Post Parto: una 'buona' madre deve farcela da sola?
Mercoledì, 29 Ottobre 2014 21:53Le mamme sono stanche... "Sono due notti di fila che la bambina dorme dall'una alle sei. Non mi sembra vero. Non voglio nemmeno ripeterlo". (mamma con neonato di 6 settimane) I neonati hanno bisogno di mangiare anche di notte e le mamme, soprattutto all'inizio, dormono poco, perché il loro sonno è spesso interrotto dai pasti. Con il passare delle settimane, la stanchezza aumenta e si accumula (vedi Capitolo 6): per "alleggerire" questa situazione vengono impropriamente suggeriti alla mamma i consigli più disparati: "Prova a dargli un bel biberon di latte artificiale prima della mezzanotte e vedrai che dorme"; "Fai dormire di meno il bambino durante il giorno e vedrai che di notte dormirà di più"; "Ti do il numero di una puericultrice esperta che insegna al bambino a dormire".
Potrei proseguire con un lungo elenco, ma è meglio interrompere questa lista di sproloqui. Mille e più consigli, uno opposto all'altro, che non facilitano la mamma e che insinuano in lei un tarlo pericoloso: l'idea che ciò che sta facendo non vada bene, che pseudo-esperti posseggano invece gli espedienti utili affinché il neonato riesca a dormire tutta la notte. Bisogna raccontare alle mamme che nei primi mesi è normale sentirsi stanche, che la spossatezza è legata sia alla privazione del sonno notturno continuo, sia al carico emotivo che stanno affrontando. Il bisogno del neonato di pasti notturni viene lentamente superato con il passare dei mesi, ma nelle prime settimane è naturale avvertire stanchezza ed è consigliabile per le mamme cercare di fare piccoli pisolini non appena possibile. Può accadere che, all'ennesimo pianto del neonato durante la stessa notte, la donna si senta davvero stremata: la figura del compagno può e deve essere coinvolta anche in queste circostanze. Con il passare delle settimane, consapevoli del fatto che l'esperienza delle prime settimane costituisce una fase di passaggio, la donna si adatta meglio ai nuovi ritmi e l'accudimento diventa meno faticoso. Al contrario, se una mamma sente di essere arrivata "al limite", di "non farcela più": può chiedere aiuto. Spesso le donne fanno fatica a riconoscere di aver bisogno di un sostegno e pensano che una "buona madre" deve farcela da sola. Nulla di più sbagliato: una "buona madre" capisce il momento di difficoltà e non ha paura di cercare assistenza, per il bene suo, del bambino e del partner."
Angela Dinoia, Il neonato e i suoi segreti, Mental Fitness Publishing
Fivet. La mia storia vera.
Mercoledì, 29 Ottobre 2014 04:49Pubblico con piacere la lettera di una lettrice di nome Elena, che ha deciso di aprirci il suo cuore, Giulia Mandrino
"Cara Sara, ti parlo da mamma, forse come se fossi tua mamma perchè ho 50 anni tra poco. Spero che le mie parole possano aprirti il cuore e anche la prospettiva, perchè a volte le persone fortunate come te, proprio per la fortuna che ha caratterizzato la propria esperienza di maternità, non sono in grado di andare oltre al proprio vissuto, limitando quindi la propria prospettiva e rischiando di essere proprio fuori luogo.
A 30 anni ero una donna in carriera, ero felicemente sposata e il desiderio di un figlio neanche mi balenava lontanamente. Poi dopo un paio di anni sono diventata zia e mi si è aperto un mondo: ho incominciato a comprendere che non "si è cosa si fa" ma " si è ciò che si è", quindi che il vero NOI, almeno per me, non sta nel lavoro, nello "spaccare" il mondo, in quel bisogno continuo di fare, progettare, ricercare, ma nell'essere mamma. Tutto semplicemente qui. Era tutto molto più facile rispetto a quello che pensavo, non dovevo dimostrare nulla a nessuno, dovevo solo fare quello per cui il mio corpo era progettata. Avevo 34 anni, pensavo comunque di avere tempo, ma ho deciso di smettere la pillola a dicembre dopo duemesi dal mio 34 esimo compleanno; passano i mesi ma della gravidanza neanche l'ombra. Dopo 10 mesi incomincio a calcolare i giorni dell'ovulazione, poi a misurare la temperatura, con grande stress per e mio marito. Dopo 14 mesi inziamo a fare le analisi e all'inizio sembrava che non ci fossero problemi; poi dopo l'ennesimo esame arriva la chiamata della ginecologa che purtroppo mi diagnostica una problematica che rende impossibile da parte mia il concepimento se non tramite fivet. Ne abbiamo fatte davvero davvero tante, in Italia, all'estero; siamo andati in Spagna e abbiamo tentato la fecondazione eterologa ma neanche così è andata a buon fine. A 38 anni ero una donna distrutta, mi sentivo sconfitta dalla vita: non potevo avere la cosa che più volevo, quella per cui tutte le altre donne sono fisiologicamente programmate. Nel culmine della mia depressione mio marito ha pensato bene di andarsene e di chiedere il divorzio; dopo un'anno e mezzo la sua nuova compagna era incinta. Credo non servano commenti sul mio stato di benessere psicofisico in quel periodo.
Una mia amica dopo 6 mesi dalla notizia della gravidanza che avrebbe reso papà il mio ex marito di cui ero per altro ancora follemente innamorata, una mia amica mi trascina a forza fuori di casa: era una giornata uggiosa di ottobre e io non volevo assolutamente ricordare il mio 41esimo compleanno. Alle tre ero in macchina con lei, in tuta e assolutamente sciatta: mi porta in un hammam dove donne arabe con mani grandi e sapienti si prendono cura di me facendomi sentire di nuovo donna. Parrucchiere e poi via a una festa dove ho conosciuto un uomo simpatico e buffo, con inaspettati momenti di autorevolezza da responsabile finance qual'era. Era spuntato un nuovo amore, un amore dolce, delicato, rispettoso e con profonde radici: qualcosa che non avevo mai pensato potesse esistere. Anche lui separato senza figli dopo non aver preso ovviamente precauzioni per un anno abbiamo deciso di provare la strada dell'adozione ma nè io nè lui potevamo ancora sposarci , in quanto dovevamo attendere ancora un anno per cui per ora quella strada non era percorribile. A malincuore abbiamo deciso di tentare la fivet, dicendoci che ci davavmo al massimo 3 tentativi poi avremmo mollato il colpo e ci saremmo dedicati ad altro.
La prima non va, la seconda nemmeno, la depressione fa di nuovo capolino e con essa la paura di essere ancora abbandonata: lui mi dimostra amore e dedizione, mi sono sentita supportata e amata per quello che ero, ossia Elena, non Elena senza figli. Riproviamo e magia, la gravidanza parte e ora sono felicemente mamma di due gemellina che riempiono la nostra vita e il nostro cuore di luce immensa.
Sarei stata felice lo stesso Sara? Si, avrei trovato il modo, come uno trova il modo di esserlo anche dopo una disgrazia in famiglia. Per me sarebbe stato lo stesso. Ce l'avrei fatta, ma ne avrei sofferto per sempre perchè per me essere mamma era il senso finale della mia vita, la famosa ciliegina sulla torta. Era tutto ciò che volevo. E quando vuoi una cosa, almeno io faccio così, lotti, lotti come una leonessa per ottenerla. Non è autodistuzione, è un desiderio ardente che da senso al tutto, è pura passione per la vita e anche per te stessa, perchè stai lottando per cià che vuoi.
Elena"
Cellule staminali mesenchimali del cordone: una nuova speranza contro la Displasia Broncopolmonare
Mercoledì, 29 Ottobre 2014 04:18La displasia broncopolmonare (BPD) è un disturbo cronico degenerativo che colpisce molti bambini nati pretermine con basso peso alla nascita, specialmente quelli che hanno avuto necessità di ventilazione meccanica e di ossigenoterapia. Trattare con successo la BDP puo' ridurre l'incidenza di altre problematiche che spesso si sviluppano in concomitanza di un parto pre-termine. Gli effetti delle terapie attuali sono poco soddisfacenti per cui si cercano nuove vie per trattare questa patologia. L'utilizzo delle cellule staminali mesenchimali (MSC) sembra essere promettente: i primi dati a disposizione indicano che le cellule staminali mesenchimali della gelatina di Wharton, presente nei cordoni ombelicali, possono avere potenziali benefici nel preservare I neonati dagli effetti di questa patologia. Numerose restano ancora le domande a cui rispondere, tra le quali anche la corretta quantità utile di cellule da trapiantare o gli intervalli piu' idonei tra le infusioni da effettuare. Le cellule staminali mesenchimali possono essere utilizzate sia come trattamento che come profilassi. Considerando che non tutti i neonati prematuri sono a rischio di sviluppare una displasia broncopolmonare, occorre avviare studi per eventuali markers che consentano di identificare su quali potenziali pazienti può essere condotta.
articolo tratto da http://link.springer.com/chapter/10.1007/5584_2014_27
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Cellule staminali mesenchimali: il futuro contro la fibrosi cistica?
Mercoledì, 29 Ottobre 2014 04:16La fibrosi cistica è una patologia mutiorgano potenzialmente mortale che ha una incidenza dello 0.737 ogni 10.000 nella popolazione mondiale. Nonostante vi siano stati importanti progressi nelle terapie proposte, purtroppo i pazienti continuano a non avere una soddisfacente qualita di vita. Lo stadio finale della malattia comporta ancora una alta mortalità e pone i pazienti nella necessita di sottoporsi ad un trapianto polmonare. Le cellule mesenchimali presenti nella gelatina di Warton dei cordoni ombelicali sembrano essere una promettente alternativa al trapianto con cellule staminali midollari o embrionali: la loro somministrazione deve essere applicata attraverso ripetute infusioni, a causa del rapido ricambio delle cellule epiteliali polmonari. Comunque l'ancora scarsa capacita di incorporamento delle cellule staminali rimane ancora un problema clinico da risolvere.
articolo tratto da http://link.springer.com/
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Facili da fare, davvero semplici: sono un ottimo regalo per coccolarci ma anche un pensiero carino da fare ad una amica. Guardate che meraviglia il risultato in quest'immagine tratta dal sito www.funathomewithkids.com.
Le varietà sono davvero tantissime! Trovate la ricetta base scaricabile in fondo all'articolo mentre qui sotto vi spiego come personalizzare le vostre bombe da bagno con forme e oli essenziali differenti.
- Per fare delle bombe di relax per noi mamme super stressate possiamo utilizzare come oli essenziali ylang ylang e lavanda;
- per fare un pieno di energia lime e arancia;
- per ritrovare a sintonia con il nostro femminile legno di rosa, palmarosa e geranio d'Egitto.
Altre personalizzazioni possono essere fiori secchi come la lavanda o le rose (www.lovelygreens.com)
Oppure in forme particolari come per esempio questi simil-biscotti (www.peta.org)
Ecco qui sotto la scheda con la ricetta base tratta dal sito greenme.it
Giulia Mandrino
immagine tratta da http://living-learning-eating.blogspot.it/
Grande o piccolo? Le dimensioni contano?
Lunedì, 27 Ottobre 2014 15:04Spesso in gravidanza due aggettivi banali condizionano il benessere psico-fisico materno: grande e/o piccolo.
Definire in modo perentorio la stazza del feto e quindi del neonato possono portare la mamma a conclusioni errate riguardo il suo stato di salute in utero o neonatale e (soprattutto per l'aggettivo "grande") sull'andamento di travaglio parto portando addirittura alla scelta del taglio cesareo.
Per altro queste definizioni condizionano anche l'agire dei professionisti della maternità.
La prima cosa che mi preme dire è che si definisce MACROSOMA ovvero un bambino GRANDE dove l'aggettivo potrebbe in parte influenzare scelte, andamento di quella gravidanza, un neonato con peso uguale o maggiore a 4500 gr (International Classification of Desease).
L'altra è che non sono mamma, suocera o vicina di casa a poter influenzare le vostre percezioni guardando la pancia e dando verdetti per ogni cosa, non solo per le misure ma anche per la data del parto etcetc (pancia alta, bassa, tonda, a punta...)
Esami strumentali come l'ecografia e ancor più esami manuali come l'esecuzione delle manovre di Leopold (palpazione addominale per avere informazioni sul feto) possono dare indicazioni - ma non certezze – sulla dimensione fetale e conseguentemente neonatale.
Ogni mamma ha delle percezioni sulla sua pancia, sul suo piccolo. Sono il suo "sentire" e non fatevelo portare via, molte volte mamme a cui era stato detto "Oh signora che figlio grande!" o viceversa sul piccolo ci hanno detto come alla fine loro sentissero che era il figlio adeguato a loro, al loro corpo al di la delle definizioni e delle soglie di peso ... e quelle mamme hanno avuto ragione!
Ostetrica Veronica Pozza
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Fivet: chi sono io per parlarne?
Lunedì, 27 Ottobre 2014 15:00Prima che scorriate l'articolo, con in testa questa domanda, ne sfato subito l'aspettativa: NESSUNO. Si, non sono proprio nessuno per parlarne, ma siccome in maniera tangenziale è la terza volta che ne raccolgo i racconti e ne tasto i segni e le ferite, ho deciso che pur non essendo nessuno, forse posso riportare parte della mia esperienza di ascoltatrice. In questo periodo per me è un tema caldo. Una delle mie più care amiche si è avventurata in quell'inferno. Non trovo le parole, non so esserle vicina come vorrei, nonostante lei me lo chieda mettendomi al corrente di come sta. Ora, dopo due fivet fallite, è depressa al punto che ha sospeso il lavoro. Nonostante ciò, è tale ed ardente il desiderio di diventare madre che vuole provare per la terza volta. Non ho parole giuste... in fondo, il fatto che io sia mamma, per quanto non ci siano gelosie ed attriti, mi rende, con la mia esperienza, come una pozione urticante su di una pelle sottile e screpolata. Per qualche giorno mi sono chiesta perché la mia amica non mi risponda ad un messaggio... sono preoccupata, ma non so se faccio meglio a rispettare il suo silenzio o pregarla di darmi notizie... Insomma, un bel pasticcio, che rischia per giunta di indebolire un'amicizia che ritengo familiare e calda.
Cerco ora di ripercorrere quanto avviene, rifacendomi ai racconti della mia amica che chiamerò Sabrina per l'occasione. Dopo avere preso la decisione di provare una Fivet che sta per Fecondazione in vitro con impianto dell'ovulo fecondato, bisogna tassativamente passare per un'importante cura ormonale. Sabrina ha problemi di ipotiroidismo e questa condizione non le giova affatto. Una serie di iniezioni anticipano la cura con le gonadotropine, in una dose tale da mettere in atto un'iperovulazione. Sviluppandosi più follicoli viene prodotto un numero maggiore di ovociti. Al termine di questa cura che viene monitorata tutti i giorni per capire il grado di maturazione dei folicoli, in anestesia totale, vengono prelevati gli ovuli. Sabrina si è sentita sola e mi racconta il paradosso della procreazione in un ambiente medicalizzato, come se stesse avvenendo una qualsiasi operazione chirurgica. Tutto intorno a te è freddo ed asettico, anche se hai appena fatto il gesto che innescherà l'amore che ancora non conosci, ma che immagini essere il più grande della vita.
Al termine del prelievo si rimane sulle spine. Una parte di te, però è nelle mani di sapienti medici che, si spera, sapranno scegliere l'ovulo giusto. Sono loro, infatti, che mettono il tuo ovulo nella condizione di essere fecondato e tentano la fecondazione. Se questa avviene, da quell'atto, in qualsiasi momento del giorno e della notte, puoi essere chiamata dall'ospedale per presentarti e metterti a disposizione per l'impianto. L'impianto avviene in maniera meno invasiva, ma egualmente asettica. Se vengono fecondati più ovuli, possono essere impiantati fino ad un massimo di tre ovuli. Si è messa questa restrizione perché in passato si metteva a rischio la vita di madre e bimbi a seguito delle gravidanze multiple. Oggi se ne impiantano un massimo di tre, ma di solito "ce la fanno" uno o al massimo due degli embrioni. La seconda volta che tentò fu inizialmente un successo. Gliene vennero impiantati due. La gravidanza sembrava essere iniziata. Nella sua testa cominciava a concretizzarsi quell'idea di vita nuova, il pensiero di non essere più sola si faceva spazio nella sua mente. Riusciva già a pensare a ciò che sarebbe servito per la casa... ma al terzo mese qualcosa è cambiato. Sentì che dentro di lei era avvenuta una mutazione. Era tale e forte la sensazione che non fu una sorpresa sapere che nella sua pancia desiderosa non c'era più vita. No, non fu una sorpresa, ma un lutto, un fallimento, uno scherzo del destino che sembra penalizzarti quanto più forte desideri qualcosa. Per suo marito ci fu anche la sorpresa choccante di una notizia che non poteva intuire in anticipo o vagamente prevedere. Da allora hanno dentro un lutto, non solo come qualcosa che non è arrivato, ma come qualcosa che c'è stato e che non c'è più. Mi chiedo che cosa spinga tante donne a vivere un'esperienza così angosciante. Forse ci sarei arrivata anche io... non posso saperlo, ma non ho mai pensato ad un figlio come a qualcosa per me... Ho sempre pensato che forse sarebbe successo... Ma io non faccio testo perché nel suo "succedere" quella bomba che è mettere al mondo una creatura cui sei legata per la vita, ha sconvolto la mia vita al punto che non sono in grado di mantenere tutto saldo. Quindi non sono all'altezza di parlare di cose che succedono e basta, senza portarne i segni addosso.
Penso solo che un figlio è un dono e forse quando ci accaniamo per ottenerlo stiamo combattendo in parte contro noi stesse... Vedo in Sabrina quella foga autodistruttiva che la porta a deprimersi, a farsi del male, pur di ottenere quel risultato. Se si amasse e rispettasse, mi dico a volte, non si chiederebbe tanto...
Sara Donati
saradonatifilmaker.com
La prima uscita
Lunedì, 27 Ottobre 2014 14:55Nell'appartamento di prima non avevamo giardino e nemmeno un balcone, quindi ci eravamo attrezzati per poter portare Cucciola all'aperto. Certo non era un 'operazione proprio semplice, specie la "messa in sicurezza" della sua zona, ma cercavamo di fare del nostro meglio e lei gradiva.
Io – Allora siamo pronti per uscire?
Lui – Certo che alle 7.30 della domenica mattina quelli che ci vedono caricare così la macchina penseranno che stiamo per espatriare
Io – Non si sa mai, meglio portare roba in più che in meno
Lui – Sì ma non esagerare, stiamo via un paio d'ore, la scorta di fieno mi sembra un accesso
Io – Dici
Lui – Sì!
Io – Allora: rete, martello, gabbietta, acqua fresca, teli mare, mi pare ci sia tutto... , Cucciola, manchi solo tu
Cucciola – Cosa fate? Dove portate le mie cose? Ce ne andiamo, ma qui è tutto mio!
Io – Dai dentro nella gabbietta che si parte
Cucciola – Non andremo dal dottore sul tavolo magico? Non lo sopporto quando mi mette il termometro dietro la coda, lo trovo irrispettoso...
Operazione non semplice farla entrare nella gabbietta vista che tutt'ora non è abituata ed una volta chiusa lei si agita come un leone in gabbia... Arrivati al parco più o meno funzionava così...
Io – Deve essere un posto tranquillo non troppo di passaggio
Lui – Sai la domenica a quest'ora a febbraio non penso ci sia ressa. La gente penserà o che andiamo in camporella o che stiamo per abbandonare qualcosa
Io – Dai dai che qui è perfetto
Cercavamo una zona tranquilla del parco, un po' interna, vicino agli alberi, verificavamo che a terra non ci fossero plastica, vetri, sporcizia e cose pericolose per lei e per noi, montavamo una rete precedentementelegata a dei paletti, a maglie strette e abbastanza lunga a formare un recinto, la picchiavamo nel terreno con il martello, poi su una parte fermavamo il telo mare per creare una zona d'ombra e riparata da occhi indiscreti, mettavamo all'interno del recinto la gabbietta con Cucciola (che per fare 300 metri in macchina casa / parco si era fatta la pipì addosso e tremava come una foglia) e la liberavamo. Intanto facevamo da vedette al fortino, evitando che se i pochi a spasso con il cane si avvicinassero troppo perché lei non era abituata e già la cosa la rendeva in certi momenti allertata e poi perché il recinto non avrebbe retto il peso di un cane incuriosito che cerca magari si scavalcare.
La prima volta sono rimasta un po' scioccata: appena aperto lo sportellino e saltata fuori è ... risaltata dentro! Si puliva le zampe in maniera forsennata, cacciava fuori il musino dalla gabbietta senza capire.
Cucciola – Ma questo pavimento è tipo morbido? Cos'è sta roba verdina tutto intorno?
Io – Amore dai esci è erba... caspita non l'hai mai vista!!!
Cucciola – Ok io ci provo ma non garantisco, non è semplice
Poi un passo, due e tre e via, che salti!
Io – Guarda com'è brava, Cucciola sei bravissima!
Lui – Sta saltando, non leggendo un libro in aramaico... E' nella sua natura.
Io – Quante cose sono nella tua natura e non le fai...
Lui – Mmmmmm...
Cucciola – Visto, faccio i salti e corro e cambio direzione in un attimo
Io – Brava Cucciola!
Cucciola – Sì adesso mi chiamo brava cucciola
Io – Qui c'è il tuo fieno e qui il beverino con l'acqua
Cucciola – No mamma non ho tempo, adesso devo fare brava cucciola
Una bellissima giornata, invernale ma calda, con quel sole che ti intiepidisce e la tranquillità del parco la domenica mattina.
A volte correva, smusettava, camminava ed ispezionava, a volte si stancava e si sdraiava sul prato, brucava l'erbetta fino ad allora mai vista (!), si faceva coccolare e quando doveva far pipì rientrava nella gabbietta... non si lascia in giro niente!
Elena Vergani
Articolo tratto dalla rubrica Il mondo è bello perchè è variabile
La prima uscita
Lunedì, 27 Ottobre 2014 14:54Nell'appartamento di prima non avevamo giardino e nemmeno un balcone, quindi ci eravamo attrezzati per poter portare Cucciola all'aperto. Certo non era un 'operazione proprio semplice, specie la "messa in sicurezza" della sua zona, ma cercavamo di fare del nostro meglio e lei gradiva.
Io – Allora siamo pronti per uscire?
Lui – Certo che alle 7.30 della domenica mattina quelli che ci vedono caricare così la macchina penseranno che stiamo per espatriare
Io – Non si sa mai, meglio portare roba in più che in meno
Lui – Sì ma non esagerare, stiamo via un paio d'ore, la scorta di fieno mi sembra un accesso
Io – Dici
Lui – Sì!
Io – Allora: rete, martello, gabbietta, acqua fresca, teli mare, mi pare ci sia tutto... , Cucciola, manchi solo tu
Cucciola – Cosa fate? Dove portate le mie cose? Ce ne andiamo, ma qui è tutto mio!
Io – Dai dentro nella gabbietta che si parte
Cucciola – Non andremo dal dottore sul tavolo magico? Non lo sopporto quando mi mette il termometro dietro la coda, lo trovo irrispettoso...
Operazione non semplice farla entrare nella gabbietta vista che tutt'ora non è abituata ed una volta chiusa lei si agita come un leone in gabbia... Arrivati al parco più o meno funzionava così...
Io – Deve essere un posto tranquillo non troppo di passaggio
Lui – Sai la domenica a quest'ora a febbraio non penso ci sia ressa. La gente penserà o che andiamo in camporella o che stiamo per abbandonare qualcosa
Io – Dai dai che qui è perfetto
Cercavamo una zona tranquilla del parco, un po' interna, vicino agli alberi, verificavamo che a terra non ci fossero plastica, vetri, sporcizia e cose pericolose per lei e per noi, montavamo una rete precedentementelegata a dei paletti, a maglie strette e abbastanza lunga a formare un recinto, la picchiavamo nel terreno con il martello, poi su una parte fermavamo il telo mare per creare una zona d'ombra e riparata da occhi indiscreti, mettavamo all'interno del recinto la gabbietta con Cucciola (che per fare 300 metri in macchina casa / parco si era fatta la pipì addosso e tremava come una foglia) e la liberavamo. Intanto facevamo da vedette al fortino, evitando che se i pochi a spasso con il cane si avvicinassero troppo perché lei non era abituata e già la cosa la rendeva in certi momenti allertata e poi perché il recinto non avrebbe retto il peso di un cane incuriosito che cerca magari si scavalcare.
La prima volta sono rimasta un po' scioccata: appena aperto lo sportellino e saltata fuori è ... risaltata dentro! Si puliva le zampe in maniera forsennata, cacciava fuori il musino dalla gabbietta senza capire.
Cucciola – Ma questo pavimento è tipo morbido? Cos'è sta roba verdina tutto intorno?
Io – Amore dai esci è erba... caspita non l'hai mai vista!!!
Cucciola – Ok io ci provo ma non garantisco, non è semplice
Poi un passo, due e tre e via, che salti!
Io – Guarda com'è brava, Cucciola sei bravissima!
Lui – Sta saltando, non leggendo un libro in aramaico... E' nella sua natura.
Io – Quante cose sono nella tua natura e non le fai...
Lui – Mmmmmm...
Cucciola – Visto, faccio i salti e corro e cambio direzione in un attimo
Io – Brava Cucciola!
Cucciola – Sì adesso mi chiamo brava cucciola
Io – Qui c'è il tuo fieno e qui il beverino con l'acqua
Cucciola – No mamma non ho tempo, adesso devo fare brava cucciola
Una bellissima giornata, invernale ma calda, con quel sole che ti intiepidisce e la tranquillità del parco la domenica mattina.
A volte correva, smusettava, camminava ed ispezionava, a volte si stancava e si sdraiava sul prato, brucava l'erbetta fino ad allora mai vista (!), si faceva coccolare e quando doveva far pipì rientrava nella gabbietta... non si lascia in giro niente!
E' la base della cucina: con lei potete creare davvero tutto, da biscotti fatti con le formine a crostate a biscotti della mattina.