Agilità emotiva per i bambini, abbracciare le emozioni
I bimbi piangono e noi che facciamo? Accogliamo giustamente le loro emozioni, li consoliamo, magari li premiamo per dare loro un contentino per superare il momento difficile. Niente di tutto ciò è sbagliato, sopratutto come diciamo sempre le emozioni vanno sempre accolte: e poi sia chiaro, e ognuno aiuta il proprio bambino nel modo in cui gli riesce meglio e soprattutto secondo le modalità che ritiene più adeguate.
Tuttavia c’è un libro che apre gli occhi e spiega, senza imporre nulla, come aiutare il bambino a rapportarsi alla tristezza e in generale allo sconforto, e sopratutto ci insegna che esorcizzare le emozioni negative rendendole quasi un tabù, non sia forse la cosa più costruttiva e giusta per il bambino.
Il libro di cui parliamo si intitola “Emotional Agility”, è scritto dalla psicologa Susan David, e anche se si riferisce alla vita in generale noi riteniamo che possa essere un buono spunto anche per quanto riguarda l’educazione dei nostri figli.
Agilità emotiva, abbracciare le emozioni può aiutare la vita: perché eliminare il dolore non va sempre bene
Essenzialmente, ciò che la dottoressa David mette sul piatto è il fatto che, ok, è innegabile che fare superare una tristezza ad un bambino dà un sollievo immediato, ma le conseguenze sono più sul lungo termine, poiché da adulto il bambino tenderebbe a mantenere questa indole di “cancellare” il dolore.
Ma non è tanto questa cancellazione del dolore ad essere controproducente. Essa, di per sé, non è pericolosa, ma anzi può dare vero sollievo. Ma questa tendenza rifletterebbe l’indole della persona a mettere da parte le emozioni, senza pensare, senza ragionare e senza cercare di risolvere nulla. Insomma, in poche parole: saper affrontare una tristezza fin da piccoli significa diventare persone in grado di ragionare sulle emozioni, persone con elevate doti di problem solving.
Ma non è solo questa incapacità di ragionamento ad essere latente quando si cerca di risolvere subito i dolori. La conseguenza peggiore del non-affrontare è lo stress, psichico ed emotivo: fin d bambini, se ci viene insegnato a soccorrerci subito con una felicità sostitutiva, si crea in noi uno stato di ansia e di stress forse non percepibile al momento, ma che piano piano cresce.
Pensate solo a quando si soffre d’ansia: uno dei primi e basilari esercizi è quello di cercare di capire la fonte dello stato ansiolitico, risalendo al fatto che ha scatenato tutto. Perché? Semplicemente perché questo fatto non lo si è vissuto, non lo si è scandagliato e non si ha ragionato sopra esso, lasciando così che andasse a insidiarsi nel profondo diventando un peso ancora più greve.
Niente di grave, però, se si tende a proteggere i bambini. E’ giustissimo consolarli ed aiutarli; basta però essere consapevoli che c’è un altro modo, più costruttivo ed efficace, per esercitare questo conforto. La dottoressa Susan David viene in questo senso in aiuto dei genitori stilando una lista di passaggi da eseguire nel momento in cui il bambino sta vivendo una situazione triste.
Il primo passo è “sentirla”, questa situazione: spiegate al bambino che è giusto provare sentimenti negativi, tristi e pesanti, che fanno parte della vita. Evitate quindi di dire “non essere triste, non essere arrabbiato”, ma piuttosto cercate di capire il perché e il come ci si sente.
Dopodiché si passa al “mostrarla”: bisognerebbe cambiare l’atteggiamento che ci porta a dire ai nostri figli “non piangere”, “non gridare”, “non sbattere i piedi”. Non parliamo di educazione, ma di emozione, quindi nel momento del bisogno è anche giusto esternare queste emozioni!
Terzo step è “etichettarla”. Etichettare significa dare un nome alle emozioni, iniziando così insieme al bambino a percorrere la strada che lo porterà a riconoscere ogni stato. Da piccoli, infatti, i bambini tendono a percepire le emozioni solo come belle o brutte, senza sotto categorie. Capire insieme se è stress, arrabbiatura, dolore, tristezza o inquietudine aiuterà in futuro il bambino a gestire in maniera differente ogni situazione, in maniera costruttiva.
Ultimo passo è “vederla andare”, che non significa lasciare andare, ma capire proprio che le emozioni sono transitorie. L’arrabbiatura di ieri non c’è già più, quel dolore immenso di tempo fa un pochino si è ridotto…
Tutti questi accorgimenti porteranno i bambini ad essere più consapevoli, e questa consapevolezza porterà a maggiore autostima, autocontrollo e soddisfazione, poiché finalmente capiranno che l’importante non è tanto cosa si sente, ma cosa si fa per rispondere a quel sentimento, affrontandolo e superandolo in maniera costruttiva. Con agilità emotiva, appunto.
Sara Polotti