Quando iniziare lo svezzamento, i consigli di Unicef e OMS
Che sia svezzamento naturale, svezzamento classico o autosvezzamento (una scelta che compete i genitori), una regola di base c’è e riguarda il periodo nel quale lo slattamento dovrebbe cominciare.
Nella giungla di pareri nella quale vi imbatterete (perché se ne sentono di tutti i colori) c’è bisogno di trovare però la verità. Il pediatra deve sempre essere la figura di riferimento alla quale chiedere consiglio: sarà lui/lei che vi dirà, in base alla storia clinica del vostro bambino, quando sarà il momento di cominciare a sommare al latte materno o artificiale gli altri alimenti.
Ma in generale tanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità quanto l’Unicef e altri organi preposti all’informazione in ambito di puericultura sono d’accordo: lo svezzamento non dovrebbe cominciare prima dei sei mesi. Ma vediamo in dettaglio come e perché.
Quando iniziare lo svezzamento, i consigli di Unicef e OMS: i tempi dello svezzamento secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità e secondo l’Unicef
“Lo svezzamento dovrebbe cominciare in tempi corretti, ovvero tutti gli infanti dovrebbero cominciare a ricevere alimenti in addizione al latte materno dai sei mesi di vita in poi”: lo si legge a chiare parole sul sito dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che spiega anche i dettagli di uno svezzamento corretto.
“Lo svezzamento dovrebbe essere poi adeguato, ovvero dato ai bambini in quantità, frequenza, consistenza e varietà in modo da coprire i bisogni nutrizionali del bambino che sta crescendo, mantenendo nel frattempo l’allattamento”.
Questo significa che ai nostri bambini, a partire dai sei mesi, dobbiamo cominciare a dare alimenti vari e adeguati, facendo attenzione alla consistenza (che deve essere sicura e eliminare il rischio di soffocamento) e alla varietà dei nutrienti.
L’OMS raccomanda dunque di cominciare con lo svezzamento a sei mesi di vita, in aggiunta all’allattamento, dando ai bambini i nuovi cibi inizialmente 2/3 volte al giorno (tra i 6 e gli 8 mesi), aumentando a 3/4 volte al giorno tra i 9 e gli 11 mesi. Tra i 12 e i 24 mesi i genitori possono poi cominciare ad aggiungere a questi pasti 1 o 2 merende nutrienti al giorno, se necessario e se il bambino ne ha voglia.
Anche l'Unicef e la Commissione Europea sono dello stesso avviso. Il documento che ne parla nello specifico si intitola “Alimentazione dei lattanti e dei bambini fino a tre anni: raccomandazioni standard per l’Unione Europea”. I due organi, esattamente come l’OMS, raccomandano lo svezzamento dai sei mesi in poi, specificando anche che è bene seguire le inclinazioni dei bambini:
“Attorno ai sei mesi, la maggioranza dei bambini mostra interesse per altri alimenti (cioè per alimenti solidi) oltre al latte materno. Ammesso che il bambino sia in buona salute, ai genitori si deve consigliare di osservare il comportamento dei figli e di rispondervi in maniera appropriata (cioè di non forzare mai il lattante a mangiare)”.
L’Unicef introduce però anche un altro argomento molto importante, quello della carenza di micronutrienti nei lattanti sotto i sei mesi di età. Perché importante? Perché sono in molti a consigliare ancora un’introduzione di alimenti complementari prima dei 4-6 mesi dei bambini nel caso in cui vi sia una carenza di nutrienti, quando in realtà il miglioramento della dieta materna è ancora la soluzione migliore:
“In situazioni nelle quali la carenza di micronutrienti in lattanti sotto i sei mesi è un problema, il miglioramento della dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento, e non la precoce introduzione di alimenti complementari, è l’intervento preventivo più efficace e meno rischioso”.
In generale, naturalmente, ogni bambino è diverso, quindi raccomandiamo sempre il consiglio del proprio pediatra. Ma raccomandiamo anche di fare attenzione ai segnali che ci dicono che effettivamente il bambino è pronto allo svezzamento (lo stare seduto senza aiuto, il non avere già il riflesso di estrusione che gli fa sputare fuori il cucchiaino, mostra interesse per il cibo in tavola…).
Lo svezzamento, poi, dovrà essere vario ed equilibrato: “Pare che i bambini mangino di più quando ricevono una dieta varia, rispetto a quando hanno una dieta limitata e monotona”, spiegano ancora nel documento della Commissione Europea. “È importante che i bambini, per i quali tutti i cibi sono inizialmente sconosciuti, siano esposti ripetutamente a nuovi alimenti per stabilire uno schema di accettazione di cibi salutari”.
Infine, la Commissione ha delle raccomandazioni anche per quanto riguarda il latte materno o artificiale fino ai due anni e oltre. Nel caso del latte materno, se il volume è alto non c’è bisogno di usare altro latte, e si raccomanda di mantenere l’allattamento al seno fino (almeno) ai 24 mesi. Nel caso del latte artificiale, invece, bisogna fare un po’ più di attenzione per non rischiare di limitare l’assunzione degli altri alimenti:
“Il latte deve continuare ad essere parte integrante della dieta durante l’alimentazione complementare e si raccomanda di continuare con l’allattamento al seno fino a due anni ed oltre. Se il volume di latte materno è alto, non c’è motivo di usare altri latti. Nei bambini non allattati al seno un eccessivo consumo di latte artificiale nel primo anno o di latte vaccino in seguito può limitare il consumo e la diversificazione di alimenti complementari, importanti, come già detto, per esporre il bambino a quei nuovi sapori e consistenze che facilitano l’acquisizione di competenze alimentari. Un bambino che beve un litro di latte vaccino o artificiale al giorno soddisfa fino a due terzi dei suoi bisogni energetici e lascia ben poco spazio ed appetito per altri salutari alimenti”.
Giulia Mandrino