che faremo un po’ da arbitri tra i due bambini: basterà chiedere all’altro di fare sapere quando ha finito, così da sapere che l’oggetto è disponibile, o fare un esempio di come anche noi dobbiamo attendere il nostro turno sul lavoro), ma acquisiranno anche altre abilità, come il problem solving (trovando altri strumenti che fanno al caso loro in quel momento).
Giulia Mandrino