Aiutare un figlio dislessico, i primi passi
Rifiutare la realtà, accettare di buon grado, non capire fino in fondo cosa significhi, cercare informazioni a destra e a manca, non capacitarsi: ogni genitore e ogni famiglia reagiscono in modo differente alla diagnosi di dislessia del proprio figlio. Ma indipendentemente dal sentimento provato (che è sempre lecito e legittimo), la cosa da fare è una sola: attivarsi per aiutare il proprio figlio, che ha bisogno di sostegno in questo suo percorso.
Perché la dislessia non è una malattia, ma una condizione, un diverso modo di vedere le cose. La dislessia significa avere una mente che funziona in una maniera particolare, e trovare modi per facilitare i processi mentali è indispensabile.
Una diagnosi di dislessia è una fortuna, è una liberazione: pensate a quanti bambini (e adulti) non sanno di essere dislessici e per questo semplice motivo non trovano una loro dimensione, un loro modo di leggere, un loro modo di imparare, pensando solo di essere in qualche modo fallaci o sbagliati. No, non si è sbagliati, anzi!
Insomma: trovare questo modo personale, questa strategia è fondamentale, e noi genitori possiamo stare passo passo accanto ai nostri figli rendendo il processo molto meno pesante.
Aiutare un figlio dislessico, i primi passi: quali sono le strategie che possiamo attuare per stare accanto e sostenere i figli con diagnosi di dislessia
Innanzitutto, è bene parlarne, perché volenti o nolenti (non possiamo nasconderci dietro un dito) un bambino con dislessia prova sentimenti molto forti nei confronti di questa sua condizione. È bene, quindi, esprimere e lasciare che si esprima, in modo da acquisire consapevolezza, accettare la situazione e trasformarla in qualcosa di positivo e propositivo, per trovare insieme soluzioni e acquisire pian piano autonomia.
Parlarne significa coinvolgerlo, che è fondamentale per l’autostima. Ed essendo i bambini molto curiosi, avranno un milione di domande. Cerchiamo sempre di soddisfare ogni loro curiosità, rispondendo con sincerità e competenza (non trattandoli da bambini che non capiscono nulla ma come persone competenti, come lo è ogni essere umano): si sentiranno più partecipi, anche della vita familiare, e questo avrà effetti super positivi sulla sua psicologia.
Possiamo poi trovare insieme a loro una strategia di studio, ad hoc e personale. Come tutte le persone (mica solo quelle con dislessia!) ognuno di noi ha una sua modalità di studio che ritiene più semplice ed efficace. È consigliato quindi provare con certi metodi che certamente aiutano a imparare più efficacemente rispetto ad altri in caso di dislessia, come attraverso mappe concettuali (a partire dalle immagini per arrivare ai concetti scritti), oppure con disegni e immagini (anche divertenti e che li appassionino, come i personaggi dei libri o dei film preferiti declinati matematicamente, o grammaticamente…), o ancora utilizzando il computer per scrivere, un modo che semplifica davvero a moltissimi la vita.
Aiutarli, però, non significa fare sempre i compiti con loro (o per loro, addirittura!): lasciamo che sbaglino, che provino, e che ci considerino punto di riferimento al quale chiedere, ma senza invadere il loro spazio.
Anche la lettura, fin da subito, è fondamentale, nel senso che è giusto coinvolgere i bambini in questa attività. Non solo a livello scolastico, ma anche quando leggiamo insieme a casa per piacere e svago: coinvolgiamoli, non leggiamo solo noi, ma facciamolo insieme!
Un altro consiglio è quello di sbizzarrirsi con i giochi da tavolo: le carte, il monopoly, il memory e tutti i giochi in scatola sono molto visuali e procedono per immagini, struttura che permette al bambino di sviluppare logica e altre competenze fondamentali per lo studio, in maniera ludica e divertente.
Cerchiamo poi insieme a loro i punti di forza e le capacità personali: impegnarsi in attività in cui eccellono e che li rendono orgogliosi è davvero benefico!
Infine, qualche trucchetto prettamente scolastico e di studio: è utile utilizzare copertine uguali per i libri e i quaderni della stessa materia. È provato, poi, che le ricerche da esporre siano molto efficaci: i maestri possono assegnare ai bambini con DSA un argomento non ancora trattato in classe, da esporre poi con un cartellone (in questo modo i bambini possono imparare e raccontare ai compagni senza timore di essere giudicati, perché gli altri ancora non conoscono l’argomento!). Indispensabile, poi, è lasciare che i ragazzi scarabocchino, anche durante la spiegazione: i segni grafici aiutano moltissimo la concentrazione e l’immagazzinamento delle nozioni. Infine, meglio non sottolineare gli errori con la penna rossa, ma indicarli ai ragazzi e lasciare che loro li correggano: in questo modo non rimarrà loro in mente la parola (o il numero, o la nozione…) errata, ma quella corretta.
Giulia Mandrino