Avere figli non rende più felici: non sentirti in colpa se non senti l’amore smisurato che la società impone
Ci sono genitori estasiati dai figli. Ci sono genitori che li amano più della loro vita. Ci sono genitori che ripongono l’orgoglio nei loro bambini e nelle loro bambine. Giustamente. E sono tutte bellissime cose! Probabilmente è questo il sentimento più diffuso tra le mamme e i papà.
Ci sono, dall’altra parte, genitori che non ritengono che essere mamma o papà sia la loro principale prerogativa. Che non credono che i figli siano la loro priorità assoluta nella vita. Che non sentono quella felicità impregnante e totale che la maggior parte della gente — genitori e non genitori — associano all’avere figli.
Non c’è nulla di sbagliato nella seconda situazione, così come nella prima. Il problema è la narrazione societaria che si fa della maternità e della paternità. Come sempre, quando una narrazione si impone come “normale” e “diffusa”, rischia di fare sentire le persone che non si allineano sbagliate e confuse. Sfatiamo quindi un mito: avere figli non rende più felici. Rende felice chi vuole figli, chi sente che quel ruolo gli appartenga. Ma rende felici tanto quanto altre cose che rendono felici e che appagano, che riempiono e che emozionano. E che per un genitore non per forza corrispondono con i figli.
Normalizziamo, quindi, i genitori che non si sentono appagati. Che si sentono in difficoltà. Che non percepiscono l’amore smisurato che la narrazione esterna impone loro. Non siete strani: siete esseri umani.
Felicità e figli: cosa dice la scienza
Il primo mito da sfatare è quello relativo alla felicità associata alla genitorialità. I media, ma anche i semplici conoscenti con cui si parla, propongono una visione a senso unico, ovvero quella dell’appagamento dato dall’avere figli. “I genitori sono persone complete e soprattutto felici, perché i figli portano felicità”. Verissimo, per carità. Ma non assoluto.
A conferma di ciò ci sono addirittura alcune ricerche scientifiche, come quella condotta da Angus Deaton e Arthur A. Stone presso la Princeton University nel 2013. Lo studio “Evaluative and hedonic wellbeing among those with and without children at home” (“Il benessere valutato ed edonistico tra persone con e senza figli in casa”) rivela che il livello di soddisfazione tra le persone che sono anche genitori e le persone senza figli è suppergiù identico.
La maggior parte della gente, spiegano i ricercatori, è convinta che i figli rendano la loro vita migliore. Tuttavia, gli studi dimostrano come chi non ha bambini valuti la propria vita più soddisfacente rispetto ai genitori. A livello quotidiano, pare che la gioia e lo stress vissuti siano più intensi nel caso dei genitori, ma questo non cambia le cose: per i genitori che scelgono di essere genitori e i non genitori che decidono di non avere figli la felicità e la soddisfazione non cambiano. Il discrimine, quindi, non sono i figli, ma come si vive la propria vita.
Allo stesso tempo, è bene sottolineare come non sempre diventare genitori — anche quando voluto e desiderato! — sia inteso come fonte di felicità assoluta. Capita: diventi mamma, diventi papà, e non senti quella scintilla devastante che ti farà mettere per sempre al primo posto i tuoi figli. Che ti farà sentire appagato per il solo fatto di essere il loro genitore. Che ti farà sentire bravo o brava e in grado di fare tutto.
Questo, però, non ti rende meno mamma o meno papà.
De-costruire la narrazione imposta
La morale di questo articolo? Non vogliamo di certo sminuire l’amore per i figli. Ma è giusto de-costruire la convinzione societaria che impone la felicità assoluta di un essere umano in quanto mamma o in quanto papà. Non sempre è così. Non sempre si mettono i figli al primo posto. Non sempre si affida la propria felicità alla loro.
Non è sbagliato. È umano, e non c’è bisogno di sentirsi in colpa.