Quando la sicurezza dei parchi gioco diventa un problema
Ormai i parchi gioco attorno al mondo sono un po’ tutti uguali: coloratissimi, dai pavimenti morbidi, grandi… E sicuri. “Sicuro” è una parola che troviamo spesso associata ai luoghi di gioco per i bambini. “Puliti” un po’ meno, perché ancora troppo spesso vengono abbandonati a loro stessi, questi parchi gioco.
Ma il parco gioco per eccellenza è essenzialmente “sicuro”, sì. Lo deve essere, perché ad utilizzarlo sono i bambini, e le amministrazioni di tutto il mondo ormai sanno come progettarlo per far sì che i piccoli possano giocare in tutta sicurezza. In realtà, però, recenti studi stanno portando alla luce un problema: a quanto pare il design e l’architettura del parco gioco per come lo intendiamo non sembra essere la migliore scelta per i bambini.
Quando la sicurezza dei parchi gioco diventa un problema: le ricerche che mettono in luce i problemi del parco giochi per come lo intendiamo
Guardiamo in faccia la realtà: certo, i parchi gioco sono sicuri, ma perché? Prima di tutto per la sicurezza dei nostri bambini, ma in un certo senso anche per la sicurezza delle amministrazioni, che non possono permettersi denunce nel caso in cui un bimbo di faccia male giocando proprio in quel parco. Negli anni, quindi, il design e l’architettura dei nostri parchi gioco si sono modellati e definiti per ridurre ogni rischio, riducendo le altezze dei giochi, ammorbidendo le superfici, togliendo gli spigoli, eliminando le piccole parti che potrebbero staccarsi e venire ingerite…
Tempo fa, però, vi avevamo parlato di un fatto essenziale per la crescita dei bambini: i nostri figli hanno bisogno del rischio. Hanno bisogno del pericolo. La loro crescita si definisce in maniera armonica anche grazie ai pericoli.
Conoscere il pericolo e saperlo affrontare, anche sperimentandolo di prima mano cadendo, facendosi male e provando sulla propria pelle cosa significa spingersi troppo oltre i limiti, è una parte essenziale della crescita e della salute. In primis perché conoscendo il rischio il bambino saprà da solo quando fermarsi, che fare, fin dove spingersi e cosa fare in caso di - ad esempio - una caduta. In secondo luogo perché è parte fondamentale anche per le interazioni sociali, la creatività, la resilienza e la capacità di problem-solving.
Questo non significa abbandonarli a loro stessi o spingerli verso il pericolo. Significa però lasciargli la possibilità di crescere in maniera più armoniosa, di prepararsi alla vita adulta provando davvero tutto ciò di cui c’è bisogno. Perché, ad esempio, se un bambino sarà sempre abituato a saltare su un tappeto morbido e gommoso, non saprà come piegare le ginocchia per attutire il colpo per non farsi male su una superficie reale, come il cemento.
Le posizioni sono svariate: c’è chi dice che, no, i parchi gioco vanno bene così come sono e c’è chi invece spinge in una direzione di maggiore rischio (che non significa mettere a repentaglio la vita dei bambini, sia chiaro!). E poi c’è chi porta esempi, come quello della Danimarca, paese nel quale sono comuni i parchi-giochi “spazzatura”, o junk playgrounds, parchi gioco realizzati con materiali di scarto non esattamente da bambini ma che sono piazzati lì apposta per stimolare la creatività dei bambini e per sviluppare il loro senso del rischio: ci sono corde, chiodi, pneumatici, padelle, casette di legno realizzate con materiali di riciclo…
Sì, siamo ai due estremi della questione, ma effettivamente ci sono punti a favore e a sfavore di ognuna. Dunque il dibattito è quanto mai aperto.
Quindi, in conclusione, sì, i nostri parchi gioco sono sicuri. Ma forse lo sono troppo. Perché fare crescere nella bambagia i bambini, arrotolarli nel pluriball e tenerli al sicuro da tutto ciò che potrebbe ferirli non è necessariamente la scelta migliore per loro. Cerchiamo quindi una via di mezzo, e ricordiamo sempre che il parco giochi migliore, quello più sicuro, eccitante e stimolante, ce l’abbiamo dappertutto: è la natura.