Indicazioni per una corretta impugnatura della penna e della matita
Martedì, 02 Aprile 2019 07:51Avere l’impugnatura adeguata della matita (o della penna) non è facile e nemmeno veloce. Occorrono tempo, fatica e pazienza. E un po’ di allenamento: il risultato finale però, sarà una scrittura leggibile e senza sforzo. Al lavoro!
Indicazioni per una corretta impugnatura della penna e della matita: come allenare i bambini ad impugnare penna e matita per una scrittura senza sforzo
Indicazioni generali
Per prima cosa, alcune informazioni sulla postura del corpo durante la scrittura, ovvero come stare seduto. Quando ci accingiamo a scrivere è bene avere:
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I piedi appoggiati a terra
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Le ginocchia piegate a 90°, formando un angolo retto con la gamba
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Le cosce parallele
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L'avanbraccio sistemato sul tavolo, con il gomito ben appoggiato al banco, a creare un angolo di 90°
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Spalle e collo rilassati
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Il foglio tenuto ben fermo con la mano che non scrive
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Il foglio leggermente rivolto in alto a destra (per chi scrive con la mano destra) oppure in alto a sinistra (per i mancini).
L'impugnatura
Che tu scriva con la destra o con la sinistra, l’impugnatura deve coinvolgere solo tre dita ( il pollice, l’indice e il medio), che devono essere posizionate come nell’immagine in basso. All’inizo per aiutarti puoi posizionare un fazzolettino accartocciato tra il mignolo e l’anulare della mano con cui scrivi; in questo modo le altre dita saranno libere di impugnare la matita.
Il lavoro vero e proprio
Innanzi tutto ripartiamo dal disegno: bruchi, palloncini, fiori; ma anche tanta pioggia! Il cerchio e la riga nella giusta direzione sono la base della scrittura.
E poi serve un po’ di ginnastica per la mano: ecco alcuni esercizi da svolgere almeno 3 giorni a settimana, da svolgere sia a casa che a scuola, anche più volte al giorno, durano solo un paio di minuti.
Graffi del gatto: apri e chiudi le dita come se fossero delle zampette di gatto che sta graffiando; fallo con entrambe le mani;
il becco dell’uccellino: tocca il pollice con ogni dito della mano: puoi fare questo esercizio prima con una mano, poi con l’altra, infine contemporaneamente;
sasso-carta: apri e chiudi le mani a pugno;
matita ballerina: fai ruotare la matita tra il pollice e l’indice aiutandoti con il medio, proprio come se stessi temperando;
i salti della rana: posiziona la mano con le tre dita che scrivono sull’altra mano aperta , che crea un trampolno per le dita di scritura;
il becco del picchio: impugna la matita con le tre dita di scrittura e spingila verso l’altra mano aperta.
Sembrerà strano, ma anche attività quotidiane svolte senza pensare aiutano a scrivere con più agilità, come bere l’acqua e lavarsi la faccia, poichè posizionando le mani a coppa si impara una posizione della mano necessaria per scrivere.
Importanti sono poi le allacciature, come la zip della giacca o i bottoni. Anche i fiocchi e le asole delle scarpe sono importanti, così come aprire e chiudere i tappi delle bottiglie, avvitare e svitare, giocare con la matrioska e tutte le sue componenti.
Bisogna poi fare in modo che l'occhio segua la mano durante la scrittura: ecco alcuni esercizi come punteggiare, infilare, travasare, tagliare.
Per questo primo periodo di allenamento ,il consiglio sono i seguenti giochi:
Le biglie: meravigliose sfere colorate, rotolanti grazie alla forza delle dita (le tre magiche dita che usiamo per scrivere)! Si possono anche creare dei percorsi con diversi livelli di difficoltà, farle passarre sotto ponticelli o addirittura costruire percorsi con la sabbia!
Le pulci: piccoli dischi in plastica che saltano come vivaci insetti! Danno la possibilità di usare le dita o la linguetta che di solito si trova nella confezione, e si possono anche sfidare gli amici in un’arena!
Il calcetto, che possiamo anche costruire in casa con vecchie scatole di cartone e mollette del bucato:
Il flipper, di nuovo homemade:
Giochi per aiutare la mano e l’occhio a lavorare insieme: giochi di lancio e presa, ritaglio, attività con il punteggino, i chiodini e tutte le attività legate all’infilare e travasare (con il cucchiaio ma anche e soprattutto con le pinze o le pinzette, che si impugnano proprio come la matita). Anche le mollette sono molto utili, così come le bacchette per il sushi!
Gli shangai, forza 4 e lo yoyo:
E ora siamo pronti per qualche attività di scrittura... ma senza matita! Serviranno:
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Vaschetta usa e getta (quelle che contengono la verdura, ad esempio) e schiuma da barba: tracciare con un pennello delle lettere o dei disegni. Si può anche aggiungere del colorante naturale per rendere tutto più simpatico. Questa attività alleggerisce il tratto della tua scrittura;
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Cotton fioc, cartoncino e tempere o acquerelli: tracciare delle linee. Questa attività rallenta la conduzione del tratto e del movimento;
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La sabbia (quella cinetica o quella per gli acquari): è possibile trasferirla in un contentore e tracciare con le dita le lettere, i numeri, i disegni. Due regole importantissime: seguire qualche direzione precisa, come destra-sinistra, alto-basso e il cerchio in senso antiorario (direzioni necessarie alla scrittura).
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Una lavagnetta piccola con gessetti colorati su cui scrivere e disegnare (segurendo le regole direzionali appena indicate, sempre);
- Fogli grandi da appendere al muro e pastelli a cera o gessetti colorati triangolari: lavorare prima in verticale e poi in orizzontale (è più semplice per la dissociazione della spalla dall’avanbraccio): disegnare solo tanti cerchi (ricordando sempre la direzione antioraria).
Suggerimenti:
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provare ad utilizzare sulla matita i gommini ergonomici, o meglio ancora il play mais: si adatterà perfettamente alla forma delle dita;
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Scegliere una matita triangolare o ergonomica (che esiste sia per mancini che per destrimani).
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I moccini delle matite (ovvero le matite consumate) sono fondamentali, perché all’inizio della primaria i bambini dovrebbero utilizzare solo i moccini delle matite e dei pastelli: l’impugnatura, in questo modo, non dovrà essere spiegata, poiché essendo piccolo lo strumento, l’impugnatura corretta è l’unica possibile; si possono usare nastrini o cerchi per non far superare il limite.
Arrampicarsi sullo scivolo è pericoloso? No, fa benissimo!
Venerdì, 29 Marzo 2019 15:11Sarà capitato a tutti i genitori di bambini tra i tre e gli otto anni: al parco ti distrai un attimo e te lo ritrovi arrampicato sulla casetta, sullo scivolo, sull’albero lì accanto.
I bambini hanno un desiderio incredibile di arrampicarsi e, forse già molti lo sanno, anche una capacità innata di farlo. Già da piccolissimi si ritrovano con l’istinto all’arrampicata e in effetti ci sono moltissimi video di bimbi piccini che, aiutati da mamma e papà (in sicurezza, sia chiaro!) riescono a salire le pareti per l’arrampicata.
Ma allora perché ci arrabbiamo e ci preoccupiamo quando i nostri figli si arrampicano sullo scivolo al contrario? Ecco delle buone ragioni per lasciarglielo fare!
Arrampicarsi sullo scivolo è pericoloso? No, fa benissimo! Le ragioni per le quali dovremmo lasciare che i nostri bambini provino a salire lo scivolo al contrario
Arrampicarsi rafforza il fisico dei nostri bambini, le loro braccia e le loro gambe. E possiamo considerarlo a tutti gli effetti uno sport. Avete presente quanta forza ci vuole per arrampicarsi? Moltissima! E oltre alla forza i bambini svilupperanno un’ottima coordinazione, eseguendo movimenti tutto fuorché quotidiani, e quindi sconosciuti.
Imparare il senso del pericolo è un altro dei benefici dell’arrampicarsi sullo scivolo al contrario, poiché i bambini capiscono i loro limiti, si fanno male (a volte, ma sempre in un ambiente protetto, con angoli smussati, altezze non esagerate e tappeti morbidi a terra), prendono le misure… Insomma, imparano a muoversi e ad arrivare fin dove possono.
I bambini, poi, arrampicandosi sullo scivolo danno sfogo ad un istinto innato, quello alla salita e all’arrampicata, e questo è davvero benefico e soddisfacente per loro.
Sviluppano una abilità perfetta che potranno sfruttare poi nella natura. E ricordiamoci che giocare all’aria aperta, nella natura vera e non solo nel parco giochi attrezzato, è fondamentale per la loro crescita.
È probabile che quando decideranno di impegnarsi in questo gioco ci sarà qualche altro bambino che li seguirà, o loro per primi seguiranno qualcuno che lo sta già facendo. Lo scivolo, però, è uno spazio limitato, piccolo e stretto, e per questo potranno giocare ad arrampicarsi uno alla volta, non di più. Ecco allora il beneficio: questo è un gioco che stimola il conflitto positivo, perché i bambini dovranno risolvere la voglia di giocare subito facendo i turni, parlando, litigando anche, ma alla fine risolvendo.
L’arrampicata stimola la creatività, perché i bambini cercheranno tutti gli stratagemmi possibili per fare meno fatica e per arrivare in cima senza intoppi. E stimola anche la cooperazione, perché, quando con altri, cercheranno di unire le forze (quando non in conflitto per lo scivolo!), allungando le mani per aiutarsi, cercando nuove spinte collaborative e trovando la cima insieme.
L’arrampicata stimola la costanza e la voglia di arrivare al successo, ma anche il senso del fallimento come tappa inevitabile per riuscire in qualcosa. Già, perché non ce la faranno al primo tentativo, cadranno, scivoleranno, ricalcoleranno i movimenti da mettere in atto, finché, alla fine, con costanza, riusciranno ad arrivare in cima.
Infine, i bambini imparano la fiducia (in loro stessi prima di tutto) e la responsabilità: quando vedranno che ci stiamo fidando di loro, faranno attenzione e cercheranno di non farsi del male. E piano piano, tornando al discorso sul pericolo, impareranno i loro limiti. Ricordiamoci sempre che il gioco “rischioso” (anche se in sicurezza) è fondamentale: chi sbaglia impara non potrebbe essere più azzeccato, come proverbio, soprattutto durante la crescita.
Saltare il pisolino, perché i bambini impazziscono
Venerdì, 29 Marzo 2019 09:56Certo, ci sono bambini e bambini. Non esiste una regola uguale per tutti, ma una fisiologia di base sì. Ed è per questo che il pisolino è molto importante: perché per loro natura i bambini piccoli hanno bisogno, chi più chi meno, di ricaricarsi.
Ma facciamo un passo indietro, e vediamo perché il pisolino mattutino o pomeridiano (anche in base all’età del bimbo) è così importante e perché i nostri figli sembrano diventare dei piccoli mostri quando, per caso, saltano la loro solita nanna-ricarica.
Saltare il pisolino, perché i bambini impazziscono: perché la nanna durante il giorno è importante e quante ore di energia hanno i bambini dopo i pisolini
La premessa è semplice: come ogni altro essere umano e animale (anche se con ritmi diversi) un bambino, quando sveglio, utilizza le energie che ha accumulato e ristabilito durante la notte (o durante il sonno, anche giornaliero). Man mano che le ore passano, queste energie cominciano a dissiparsi e i benefici del sonno calano. Ed è qui che il bambino ha bisogno fisiologico di dormire nuovamente.
Questo lasso di tempo tra un sonno e un altro è praticamente una finestra di benessere e serenità. Se nei primi mesi di vita dei piccoli è molto breve, man mano che crescono si apre sempre più e i pisolini si diraderanno.
Il problema sorge quando ai bambini viene privato questo necessario sonno ristoratore. In quel caso, calando le energie, è normale che diventino irritabili, infelici e capricciosi (anche se di capriccio non si tratta, sia chiaro). Il pianto è solo uno dei sintomi di questo malessere. I bimbi perdono la pazienza, si arrabbiano, e a noi sembra che impazziscano.
I genitori, tuttavia, lo sanno. Perché quando i bambini cominciano ad accusare la stanchezza, lo vedono. Anche perché spesso si verifica un effetto vulcano: ci sono pochi segnali, che via via aumentano, ma che esplodono improvvisamente e fanno dire: “Ok, qualcuno ha bisogno di un pisolino!”.
Perché accade questo? È semplice. Perché proprio come per l’eruzione di un vulcano, la stanchezza e la mancanza di energia premono piano piano, si intensificano, fino ad esplodere.
Ma in quel momento di eruzione anche dormire è difficile. Pensiamo a noi stessi, adulti: quando siamo troppo stanchi, quando ci siamo spinti oltre, è difficilissimo addormentarsi serenamente e in moltissimi, addirittura, si ritrovano insonni nonostante la stanchezza. E non riuscire a dormire quando si è stanchi sembra a tutti gli effetti una tortura. Lo stesso accade ai nostri bambini, ed è per questo che dobbiamo stare attenti e ascoltare i loro segnali.
Ciò che dobbiamo tenere in conto, prima di tutto, è l’età. Come dicevamo, la finestra tra i pisolini aumenta sempre di più con il passare del tempo, e naturalmente varia da bambino a bambino, ma in generale ci sono alcune indicazioni.
Per i neonati, l’energia data dal sonno dura pochissimo: ecco perché ogni due o tre ore si riaddormentano e hanno bisogno di riposare. E anche i bambini piccolissimi (non solo i neonati) solitamente richiedono tre o quattro pisolini durante il giorno.
Piano piano queste ore aumenteranno e i pisolini diminuiranno, ma sarà solo verso i quattro o cinque anni che i bimbi saranno pronti per non dormire più durante il giorno. Ma non prendiamo questa indicazione come granitica: ogni essere umano ha i suoi ritmi, e capiterà che molti bambini, in ogni caso, sentiranno il bisogno di un riposino durante il giorno. Proprio come noi adulti: anche per i grandi, infatti, sono noti i benefici dei pisolini. Quando manca l’energia, insomma, è bene prendersi anche solo una mezz’oretta per ricaricarsi, senza sentirsi in colpa!
Facciamo dunque attenzione all’energia dei nostri bambini. Non priviamoli del sonno. Questo avrà un beneficio non solo fisico, ma soprattutto mentale, e la famiglia starà molto meglio, sarà più armoniosa, perché almeno elimineremo l’irritabilità data dalla richiesta di energia fisica.
E non confondiamo il sonno notturno con quello diurno: non è che dormire di più di notte elimina il bisogno di riposare di giorno, e non aumenta l’energia che i bambini avranno di giorno!
Il profumo che fa stare bene
Giovedì, 28 Marzo 2019 08:55Il nostro benessere quotidiano passa necessariamente dal desiderio di voler stare bene. Nel porci questo obiettivo però, il primo pensiero corre spesso alla cura del nostro fisico. Quando, al contrario, il segreto potrebbe nascondersi in qualcosa di più naturale, come ad esempio la ricerca della felicità grazie ad emozioni che agiscono sul nostro corpo a livello inconscio.
Costellare la nostra giornata di emozioni positive è un qualcosa cui dovremmo dare maggior spazio, fidandoci dell'istinto naturale che ci guida inconsciamente alla continua ricerca del benessere. Un toccasana per lo spirito, e quindi anche per il fisico.
Tra i "trucchi" vi invitiamo a valutare per accrescere la sensazione di benessere quotidiano ce n'è uno che di certo fino ad ora avete sottovalutato: trovare un profumo che vi faccia stare bene. Non ci credete? E allora fermatevi per un attimo a pensare alle proprietà benefiche degli olii essenziali, soprattutto quando, rilasciati nell'aria, riempiono le vostre narici di profumo.
Stare meglio grazie ai profumi
Sappiamo bene quanto i profumi incidano nelle nostre vite. Basti pensare al legame olfattivo dei neonati con i genitori, soprattutto con la madre. Sin dai primi giorni di vita l’olfatto è il principale senso con il quale familiarizziamo il mondo intorno a noi. Ed è proprio attraverso i profumi che riconosciamo i genitori e iniziamo a legarci a loro, provando un'autentica sensazione di benessere. E anche se non lo sappiamo, il ricordo emotivo dell'infanzia resterà indelebile nella nostra mente. Proprio questi ricordi riaffiorano quando respiriamo un profumo familiare, facendoci sentire subito meglio, felici, a nostro agio. Questo è il potere magico della fragranze, quello di evocare felicità, spensieratezza, nostalgia.
Raggiungere il benessere psicofisico con le essenze
Il benessere psicologico passa dunque anche dalle essenze. E i profumi possono venire in nostro aiuto nel momento in cui stiamo cercando di ritrovare quel senso di benessere psicofisico che magari abbiamo momentaneamente perso.
Attività fisica, make up, creme di bellezza, uscite con le amiche sono dunque solo alcune delle sfere nelle quali possiamo trovare appagamento. Ci sono sensazioni che ci portiamo dentro, come uno scrigno di ricordi, che quando riaffiorano ci fanno stare davvero bene. Non bisogna andare lontano. I profumi arrivando direttamente e immediatamente al nostro cervello, hanno la capacità di farci provare in maniera inconscia il benessere che il nostro organismo sta cercando.
Un modo per sentirci appagate dunque sta proprio nel trovare il profumo più adatto a noi. Che sia in simbiosi con la nostra storia, che si adatti alla nostra personalità.
Un profumo che sa di pulito
Il nostro consiglio è quello di non cercare la fragranza migliore solo tra le marche più comuni, le più commerciali. Questo tipo di brand infatti difficilmente sapranno esprimere tutte le sfumature del vostro carattere. Cercate piuttosto la vostra “metà” in una delle tante profumerie di nicchia in Italia, luoghi storici e rinomati nei quali poter trovare le migliori case di profumeria artigianali.
Ottime sono le fragranze di Officina delle Essenze, aziende storica italiana che con i suoi profumi di nicchia ha saputo conquistare il nostro cuore. Creazioni semplici, ma al contempo avvolgenti, ricche di sfumature e significati. Fragranze pensate per diventare messaggere di autentiche emozioni.
L’essenza che più ci ha colpito, e che suggeriamo di provare, è stata Puro Lino. Un profumo che sa di pulito, leggero e morbido, adatto a qualunque stato d’animo. Con il senso di freschezza che emana ci ha ricordato i pomeriggi d'estate trascorsi all'aria aperta, intrisi di sole, lenzuola stese al sole e fiori di stagione. Un’alchimia di emozioni, che risveglia ricordi dolcissimi. Ci è piaciuto soprattutto perché richiama alla mente il contatto fisico con i nostri bambini, quella tenerezza fatta di abbracci sinceri.
Il nostro consiglio? Trovare una fragranza che vi rispecchi, che vi somigli, ma che, soprattutto, vi faccia stare bene. E che risvegli in voi ricordi e sensazioni ancestrali e profonde: quando una sensazione del genere vi accompagna durante il giorno, tutto diventa più bello e piacevole!
Non sono solo un’idea regalo bellissima, che permette di risparmiare e di donare qualcosa di preparato con amore con le nostre mani. I saponi fatti in casa sono ottimi perché ci permettono di utilizzare ingredienti naturali e selezionati, e sapremo sempre qual è la loro composizione, senza sorprese chimiche poco raccomandabili.
Questo sapone fatto in casa, ad esempio, è davvero ottimo: al suo interno ci metto del burro di karitè (come sappiamo molto idratante e ammorbidente) e del limone. In questo modo sgrassa, deterge la pelle a fondo e la lascia naturalmente morbida e idratata!
Il sapone al burro di Karitè e limone: come preparare il sapone fatto in casa a base di olio essenziale di agrumi e burro di karitè
La base del nostro sapone saranno le comodissime “Melt and pour soap base”, ovvero dei preparati senza SLS a base di sapone di glicerina, semplicissimi da utilizzare e assolutamente sicuri.
Dopodiché, ci serviranno del burro di karitè puro (come questo, biologico e non raffinato) e dell’olio essenziale di limone.
Come insegnare ai bambini ad essere ordinati
Martedì, 26 Marzo 2019 09:54Il titolo potrebbe anche variare: “Come chiedere gentilmente ai bambini di mettere a posto le loro cose”. Già, perché in realtà il segreto per inculcare l’ordine ai bambini sta nel modo con cui glielo chiediamo (oltre all’esempio che diamo e alle abitudini familiari).
Ogni genitore lo sa: la frase “Rimetti a posto” è praticamente all’ordine del giorno. Ogni mattina, ogni pomeriggio e ogni sera ci troviamo di fronte a dover chiedere ai nostri figli di riordinare le loro cose, che sembrano invadere casa. E anche se il disordine fa parte della vita familiare (è segno di vita!), anche insegnare l’organizzazione e l’ordine è importante, altrimenti, come quando non esiste una routine, il caos prende il sopravvento, esternamente e internamente. Già, perché l’ordine è anche una questione mentale!
Ma come fare, quindi, per insegnare ai bambini ad essere ordinati con serenità e senza perdere le staffe? Ecco i nostri consigli.
Come insegnare ai bambini ad essere ordinati: i consigli per rendere i bambini ordinati e organizzati senza perdere la pazienza
Ma come fare a non perdere la pazienza quando inciampiamo sopra un mattoncino e urliamo di dolore? Come fare a non perdere le staffe quando i pastelli sembrano ormai un tappeto? Come fare a mantenere il controllo quando ogni mattina sembra che in camera sia passato un uragano? La risposta è semplice: serve costanza, per insegnare ai bambini ad essere ordinati.
Anche perché la frustrazione e le arrabbiature solitamente non portano a nulla. Dobbiamo quindi cercare si rendere abitudine alcuni accorgimenti e insegnamenti, prenderci del tempo e insegnare gradualmente ai bambini l’ordine, che è fondamentale per la crescita, dal momento che insieme ad esso i bambini imparano responsabilità, rispetto e calma.
Ciò che dobbiamo fare è semplice, ma dobbiamo impegnarci: come tutta l’educazione, anche questo insegnamento deve fondarsi sulla gentilezza, sul rispetto e sul dialogo. E questo deve essere raggiunto anche fisicamente: prima di tutto, quindi, è bene avvicinarci ai bambini e non urlare da lontano ciò che devono fare. Quando sono in cameretta e devono sistemare, non urliamoglielo dalla cucina: entriamo, guardiamoli negli occhi (perché il contatto visivo è importante per stabilire un rapporto di rispetto, fiducia e uguaglianza!) e chiediamo loro di riordinare. In questo modo sarà più difficile che ci ignorino. Anche se sono concentrati a giocare, a leggere o a fare ciò che li sta tenendo occupati.
A volte, poi, la chiarezza è importante: soprattutto quando stiamo insegnando loro a riordinare, non utilizziamo frasi generiche come “metti a posto” o “sistema”, ma indichiamo come, ad esempio dicendo “Rimetti per cortesia i giocattoli nella loro cesta”, oppure “puoi mettere nell’armadio i vestiti piegati?”.
Fare una cosa alla volta, poi, è utilissimo: focalizzandoci su ciò che devono fare come prima cosa e poi spiegando di volta in volta le prossime attività di riordino, i bambini si sentiranno meno sopraffatti.
E anche se è difficile, è sempre meglio non urlare e non sgridare, ma usare una voce incoraggiante e fiduciosa, per fare capire al bambino che ci fidiamo, che gli stiamo dando fiducia e che sappiamo che riuscirà ad essere all’altezza delle sue responsabilità (perché piano piano capirà proprio questo: che mettere in ordine le sue cose è una sua responsabilità, come ognuno, in casa, ha le proprie).
Infine, non perdiamo la pazienza e non concentriamoci su ciò che sbagliano. Come ogni routine e abitudine, anche il riordino lo si ottiene gradualmente. Anche per questo, i bambini saranno più propensi a prendere questa abitudine se non gli ricordiamo costantemente ciò che sbagliano (come quando diciamo loro, ad esempio, “meglio che metti a posto BENE, non come ieri che hai lasciato un casino”, oppure “dici che oggi riuscirai a mettere tutto nello zaino? Ieri a scuola ti mancava quel libro”).
Se avete bisogno di altri consigli, noi possiamo raccomandarvi questo libro: “L’arte di insegnare il riordino ai bambini”, di Nagisa Tatsumi, che sull’onda del successo di “Il magico potere del riordino” di Marie Kondo illustra come il riordino sia per i bambini un processo, perché non sanno che significa finché qualcuno non glielo insegna. Nel libro, quindi, si trovano consigli pratici davvero efficaci per trasmettere l’importanza di questa attività ai bambini (da quelli di 3 anni fino agli adolescenti), focalizzandosi anche sull’importanza della cameretta come spazio della creatività e dell’espressione di sé.
“Il libro delle avventure perdute”
Lunedì, 25 Marzo 2019 14:47“Organizzare zaino escursioni”: se siete amanti delle gite in montagna, anche voi lo avrete googlato. Dite la verità. Io sì, spesso. Siamo figli dell’era digitale e un tutorial è sempre una buona idea.
Ma i tutorial non sono una prerogativa di questi anni. Sì, sono scoppiati con YouTube, ma se “tutorial” significa semplicemente uno scritto, un disegno o un guida per aiutare un principiante alle prime armi, allora anche l’era analogica aveva i suoi tesori. Come questo libro meraviglioso, un manuale per vivere nella natura che ha una storia affascinante e unica e che ora è diventato, grazie a L’Ippocampo, un favoloso libro per ragazzi (e non solo!).
“Il libro delle avventure perdute”: da L’Ippocampo gli appunti di un ignoto avventuriero della natura diventano libro per bambini
La copertina, già, non può che attirare l’occhio: materica, colorata e caotica, mostra tanti piccoli dettagli che troveremo all’interno. Si tratta proprio dei disegni dell’avventuriero ignoto che ha scritto questo libro: un tesoro, uno preziosissimo tesoro per immergersi nella natura seguendo le parole di un vero escursionista, di un avventuriero che, tanto tempo fa, ha fatto dei viaggi e delle avventure la sua vita.
Il libro, curato da Teddy Keen, comincia subito con la spiegazione della sua genesi: sì, Teddy Keen l’ha curato, ma a scriverlo è stato un ignoto avventuriero i cui scritti sono stati trovati proprio da Teddy qualche anno fa in una vecchia baracca in Amazzonia, mentre faceva trekking con amici (e già questa è una magnifica storia!). “Non ce ne rendemmo conto subito, ma eravamo incappati nei ricordi che un ignoto avventuriero, un artista, aveva raccolto nell’arco di una vita”.
Insieme ai taccuini Teddy Keen trovò anche una lettera, lasciata dall’escursionista a giovani componenti della sua famiglia. Lì spiegava che quei taccuini erano per loro, che vi aveva appuntato tutte le sue conoscenze in fatto di vita nella natura e che li lasciava proprio a loro con la speranza che diventassero anche loro avventurosi.
Da lì, ecco la stupenda avventura. Un’avventura che il lettore vive pagina dopo pagina poiché di capitolo in capitolo non si inseguono solo disegni magnifici, poetici e dettagliati allo stesso tempo, ma accanto a loro si ritrovano tutti gli appunti di questo trekker ignoto.
La nostra guida sconosciuta spiega come accamparsi nella natura (illustrando sia i rifugi da costruire sia le sensazioni uniche che la notte fa provare a chi dorme nel verde al buio), mette nero su bianco i ricordi indelebili che ha vissuto in prima persona (emozionante la narrazione della prima volta che vide l’aurora boreale, ma anche quella del naufragio in zattera avvolto da sanguisughe e coccodrilli) e, soprattutto, stila consigli utilissimi su come partire per un viaggio avventura.
Ci sono le liste di ciò che bisogna preparare per pianificare la prossima avventura, i kit per accamparsi, l’illustrazione dell’abbigliamento perfetto per ogni situazione, i tipi di tende, le regole per scegliere il posto migliore per accamparsi, come cucinare (mangiando anche insetti nelle situazioni disperate!), come fare la cacca all’aperto (eh sì, bisogna sapere quali foglie possiamo usare per la nostra igiene e la nostra sicurezza!), come preparare lo zaino e quali case sugli alberi esistano nel mondo.
Leggendo le avventure perdute di questo esploratore (che sentirete vicinissimo, dopo la lettura, anche grazie alla semplicità con cui descrive tutto) diventa facile viaggiare in luoghi lontani e vivere avventure meravigliose, a volte non alla portata di tutti (il bello dei libri è proprio questo! Mentre leggiamo siamo proprio insieme a lui, sulla terraferma e sulle acque, al freddo polare e al caldo amazzonico).
Ma diviene una lettura ideale anche anche per prepararsi concretamente a vivere giornate nella natura, leggendolo prima di un viaggio per immergersi realmente nel mood verde dell’esploratore. “Il libro delle avventure perdute” è davvero per tutti, grandi e bambini. E, sopratutto per i bambini, è un modo incredibile per assaggiare la meraviglia della vita all’aria aperta e della natura, indispensabili per la crescita e per l’esistenza (cosa che non ci stancheremo mai di ripetere, fino allo sfinimento!).
Ps. Non vi svelo nulla, ma questo avventuriero è anche naufragato e a salvarlo è stato realmente un messaggio in bottiglia. Sì, DAVVERO!
Sara Polotti
Dove comprare la fascia per neonato
Venerdì, 22 Marzo 2019 14:52La fascia porta bebè è certamente uno degli strumenti più amati dai genitori: più versatile del marsupio e più comoda del passeggino, viene utilizzata sia in casa che fuori casa e ha il vantaggio di creare tra mamma e papà e bimbo un rapporto corporeo e sensoriale davvero molto forte (anche se, come sappiamo, ci sono alcuni bambini che non amano essere portati in fascia).
Di fasce ce ne sono davvero di tutti i tipi. Quando i nostri bimbi erano piccoli ne abbiamo provate diverse, e per questo sappiamo consigliarvi dove comprarle, scegliendo le migliori in relazione qualità-prezzo.
Dove comprare la fascia per neonato: quali sono le migliori fasce porta-bebè e dove comprarle
Fisicamente, le fasce porta bebè si trovano in quasi tutti i negozi per l’infanzia più forniti. Anche online, tuttavia, è possibile trovarne di diverse, per tutte le esigenze e per tutte le tasche.
Su Amazon, innanzitutto, ne troviamo davvero di bellissime, di tutti i prezzi. Come questa, ad esempio, di Laleni, in cotone 100% organico e adatta dalla nascita (per bimbi dai 3,5 kg) fino a 15 kg del bambino. È molto leggera rispetto a tante altre ed è pensata per essere il più possibile ergonomica. Costa 29,99 euro.
Sempre su Amazon ecco la fascia in 100% cotone di Makimaja, con un carinissimo motivo e righe, che arriva a casa con un bavaglino e un’extra borsa da portare con sé. Costa 20,90 euro ed è adatta a bambini fino ai 15 kg.
Su Mukako troviamo invece questa fascia in cotone biologico di Babylonia, semplice e leggera, adatta, stavolta, a bambini fino a 18 kg di peso. Costa 67,50 euro e la trovate qui.
Molto comoda, sempre su Mukaku, è la fascia con anello e spalla imbottita di Babylonia: permette di portare bambini dalla nascita fino a 15 kg e assicura un supporto sia a mamma e papà che al piccolo in maniera perfetta. Costa 79,95 euro.
Questa fascia per neonato la troviamo invece su RocketBaby ed è molto comoda In 100% cotone organico, porta bambini fino a 20 kg di peso ed è quindi perfetta per essere utilizzata un po’ di più delle altre, anche grazie al tessuto molto resistente. Costa 74,96 euro e le fantasie sono davvero deliziose.
Infine, su RocketBaby troviamo anche questa fascia incrociata, diversa dalle altre perché non necessita di nodi o bottoni. Porta bambini fino ai 12 kg ed è disponibile in più taglie (S/M/L). È in 100% cotone organico ed è pensata per non affaticare mai la schiena di chi porta il bambino. Costa 54,96 euro e la troviamo qui.
L’amicizia è anche sacrificio
Venerdì, 22 Marzo 2019 09:05L’amicizia richiede sacrificio. L’amicizia richiede empatia. L’amicizia richiede amore incondizionato. Sembrano frasi semplici e banali, concetti conosciuti. Ma siamo sicuri di mettere in pratica tutto questo?
Perché l’amicizia richiede SACRIFICIO. E il sacrificio non è qualcosa di semplice, naturale o automatico. Il sacrificio è sforzo e impegno, e dovremmo ricordarcelo un po’ più spesso, per coltivare i nostri rapporti in maniera più profonda, vera e appagante.
L’amicizia è anche sacrificio: l’amicizia va coltivata, per stare bene mentalmente e fisicamente e per creare legami che non sono semplice “conoscenza”
Partiamo da un presupposto: l’amicizia non è qualcosa di accessorio, o un lusso, o qualcosa che ci concediamo. L’amicizia è un bene primario della nostra vita. È necessaria e vitale, perché ci fa stare bene, ci fa vivere meglio e più a lungo, ci procura benessere psicofisico.
Per capire meglio quest’importanza benefica dell’amicizia, basta pensare al suo contrario, ovvero la solitudine. La solitudine fa male, porta alla depressione, e la depressione crea scompensi psicofisici non indifferenti. Il malessere mentale che porta con sé la solitudine, insomma, si riversa concretamente sul nostro fisico, affaticandolo e facendolo stare peggio. Di conseguenza, è facile capire come l’amicizia sia di vitale importanza nella vita di una persona.
Naturalmente ognuno è come è: c’è chi ha un sacco di amici, chi preferisce la solitudine. Ma in ogni caso, c’è modo e modo di amare la solitudine, e anche il più burbero dei burberi sa che non esiste la vita senza amicizia. Perché non è il numero di amici ad essere importante, è la qualità. Potrebbero quindi essere dieci, mille, oppure uno. L’importante è avere qualcuno.
Questo qualcuno, però, va coltivato. Va amato. Ci vuole impegno, perché l’amicizia non cresce se non la annaffiamo. E ci vuole sacrificio.
Non basta quindi avere buoni amici. Bisogna essere buoni amici prima di tutto. E bisogna investire emozioni, tempo e impegno per esserlo.
Tutti abbiamo quell’amico che amiamo moltissimo e che qualche motivo non sentiamo spesso come vorremmo. A volte è solo per pigrizia, altre perché effettivamente il tempo scarseggia. Ma siamo certi di non trovare nemmeno un piccolissimo momento per fare una chiacchierata, per sentirsi, per bere un tè o una birra insieme?
Da adulti è (purtroppo) normale abbandonare alcune amicizie. A volte è giusto così, perché queste amicizie sono tossiche o perché effettivamente si è chiuso un capitolo della propria vita. Ma spesso, invece, si tratta solo di mancanza di voglia, impegno e sacrificio. Lo sappiamo che è difficile: la vita adulta è fatta di impegni, stress, lavoro, famiglia, hobby… Ma se trovassimo del tempo in più per l’amicizia, tutto sarebbe più bello, confortevole, benefico e soddisfacente.
Per coltivare queste amicizie, dicevamo, serve sacrificio. Ma questo sacrificio è solo iniziale, e si traduce in pochi gesti che tuttavia svolteranno il corso di queste amicizie, che ne beneficeranno in maniera incredibile.
Sacrificio significa farsi vedere, sia quando c’è bisogno in situazioni particolari, sia quando non c’è nulla di diverso dal solito, solo per passare del tempo insieme.
Sacrificio significa rinunciare a qualcosa per i propri amici. A qualcosa di confortevole, come il pisolino o la serata sul divano, per uscire di casa e vedersi. E a qualcosa di quotidiano solo per aiutare un amico in difficoltà.
Sacrificio significa esserci sempre, anche quando il vento cambia e l’amicizia non è tutta rose e fiori. Perché le amicizie più vere sono quelle che superano una tempesta.
Sacrificio significa fare sentire la nostra presenza, anche solo con un messaggino quando sappiamo che l’altro è preoccupato per qualcosa, o quando sta passando una giornata particolarmente orgogliosa, o quando semplicemente lo stiamo pensando.
Significa scegliere l’amicizia, che non è semplice “conoscenza”, ma un sentimento più profondo, una presenza più costante. Una presenza fondamentale per noi e per gli altri. Una scelta che facciamo perché sappiamo che è quella giusta, che darà benessere a noi e all’altro.
Perché i bambini piagnucolano, secondo la scienza
Giovedì, 21 Marzo 2019 14:28“Piagnucolare”: qualcosa di diverso dal semplice piangere. Qualcosa che tutti i genitori di bambini tra i due e i quattro anni (suppergiù) hanno fatto esperienza. Molta esperienza. Perché il piagnucolio dei bambini è qualcosa di unico, a livello uditivo.
Non è il classico pianto che indica un bisogno fisico del bambino, un bisogno primario, un bisogno immediato, come può esserlo il pianto da fame o il pianto per essere cambiati, o, ancora, quello delle colichette. Piagnucolare vuol dire richiedere l’attenzione dei genitori per qualcosa di più profondo. E se questo piagnucolio è, a detta di tutti i genitori, fastidioso, un motivo c’è. E a spiegarlo è la scienza.
Perché i bambini piagnucolano, secondo la scienza: se il piagnucolio è così fastidioso è perché nasconde qualcosa di più profondo
Quando un bambino piagnucola l’attenzione dei genitori viene catturata immediatamente, al pari dei casi in cui un bambino piange disperato. La reazione? La maggior parte delle volte, naturalmente, è fastidio, frustrazione, rabbia perché non capiamo immediatamente quale sia il bisogno.
Solitamente, il piagnucolio caratterizza i bambini tra i due e i quattro anni ed è uno dei suoni più efficaci di questo mondo. Proprio come il pianto vero e proprio. Anzi, di più: una ricerca pubblicata su Reuters mette infatti in luce come il piagnucolio sia uno dei suoni che più distraggono l’essere umano e che infastidiscono al pari delle unghie sulla lavagna o di una macchina che frena improvvisamente.
Ecco perché la reazione immediata e più frequente è infastidirsi chiedendo ai bambini di “smetterla di piangere”. Tuttavia, proprio come per un pianto normale, dovremmo invece reagire con empatia e ascolto. Questo perché dietro al piagnucolio ci sono varie ragioni, più profonde di quanto pensiamo.
Potrebbe essere infatti, innanzitutto, una semplice ma importante richiesta di aiuto o di attenzioni, dettata da stress o da fattori scatenanti che fanno regredire il bambino ad uno stato nel quale vorrebbe essere accudito proprio come se fosse un bambino piccolo. E in effetti se ci pensiamo questo pianto ricorda vagamente il pianto dei neonati, come se i nostri bambini volessero imitarlo, imitando allo stesso tempo le vocine acute dei bimbi piccoli che chiedono attenzioni.
Come sappiamo, questo è un metodo efficace per far sì che i genitori si accorgano di loro, perché il pianto di un bambino scatena reazioni a livello fisiologico che fanno sì che ci mettiamo subito all’opera per cercare di alleviare il bisogno del neonato e del bambino. In questo modo, i bambini sanno (inconsciamente) che molleremo tutto ciò che stiamo facendo per aiutarli. E la prima cosa da fare sarebbe chiederci cosa c’è davvero che non va, a livello profondo e non superficiale.
Alla stessa maniera il bisogno profondo potrebbe essere quello di avere bisogno di positività o di riconnettersi con mamma e papà, attirando la loro attenzione per avere il focus di uno dei due (o entrambi), come mostra una ricerca degli psicologi Richard B. Slatcher e Christopher J. Trentacosta (che spiega anche come il piagnucolio sia più frequente nei bambini provenienti da contesti familiari conflittuali). E in effetti nel momento in cui ci si concentra su di loro, mollando tutto, la situazione solitamente migliora. Meglio quindi provare ad ascoltare questo piagnucolio, piuttosto che smorzarlo con uno “smettila di piangere”, giocando per un attimo insieme o approfittandone per una coccola.
Altre motivazioni dietro al piagnucolare possono essere la difficoltà nell’esprimere le proprie emozioni (e in questo caso ciò che possiamo fare è parlare e cercare di fare uscire i sentimenti dei bambini, parlando di tutte le emozioni) oppure l’essere troppo sensibili, troppo esuberanti (reagendo ad ogni situazione in maniera forte e sentita) o, ancora, perché sono consapevoli che piagnucolando otterranno qualcosa che vogliono in cambio (e in questo caso dobbiamo fare attenzione, poiché sarà difficile, poi, tornare indietro quando diventa un’abitudine).
In ogni caso il dialogo e l’ascolto sono d’obbligo e fondamentali tanto per la serenità della famiglia quanto per la crescita armoniosa del bambino. Ricordiamo sempre che ogni richiesta di attenzioni è sempre qualcosa di più: approfittiamone, quindi, per mettere tutto sul piatto, capire, scambiare sentimenti con i bambini, educandoli e dando sempre e comunque il nostro supporto quando ne hanno più bisogno.