Una nuova collaborazione che amiamo: quella con Fiocchi di Riso
Giovedì, 13 Aprile 2017 11:49Oggi siamo felicissime, e vi rendiamo partecipi di questo nostro nuovo viaggio: vogliamo raccontarvi di una nostra nuova collaborazione di cui andiamo davvero fiere, poiché l’azienda coinvolta è una delle più naturali, sicure e genuine del nostro panorama. Parliamo di Fiocchi di Riso e delle sue linee di cosmetici per bambini!
I loro prodotti sono sopraffini, naturali, tollerabili e studiati nel dettaglio, con ingredienti che arrivano direttamente dalla natura e che per il loro potere benefico sono davvero perfetti per i nostri bambini. Quali sono questi ingredienti? Ve lo spieghiamo subito.
Una nuova collaborazione che amiamo: quella con Fiocchi di Riso, azienda naturale e sicura che con i suoi ingredienti rende i rituali cosmetici dei nostri bambini profumati e benefici
Cosa ci piace di Fiocchi di Riso? Certamente la sicurezza. La mission dell’azienda è infatti andare addirittura oltre agli standard di sicurezza imposti dalle normative che ci sono in vigore, e così i loro prodotti sono tutti testati e privi di SLS (Sodium Lauryl Sulfate e Sodium Laureth Sulfate), di paraffina, di PEGs, di Mea, Dea, Tea e coloranti. Sono inoltre senza profumi e senza conservanti aggressivi e ogni ingrediente è assolutamente naturale, pensato per andare incontro e tutelare ogni tipo di pelle, anche la più sensibile.
La naturalità è anche certificata: tutti i prodotti sono testati per il Nichel, per l’1.4 Diossano, sono testati dermatologicamente e quando vegani (quindi privi completamente di ingredienti di origine animale) presentano la dicitura “Ok Vegan Gold”. Insomma, sono sicurissimi, e sul loro sito troverete, con tutta la trasparenza possibile, la lista dei loro ingredienti.
Ma quali sono questi ingredienti principali?
In primo luogo il riso, che dà il nome alla linea, con le sue proteine e i suoi estratti vegetali. I chicchi del riso sono naturalmente ricchissimi di proteine, fibre, sali minerali e acidi grassi essenziali e il suo olio ha proprietà incredibilmente emollienti che lo rendono perfetto per l’uso cosmetico, soprattutto per le pelli delicate dei bambini. Nutriente e rimineralizzante, il riso assorbe delicatamente gli eccessi di olio, ma allo stesso tempo nutre e sfiamma, ed è quindi perfetto per nutrire e proteggere la cute. Lo troverete in prodotti come “Sa di me”, il detergente quotidiano delicato che non rovina le proprietà naturali della pelle, oppure nel “Talco non talco”, che sfrutta l’amido di riso per regolare la sudorazione e l’odore della cute.
Secondo ingrediente miracoloso e naturale è la malva. Idratante, lenitiva ed emolliente, la troverete, ad esempio, nel detergente per capelli “Fior di Me”, ma è anche l’ingrediente perfetto per l’igiene intima. Questo fiore dalle proprietà antimicrobiche e sfiammanti è ottimo per proteggere le mucose e la cute dagli agenti esterni irritanti poiché è in grado di formare uno strato idrico in grado di diminuire irritazioni e secchezza delle pelli più sensibili.
Anche l’olio di oliva e gli estratti vegetali di olivo sono protagonisti delle linee di Fiocchi di Riso, con le loro proprietà benefiche e i principi attivi che li rendono perfetti per ammorbidire la pelle. L’olivo è ricco di polifenoli, vitamina E e carotenoidi, sostanze che contrastano l’invecchiamento cellulare e le infiammazioni. Ecco perché questa pianta è una delle protagoniste del detergente “Sa di me” e dell’”Emulatte”, balsamo idratante per la pelle facilmente arrossabile.
Altro olio impiegato in ampia quantità da Fiocchi di Riso è l’olio di Emu, presente nell’olio per massaggi Emudermico e nella “Clemulina” per il seno delle neomamme: quest’olio è un sottoprodotto assolutamente naturale che si estrae dal grasso dell’emù, l’uccello corridore simile allo struzzo che vive in Australia. Ricchissimo di Omega 3, 6 e 9, è utilizzato da sempre dalle popolazioni aborigene che ne conoscono da secoli le proprietà lenitive, emollienti e contrastanti del rossore. Per questo è molto adatto contro gli eczemi o le dermatiti, e per questo lo troverete anche nella pasta per il cambio pannolino “Pasta Emu”,, priva di ossido di zinco e paraffina liquida e incredibilmente nutriente, e nell’Olio Emudermico per il massaggio infantile.
L’Aloe Vera lo troviamo in moltissimi prodotti Fiocchi di Riso: di nuovo nella Pasta Emu, ma anche nella Cremulina e nell’Emulatte. L’Aloe Vera è idratante, antinfiammatorio, antiallergico, disinfettante e rigenerante: tutte proprietà naturali che aiutano la pelle del bambino a mantenersi idratata, pulita e forte, al riparo da infiammazioni e secchezza.
Infine, ecco l’olio di Babassu, morbido e facile da spalmare e per questo perfetto per detergenti quali il Sapone Off Sapone0 e Sa di Me. Delicatissimo, quest’olio protegge la pelle dandole un film protettivo ma traspirante che la mette al riparo dai cambiamenti atmosferici. Soprattutto, lenisce la pelle infiammata e la ammorbidisce al contempo.
Come riciclare le uova di Pasqua
Giovedì, 13 Aprile 2017 09:36Tutti gli anni nelle nostre case arrivano uova di Pasqua su uova di Pasqua. I nonni, gli zii e gli amici ne regalano sempre qualcuna ai nostri bambini, tuttavia non è semplicissimo (né sanissimo) riuscire a finirle tutte, così ci ritroviamo sempre con chili di cioccolato in cucina.
Come sapete siamo fan del riciclo, e infatti l’anno scorso ci eravamo ingegnate per riciclare la carta delle uova di Pasqua in maniera ludica e divertente. Quest’anno, quindi, ecco le nostre idee per riciclare le uova con ricette e preparazioni semplici e deliziose.
Come riciclare le uova di Pasqua: 8 modi per riciclare le uova di Pasqua attraverso ricette deliziose
La torta di cioccolato
Partiamo con l’idea forse più lampante, e cioè la realizzazione di una torta al cioccolato, che a noi piace preparare senza burro né uova. Unite in una ciotola 200 grammi di farina integrale, 160 grammi di zucchero di canna e una bustina di lievito, quindi prendete il cioccolato fondente dell’uovo (circa 150 grammi) e scioglietelo a bagnomaria con un goccio di latte di mandorla (o in microonde, per fare più in fretta). Riprendete la ciotola con la farina e versatevi a filo 300 grammi di latte di mandorla e 40 grammi di olio di semi di arachide, unendo poi il cioccolato fuso mescolando molto bene. Versate il composto in una tortiera imburrata o coperta con carta forno, disseminate un po’ di frutta secca tritata sulla superficie e infornate quindi a 180 gradi per circa 30-35 minuti; una volta sfornata lasciatela raffreddare.
I muffin per colazione
Con un simile procedimento potremo realizzare anche dei deliziosi muffin per colazione: la ricetta è quella dei nostri muffin senza glutine alle mandorle e cioccolato, solo che al posto delle scagliate di cioccolato useremo il nostro uovo di Pasqua tritato grossolanamente e lo verseremo anche nell’impasto (oltre che in superficie).
Il milkshake choco-banana
Frullate in un mixer una manciata di pezzi di cioccolato fondente dell’uovo di Pasqua, quindi aggiungete mezza tazza di latte di soia o di avena, una banana a rondelle e qualche fragola: frullate di nuovo tutto ed ecco pronto il vostro milkshake energetico cioccolato e banana!
Crema di cioccolata homemade
Bastano 100 grammi di cioccolato fondente dell’uovo di Pasqua per preparare la crema di cioccolata homemade, una gustosissima simil-Nutella molto più sana e soddisfacente, perfetta per colazione e la merenda. Guardate qui la nostra ricetta.
Gelato cioccolato e banana
Con la Pasqua arriva anche il caldo, quindi perché non provare a fare dell’ottimo gelato di cioccolata e banana in casa?
Iniziate congelando alcune banane mature tagliate a rondelle in freezer, riponendole in un sacchetto di plastica e lasciandole lì per almeno 24 ore. Al momento della preparazione del gelato, fate sciogliere a bagnomaria 100 grammi di cioccolato fondente del vostro uovo con un goccio di latte di soia e lasciatelo poi raffreddare un attimo. Mettete quindi in un frullatore le banane congelate (lasciatele fuori dal freezer solo per 6 o 7 minuti) con il cioccolato e frullate bene: otterrete un gelato cremoso e buonissimo!
Fragole e cioccolato
Uno degli abbinamenti di sapori più incredibili è quello fragole/cioccolato. Approfittatene di tutto il cioccolato rimasto: sciogliendolo potrete tuffare delle belle fragole di stagione, lasciarlo solidificare e gustarle come snack davanti alla tivù.
E si può fare anche con la banana: spaziale.
Salame al cioccolato
Noi lo amiamo moltissimo, ma sappiamo che non è esattamente salutare. Tuttavia ogni tanto facciamo uno strappo alla regola, e lo prepariamo, con una versione un po’ più light di quella tradizionale: parliamo del salame al cioccolato, che potrete preparare iniziando a sciogliere 200 grammi di cioccolato del vostro uovo di Pasqua. Qui la ricetta completa. Ma vi avvertiamo: poi non potrete più farne a meno!
Le camille con gocce di cioccolato
Di nuovo una ricetta perfetta per la colazione o per la merenda, che piace ai bambini e che unisce la bontà del cioccolato con la salute delle carote: questa è la nostra versione modificata della classiche camille alle mandorle con cioccolato a pezzi. Sbattete in una ciotola 2 uova bio con 150 grammi di zucchero, quindi in un’altra ciotola unite 200 grammi di farina integrale con una bustina di lievito, 80 grammi di cioccolato dell’uovo spezzettato grossolanamente, 80 grammi di mandorle tritate e 200 grammi di carote tritate. Unite i due composti, mescolate bene e aggiungete a filo circa 130 ml di olio di semi di arachide (controllando la consistenza: dovete ottenere un composto liscio e abbastanza morbido, non liquido ma nemmeno compatto). Accendete il forno statico a 180 gradi, mettete il composto in dei pirottini nell’apposita teglia per muffin riempiendone ognuno fino a metà e infornate per circa 30 minuti.
I brownies
Ultima ricetta per riciclare le uova di Pasqua: approfittarne per provare la nostra ricetta dei brownies senza burro, oppure quella dei brownies lampone e cioccolato.
Il pensiero divergente: quello che è davvero utile per il futuro dei nostri figli
Giovedì, 13 Aprile 2017 09:20Quando si parla di ragionamenti, c’è una distinzione tra due scuole di pensiero: quella che prevede il pensiero convergente, più lineare e rigido, e quella detta del “pensiero divergente”, più creativo, meno vincolato e più stimolante. Noi di certo preferiamo la seconda, e ora vi spieghiamo perché.
Il pensiero divergente: perché la teoria di J.P. Guilford ci piace e perché dovremmo orientare i nostri figli a sviluppare il loro pensiero divergente
Per capire in maniera esaustiva la differenza tra pensiero convergente e pensiero divergente basta provare a definirli in maniera semplice. Il pensiero convergente è quello che prevede di arrivare ad una soluzione prendendo un percorso lineare fatto di ipotesi e collegamenti logici. Quello divergente, al contrario, si slega da questi ragionamenti logici per effettuare una sorta di “brain storming” che diano molteplici soluzioni ad un determinato problema.
Insomma: se con il pensiero convergente siamo portati ad analizzare in maniera lineare, sequenziale e rigida una determinata situazione, con quello divergente possiamo spaziare, allargarci, cercare più soluzioni e percorsi alternativi.
Cosa significa? Significa che con il pensiero divergente riusciamo a immergerci in più situazioni, ad essere più creativi e a sviluppare una capacità di problem solving meno legata alla logica e più svincolata alle regole preimpostate. In altre parole, il pensiero divergente può essere collegato direttamente alla creatività, di cui è quasi un sinonimo.
Questa teoria fu sviluppata da J.P. Guilford nel 1950, che la divulgò attraverso un articolo pubblicato sulla rivista “American Psychologist”, intitolato “Creativity” (vedete come questa parola continua a tornare?). Lo psicologo definì il pensiero divergente come un tipo di ragionamento non comune strettamente legato alla creatività, poiché esattamente come quest’ultima esso porta a raggiungere qualcosa di nuovo a cui non si era pensato, rompendo gli schemi e i modelli già esistenti e mettendo sul piatto qualcosa di nuovo. Non a caso, già negli anni Cinquanta Guilford osservò come i ragazzi con tendenza al pensiero divergente si specializzassero poi, una volta al liceo, nelle materie più creative e umanistiche, mentre quelli dediti al pensiero convergente atterrassero in maniera naturale sulle materie scientifiche.
Insegnare sin da piccoli ad utilizzare questo tipo di pensiero, che se ci pensiamo segue la naturale inclinazione creativa dei bambini, significa quindi spingere i nostri figli a sviluppare una capacità incredibile che gli tornerà utile per tutta la vita, tanto nei processi creativi (se ci pensiamo gli artisti fanno proprio questo: esplorano tutte le possibilità per esporre le loro idee) quanto nella vita quotidiana e nel lavoro. Questo perché il pensiero divergente non è fine a se stesso, ma aiuta a sviluppare determinate abilità che il pensiero convergente al contrario limita moltissimo.
Stiamo parlando dell’originalità, chiaramente, e cioè della capacità di trovare nuove idee e soluzioni innovative che pensando in maniera tradizionale non si scoprirebbero; ma anche della fluidità del pensiero (e cioè l’abilità a dare molte più risposte ad una domanda, senza fossilizzarci su quelle ovvie), della flessibilità nello svincolarsi dalle categorie preimpostate (che significa spaziare tra gli argomenti anche se questi apparentemente non si toccano) e della capacità di elaborazione e di concretizzazione delle proprie idee.
Non dimentichiamo, poi, che anche a livello sociale ed educativo il pensiero divergente porta benefici inestimabili: spaziare tra gli argomenti, mescolandoli senza regole, significa anche sapersi mescolare con l’altro, ascoltando più punti di vista, cercando non l’univocità ma le differenze. Una capacità, questa, strettamente legata all’empatia, caratteristica a nostro parere imprescindibile per crescere buoni esseri umani.
Come dicevamo, il pensiero divergente porta spesso a prediligere materie e lavori più creativi e umanistici, mentre quello convergente porta quasi inevitabilmente a preferire i campi scientifici. Tuttavia questa è una distinzione che andrebbe messa da parte, poiché se ci pensiamo in realtà il pensiero divergente porta benefici a tutti, sia a chi è di natura più creativo, sia chi è più rigidamente scientifico. Questo perché la capacità di ragionare fuori dagli schemi e di trovare soluzioni innovative ai problemi non è un “plus” utile solo ai creativi: tutti, alla fine, anche occupandosi di matematica e di ingegneria, ne traggono beneficio.
Ecco perché sarebbe opportuno puntare su questo pensiero divergente, soprattutto in ambito scolastico. Perché il pensiero divergente non è una dote dalla natura (o almeno non solo), ma è un’attitudine che si prende e che bisogna allenare nel corso del tempo. Nelle nostre scuole, tuttavia, è il pensiero convergente ad essere molto più utilizzato e spinto, mentre il pensiero divergente viene relegato a quelle poche materie considerate puramente artistiche. La matematica, è logico, almeno nei primi anni non può che essere insegnata se non attraverso un pensiero lineare e strutturato (x è x, 2+2 fa quattro), ma chi l’ha detto che la capacità di divergere e spaziare non possa andare a beneficio anche dei futuri ingegneri?
Se gli insegnanti iniziassero a considerare la creatività e il pensiero divergente non come meri strumenti per l’arte, la musica o le materie umanistiche (che tuttavia, oggi come oggi, sono spesso divulgate attraverso un pensiero ancora convergente), ma come opportunità di sviluppare un pensiero utile per tutta la vita, i bambini imparerebbero sin da subito che esistono più soluzioni plausibili per tutto, che un problema ha più possibilità di essere risolto, che fare vagare la mente è un vantaggio.
Lasciamo quindi che i bambini facciano passeggiare la loro mente, ronzando di idea in idea, cercando soluzioni meno meccaniche e sviluppando una loro capacità critica. Sarebbe un dono incommensurabile!
Perchè è importante fasciare il neonato
Giovedì, 13 Aprile 2017 08:02Fateci caso: nelle rappresentazioni classiche, Gesù Bambino appare sempre in fasce. Sì, ci sarà certamente dietro un’iconografia specifica, ma il motivo vero è abbastanza banale e semplice, quanto importante: fasciare i bambini è una pratica che esiste praticamente da sempre, e in effetti i nostri antenati avevano delle buone ragioni per farlo!
Oggi questa pratica sta tornando in voga, e noi ne siamo contente: è benefico, sicuro e tradizionale, e per questo spingiamo sempre le mamme a imparare i pochi passi per comprendere come fasciare un neonato, una modalità che lo aiuta a calmarsi e a sentirsi al sicuro.
Fasciare il neonato: come e perchè è importante fasciare il neonato per la sua sicurezza, il sonno e le colichette
Se nei tempi antichi si usava utilizzare la fasciatura per curare o prevenire le malformazioni degli arti inferiori dei neonati, subito dopo si è scoperto che in realtà questa pratica è benefica anche a livello psicologico, e non solo fisico. Il motivo è semplice: così fasciato e ben stretto il bambino si sente protetto e coccolato, al sicuro, ed è una sensazione assolutamente indispensabile per i primi mesi di vita.
Il primo motivo della validità della fasciatura è quindi il senso di contenimento che il bambino prova, che lo porta a sentirsi al sicuro come nell’utero della mamma. Pensateci: anche da adulti essere stretti da qualcuno può fare benissimo, come ad esempio in caso di attacco di panico. La mente sente questa sensazione fisica e immediatamente ci fa sentire protetti.
Il secondo motivo è la conciliazione del sonno che ne segue. Questo senso di protezione porta con sé calma e serenità, e la conseguenza è quindi una maggior probabilità di regalare sonni sereni ai bambini. Questo anche perché la fascia, stringendo al petto le braccia e costringendo le gambe ad una sola posizione (anche se, tranquilli, il bambino non è estremamente fisso o innaturalmente costretto: le fasciature sono sì strette, ma non tanto da risultare pericolose) lascia dormire il bimbo più a lungo (evitando che si svegli per movimenti repentini e involontari degli arti) e ne consegue un riposo più ristoratore.
Spesso, poi, la fascia è un ottimo alleato contro i pianti serali, quelli della stanchezza. Essendo uno strumento che è possibile utilizzare sempre, durante ogni ora del giorno, la sera è perfetto e spesso basta mettere il bimbo in fascia per placare i suoi pianti, farlo sentire più rassicurato e far sì che si rassereni. Perché a volte quando i pianti non cessano (una volta che ci siamo assicurati che non siano causati da fame, pipì o altro) si tratta semplicemente di trovare la giusta dimensione per far sì che il bimbo, sovreccitato magari dagli stimoli esterni, si calmi, tornando in luogo caldo e familiare come l’utero materno.
Anche quando a causare i pianti sono le coliche: da una giusta fasciatura (che non sia troppo soffocante ma nemmeno troppo fredda) i bimbi traggono beneficio dal calore, che placa i dolorini della pancia.
Se, infine, la fasciatura è fatta bene, in modo che non sia né troppo stretta (da non permettere un’adeguata respirazione), né troppo allentata (in modo da slegarsi e permettere al bambino di soffocarsi con essa), è in grado anche di ridurre la Sids, la sindrome della morte in culla in quanto il bambino non ha la possibilità di rotolarsi a pancia in giù. L’importante è mettere il bambino supino e mai prono, in modo che abbia tutto lo spazio per respirare e che il torace non sia compresso.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Le Baby Box finlandesi arrivano anche in Italia
Mercoledì, 12 Aprile 2017 10:10Quando nasce un bambino, in Finlandia ogni mamma riceve una baby box. Cos’è? Una scatola con dentro tutto l’occorrente per accudire il bambino nei primi mesi: bavaglie, biberon, ciuccio, copertina, pannollini, body, tute da neve, giocattoli per la dentizione, forbicine per le unghie, un libro illustrato, una spazzola per capelli, un asciugamano, calze, federe, lenzuola... Un “maternity pack”, insomma, per dare il benvenuto alla famiglia.
La particolarità sta però nel fatto che il regalo non è solo il contenuto della scatola, ma anche la scatola stessa: grazie ad un materasso leggero e naturale, infatti, la scatola si trasforma subito nel lettino nel quale i bimbi dormiranno nei primi mesi.
Le Baby Box finlandesi arrivano anche in Italia: su babyboxitalia.com le scatole finlandesi per fare dormire i nostri bambini in un ambiente confortevole e per prevenire al meglio la SIDS
La Baby Box, in Finlandia, non è un regalo fine a se stesso: la tradizione risale infatti al 1937, quando il governo finlandese decise di istituire questo “maternity pack” e quando si scoprì che dormire nella scatola significa per i bambini avere più possibilità di non incorrere nella SIDS, la temuta morte in culla. Da quando i bambini finlandesi hanno cominciato, tutti, a dormire nelle loro scatole, i numeri sono drasticamente (e quindi positivamente) calati: da 65 decessi ogni 1000 nascite nel 1938 a 3 ogni 1000 nel 2013.
(foto credit: http://www.bbc.com/news/magazine-22751415)
E in Italia? In Italia non vi è questo regalo di benvenuto al mondo. Ma chi lo dice che non possiamo affidarci anche noi alla scatola?
Come accennato, le Baby Box (che le mamme finlandesi possono decidere se ricevere o se convertire in un bonus di 140 euro - cosa che avviene solitamente solo con i secondo e terzogeniti) sono semplicemente delle tradizionali scatole in cartone della dimensione perfetta per un neonato, che grazie ad un semplice materassino diventano la culla ideale per i primi mesi di vita.
Su Baby Box Italia troviamo quindi queste bellissime scatole, già complete di materasso, che lo Stato ancora non ci passa. Sono sicure (essendo un piccolo nido confortevole per il bambino, che si sente protetto), sono sostenibili (soprattutto rispetto alle culle: oltre ad essere in cartone, sono poi riutilizzabili come scatole per i giochi o per gli abiti), sono comodissime (e spostabili in un gesto da una stanza all’altra, per fare dormire il nostro bimbo insieme a noi, oppure a casa dei nonni quando si è via, o addirittura in vacanza) e sono solide e certificate, poiché realizzate dall’azienda The Baby Box Co., riconosciuta a livello internazionale e nota per i suoi standard di sicurezza.
I bimbi, quindi, potranno dormire nella loro scatola almeno fino ai 6/8 mesi, o comunque fino a che saranno in grado di tirarsi su da soli (e quello sarà il momento ideale per passare ad un lettino montessori, a quel punto). Non c’è da preoccuparsi, anche se i bambini si muovono molto: se appoggiata su una superficie piana, la scatola è pensata apposta per non ribaltarsi!
C’è chi la posiziona in camera da letto, chi accanto al letto, chi addirittura in mezzo ai genitori: non ci sono regole, mamma e papà sapranno decidere il luogo migliore dove piazzarla (tenendo conto che le norme internazionali di prevenzione della morte in culla dicono che per evitarla sia ideale fare dormire il bimbo nella propria stanza fino almeno ai 6 mesi), consapevoli del fatto che la “scatola-culla” è già di per sé un ambiente confortevole e sicuro per il bambino, che tra le sue pareti si sente davvero protetto.
Il calcio nello svezzamento: perché è bene eliminare il latte vaccino
Martedì, 11 Aprile 2017 14:22No, sfatiamo il mito secolare: bere latte vaccino non è la migliore soluzione per ottenere il calcio. Soprattutto durante lo svezzamento!
Il latte vaccino è il latte prodotto dalle mucche per i loro vitellini, per la loro crescita. Che non è uguale a quella di un bambino. Un vitello ha infatti bisogno del triplo dei nutrienti rispetto ad un neonato, soprattutto di proteine. I vitelli crescono molto in fretta. A poche ore dalla nascita già si reggono in piedi.
Ma entriamo bene nel dettaglio e capiamo bene come recuperare meglio tutto il calcio di cui i bimbi hanno bisogno.
Il calcio nello svezzamento: perché è bene eliminare il latte vaccino e optare per pappe vegetali più ricche di questo nutriente
Purtroppo è un fatto culturale: le proteine che assumiamo con la nostra dieta sono davvero eccessive rispetto a ciò che il corpo richiede, e anche in età pediatrica si tende a mantenere questa linea. Un po’ con la carne, un po’ con il latte e i suoi derivati. Soprattutto, si è portati a pensare che il latte vaccino sia l’unico alimento che può fornire ai nostri bambini il calcio di cui hanno bisogno per la crescita delle loro ossa. Ma non è così, e, anzi, assumerne troppo (e troppa carne) può avere un effetto contrario.
Non dobbiamo assolutamente pensare che assumere più proteine rispetto a quanto il corpo richiede sia positivo o innocuo. Il pensiero non può essere “va be’, ne mangio di più tanto poi il mio corpo le elimina”, poiché in realtà questo eccesso può portare ad uno squilibrio che mette l’organismo in condizione di non sapere più assimilare i nutrienti. Non solo: l’eccesso provoca uno squilibrio che porta ad una condizione importante chiamata acidosi metabolica.
L’acidosi metabolica è uno stato di alterazione dovuto all’acidificazione del pH del sangue e delle urine, causato esattamente da un’alimentazione troppo ricca di proteine animali (carne, uova e latticini) e di carboidrati raffinati (riso, pasta, pane e zucchero bianchi).
Questi cibi sono acidificanti e spesso li si assume a scapito di altri alimenti alcalinizzanti (e cioè la frutta e la verdura). Quando quindi assumiamo più cibi acidificanti rispetto a quelli alcalinizzanti gil acidi grassi liberi, a causa dell’affaticamento di fegato e reni (che non riescono a smaltire tutte le scorie), si trasformano in chetoacidi. E tutto questo debilita il corpo.
Non solo. Quando l’organismo va in acidosi è proprio il calcio a subirne le conseguenze, in quanto in grado di regolare il pH. In poche parole: se assumiamo troppo latte vaccino e derivati perché pensiamo di assicurarci questo elemento, sbagliamo, poiché consumandone quantità elevate il corpo va in acidosi, e quando questo accade il calcio viene continuamente richiamato dalle ossa nel sangue per la sua funzione di regolatore di acidità. Insomma, è un controsenso.
Non stiamo quindi dicendo di eliminare tutte le proteine o i carboidrati. Anche quello sarebbe un male per l’organismo. Ma meglio non eccedere, soprattutto con quelle animali, e soprattutto meglio limitare l'assunzione di latte vaccino. Come dicevamo, il latte non è l’unica fonte di calcio, anzi. Meglio sempre reperire questo calcio da cibi vegetali che ne sono ricchi, come ad esempio i semi di sesamo, gli spinaci, i legumi, le mandorle e i broccoli.
Detto questo, il consumo molto limitato di latte vaccino e prodotti caseari avrebbe anche effetti positivi sull'organismo (come dimostrano studi recenti). Ecco perché il consiglio è quello di non eliminarli del tutto ma di consumarli con molta, molta moderazione, evitando quelli troppo grassi come i formaggi stagionati e il burro.
Soprattutto nello svezzamento il discorso è importantissimo. E sarebbe meglio optare per formaggi di pecora e di capra non stagionati.
Per questi motivi noi sosteniamo senza dubbio uno svezzamento con pappe preparate in casa.
Ecco 3 esempi di pappe ricche di calcio:
1) Pappa verde alle biete e formaggio di mandorle: cuocete a vapore del cuocipappa due carote e due coste di biete tagliate a pezzi, per circa 30 minuti. Omogeneizzate quindi tutto, unendo un po’ di acqua di cottura. Prendete poi un piattino e preparate la pappa direttamente lì, prima di servirla al vostro bimbo: prendete il frullato di verdure e completatelo con 3 cucchiai di crema di riso, un cucchiaio di formaggio di mandorle grattugiato e un cucchiaino di olio evo.
2) Semolino con latte di mandorle: scaldate bene nel boccale 200 millilitri di latte di mandorle, quindi versatelo in una ciotola e unite 5 cucchiai di semolino di grano, mescolando molto bene per ottenere una crema omogenea.
3) Vellutata di erbette, fagioli bianchi e semi di sesamo: cuocete a vapore nel vostro cuocipappa 100 grammi di fagioli bianchi e 200 grammi di erbette, e una volta ammorbidito tutto omogeneizzate insieme ad una abbondante manciata di semi di sesamo. Servite condendo con un filo d’olio evo.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
7 idee per la caccia agli ovetti pasquali
Martedì, 11 Aprile 2017 13:35Manca pochissimo a Pasqua, e se come noi non avete ancora pensato a come organizzare la caccia agli ovetti pasquali, eccoci a darvi qualche consiglio per rendere il weekend davvero divertente e colorato!
La caccia agli ovetti di Pasqua nel giardino di casa (o direttamente dentro casa, o nella casa in campagna, o in qualche prato o parco cittadino: a voi la scelta!) è davvero carina ed è un’occasione per passare del tempo con i bambini, gli amici e la famiglia!
7 idee per la caccia agli ovetti pasquali: ecco 7 modi per rendere il weekend di Pasqua ancora più divertente e famigliare
Se avete i bimbi ancora piccoli piccoli, potete rendere la caccia un pochino meno ardua: ad ogni ovetto colorato attaccate una cordicella e un palloncino gonfiato con l’elio: li vedranno subito e potranno passeggiare nell’erba passando di uovo in uovo, con la manina nella vostra!
(foto: http://mylistoflists.com/10-tips-easter-egg-hunt-toddlers/3/)
Se piove o se semplicemente non disponete di un giardino, la caccia può essere organizzata anche in casa: nascondete gli ovetti nei posti più strani e nascondete in ognuno un biglietto con l’indizio su dove trovare il successivo: “dove ti lavi i denti”, “dove riponi le scarpe quando entri a casa”, “dove dormi”, e così via.
(foto http://www.kcedventures.com/blog/easter-egg-hunt-with-free-printable-clues)
Se invece in ognuno nascondete un pezzetto di un puzzle più grande, potrete organizzare sì una caccia, ma che poi, la sera, si trasformerà in serata in famiglia: sarà infatti quella l’ora per realizzare tutti insieme il puzzle che avete nascosto nelle uova!
(foto http://makethebestofeverything.com/2013/02/puzzle-easter-egg-hunt.html)
“Fai una ruota”, “Balla il ballo del qua-qua”, “fai una capriola”, “salta su un piede 10 volte”, “salta come un coniglietto fino alla fontana”, “toccati il naso con la lingua”, e chi più ne ha più ne metta: gli ovetti, stavolta, conterranno dei bigliettini con istruzioni “fisiche” divertenti, per rendere la caccia movimentata ed energica, oltre che super spiritosa!
(foto https://www.eatsamazing.co.uk/inedible-fun/fun-energy-burning-easter-egg-hunt)
Per far sì che la caccia diventi anche istruttiva, possiamo approfittarne e renderla educativa (soprattutto per i più piccoli: è perfetta per i tre-enni): nascondete nelle uova delle formine in carta o in feltro, colorate, e una volta che i bimbi le avranno trovate dovranno incolonnarle dividendole e classificandole con i loro simili.
(foto http://www.littlefamilyfun.com/2014/04/easter-egg-shape-hunt.html)
Se invece i bimbi stanno imparando a contare, si divertiranno con la sfida dei numeri: disegnate su ogni metà delle uova dei numeri e i corrispondenti pallini, poi mescolatele. Lasciate che le trovino tutte dopodiché chiedete ai bimbi di ricollocarle con le loro giuste metà corrispondenti!
(foto http://room-mom101.blogspot.it/2010/03/easter-egg-matching-activity.html)
Infine, la caccia notturna! Perché la giornata di Pasqua non termina con il calare del sole, ma può essere sfruttata fino a fare le ore piccole (con uno strappo alla regola: siamo in ferie, no?). Prendete degli ovetti trasparenti o comunque leggeri e infilateci dentro degli stick fluorescenti. Disseminateli poi in giardino e partite con la caccia a suon di torce e uova colorate!
(foto https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/originals/30/52/91/3052913a79b0d43f7fac8d8eec854963.jpg)
Cambio di stagione: i rimedi naturali per bambini e mamme
Martedì, 11 Aprile 2017 09:06Aprile, dolce dormire: i proverbi, si sa, hanno sempre un fondo di verità. E anche questo è assolutamente sincero, perché è verissimo che la primavera porta con sé un’inspiegabile voglia di dormire. Ma non solo: stanchezza, dolori articolari, stomaco in subbuglio... Ma vediamo insieme quali sono questi disturbi e come fare per arginarli in maniera sana e naturale attraverso un po’ di detox, rimedi della nonna e qualche rimedio omeopatico!
Cambio di stagione: dolori, fastidi, detox e soluzioni per aiutare il corpo a sopravvivere serenamente alla primavera!
Dormire, appunto, è una delle voglie che vengono in primavera. La stanchezza, infatti, è uno dei sintomi del cambio si stagione. Spossatezza e debolezza sono normalissime quando arriva la primavera, poiché oltre al cambio di stagione in primavera c’è anche il cambio dell’ora, che non è cosa da poco. Tutto dipende dal nostro orologio biologico interno che regola il sistema immuno-neuro-endocrino. Questo orologio biologico in primavera si sballa un po’, perché era abituato agli orari invernali (e anche al clima, e alle ore di luce: l’innalzamento delle temperature può portare un calo di pressione) e il cambio lo destabilizza. Ci vuole del tempo per tornare alla normalità! Possiamo quindi provare qualche frullato detox energizzante, che oltre a depurare l’organismo ci rimette un po’ in forze. Ancora meglio assumere un cucchiaino di miele con della pappa reale (o del polline) tutte le mattine: questo è perfetto anche per i bambini a partire dai 3 anni.
Durante la primavera però spesso si manifesta una carenza di minerali che acuisce il nostro stato di stanchezza e quello dei nostri bambini: estratti con verdura a foglia verde per fare il pieno di vitamine del gruppo B, frutta secca per assumere magnesio, potassio, fosforo e zinco, e semi, ricchissimi di vitamine. Un aiuto naturale possono essere due integratori naturali: Saludinam della Salus, e Olivello spinoso e Prugnolo Weleda
Collegato a questo fastidio sta sicuramente la sensazione di non dormire bene. O meglio: la primavera può portare con sé notti agitate e risvegli a rilento. Sentiamo di non essere in forze già dal mattino, ed è assolutamente normale, poiché quando si sballa l’orologio biologico inevitabilmente si sballa anche il ciclo del sonno. Solo che dormire male significa vivere male la giornata, con difficoltà di concentrazione, irritabilità e sensazione perenne di stanchezza. Ma perché dormiamo male? Soprattutto, per l’aumento della luce durate il giorno, che contribuisce al calo della secrezione di melatonina, responsabile del riposo. Per far fronte a questo fastidio la prima regola è mantenere, nonostante le difficoltà, degli orari fissi (e cioè andare a dormire e svegliarsi alla stessa ora) per abituare nuovamente il corpo al nuovo ritmo. L’omeopatia e la fitoterapia, poi, possono aiutare, proprio ristabilendo in maniera dolce i livelli di melatonina necessari per il buon riposo: chiediamo al nostro pediatra l'assunzione di asperula e biancospino la cui sinergia è davvero efficace e adatta anche per i bambini (o almeno ritenuta tale da molti pediatri).
Infine, praticare sport aiuta moltissimo, poiché il nostro corpo sarà spronato a rilasciare endorfine, gli ormoni del benessere con importanti effetti benefici su tutto l'organismo: se abbiamo però difficoltà ad addormentarci meglio evitare sport la sera dopo le 18.
Anche il sistema digerente può risentire della primavera: acidità, reflusso, difficoltà di digestione sono solo alcuni fra i molti festivi digestivi a cui possiamo andare incontro. Il cambio di stagione porta infatti con sé una maggiore produzione di succhi gastrici e di conseguenza bisognerebbe fare più attenzione alla nostra alimentazione, limitando i cibi fritti, gli agrumi e i pomodori, così come l’alcool e la carne. I bambini in particolare possono soffrire un po' di arietta nel pancino: in questo caso possiamo preparare un decotto di semi di finocchio bio, una tazza al giorno.
Un’ottima idea è sempre quella di cercare di depurarsi del tutto, attraverso cibi detox. Il nostro estratto detox di primavera, ad esempio, è perfetto per stimolare l’eliminazione delle tossine, un’azione che sarà benefica per tutto il corpo, dallo stomaco (come nel caso dei disturbi gastrici della primavera) fino al nostro apparato genitale, che soprattutto nel caso delle donne è soggetto al cambio di stagione: se il ciclo salta, ritarda o si sballa, quindi, non preoccupatevi; potrebbe essere (di nuovo) colpa della primavera. Soprattutto, non preoccupatevi se vi sembra che la sindrome premestruale si acutizzi, poiché è assolutamente normale. La stanchezza si aggiunge a quella primaverile, così come l’irritabilità e l’ansia, il gonfiore alle gambe e al ventre o il mal di testa. Proprio per questo un estratto detox è davvero benefico, soprattutto se associato ad una buona alimentazione ricca di cereali integrali, legumi, verdure a foglia verde e pesce azzurro: non possono mancare in questo caso crucifere, mandorle, noci e un decotto serale di salvia.
Infine, un disturbo che colpisce davvero moltissima gente, e cioè il dolore cervicale. La primavera è fatta di cambi di temperatura anche repentini (dal giorno alla notte, ma anche da attimi di sole caldissimo a nuvoloni che portano freddo e vento). Ed ecco che la nostra cervicale ne risente, facendosi sentire. In questo caso, l’omeopatia ha dei rimedi che si concentrano proprio sulla causa climatica della cervicale: chiedete al vostro farmacista se Dulcamara o Rhus Toxicodendron possono fare al caso vostro. A livello invece di fitoterapia valutiamo erbe con proprietà rilassanti, come la già citata associazione di asperula e biancospino.
Questi sono semplici spunti di riflessione, chiedete sempre al vostro medico esperto di medicina naturale il parere prima di assumere un integratore.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Carlos Gonzales, il pediatra che ci dice davvero cosa serve ai bambini
Lunedì, 10 Aprile 2017 09:18“Besame, besame mucho”... Ma cosa c’entra una canzone con l’educazione dei bambini? C’entra, se ad utilizzarla come titolo per un suo libro è un pediatra dalle idee fantastiche, che sta dalla parte dei bambini e ci indirizza verso un modo di crescerli naturale e bambino-centrico!
Il libro più venduto di Carlos Gonzales si intitola proprio “Besame mucho”, e per le mamme che tendono a preferire approcci più naturali nella crescita dei propri figli è ormai una Bibbia. Ma cosa dice, questo dottor Gonzales? Ve lo spieghiamo subito.
Carlos Gonzales, il pediatra che ci dice davvero cosa serve ai bambini: un approccio educativo che ci piace molto, quello del dottor Gonzales, pediatra catalano che mette al centro le esigenze naturali dei piccoli
Carlos Gonzales è nato a Zaragoza nel 1960. Laureato in medicina a Barcellona, è stato pediatra in un ospedale della stessa città, dopodiché ha fondato l’Associazione Catalana per l’Allattamento Materno. Da sempre, quindi, si interessa, dal punto di vista medico e umano, alle questioni più delicate legate alla maternità e alla crescita dei figli, ed è divenuto una voce autorevole in questo ambiente.
Allattamento, svezzamento ed educazione stanno al centro dei suoi studi: E la filosofia che sta al centro di tutto è molto semplice: per Carlos Gonzales i preconcetti suoi bambini vanno spazzati via per tornare a metterlo al centro del discorso come figura sociale. Non un adulto in piccolo da manipolare secondo le nostre conoscenze, è chiaro, ma un essere umano fatto e finito con i suoi ritmi, le sue esigenze e i suoi bisogno naturali, che sono in relazione con la sua specifica età e che non devono per forza essere visti in prospettiva del futuro, velocizzando le cose o impostando in vista di qualcosa di più.
Soprattutto, Gonzales mette alla berlina i “capricci”. O meglio, quelli che gli adulti considerano tali ma che in realtà sono i bisogni primari e naturali del bambino. Perché i bambini hanno bisogno di sicurezza, di abbracci, di rassicurazione, di amore, di conferme, No, non sono capricci!
Il bestseller di cui parlavamo, Besame Mucho, che si pone accanto ad altri validissimi suoi titoli come “Un dono per tutta la vita - Guida all’allattamento materno”, “Il mio bambino non mi mangia - Consigli per prevenire e risolvere il problema” e “Genitori e figli insieme - Dall’infanzia all’adolescenza con amore e rispetto”, dice sostanzialmente questo: i bambini, di natura, sono essenzialmente buoni. Hanno le loro esigenze, fondamentali, e noi genitori dobbiamo rispettarle. Questo rispetto passa praticamente dall’amore che gli diamo, dal rispetto e dall’attenzione, e in questo senso tutta la pedagogia che conosciamo, quella rigida che vuole una educazione ferrea fatta di disciplina forte e di rispetto delle convenzioni “adulte” deve essere messa da parte, per focalizzarci proprio su questo amore e conforto.
La pedagogia tradizionale è fatta di supponenza e rigidità, soprattutto per il fatto che ha sempre presupposto il bambino come adulto in miniatura, da plasmare velocemente. Bisogna quindi cambiare il punto di vista e considerare i bambini per quello che sono: bambini.
Ecco perché pretendere che i figli dormano sin da subito tante ore di seguito è assurdo: per natura gli esseri umani appena nati piangono per cercare la mamma, perché dormire per molte ore, nella preistoria, significava correre il pericolo di fare una brutta fine; ora, anche senza predatori, i bambini hanno l’innato bisogno di sentirsi comunque al sicuro, e svegliarsi per cercare la mamma, sentendola accanto, è un normalissimo comportamento!
Ecco perché pretendere che dormano da soli è assurdo. Ecco perché cercare di “non coccolarli, perché altrimenti prendono il vizio” è quantomeno strano. Ecco perché la gelosia tra fratelli è una cosa verissima, da non condannare ma da vedere come un bisogno naturale di coccole esclusive. Ecco perché piangono. Ripetiamo: non sono capricci. Sono necessità.
No, non dovremmo quindi “addomesticare” i bambini. Dovremmo piuttosto addomesticare noi stessi per far sì di sintonizzarci meglio su di loro, sulle loro esigenze, sulla loro natura, senza forzare nulla ma semplicemente rispettandoli e assecondandoli in modo che la crescita sia davvero naturale, dettata dai loro ritmi e guidata dal loro essere.
Questo concetto affrontato benissimo in “Besame Mucho” sta poi alla base dei suoi altri lavori. Come in “Genitori e figli insieme”, nel quale Gonzales ci suggerisce come svestire i panni pedagogici a cui siamo abituati, quelli rigidi di cui parlavamo, per crescere davvero come famiglia, insieme, divertendoci e coccolandoci e accudendoci a vicenda, alla faccia di chi ce lo impedisce nascondendosi dietro alla parola “vizio”). E come in “Il mio bambino non mi mangia”. Fateci caso, al titolo: “Non MI mangia”. Perché il concetto è semplice: spesso ci lamentiamo che il bambino non mangia. Ma semplicemente, non mangia ciò che i genitori si aspettino che mangi.
In conclusione: torniamo sempre a lui, quando abbiamo dubbi. Mettiamo al centro la sua persona, e non la nostra, che è ormai adulta e completa, al contrario della sua. Che ha sempre bisogno di conferme, di affetto, di sicurezza e di abbracci rassicuranti, che lo guidino con naturalezza verso chi è destinato ad essere.
Harris Cooper e il suo studio sul lavoro a casa dei bambini
Giovedì, 06 Aprile 2017 10:28Argomento scottante sul quale avevamo già detto la nostra: i compiti a casa. Non lo abbiamo mai negato: secondo noi, anche se non del tutto inutili, i compiti non sono davvero uno strumento efficace. O, almeno, non lo sono nel modo nel quale sono concepiti oggigiorno. Sono troppi, almeno alle elementari, e non ci stancheremo di dirlo.
Se già le statistiche ci dicevano qualcosa in questo senso (e cioè che il rendimento non è assolutamente connesso o proporzionale alla mole dei compiti a casa), ora a ribadirlo ci pensa anche Harris Cooper, psicologo della Duke University, secondo il cui studio i compiti fanno sì bene, ma solo se non sono troppi.
Harris Cooper e il suo studio sul lavoro a casa dei bambini: perché i troppi compiti a casa non fanno bene, ma, anzi, sono controproducenti
Lo studio, condotto qualche anno fa, ha messo in luce la relazione tra compiti a casa e rendimento scolastico, ponendo il focus sulle elementari, le medie e le superiori.
Secondo l’autore dello studio, Harris Cooper, esiste sì questa relazione, positiva e significante, ma solo se i compiti non sono troppi. Se infatti, a tutti i livelli scolastici, superano un dato lasso di tempo, questi diventano controproducenti. Soprattutto durante gli anni della scuola primaria. Ma vediamo nel dettaglio cosa intende.
Cooper spiega che i compiti alle elementari in realtà, anche se possono essere uno stimolo positivo, non saranno mai importanti quanto le ore passate a scuola. Insomma: l’apprendimento, per i bambini delle elementari, passa soprattutto dalle ore passate in classe, e i compiti servono solo per mantenere questi insegnamenti. Se il tempo di studio passato a casa aumenta troppo, allora i risultati saranno contrari, e cioè negativi.
Lo stesso accade alle medie, ma soprattutto alle superiori, periodo nel quale se i ragazzi studiano a casa per più di due ore al giorno si ritrovano con un fardello in più che non significa necessariamente buoni risultati. “Quando i ragazzi delle scuole superiori vengono coperti di compiti, ciò non porta a voti più alti”, dice Cooper, anche se ammette, naturalmente, che è normale che i ragazzi più grandi beneficino di più ore di studio a casa (rispetto ai bambini più piccoli): se i bambini delle elementari hanno ancora difficoltà a concentrarsi (com’è anche giusto che sia, essendo appunto bambini), e se non hanno ancora una loro routine di studio, con il passare degli anni i ragazzi imparano a porre il loro focus sullo studio e a trovare abitudini efficaci.
Ecco perché lui stesso ha suggerito la regola dei 10 minuti, per aiutare gli insegnanti a capire quanti compiti dovrebbero dare ai ragazzi. Si parte dai 10 minuti al giorno della scuola elementare, per aggiungere di volta in volta 10 al raggiungimento dell’obiettivo, e cioè al passaggio della classe successiva. Si passerà così a qualche minuto in più in seconda elementare, e così via, fino ad arrivare alle 2 ore durante gli anni della scuola superiore.
Ma qui ci si ferma. Perché è vero che alle superiori si deve studiare effettivamente molto, ma se sommiamo le ore in classe con quelle a casa, superare le due ore per sera diventa davvero controproducente e studiare di più non significa raggiungere necessariamente votazioni più alte.
E, tornando alla scuola elementare, per Cooper è importantissimo che gli insegnanti tengano sempre conto sia dei raggiungimenti scolastici dei bambini, sia della loro età sia delle circostanze familiari. E in sostanza suggerisce come dovrebbero essere i compiti: brevi, non troppo difficili, con un aiuto, talvolta, da parte dei genitori (ma solo sporadicamente, senza che diventi una regola); e che gli insegnanti dovrebbero spingere ad attività extra-scolastiche sia produttive sia divertenti, puntando anche molto sulla lettura per piacere.