Niente mimose l’8 marzo, è meglio uno sciopero
No, non vogliamo le mimose. Non le vogliamo perché c’è ancora troppa violenza nei confronti delle donne, troppa discriminazione. E non è un fiore a cambiare le cose. Forse un gesto più concreto può valere di più, può sensibilizzare meglio. Ecco perché l’iniziativa di “Non una di meno” ci piace: uno sciopero femminile di 24 ore per la giornata dell’8 marzo.
Niente mimose l’8 marzo, è meglio uno sciopero: l’invito di “Non una di meno” allo sciopero femminile per sensibilizzare contro la violenza sulle donne nella giornata a loro dedicata
L’iniziativa dello sciopero nel giorno dell’8 marzo non sarà lieve: ad essere coinvolti sono più di 40 paesi nel mondo (anche gli USA, che continueranno la lotta contro Trump iniziata con la Women’s March del mese scorso), che grazie a questo grido silenzioso (ma non troppo) sperano di sensibilizzare finalmente in maniera concreta su un tema a noi molto caro: quello della violenza sulle donne.
Sul sito di “Non una di meno” (l’organizzazione che certamente ricorderete per aver portato in piazza, lo scorso novembre, più di 200.000 persone per manifestare contro la violenza maschile e i femminicidi) c’è il Vademecum di “Sciopero Lotto Marzo”: l’invito è quello a scioperare (fisicamente o metaforicamente), a partecipare ad assemblee dedicate, a organizzare cortei nelle città e a partecipare a flashmob o proteste sul web, il tutto per continuare a tenere vivo questo importante tema.
Lo sciopero, in particolare, è l’iniziativa che più ci colpisce: se davvero tutte lo prendessimo in considerazione, l’eco sarebbe enorme e rilevante! Ecco perché chi vuole è invitata a fermarsi: lavoratrici dipendenti, autonome, pubbliche, ma anche disoccupate e casalinghe. Tutte, per 24 ore, dovranno posare lo strumento di lavoro, con l’assicurazione di essere legittimate da una copertura sindacale (indipendentemente dal fare parte o meno di un sindacato: qui trovate il Vademecum).
E le lavoratrici nel campo della comunicazione? A loro è affidato un altro compito, e cioè quello di unirsi alla mobilitazione scioperando ma anche veicolando, quel giorno ma non solo, contenuti di denuncia contro i media sessisti, quei media che creano pubblicità mercificanti, che esaltano il trash della violenza in tivù e che difendono gli stereotipi più retrogradi.
Lo sciopero è stato proclamato ufficialmente da diversi sindacati (tra cui la CGIL) e ciò permetterà di potersi fermare, per 24 ore, nel giorno dedicato alle Donne per urlare al mondo il proprio supporto alla causa. L’iniziativa arriva infatti alla fine di un percorso che è iniziato lo scorso 26 novembre nelle piazze e che è continuato il 4 e il 5 febbraio a Bologna (quando mille e seicento femministi si sono ritrovati nelle aule di Giurisprudenza per confrontarsi su otto tavoli tematici: lavoro e welfare, femminismo migrante, diritto alla salute sessuale e riproduttiva, educare alle differenze, percorsi di fuoriuscita dalla violenza, sessismo nei movimenti, narrazioni della violenza attraverso i media, piano legislativo e giuridico): ad essere messo in discussione è il piano contro la violenza sulle donne varato nel 2015 dal governo, troppo debole, al quale è stata affiancata la proposta di “Non una di meno” per un Piano Femminista Contro la Violenza.
Astenetevi dunque dal lavoro produttivo e riproduttivo, mercoledì 8 marzo; fate sì che le 24 ore della giornata siano colorate con il nero e il fucsia che distinguono la matrioska simbolo di “Non una di meno”; indossate il vostro “pussyhat”, il cappello rosa con orecchie di gatto che ha contraddistinto la marcia femminile negli Stati Uniti (qui trovate tutto ciò che c’è da sapere, insieme a qualche pattern per cucirvelo da sole!).
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Ma soprattutto, sovvertite l’indecente tendenza degli ultimi anni, quella delle frivole “girls night out” (che si possono organizzare tutte le sere, ma magari l’8 marzo evitiamolo, va’), quella delle serate negli strip club a vedere spogliarelli maschili che, non so a voi, ma a noi fanno solo esclamare un bel “bah...”, quella della giornata della donna intesa come femminismo sbagliato, tutto frufru e mimose, tutto bacini tra amiche e gridolini da ochette. Quello non è femminismo.
“Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo”, è lo slogan dello sciopero. E allora anche a noi viene voglia di metterci a braccia conserte. Finché davvero non capiranno il nostro valore.