Scuola liberitaria, un nuovo modo di fare scuola
Il 13 settembre scorso, a Vaiano, si è svolta la prima edizione di "Tutta un'altra scuola", ciclo di conferenze organizzate dalla rivista che propone scelte di vita sostenibili "Terra Nuova". Al centro dei discorsi è stato il bambino, attraverso riflessioni tenute da vari esponenti di realtà educative scolastiche all'avanguardia.
Tra gli interventi, quello di Andrea Sola sulla scuola liberitaria, un diverso modo di fare scuola: vediamo di cosa si tratta e perché ci ha fatto drizzare le antenne!
A differenza dei metodi educativi più conosciuti e teorizzati, come quello Montessori o quello steineriano, la Scuola Liberitaria, pur esistendo come concetto da moltissimo tempo, non ha regole canonizzate, pratiche o strumentazioni didattiche definite. Al contrario, propone differenti approcci a seconda del contesto educativo.
Certo, alla base ha un concetto di fondo, una filosofia tutta sua, dalla quale è bene non scostarsi: il succo sta nel considerare il bambino non in maniera adultocentrica, ma come individuo autonomo con bisogni e diritti propri. Spesso quella dell'infanzia è una categoria oppressa; bisogna dunque valicare questo scoglio.
Come ormai quasi tutti gli approcci pedagogici progressisti, anche per Andrea Sola bisogna mirare allo sviluppo di persone autonome e indipendenti; e, nella Scuola Liberitaria, questo aspetto vale ancor di più, sviluppandosi attorno alla questione del Come si impara, e non del Cosa.
Già, perché è proprio attraverso il metodo di apprendimento che il piccolo umano si forma, ed è solo la modalità con cui avviene questo apprendimento che si formerà il tipo di persona che il bambino sarà da adulto.
Fondamentale in tal senso è l'atteggiamento dell'adulto (genitore o educatore) nei confronti del bambino che gli sta di fronte. Il rapporto, che è inevitabilmente di potere, non dev'essere del tipo che "impone" l'insegnamento, ma, al contrario, deve essere una tipologia di rapporto che aiuta il bambino a sviluppare la sua autonomia.
Certo, non si può prescindere da un rapporto di potere. La dipendenza del bambino dall'adulto è un dato di fatto, soprattutto nei primi anni di vita. Non lo nega, Andrea Sola, ma lo spiega molto bene: lasciare autonomia non significa abbandonare il bambino a se stesso; ma soprattutto esercitare il potere (inevitabile) non significa imporre qualcosa, ma diventare guida attraverso l'esempio diretto o indiretto (e qui si parla di relazioni "mimetico-normative").
Esercitare il potere in maniera assoluta imponendo norme e nozioni non porta a nulla. Anzi! Un atteggiamento di questo tipo è causa solo di bambini assuefatti al subire, di sentimenti di timore, di coscienza servile, odio, rancore e invidia.
Ecco perché quindi è meglio optare per una relazione mimetico-normativa: insegnare diventando guida per il bambino suscita in lui sentimenti d'orgoglio, sensi di emulazione, rispetto di se stessi, fierezza, e una coscienza (importantissima) di sapersi controllare e comportare in modo responsabile non perché obbligati, ma perché consapevoli.
Nello specifico, rinunciare al potere impositivo significa beneficiare concretamente di un rapporto educataore-bambino non più verticale, dall'alto in basso, ma circolare! Si imparerà insieme, si apprenderà la maniera migliore di procedere e ci sarà sempre uno scambio.
Tutto ciò deve nascere però da un presupposto che l'educatore deve interiorizzare e capire fino in fondo: quella della Scuola Liberitaria è un'educazione che si basa sulla consapevolezza che il bambino non ragiona assolutamente in maniera adulta. Ciò che per noi è razionale per lui non lo è. Ciò che per noi è scontato per lui non lo è. E, soprattutto, la sua sensibilità è lontana da quella adulta, e non capirlo significa non connettere minimamente con chi ci sta di fronte. E allora come procedere concretamente? Basta mettere al centro dell'educazione due aspetti.
Il primo è l'interesse del bambino verso l'oggetto di studio (che quando manca non porta veramente a nulla); il secondo è la fiducia che l'adulto deve sempre trasmettere nelle capacità del bambino (atteggiamento che viene sempre percepito dall'alunno, in ogni caso, anche quando non espresso verbalmente).
Così, ecco sintetizzati i punti fondamentali della Scuola Liberitaria, esattamente come enunciati da Andrea Sola durante il suo discorso a "Tutta un'altra scuola":
"– Il carattere guida delle pratiche libertarie è il riconoscimento del diritto del bambino alla libertà nell’apprendere. Questo è forse l’aspetto che suscita più perplessità in chi si avvicini a questa prospettiva educativa, perché è quello che più mette in evidenza la rinuncia da parte dell’adulto ai propri diritti di guida, di regista della scena. Poiché si è detto che è importante come si apprende bisogna allora anche saper rispettare i tempi e le modalità personali dell’apprendimento, cioè bisogna saper riconoscere e rispettare le differenze individuali di ciascun soggetto, rinunciando a qualsiasi atteggiamento omologante. Accettare questo principio comporta quindi rinunziare ad imporre la propria “tabella di marcia” ai bambini, essere disponibili a lasciare loro la libertà di scelta e puntare sullo sviluppo della loro responsabilità personale.
– Altri aspetti che caratterizzano fortemente questo tipo di approccio sono il riconoscimento dell’importanza del gioco come forma di conoscenza e di esplorazione di sé nel mondo e di tutte quelle forme di educazione “incidentale” (Paul Goodman) cioè determinata dall’ “incidente”, da una ricerca che produce inaspettatamente dei risultati, che proprio perché nascono da una occasione offerta dalla vita, dove il soggetto è parte attiva e motivata alla ricerca, sono tanto più importanti e significative per chi le sta scoprendo.
Ancora una volta quello che conta è prima di tutto il processo attraverso cui si arriva a raggiungere il risultato, di qui anche l’importanza dell’errore, delle incertezze, dei cambiamenti di rotta nel percorso della formazione.
– Vi è poi la pratica della condivisione delle regole su cui si basano i contesti educativi. La democrazia è pratica viva e diretta dei gruppi; di qui la consuetudine delle discussioni collettive sulle decisioni generali (le assemblee) e la pratica dei tribunali dei ragazzi, che sono un elemento essenziale di tutte le sperimentazioni di questo tipo. Ciò che caratterizza queste pratiche è che le regole non vengono imposte ma sono condivise; la differenza, fondamentale, è tutta qui.
Vorrei sottolineare incidentalmente come sia del tutto privo di fondamento il luogo comune che dove si rispettano i principi della libertà individuale allora le regole non ci sono perché vengono ritenute prive di importanza: è tutto il contrario, più la libertà viene praticata più c’è bisogno di rispettare le regole, che però devono essere accettate e condivise responsabilmente da tutti.
– Il rifiuto di qualsiasi gerarchizzazione dei saperi, basato sul riconoscimento delle diverse forme di intelligenza che sono proprie di ciascun individuo (Gardner).
Le pratiche della manualità ad esempio e dell’espressività estetica (preferisco usare questa parola piuttosto che “artistica” perché la categoria dell’artistico appartiene al mondo adulto): i bambini attraverso la manualità, la produzione e l’uso delle immagini imparano a conoscere il mondo secondo modalità diverse da quelle discorsivo-razionali proprie del linguaggio; perciò queste pratiche devono essere parte ineliminabile delle esperienze, senza limiti anagrafici di alcun genere."
Sara Polotti