Se non si prende una sculacciata proprio non la capisce
Spero che la maggior parte di voi, leggendo questo articolo, penserà che i contenuti siano scontati e risaputi e non debba minimamente mettere in discussione la propria modalità educativa. Mi auguro che i pochi genitori che invece si troveranno raccontati in queste righe nel loro stile educativo, possano perlomeno fare una riflessione al riguardo e mettere in discussione il fatto che questi metodi portino veramente all'obiettivo desiderato.
Parliamo di educazione violenta, di metodi che legittimizzano la violenza fisica sul bambino e che la vedono protagonista nella relazione genitori-figlio. Non stiamo parlando di quei genitori a cui ogni tanto scappa la sculacciata, in preda ad un raptus di rabbia ed esasperazione, e che poi si rendono conto di aver fallito nel proprio ruolo genitoriale cercando di recuperare la relazione col figlio attraverso parole e gesti amorevoli. Questo capita praticamente a tutti, siamo esseri umani, ogni tanto sbagliamo e anche dai nostri errori i bambini imparano e noi diventiamo genitori migliori.
Parliamo invece di quegli adulti che utilizzano la violenza come cavallo di battaglia, che sono convinti sia utile e necessaria per educare al meglio i figli, che non la controllano e ne abusano.
Sono una persona piuttosto pragmatica, ragiono per obiettivi e metodi . Mi immagino che come genitori ci si prefigga un obiettivo e si cerchi la strategia più funzionale per il suo raggiungimento. Ci sono però obiettivi a lungo termine e obiettivi a breve termine. Cosa intendo? Come genitori abbiamo sicuramente l'obiettivo comune a lungo termine di far crescere i nostri figli garantendo loro equilibrio, serenità e benessere psico-fisico; poi per ognuno di noi può essere più o meno importante operare per raggiungere altri obiettivi, sempre a lungo termine, che possono assumere per ognuno di noi valenze diverse ma che sicuramente tutti ricerchiamo, come: il fatto che sia educato, rispettoso, che sappia relazionarsi agli altri in modo adeguato, che si "comporti bene", che si impegni nelle proprie attività, che sia autonomo e responsabile...
Ci sono poi le situazioni contingenti da gestire in cui il nostro obiettivo è a breve termine: "ora sta picchiando un altro bambino e io ho l'obiettivo immediato di farlo smettere e fargli capire che quell'azione non è adeguata"; "ora mi sta disubbidendo e rispondendo male e devo fargli capire che deve portarmi rispetto". Esistono metodi educativi che spesso portano ad un immediato successo degli obiettivi a breve termine e contingenti, per cui il bambino smette di picchiare, smette di rispondere male al genitore, ma che non tengono conto dell'effetto che possono arrecare più avanti nel tempo. Certo che se intervengo con la violenza fisica mio figlio smetterà di comportarsi come io non voglio, ma non lo farà perché sta interiorizzando come è bene comportarsi, non lo farà perché mi rispetta, lo farà perché mi teme... perchè io posso provocargli dolore fisico!
Siamo sicuri che così facendo non stiamo ottenendo esattamente il risultato opposto a ciò che ci eravamo prefissati, rispetto agli obiettivi a lungo termine? Può un bambino percosso e umiliato diventare un adulto sereno, equilibrato, con un reale benessere interiore? Dove va tutta la rabbia e il risentimento che patisce mentre viene punito con la violenza? Può veramente una sberla essere un mezzo efficace per il mio macro obiettivo ? Penso che non ci sia bisogno che io scriva la risposta a questa provocazione!
La zia Ignazia, che ha vissuto nel periodo post-bellico, quando ancora le dinamiche emotive dell'infanzia non si conoscevano bene e il mondo dei bambini era secondario rispetto a quello degli adulti, potrebbe rispondere di sì... fino a qualche decennio fa l'obiettivo primario era far diventare i bambini adulti nel più breve tempo possibile, in modo che diventassero lavoratori autonomi e produttivi. Le cicatrici che si portavano poi dentro non erano interesse di nessuno.
Per fortuna la specie umana evolve ed impara dai propri errori, si rende conto che violenza porta violenza e che è indispensabile utilizzare gli strumenti giusti se si vuole veramente raggiungere lo scopo. Reprimere con la forza comportamenti infantili di cui ancora i bambini non conoscono il reale effetto, porta inevitabilmente alla chiusura relazionale e all'allontanamento emotivo. ! Sfido chiunque a sentirsi a proprio agio in una relazione costruita sulla paura e sull'autoritarismo.
Fidiamoci dell'importanza che rivestono le nostre parole e il nostro esempio positivo! Parliamo coi nostri bambini di ciò che ci aspettiamo dal loro comportamento, dell'effetto che questo produce su di noi e sugli altri in termini emotivi, e soprattutto forniamo loro un modello a cui ispirarsi. Comportandoci col nostro bambino con rispetto e pazienza così come vorremmo si comportasse lui, gli diamo un modello da imitare, da seguire e soprattutto da stimare e di cui fidarsi. Avremo così adolescenti abituati al confronto verbale, che si sentono liberi di parlare con noi dei loro vissuti e delle loro esperienze, anche quelle più spiacevoli, che potranno contare su di noi durante il loro cammino di vita. Avremo adulti che sanno come relazionarsi agli altri e che sanno gestire le loro emozioni, perché qualcuno glielo ha mostrato.
So che costa fatica, che non porta a risultati immediati, che ci vuole costanza e pazienza, ma pensiamo all'obiettivo finale, pensiamo oltre!
Dott.ssa Monica Contiero