Ad aprile le fave sono protagoniste. Forse meno conosciute di altri legumi, sono altrettanto buone e ricche di proteine vegetali, elemento importantissimo per la crescita e la buona salute.
A noi piace mangiarle bollite e condite con olio e sale, ma sono ottime anche quando abbinate ai cereali, come in questa insalata di farro ricca di fibre, proteine e gusto.
Insalata di farro con fave, carote e menta: la ricetta per un'insalata diversa per scoprire il buon sapore delle fave, legume di questa stagione
Per fare mangiare legumi ai nostri bimbi non serve piazzargliegli nel piatto e costringerli ad amarli. Noi sappiamo sempre trovare nuove forme che li stuzzichino, proprio come questa, che ci permette di conciliare la loro voglia di junk food con la semplicità e la genuinità degli ingredienti.
Chips di farina di ceci e rosmarino: un modo diverso per proporre i legumi ai nostri bambini
La vita incredibile di mamma Morgan con la piccola Hadlie
Giovedì, 30 Marzo 2017 09:25(Foto credits: Instagram)
Certo non tutti avremo mai la fortuna di poter vivere la loro vita. Ma non è un buon pretesto per non prendere spunto: da cinque anni Morgan e la sua bambina girano gli Stati Uniti immergendosi nei paesaggi naturali più incredibili. Forse anche noi dovremmo ridimensionare un po’ le nostre vite super tecnologiche, no?
La vita incredibile di mamma Morgan con la piccola Hadlie: cosa significa crescere un figlio nella natura, facendone il proprio lavoro
Morgan Brechler è una giovane mamma di venticinque anni, originaria dell’Arizona, e da cinque anni sta vivendo con la sua piccola Hadlie una vita immersa nella natura. Appassionata di trekking, arrampicata e sport in generale, Morgan cinque anni fa ha deciso di fare della natura la sua vita, ed è riuscita a farne anche il proprio lavoro.
Attraverso collaborazioni con varie aziende sportive e di vita outdoor (come ad esempio GoPro, l’azienda leader per le videocamere sportive), Morgan riesce a lavorare girando la natura degli Stati Uniti, campeggiando, arrampicando, camminando e rilassandosi.
Al seguito c’è sempre la sua bionda bambina, che in questo modo sta crescendo letteralmente immersa nella natura. In molti si chiederanno: ma come farà a crescere normalmente? La risposta la si trova direttamente tra le bellissime fotografie che Morgan posta quotidianamente sul suo profilo Instagram.
Hadlie che si arrampica, Hadlie che impara a fare i nodi, Hadley che gioca con dei cavallini giocattolo mentre guarda dei veri cavalli allo stato brado che corrono tra i prati, Hadlie che disegna, Hadli che fa il bagno nelle terme più sperdute, che dorme nel sacco a pelo, che legge con la nonna dondolandosi sull’amaca... A noi non sembra un’infanzia triste o a cui manca qualcosa. Anzi! Megan non nega la tecnologia. Insieme guardano video stupidi, e sul computer ci lavora ogni giorno. Quindi potremmo tranquillamente dire che la piccola Hadlie non solo ha tutto ciò che hanno i suoi coetanei, ma, anzi, ha molto di più. Ha un tesoro inestimabile: la natura. E la sua vera se stessa.
(Foto credits:Instagram)
“Oggi compie cinque anni la nostra vita immerse nella natura. C’è un’infinità dentro te (Hadlie). Sei nata nel momento giusto. Ti amerò in questo mondo fisico e in ogni realtà in cui entreremo. Buon compleanno, piccola, per sempre in avventure insieme”: ha festeggiato così, l’anno scorso, il compleanno di sua figlia. E leggendo i suoi post si percepisce tutta la bellezza della loro vita.
“La cosa che preferisco di questa vita in cui non lavoro più 9 ore al giorno, 5 giorni su sette è vedere questa bambina selvaggia sorridere in nuovi posti ogni singolo giorno e per tutto il giorno”.
(Foto credits:Instagram)
Tutto questo ci fa riflettere: parliamo sempre di quanto la natura sia importante per i nostri figli, di quanto siano le piccole cose e il gioco libero ad essere fondamentali per la loro crescita, dei pericoli della tecnologia... Ma quanto ci impegniamo davvero per rendere la vita della nostra famiglia migliore?
Rallentiamo un attimo: non serve stravolgere le proprie esistenze. Ma quantomeno riflettere e scegliere ciò che davvero ha senso, ciò che è importante e ciò che ci renderà davvero felici e tranquilli a lungo andare.
(Foto credits:Instagram)
Eterno dilemma, la cui risposta idilliaca sarebbe: vivere per vivere. Basta. Il lavoro oggi ci sopraffà. Ci fagocita. Ci ingloba. E ognuno di noi è ciò che fa. Che tradotto in termini di tempo significa che ognuno di noi è il lavoro che svolge.
Perché non riusciamo a staccarci? A non stressarci? Perché non riusciamo a concentrarci su ciò che è veramente importante, come la natura e la nostra vita? Non quella lavorativa. No. Quella ci prende già abbastanza tempo.
A farci riflettere è arrivato anche un magnifico video del WWF. Magnifico perché in poche immagini e in poche parole ci fa fermare per un attimo per capire realmente che è ora di focalizzarci su ciò che è davvero importante.
Vivere per lavorare o lavorare per vivere? “I am nature”, il video del WWF per riflettere su ciò che di importante siamo e facciamo nella vita
Questo video si intitola “I am nature”. In sostanza, con pochi passaggi ci invita a riflettere su chi siamo e cosa facciamo. E ad essere additati, giustamente, sono i nostri lavori, che ormai ci risucchiano in un vortice di stress, e la vita social, che quasi rimpiazza quella reale.
“Io non sono le chiamate perse dal mio capo.
Non sono le dozzine di email non lette.
Non sono la mia lista di cose da fare.
Non sono i “mi piace” sul mio profilo Facebook.
Non sono il fast food della mia pausa pranzo.
Io sono... Sono le foglie che cadono sulle mie spalle.
Sono l’erba sotto ai piedi.
Il vento che soffia tra gli alberi.
Sono l’acqua che scorre tra le pietre.
La terra che passa tra le mie dita.
Io sono le scelte che compio.
#Iamnature”
La vita d’oggigiorno ci ha reso vittime. Vittime della frenesia, della fretta, dell’essere sempre sul pezzo, dell’essere sempre connessi, dell’essere dipendenti dai “mi piace”.
La conseguenza devastante è il nostro allontanamento forzato dalla natura. Non sappiamo più goderci un po’ di verde, o, perlomeno, non lo vediamo più come la normalità, ma come un’eccezione. Non sappiamo più vedere la bellezza vera, quella naturale, contrapposta a tutto l’artificiale che ci circonda.
“Io sono le scelte che compio”, recita l’ultima battuta. Lo spot del WWF vuole proprio essere questo: un invito a rallentare per un attimo per capire se stiamo davvero andando nella direzione che vogliamo. Se siamo davvero chi vogliamo essere. Se siamo contenti del nostro lavoro, ma soprattutto se ci siamo accontentati di una vita nella quale la natura non ha posto.
Anche come genitori tutto questo fa riflettere. Sempre più spesso, purtroppo, confondiamo la normalità odierna e il consumismo come la felicità e l’educazione, dimenticando che ai bambini per essere felici e per sentirsi voluti bene basta poco. C’è chi è capace di mollare tutto per reimmergersi appieno nella natura e nella vita autentica (ricordate gli “heart followers”?). Ma non serve estremizzare: bastano pochi gesti quotidiani per ritrovare la dimensione ideale, quella un pochino meno dipendente dalla tecnologia, più ancorata ai valori veri. Passeggiate di più, tutti insieme; staccate lo smartphone e concentratevi sulla famiglia; riflettete su ciò che davvero vi rende felici e scegliete di conseguenza.
Ne beneficerete voi. Ma a goderne sarà tutta la famiglia.
Genitori, fare squadra fa bene alla coppia
Mercoledì, 29 Marzo 2017 15:19Forse dal titolo sembrerà scontato, ma proviamo ad entrare nel dettaglio: all’interno delle coppie con figli spesso gli attriti maggiori si verificano proprio quando si parla di educazione di questi ultimi. Non è vero? C’è chi vorrebbe l’altro genitore più coinvolto, chi sente di fare tutto da solo, chi si sente messo da parte, chi non condivide le scelte dell’altro genitore... E la lista potrebbe andare avanti infinitamente. Ma vogliamo proprio lasciare che questi problemi rovinino l’atmosfera in casa, l’educazione dei figli e i matrimoni? Meglio ragionarci un attimo. Perché basta riflettere un poco per capire che la soluzione è una sola: fare squadra. Ma per davvero!
Genitori, fare squadra fa bene alla coppia: come la genitorialità di squadra fa bene al bambino ma anche al matrimonio
Essere genitori nella stessa maniera: questa è forse l’aspirazione maggiore di una coppia. Avere gli stessi ideali, certo, ma andare d’accordo anche sulle piccole cose, come gli orari in cui il bimbo dovrebbe mangiare, i libri da fargli leggere, i “no” da dire o non dire, l’approccio pedagogico più o meno rigido, più o meno naturale... Tuttavia discutere è inevitabile, perché siamo sì coppie, ma siamo anche singole persone e come tali abbiamo il nostro pensiero.
A volte bisogna convincere l’altro ad essere meno autoritario, oppure ad essere meno permissivo. E bisogna ascoltare l’altro e scendere a compromessi. Insomma: la regola principale dovrebbe essere fare squadra, e l’essere squadra lo si raggiunge cercando un equilibrio.
Nelle differenze, bisogna quindi cercare i punti in comune, e iniziare lavorando su quelli.
In inglese si parla di co-parenting, e cioè di co-genitorialità. Significa che i vecchi ruoli sono ormai superati, e ognuno, con i figli, porta del suo. Non ci sono più le mamme che stanno semplicemente a casa a fare i mestieri e a cambiare i pannolini, e non ci sono più i papà che non sanno scaldare un biberon. Ognuno fa ciò che può, e ognuno è coinvolto affettivamente alla stessa maniera, cercando di essere presente il più possibile per i figli. È per questo che è necessario fare squadra e trovare una didattica comune: se prima infatti era solo un genitore ad impostare l’educazione, oggi lo fanno entrambi.
Con un’impostazione in comune, i benefici, in primis per i figli, saranno moltissimi, poiché innanzitutto non si troveranno più nel dubbio del “chi seguire” e del “quale regola sia giusta”. Vedere i genitori che si muovono e pensano nella stessa maniera, porterà i figli ad avere una educazione più stabile, più retta, più solida, e questo significherà anche più stabilità personale, oltre che sociale.
In secondo luogo, fare squadra, come dicevamo, significa sì scendere a compromessi e cercare di persuadere l’altro della bontà della nostra educazione, ma vuol dire anche trovare dei punti in comune che determineranno la base dell’impostazione genitoriale, e ciò si tradurrà inevitabilmente in meno scontri. Ma soprattutto in dialogo. Ecco perché la squadra farà bene alla coppia!
Le regole sono poche, semplici ed efficaci.
La prima è il dialogo. Quando in dubbio, cercate sempre il vostro partner, parlatene, discutete, trovate il punto di contatto e da lì lavorate. Questo farà sì che troverete certamente la soluzione al problema immediato, ma imparerete anche, col tempo, a fare di questo dialogo la base della vostra serenità di coppia anche nei momenti di difficoltà.
La seconda è il supporto totale all’altro. Supportate sempre il vostro compagno e fate sì che vi supporti, in un rapporto di stima e rispetto reciproci che vi porteranno anche a capire meglio i punti di vista dell’altro. In poche parole, il supporto porterà all’empatia, elemento imprescindibile per il fare squadra.
La terza regola è discutere sempre lontano dai bambini. Non tanto per il non farvi vedere (soprattutto quando i toni si scaldano), ma perché così facendo costruirete un momento di calma che servirà a schiarire le idee, a metterle in ordine, con tranquillità e senza fretta.
E, anche se le discussioni continueranno ad esistere (non siamo robot!), questa impostazione vi aiuterà sia come genitori sia come coppia. E i figli ne godranno. Ricordate anche di parlare sempre bene del vostro partner in loro presenza, lodandone le qualità e gli sforzi, mostrando quanto vi rispettate. Sarà un altro modo per costruire al meglio la loro educazione, perché in questo modo anche quando discuterete i bambini non dimenticheranno che in ogni caso mamma e papà si rispettano, ascoltano l’opinione dell’altro, e che anche se hanno idee divergenti la tranquillità e la pace in famiglia possono esistere. Eccome!
Le mostre a Milano in primavera per i bambini!
Mercoledì, 29 Marzo 2017 14:22Primavera è voglia di uscire. Ma primavera è anche voglia di imparare cose nuove, magari divertendosi e sperimentando nuovi ambienti! Portare i bambini nei musei e nelle gallerie sin da piccoli vuol dire abituarli a pensare a questi luoghi come a spazi gioiosi, divertenti e familiari. Un’abitudine che poi manterranno per tutta la vita. E ogni volta ci entreranno con gioia e voglia di scoprire cosa il mondo (dell’arte e della scienza, in primis, ma non solo) ha da offrire.
Ecco quindi la nostra selezione di mostre imperdibili a Milano per questa primavera: un tuffo tra arte, scienza e gioco per iniziare a fare appassionare i bambini a musei, gallerie e spazi didattici!
Le mostre a Milano in primavera per i bambini: dai Transformers ai dinosauri, da Mirò fino ai Promessi Sposi, le esposizioni milanesi imperdibili per weekend in famiglia per una primavera indimenticabile
Fino al Primo Maggio 2017 il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci (via San Vittore 21) vale una visita non solo per la mostra permanente, ma anche per quella dedicata alle sculture metalliche ispirate ai celebri Transformers: “Transformers Art” (il cui ingresso è compreso nel biglietto del museo, che costa 10 euro intero e 7.5 ridotto) mostrano le opere d’arte gigantesche, ricavate da materiali di recupero e scarti, dell’artista montenegrino Danilo Baletic.
(foto credits: Paolo Soave)
Al Mudec, invece, ha appena inaugurato “Dinosauri. Giganti dall’Argentina”. Il Museo delle Culture (via Tortona 56) fino all’1 luglio ospiterà una delle più importanti e compete mostre scientifiche sull’evoluzione dei dinosauri, dalle loro origini sino all’estinzione. I bambini potranno ammirare un sacco di reperti unici al mondo, tutti provenienti dall’Argentina, un territorio ricchissimo a livello paleontologico. Il museo è aperto il lunedì dalle 14.30 alle 19.30, il giovedì e il sabato dalle 9.30 alle 22.30 e gli altri giorni dalle 9.30 alle 19.30. I biglietti? 12 euro l’intero, 10 il ridotto e 8 il ridotto speciale.
(foto credits: Mudec)
Conoscete il Museo Wow? È davvero super interessante: si trova in via Campania 12 ed è tutto dedicato al fumetto, e le sue mostre, inevitabilmente, sono perfette per appassionare i bambini. In questo periodo potrete ammirare una mostra dedicata ai disegni di Nicola Mari (disegnatore, tra gli altri, di Dylan Dog), ma soprattutto l’esposizione “Alla scoperta dei Promessi Sposi”, una panoramica su come il romanzo è stato trasposto negli anni in forma di fumetto (fino al 7 maggio): una selezione davvero affascinante (e anche divertente, dal momento che anche Paperino ha vestito i panni di Renzo!) che può essere un’occasione interessante per avvicinare i bambini a questo capolavoro manzoniano. Potrete visitare la mostra negli orari del museo (Mar-Ven 15:00-19:00 e Sab-Dom: 15:00-20:00), pagando un biglietto interno di 5 euro (o ridotto a 4 euro).
(foto credits: Museo Wow)
In Largo Aldo de Benedetti 4, al quarto piano, ecco invece la Kasa dei Libri: fino al13 aprile questo misterioso museo (che museo non è!) porta al pubblico un nuovo volto di Juan Mirò, quello dei suoi colori e delle sue forme disegnati e colorati su carta, libretti e cataloghi. L’ingresso è gratuito, e potrete vedere la mostra dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19.
(foto credits: Facebook)
Per bimbi curiosi sulla storia naturale, la scienza e la geografia, fino al 30 aprile è possibile visitare presso il Museo di Storia Naturale (in corso Venezia 55, con ingresso a 5 euro) la mostra “Terremoti. Origini, storie e segreti dei movimenti della Terra, una nuova occasione per scoprire il nostro pianeta”, per capire da dove derivano questi fenomeni e come comportarsi, con interessantissime fotografie, reperti e diorami. E, fino alla fine della mostra, il Museo organizza, durante il sabato, “Quando la terra trema”, una visita fatta apposta per le famiglie con bambini dai 7 ai 12 anni.
La Sudbury Valley School, un modello educativo unico e innovativo
Mercoledì, 29 Marzo 2017 14:07Proprio qualche giorno fa vi abbiamo parlato di un libro che ci ha aperto gli occhi sull’importanza del gioco libero per i bambini. Il libro in questione è “Lasciateli giocare” di Peter Gray, uno studio dello psicologo che mette in luce come il gioco non supervisionato sia l’attività preferibile per i nostri figli, che in questo modo, liberi dalle regole e dagli schemi pre-impostati dagli adulti, possono finalmente imparare a vedere e a vivere il mondo da soli.
Questo approccio di Peter Gray potrebbe essere definito in una parola: autoeducazione. E in Massachusetts, negli Stati Uniti, esiste (da quasi cinquant’anni) una scuola che ha fatto di questa parola il suo pilastro educativo.
La Sudbury Valley School, un modello educativo unico e innovativo: come l’autoeducazione riesce ad essere un valido approccio didattico che mette al centro la curiosità naturale del bambino
L’autoeducazione parte da un semplicissimo presupposto: l’educazione dei bambini e la loro istruzione passa innanzitutto da loro stessi, non dagli adulti e dalla scuola presa di per sé. E per capirlo fino in fondo basta pensare a quanto imparano nei primi anni della loro vita, quando ancora non vanno a scuola e quando acquisiscono mille competenze semplicemente seguendo il loro istinto.
Camminare, saltare, mangiare, parlare, fare domande... Sono tutte azioni che imparano a compiere da loro, solo lasciandosi guidare un pochino dagli adulti, senza lasciare che questi impongano nulla. Lo stesso, quindi, potrebbe avvenire a scuola, se la scuola iniziasse a intendere l’insegnamento non tanto come una trasmissione di concetti in linea unilaterale insegnante-bambini, ma più come una guida e un aiuto al bambino nel suo naturale processo di apprendimento. In altre parole: anche se lasciato libero, il bambino alla fine impara tutto ciò che deve sapere. E arriva al diploma, sì. E nella vita sarà comunque una persona realizzata in grado di svolgere il lavoro verso cui è più portato.
Questo concetto è stato a lungo studiato d Peter Gray, che nelle sue ricerche ha parlato anche dei bambini cacciatori-raccoglitori, che possono tranquillamente essere paragonati ai bambini che frequentano la Sudbury Valley School (della quale parleremo a breve in maniera dettagliata). Peter Gray per anni ha studiato le popolazioni dedite ancora alla caccia e all’agricoltura, viaggiando in Africa, nelle Filippine, in Malesia e in Nuova Guinea. Osservandole, il dato più interessante che è emerso è proprio l’autoeducazione dei cacciatori-raccoglitori: i bambini e le bambine che vivono in queste zone non scolarizzate potrebbero essere visti come individui che non hanno bisogno di istruzione, quando invece i concetti che devono immagazzinare nella loro vita sono davvero innumerevoli e importantissimi (sapere conoscere le specie animali, tutte le loro diverse abitudini, le armi, il territorio fin nel dettaglio... E poi i semi, le piante, le specie commestibili, i ritmi di crescita delle erbe, eccetera...). Questa istruzione però non passa, appunto, dalla scuola, ma dall’esperienza. E, soprattutto, passa dai bambini stessi, e non dagli adulti, che li aiutano solo ogni tanto e danno poche spiegazioni. Insomma: la loro istruzione passa dalla loro curiosità e dall’osservazione del mondo (anche grazie al fatto che vengono lasciati liberi di giocare ed esplorare per ore e ore ogni giorno). Perché, quindi, anche da noi non potrebbe accadere la stessa cosa?
Ecco che quindi Peter Gray ha osservato la Sudbury Valley School, una scuola fondata sull’apprendimento guidato dal bambino, e ha appurato che in effetti questa è esattamente un esempio del modello cacciatori-raccoglitori, in chiave, però, occidentale.
La Sudbury Valley School è stata fondata nel 1968 da un gruppo di persone unite dal comune scopo di trovare la migliore educazione per i loro figli o per i bambini in generale. Per iniziare con il piede giusto, quindi, hanno deciso di non guardare ai modelli proposti dalle altre scuole, per capire meglio e da zero quale fosse la strada migliore. Hanno così messo sul piatto un dato reale, e cioè la curiosità dei bambini e la capacità dell’essere umano di impegnarsi sempre per migliorare la propria comprensione del mondo. Senza provare a spingere i bambini in qualche direzione, quindi, hanno provato a lasciarli liberi di arrivare alle nozioni e ai concetti secondo i loro tempi.
Sin dai primi giorni a scuola, quindi, i bambini vengono lasciati liberi di utilizzare il loro tempo come meglio credono senza cadere nella trappola degli orari disegnati a tavolino dagli adulti. Leggono libri, giocano a palla, vanno in bicicletta, conversano su tutti gli argomenti, conoscono nuovi bambini, imparano ad amare l’ambiente esterno e a viverlo. Ciò che poi emergerà da questa impostazione sono tutte quelle abilità che permetteranno ai bambini di farcela nella vita e di imparare cose nuove: la voglia di imparare sempre cose nuove (soprattutto quelle che davvero interessano), la capacità di giudizio, il problem solving, la capacità di conversazione, la creatività. Soprattutto, la passione. E il saper imparare anche in maniera accidentale (come, ad esempio, imparare la grammatica giocando a Scarabeo con il dizionario a portata di mano, o la matematica attraverso il punteggio dei giochi e dei video giochi, o la fisiologia e l’anatomia dei pesci perché hai voglia di informarti prima di andare a pescare).
Questa scuola accoglie, in maniera libera (quindi senza test di ammissione o liste d’attesa. Anzi: i bambini possono entrare nella scuola anche a metà dell’anno scolastico), bambini e ragazzi dai 4 anni (quindi in età da scuola materna) ai 19 (portandoli fino al diploma), e durante questi anni gli studenti imparano a prendere in mano la loro vita e ad aggiornarsi costantemente con curiosità e consapevolezza.
Come nella filosofia pedagogica di Peter Gray, anche la Sudbury Valley School mette al centro il gioco non supervisionato, quindi, ma anche e soprattutto l’ambiente naturale esterno. Il giocare e l’imparare “fuori” sono una parte fondamentale dell’autoeducazione, e per questo la scuola è dotata di bellissimi spazi verdi esterni, con dieci acri di terreno e dei fienili (adibiti anche a stanze insonorizzate per la musica, dove i bambini possono andare per imparare a suonare uno strumento, o allestite con palchi dove eseguire piccoli spettacoli).
L’edificio principale, la “scuola”, si presenta invece come una bella costruzione al cui interno i ragazzi trovano una cucina, un laboratorio fotografico, una stanza per l’arte, una per internet, un ufficio, oltre a svariate aule di varie dimensioni, che però non sono specificatamente destinate ad una materia in particolare (anche perché le materie non ci sono!).
E se non ci sono materie, non ci sono nemmeno insegnanti. Ci sono però naturalmente degli adulti, solo che questi sono chiamati “membri dello staff” e i loro compiti sono diversi da quelli degli insegnanti: a volte insegnano, ma essendo l’insegnamento uno dei “compiti” dei bambini la loro funzione principale è quella di essere risorse a disposizione dei ragazzi, un aiuto per la scuola e un modello per ispirare i bambini a diventare brave persone da adulti.
Naturalmente ogni membro dello staff, pur non venendo etichettato come “insegnante di inglese”, “insegnante di musica” o “insegnante di letteratura” ha una sua inclinazione personale, quindi se un bambino ha voglia di imparare a suonare la batteria andrà dall’adulto più esperto musicalmente, mentre chi si interessa di letteratura potrà rivolgersi all’adulto che più legge. In generale, questi adulti possono identificarsi come “generalisti” o “specialisti” capaci di guidare i ragazzi in determinare materie piuttosto che in altre.
Ma come fanno dunque questi ragazzi ad essere preparati per l’università, ad esempio, soprattutto negli Stati Uniti, dove, se vuoi frequentare il college, devi superare dei test, i SAT, che misurano il tuo grado di istruzione? Semplicemente, i ragazzi imparano davvero moltissimo guidandosi da sé, proprio come i cacciatori-raccoglitori, ma soprattutto imparano ad impegnarsi per raggiungere un obiettivo. Quindi, chi vuole frequentare l’università sa che per farlo deve prepararsi bene su determinati argomenti e materie, e sa come farlo. Con la voglia di farlo. Perché per la Sudbury Valley School e per l’autoeducazione in generale la motivazione è fondamentale. E i bambini arriveranno proprio lì: ad acquisire le competenze per fare fruttare al meglio questa motivazione che sentono dentro. Ciò che i ragazzi imparano davvero non è tanto una materia in sé, conoscendo fino in fondo i segreti della matematica o i geni della letteratura, quanto il metodo per andare a fondo di tutto ciò che serve e interessa loro. Arte, matematica, storia, una lingua nuova...
Altra caratteristica della scuola è la mescolanza delle età. Non vi sono classi, e quindi ai ragazzi è permesso mischiarsi per età. I bambini possono quindi chiedere ciò che vogliono ai ragazzi più grandi, giocare con loro, non precludendosi così una possibilità di interazione davvero impagabile.
Per quanto riguarda poi l’educazione “comportamentale”, la Sudbury Valley School vanta l’essere un modello di scuola molto democratica e non violenta. L’ambiente è pacifico, tutti sono sullo stesso piano di importanza, e la disciplina viene insegnata attraverso il processo e il ragionamento piuttosto che concentrandosi sulle conseguenze negative delle cattive azioni. Tutto, soprattutto, si basa sul rispetto.
L’amministrazione della scuola passa attraverso la democrazia: ogni studente e membro dello staff può esercitare il suo diritto di voto, e quando c’è da prendere decisioni importanti tutti sono chiamati a dire la loro. Un importantissimo aspetto per i bambini: iniziare sin da piccoli a capire cosa significa “votare” vuol dire capire sin da subito la responsabilità sociale, che non coincide con il “se sto bene io, stanno bene tutti”.
E, infine, nella Sudbury Valley School ci sono davvero moltissime regole. Queste regole esistono però per un motivo: far sì che tutti i ragazzi possano vivere all’interno della scuola e imparare liberamente. Ecco perché la scuola ha un “sistema giudiziario” in seno alle riunioni scolastiche. Ogni giorno due studenti e un membro dello staff (eletti dai ragazzi) si ritrovano in riunione e leggono le lamentele riguardanti possibili violazioni delle regole, lamentele che chiunque all’interno della scuola è in diritto di scrivere. I rappresentanti ragionano e decidono se c’è stata effettivamente una violazione delle regole. Se c’è stata, il responsabile può rispondere e dichiararsi colpevole o non colpevole, e in quest’ultimo caso c’è la possibilità di fare un piccolo “processo”, nel quale il presunto colpevole può difendersi ed essere difeso.
Tuttavia questi processi non accadono molto spesso: appunto poiché l’ambiente è così pacifico, i bambini imparano anche a prendersi le proprie responsabilità, e non succede spesso di venire accusati quando non hai fatto nulla di male. Piuttosto, i bambini possono chiedere come mai gli altri pensano abbiano fatto qualcosa di male, quando invece, magari, a loro pareva un comportamento innocente e normale. Ed ecco che anche qui si intavola una conversazione costruttiva, utilissima nella crescita e nell’educazione.
I libri sulla scuola consapevole
Mercoledì, 29 Marzo 2017 09:47“Scuola consapevole” significa essenzialmente una scuola che al centro di tutto mette il bambino, con i suoi tempi e le sue necessità. Significa una scuola nella quale il metodo adulto-centrico al quale siamo abituati viene messo in secondo piano. Significa una scuola nella quale la natura è importante, nella quale gli insegnamenti passano attraverso i bisogni dei ragazzi, nella quale i voti non sono mere valutazioni competitive ma semplice indicazione del livello raggiunto, in modo da aggiustare ad hoc ciò che deve essere aggiustato.
In altre parole, significa una scuola più naturale in grado di aiutare il bambino accompagnandolo con la mano nel suo percorso d’istruzione.
In Italia ci sono molti metodi meno conosciuti ( rispetto a quello “classico” della maggior parte delle scuole pubbliche e private (il Montessori, ad esempio, oppure il metodo steineriano, quello delle scuole nel bosco...). E, in generale, la didattica per i bambini ha moltissime sfumature. Se quindi volete provare ad arricchire il vostro bagaglio culturale in ambito istruzione naturale, consapevole e liberitaria, ecco una piccola lista di libri che potreste leggere, con la prospettiva di scegliere una scuola davvero innovativa per i vostri figli.
I libri sulla scuola consapevole: la nostra selezione di letture per conoscere al meglio l’educazione naturale e liberitaria
Partiamo da “La pedagogia della lumaca, per una scuola lenta e non violenta”. Gianfranco Zavalloni in questo libro cerca di capire i motivi del mito della velocità che ormai caratterizza la scuola occidentale (velocità che si traduce poi in una competizione ossessiva), ma soprattutto cerca di capire come invertire la tendenza, riassaporando, nella scuola come nella vita, la lentezza, la tranquillità, l’attesa e il piacere di fare le cose secondo i tempi richiesti, senza strafare e senza pressione. Perché questa pressione è deleteria per i nostri figli, che si trovano, bambini, a vivere in un tempo nel quale tutti vogliono tutto e lo vogliono subito, nel quale i cellulari ci fanno vivere in costante fretta e nel quale il tempo educativo è allo stesso modo accelerato.
Nella stessa ottica si inserisce “Slow School - Pedagogia del quotidiano”, libro di Penny Ritscher che vuole analizzare l’emergenza culturale che vuole i bambini sempre più agitati, immaturi, stereotipati loro malgrado e poco creativi. Tutto questo è dato dalla società, una società che ci omologa e ci rende standard, che ci dà moltissimo a livello materiale ma che ci rende scarsi a livello umano e culturale. Ecco perché è meglio puntare sulla “slow school”, la scuola lenta, quella che prevede tempi più rilassati. Tempi rilassati che significano solo una cosa: ritrovare, da parte dei bambini, il piacere di imparare, di curiosare, di pensare e di ragionare con la loro testa.
“L’asilo nel bosco, un nuovo paradigma educativo" è il terzo libro che vi proponiamo. Quattro autori ci parlano del nuovo modello educativo fondato nel Nord Europa e ormai presente anche in Italia, quello delle scuole nel bosco, nelle quali il contatto con la natura è assolutamente fondamentale e inteso come strumento educativo imprescindibile e propedeutico per tutti gli altri insegnamenti (dal momento che qui i bambini imparano facendo, concretamente, con le loro mani e attraverso la loro curiosità). La classe diventa quindi l’ambiente esterno, nel quale andare ogni volta che sia possibile.
Per approfondire questo tema dell’insegnamento all’aperto, che prevede che il bambino passi quanto più tempo possibile nella natura seguendo la sua curiosità e usando le sue mani, la sua creatività e il gioco libero (e non supervisionato dagli adulti) una lettura interessante è “Outdoor education - L’educazione si cura all’aperto” di Roberto Farnè e Francesca Agostini. Parte dal presupposto che oggigiorno i bambini sono sempre più costretti in spazi chiusi, domestici o scolastici, ribadendo poi che in realtà uno dei loro bisogni primari è proprio lo stare all’aria aperta, facendo esperienza diretta della natura. Un pensiero molto utile, soprattutto se si cerca di capire quale sia la scuola migliore per i nostri figli. E, in questa prospettiva, le scuole più indicate sono certamente quelle che intendono lo spazio aperto come principale aula scolastica, pensando gli spazi chiusi delle aule solo come un appoggio.
Infine ecco “Liberi di imparare - Le esperienze di scuola non autoritaria in Italia e all’estero raccontate dai protagonisti”. Come dice il titolo, il libro vuole porre il focus sull’educazione non autoritaria, liberitaria, e cioè quella didattica che mette al centro il bambino senza mettergli la pressione di frequentare le lezioni, senza voti, senza minacce e senza bocciature. Sembra assurdo, utopico o irresponsabile, ma così non è, e a dimostrarlo sono proprio gli studenti che hanno studiato con questo metodo, gli insegnanti e i genitori, che portano la loro esperienza parlando di come sia imparare senza voti, con la libertà di apprendere, con regole condivise con gli altri e con gli studenti protagonisti della loro stessa educazione.
Vincere una vacanza da sogno in un castello da favola è possibile!
Mercoledì, 29 Marzo 2017 09:19In Scozia ci sono un sacco di castelli. E i castelli sono intrisi fino al midollo di magia. Avete mai pensato a come sarebbe soggiornare in uno di questi? Respirare l’antica aria, accarezzare i possenti muri di pietra, passeggiare in giardini da favola e dormire nelle stanze immersi nel sogno medievale...
A Duns, nel Berwickshire, c’è uno di questi bellissimi castelli. E grazie a Homeaway avrete la possibilità di vincere un soggiorno di tre notti nelle sue magnifiche stanze e giardini. Non solo con la vostra famiglia, ma attorniati dalle vostre venti persone preferite!
Vincere una vacanza da sogno in un castello da favola è possibile: con il concorso di Homeaway è possibile sognare delle vacanze meravigliose in un castello medievale in Scozia
Homeaway è un’azienda leader nel campo affitti per le vacanze. Il loro sito permette di cercare online appartamenti in giro per il mondo (ce ne sono più di 2 milioni sparsi in 190 paesi!), nei quali passare le proprie vacanze in famiglia, in coppia o con gli amici. Tra le mete compaiono bellissime soluzioni (dai bungalow più bizzarri e accoglienti fino alle dimore regali più sfarzose), ma la più bella è certamente questo castello risalente al XIV secolo: il Castello di Duns, nel Berwickshire, un bellissimo edificio in stile gotico immerso in 500 ettari di verde, in mezzo a boschi e laghetti.
In occasione dell’uscita del remake live-action del classico cartone animato “La bella e la bestia” (nei cinema da qualche giorno, con la bellissima e dolcissima Emma Watson, la “Hermione” di Harry Potter), HomeAway ha voluto così premiare le famiglie, offrendo loro la possibilità di provare a vincere un fantastico soggiorno nell’affascinante castello medievale: vincere significa infatti poter fare un’esperienza unica di tre giorni nel Castello di Duns, in Scozia, scegliendo personalmente i 20 ospiti con i quali passare la vacanza. In questi tre giorni il vincitore e i suoi ospiti (oltre ad avere il transfer compreso nel premio) avranno a disposizione l’intero castello e potranno visitarlo, viverlo e scoprirlo da cima a fondo, attorniati da un entourage al loro servizio (proprio come Belle nel castello della Bestia!).
Il motivo di tale iniziativa? L’intento di HomeAway è sempre - e da sempre - quello di dare l’opportunità a tutte le famiglie di trovare la propria vacanza ideale, scegliendo meta e prezzo, creando così ricordi indelebili che durano tutta una vita. Quale migliore occasione per creare ricordi, quindi, di un soggiorno unico ed esclusivo in un vero castello?
Come fare per provare a vincere il concorso #CastelloHomeAway #StiaConNoi? Semplicissimo. Basta andare sul sito di HomeAway, e precisamente sulla pagina dedicata al concorso e rispondere al semplice questionario sulle vacanze. Sono due semplici domande. Semplici, ma che potrebbero valere una vacanza da favola!
E se non doveste vincere il primo premio, magari potreste essere selezionati per il secondo, altrettanto appetitoso: il secondo premio, infatti, prevede un altro soggiorno di 3 notti. Stavolta per 4 persone e non in un castello, ma in una qualsiasi delle 2 milioni di sistemazioni che trovate sul sito di HomeAway!
Lo smog uccide i bambini: l’allarme dell’OMS
Martedì, 28 Marzo 2017 13:45Che sia un problema massivo e non ignorabile è un dato di fatto. Ma leggendo questo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la pelle si accappona ancora di più: lo smog, infatti, + responsabile di una morte su quattro nei bambini al di sotto dei cinque anni. Sì, una morte su quattro, il 25%.
Lo smog uccide i bambini: l’allarme dell’OMS che fa spaventare e riflettere
In termini numerici, si parla addirittura di 1.7 milioni di bambini all’anno che muoiono per cause ambientali, igieniche e di inquinamento. Attraverso due rapporti (Inheriting a Sustainable World: Atlas on Children’s Health and the Environment), l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha divulgato infatti le conclusioni di due studi dai quali emergono questi dati: nel primo si parla di come potrebbero essere migliorate le condizioni ambientali (come ad esempio fornendo acqua potabile pulita e modificando le modalità di riscaldamento e di cucina in alcune zone del mondo) per evitare le principali morti dei bambini al di sotto dei cinque anni nel mondo (polmonite, diarrea e malaria); nel secondo ha invece sviluppato un elenco specificando proprio queste cause di morte.
È proprio in questo rapporto che si legge, terribilmente, il dato più allarmante: al primo posto tra le cause di morte, con 570.000 bambini morti all’anno, c’è proprio l’inquinamento, indoor e outdoor, insieme al fumo passivo. Se infatti abbiamo parlato delle principali cause di morte che potrebbero essere migliorate con alcuni accorgimenti igienici e sanitari, queste, prese singolarmente, non uccidono così tanti bimbi: la diarrea conta infatti 361.000 casi, mentre la malaria 200.000.
A dare l’allarme è stato quindi il direttore generale dell’Oms, Margaret Chan: “Un ambiente inquinato è letale, specialmente per i bambini. Soprattutto quelli più piccoli: sono loro infatti che hanno organi e sistema immunitario in via di sviluppo e questo li rende estremamente vulnerabili”.
Si parla quindi di morti al di sotto dei cinque anni, ma non dimentichiamo che il pericolo arriva già prima della nascita, dal momento che i dati diffusi mostrano anche moltissimi casi di morti in utero, e continua dopo la nascita, essendo i bambini inevitabilmente esposti all’inquinamento. Che, fate attenzione, non è solo quello esterno delle strade trafficate, ma è anche quello indoor, e cioè all’interno delle mura di casa. Per combatterlo basta cominciare a prendere precauzioni: utilizzare prodotti per la pulizia naturali ed evitare di mischiare quelli chimici; non fumare; curare la manutenzione degli impianti a gas; arredare con alcune piante da appartamento che eliminano le impurità (come l’aloe, il giglio, la gerbera o la dracena, ad esempio); controllare sempre l’umidità (che non dovrà superare il 40-50% per evitare la formazione di muffe); e cambiare sempre i filtri dei condizionatori.
Quando l’ambiente in cui vivono, internamente ed esternamente, non è salubre, ecco che i bambini iniziano a mostrare i segni che lo smog produce sul loro corpo: si tratta soprattutto delle malattie respiratorie croniche come l’asma (di cui soffre già il 14% dei minori in tutto il mondo, con un 44% di cause dovute proprio allo smog). E insieme a queste, naturalmente, aumenta il rischio permanente di contrarre malattie cardiocircolatorie e di andare incontro a ictus e tumori.
Tutto questo è causato dall’inquinamento dell’aria e dell’acqua, che, non lo si può nascondere, è il problema principale dei nostri tempi. Tuttavia pare che la situazione peggiorerà, dal momento che ai problemi precedenti si aggiungono, via via che passa il tempo, quelli più “nuovi”, come ad esempio lo smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici, i cambiamenti climatici e chi più ne ha più ne metta.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.