Ma perché i bambini non fanno quello che gli chiediamo al primo invito??
Venerdì, 30 Giugno 2017 13:37Ovvero: l’obbedienza. Perché, perché (troppo) spesso dobbiamo chiedere ai nostri figli di fare le cose cinque volte prima che lo facciano o che almeno ci rispondano? La verità è che tutti i genitori si trovano in questa situazione: “vai a fare il bagno”, “staccati dal tablet”, “è ora di fare i compiti”: sono solo pochi esempi delle richieste a cui i bambini sembrano moltissime volte non dare ascolto. Bisogna ripeterle. E ripeterle. E ripeterle. Ma perché deve essere così?
Ma perché i bambini non fanno quello che gli chiediamo al primo invito? I motivi per i quali i nostri figli non ci ascoltano, e cosa possiamo fare per cambiare un po’ la situazione
I motivi sono moltissimi. Dal metterci alla prova al non sentirsi ascoltati. Vediamo quindi insieme i principali, e cosa possiamo fare come genitori per provare a cambiare la rotta andando incontro ai nostri figli.
La prima causa potrebbe essere, come accennato, il volere metterci alla prova. I bambini lo fanno, è naturale: crescendo, studiano il mondo attraverso loro stessi, le loro risorse. E ad un certo punto la risorsa sarà appunto il non ascoltare, vedendo fino a che punto arrivano i genitori. In base quindi a ciò che farete, capiranno quali sono le conseguenze. Se li lasciate fare, resteranno sempre incollati all’attività che state facendo, perché nel tempo hanno imparato che la richiesta non è importante fino a che non si arriva alle urla e alle sgridate. Se invece con fermezza non permettete che continuino, anche spiegando la situazione o accompagnandoli (toccare il bambino fa moltissimo: crea una connessione), allora capiranno che la richiesta è valida.
La seconda causa è di nuovo naturale, e sta nello sviluppo della corteccia frontale. I bambini rafforzano la loro corteccia piano piano, e quando sembra che non stiano ascoltando è perché il loro cervello sta decidendo cosa è importante tra il ciò che stanno facendo loro e ciò che noi stiamo chiedendo. Insomma, stanno capendo l’auto-disciplina. Se fanno subito ciò che chiedete, allora stanno piano piano comprendendo cosa significa fare qualcosa per un bene maggiore e non per loro stessi; se invece bisogna ripeterglielo cinque volte, questo processo è ancora in atto, e sarebbe meglio chiedere le cose con empatia, spiegando, dialogando e accompagnando, aiutandoli così ad allenare il cervello.
C’è poi il fatto di non sentirsi ascoltati. A volte i bambini non vogliono assolutamente fare il bagno o i compiti, e non solo non vi ascoltano dopo cinque volte, ma urlano e piangono con forza. In quel caso a volte bastano poche parole che gli facciano capire che avete compreso che proprio non gli va, ma che è necessario (“Ho capito che non vuoi fare il bagno, sei stanco e hai ragione, preferiresti giocare. Ma ora è tempo di farlo. Da grande deciderai tu. Oggi preferisci il bagno o la doccia?”: perché a volte il senso di indipendenza e responsabilità, proposto come scelta, fa moltissimo!).
Potrebbe poi esserci di mezzo un sentimento di distacco e di disagio. I bambini piccoli si fidano di noi, sentono che ci prendiamo cura di loro, e quando questa sensazione c’è solitamente eseguono ciò che chiediamo loro, appunto per la fiducia. Tuttavia ci sono momenti o giorni nei quali non sentono più questo legame di cura, magari perché al mattino avete litigato (voi avete dimenticato, loro no!), oppure perché in quel periodo siete proprio stressati per il lavoro. In questo caso c’è bisogno di un momento speciale insieme, per ristabilire l’armonia ma soprattutto il legame, che è normale che si allenti ogni tanto.
Infine, calcolate sempre che i bambini non hanno le nostre priorità, ed è per questo che non capiscono quale sia l’importanza di fare il bagno proprio in quel momento, o di staccarsi dal tablet, o di fare i compiti, o di riordinare la cucina. Quando stanno giocando o sono nel mezzo di un’attività, non dobbiamo sminuire la cosa, perché per loro il gioco è lavoro, il gioco è ciò attraverso cui scoprono il mondo. Quando state chiedendo loro qualcosa mentre giocano o disegnano o sono impegnati, quindi, evitate di strapparli immediatamente alla cosa, ma approcciatevi gradatamente: “wow, che bel disegno! Cosa rappresenta? Ora però è tempo di lavarci. Che ne dici se ti lascio ancora cinque minuti e poi andiamo a fare il bagno?”. Un affare è un affare, e anche loro lo capiranno!
10 atteggiamenti da lasciarsi alle spalle per essere un genitore felice
Venerdì, 30 Giugno 2017 08:21Non parliamo di essere un “buon” genitore. Quello sta alle scelte di ognuno, e ognuno sa qual è l’educazione migliore da dare ai propri figli. Stiamo parlando piuttosto dello stress, delle preoccupazioni e degli atteggiamenti che non ci permettono di goderci fino in fondo questo aspetto della nostra vita.
Essere genitori è certamente una sfida. È difficile, a volte. È stressante e preoccupante, è vero. Ma è anche meraviglioso. E basta davvero poco per viversi appieno la genitorialità! Non solo per noi stessi, ma anche per i nostri figli: genitori felici spesso si traduce in bambini felici. E in persone felici anche nella vita adulta!
10 atteggiamenti da lasciarsi alle spalle per essere un genitore felice: quali sono i pensieri a cui dovremmo dire addio per goderci fino in fondo l’essere genitori
FARE I PARAGONI
I paragoni sono deleteri. Quelli tra i due genitori (chi si impegna di più in casa? Chi è più coinvolto nell’educazione dei figli? Ogni genitore fa la sua parte: meglio essere una squadra piuttosto che due giocatori ai due lati del campo) ma anche quelli con gli ALTRI genitori, e cioè con le altre mamme e gli altri papà (“ma guarda quella, gli fa mangiare troppi dolci”, “la mamma di Tizio è proprio insopportabile alle riunioni a scuola”, “io sono molto più presente di loro”). Meglio preferire la tranquillità e il confronto produttivo, piuttosto che le critiche e le gelosie (perché ogni genitore è diverso dagli altri, così come ogni bambino è unico e necessita un’educazione ad hoc!).
URLARE
Sappiamo che a volte è nella natura delle persone, e che quindi è difficile abbassare il tono. Ma a livello di subconscio sentirsi urlare contro (anche se magari non lo stiamo facendo in maniera cattiva, ma solo, appunto, per il nostro tono di voce) fa male, ci fa sentire in difetto. Ecco perché a volte, anche quando siamo proprio arrabbiati, è meglio scendere di qualche tono: in questo modo sarà il dialogo ad avere la meglio, e sarà più semplice ritrovare la pace e la tranquillità!
L'ESIGENZA DI ESSERE PERFETTI
Nessuno è perfetto, e nessuno ha la ricetta ideale della genitorialità. Ecco perché anche se attorno a noi, soprattutto oggigiorno grazie ai (o per colpa dei) social, vediamo solo (apparente) perfezione, dobbiamo entrare in una dimensione mentale differente, che ci faccia vedere che in realtà siamo perfetti nella nostra imperfezione, perché ognuno è diverso, ogni famiglia è unica e ogni approccio genitoriale è assolutamente dignitoso.
AVERE PAURA DEL PROPRIO PASSATO RIFLETTENDOLO SUI FIGLI
Tutti abbiamo un passato di figli, non possiamo nasconderlo. Ma spesso più che prendere il buono dalla nostra esperienza tendiamo a tenere strette a noi solo le paure, solo i disagi. C’è chi da piccolo faticava a scuola, chi arriva da una famiglia disagiata economicamente, chi ha fatto i conti con genitori violenti. Tutti abbiamo avuto problemi, ma è sempre meglio evitare che il fantasma di questi si rifletta sui nostri figli! Anche per il nostro bene, non solo per il loro: affrontiamo le paure, non teniamole latenti, e concentriamoci finalmente sul buono.
COMMENTARE NEGATIVAMENTE
Ci sono modi e modi per porsi ai bambini. “Sei cattivo”, “Non capisci niente”, “Non ti sopporto”. Oppure: “Sai, meglio non comportarsi così, perché quello che hai fatto ha fatto male a qualcuno”; “So che capirlo è difficile, dimmi cosa non comprendi che proviamo a riflettere insieme”; “Oggi sei nervoso? Proviamo a calmarci insieme? Cosa ti ha turbato?”. Piano piano si creerà un circolo virtuoso più soft e tranquillo, più aperto al dialogo, e più positivo.
IL SENSO DI COLPA
Provare senso di colpa è deleterio (come dicevamo, nessuno è perfetto), ma nemmeno fare sentire i propri figli in colpa (perché, ad esempio, abbiamo dovuto rinunciare per loro alla nostra carriera). Riflettiamo sul buono, concentriamoci sui risvolti positivi della nostra vita!
CONTROLLARE OGNI MINUTO DEI FIGLI
Certo, noi genitori siamo la loro guida, e, inoltre, siamo responsabili della loro sicurezza. Ma tra il tenerli al sicuro e l’opprimerli c’è una linea sottile. Quando stiamo troppo attenti a loro, non lasciando che facciano da soli le loro esperienze, creiamo un nido troppo stretto, dal quale faticheranno a staccarsi e che non permetterà loro di sviluppare una sana tendenza all’intraprendenza e all’indipendenza, requisiti fondamentali quando cresceranno! E poi ogni tanto staccare la spina fa bene anche a noi!
ESSERE TROPPO AUTORITARI
Essere dittatori non aiuta, è meglio il dialogo. Anche per il nostro benessere, perché solo così ci saranno meno frustrazioni. Perché i bambini sentiranno di non essere solo pedine, ma di avere una loro (seppur piccola) voce in capitolo, e (incredibile!) piano piano collaboreranno con più entusiasmo e meno crisi.
TROPPE PREOCCUPAZIONI
Esatto. Lasciamo andare le preoccupazioni accessorie: non ne abbiamo bisogno, e non ne hanno bisogno i nostri bambini. Respiriamo, e mettiamo le cose nella giusta prospettiva!
TROPPE FILOSOFIE
Certo, fa benissimo informarsi, leggere, analizzare i diversi punti di vista riguardanti la genitorialità. Ma alla fine è bene ricordarsi che siamo noi i genitori, e che conosciamo noi i nostri figli. Quindi sappiamo noi cosa è più giusto per loro. E la filosofia più giusta sarà la nostra, quella cucita ad hoc addosso alla nostra famiglia!
4mamme su Foxlife: quando la tecnologia diventa un problema?
Giovedì, 29 Giugno 2017 11:15
Chi c’era ieri sera in tivù? C’erano Memi, la mamma sprint dedita a palestra e benessere; Giada, la mamma bon ton e sofisticata che a dispetto dei tempi punta ancora moltissimo a insegnare al piccolo Leonardo il galateo; Cristina, la mamma amante della natura e degli animali che in casa non tiene solo cani e gatti, ma anche una gallina; e infine Francesca la mamma sbrigativa, che cerca di velocizzare i compiti di casa così da prendersi qualche (importantissimo) momento per sé.
Cosa mi ha colpito stavolta? L’accenno all’uso della tecnologia, un argomento importantissimo quando si parla di figli, poiché viviamo in un tempo nel quale è ormai impossibile non farci i conti. Ecco perché mi piace questo programma tv di Fox Life Italia: perché mette in luce tantissime questioni interessanti e fondamentali, mettendo a confronto quattro mamme che rappresentano senza dubbio un campione di tutte le mamme che esistono oggi. Una bella riflessione, insomma!
4Mamme su Fox Life, il nostro commento alla quinta puntata: quando la tecnologia diventa un problema?
Partiamo da un esempio, per parlare di tecnologia, e cioè dalla filosofia Waldorf, quella che seguono le scuole basate sugli insegnamenti pedagogici di Rudolf Steiner. Gli steineriani sconsigliano vivamente la tecnologia, e suggeriscono di non avvicinarle i bambini almeno fino ai sette anni. Qual è il mio pensiero in questo senso? Be’, la penso un po’ come tata Roberta: secondo l’esperta che affianca Georgia e Flavio nella conduzione del programma, viviamo in un mondo in cui non si può fare finta che essa non esista, perché è ormai ovunque. Cercare di eliminarla sarebbe quindi controproducente.
Innanzitutto, perché ormai tutti i bambini sono nativi digitali, e questo significa che tutti sono capaci di utilizzare i device tech, strumenti che ormai serviranno loro per tutta la vita, lavorativamente e quotidianamente. Non imparare significherebbe quindi negargli la possibilità di stare al passo con il mondo. In secondo luogo, la tecnologia, pur essendo pericolosa, ha anche qualche beneficio per i bambini: esistono videogiochi e app educative, che aiutano loro nei compiti, nella scrittura, nell’imparare certi concetti…!
Detto questo, come accennato i pericoli ci sono, e perciò non bisognerebbe mai fare a meno della regola che limiti l’utilizzo degli smartphone e dei tablet a un tempo giornaliero (proprio come fa Francesca, la mamma frettolosa). Io, per esempio, concedo trenta minuti al massimo. I miei bambini ormai lo sanno, e sanno anche che non ci sono eccezioni, e per questo non contestano. Quando i bambini fanno capricci o piangono, danno il tormento e tentano in tutti i modi di prolungare al massimo questo tempo, spesso è perché dopo un po’ ottengono ciò che vogliono. Quindi la regola deve essere ben ferrea, e senza alcuna eccezione, in modo che diventi un’abitudine.
Questa tendenza riguarda non solo la tecnologia, ma le regole in generale: quando si dà ai bambini una regola, è sempre bene spiegarla (in modo che capiscano i motivi e non la vedano come un’imposizione fine a se stessa) e poi evitare le eccezioni, in modo da limitare i capricci, stroncandoli sul nascere. Certo, ci saranno pianti o urla qualche volta, ma probabilmente sarà semplicemente perché i bimbi sono particolarmente stanchi o provano qualche malessere di sorta; ma questa è un’altra cosa.
E chiariamo una cosa: limitare l’uso dei tablet, dei computer e degli schermi in generale non è un capriccio dei genitori. Questo consiglio ha basi solide, poiché purtroppo, ormai si sa, l’abuso di tecnologia ha pericoli veri sulla salute cognitiva del bambino. Quando abituati a passare troppe ore davanti allo schermo, i bambini sviluppano una tendenza comportamentale a chiudersi, a diventare scontrosi, a fare i famosi capricci. Questo per due motivi principali: un accumulo di adrenalina in primis (che poi sfocia quando non sono davanti al tablet); e, in secondo luogo, il non viversi la socialità, esplorando così il mondo solo attraverso se stessi (e il tablet).
Se quest’ultimo motivo è però più evidente nell’adolescenza (dato che i ragazzi vogliono utilizzare gli smartphone soprattutto per chattare e socializzare con gli amici - qui, quindi, sì per un motivo sociale, ma sempre chiusi dietro allo schermo - chiedere a mamma Memi, la mamma sportiva, per credere!), nella fascia di età 1-9 le richieste principali sono quelle di guardare i cartoni animati o di giocare.
Il problema alla base, quindi, è principalmente la mancanza di tempo dedicato ai figli (e anche la mancanza di tempo passato nel verde e nella natura). Mi spiego meglio: credo che a molti bambini venga purtroppo dedicato poco tempo, e soprattutto che non venga permesso loro di uscire all’aperto (per scelta ma più probabilmente per non-abitudine). Stare all’aperto è un’esigenza primaria e naturale del bambino. Solo così può sfogarsi e muoversi, essere a contatto con il verde in spazi aperti (e raramente si annoierà, se portato fuori, poiché giocherà con sassi, pietre, piume…) e giocare con materiale destrutturato (terra, erba, acqua…), che gli permette di capire, sperimentare, creare, studiare e inventare, sviluppando così una mente attiva, curiosa e intraprendente.
Limitare quindi l’utilizzo di tecnologia è il nostro consiglio. Ma, soprattutto, ricordiamoci che i bambini ci imitano e imparano dal nostro esempio. Come può un bambino rispettare la regola del non abusare dei videogiochi quando vede mamma e papà sempre attaccati a questi aggeggi? I bambini imparano dall’esempio, e non dalle parole, e “4Mamme” ce lo sta mostrando sempre più concretamente di settimana in settimana!
Prevenire la toxoplasmosi in gravidanza
Mercoledì, 28 Giugno 2017 09:12La toxoplasmosi è una di quelle malattie di cui solitamente si viene a conoscenza solo in gravidanza. Il medico ti prescrive subito le analisi, e se non ne sei immune, beh, inizia il periodo durante il quale dovrai stare attenta a tutto ciò che mangi o tocchi. Sì, un po’ fa paura, però sapere come prevenirla aiuta, e basta tenere presenti poche e semplici regole per passare una gravidanza serena, tranquilla e libera da pensieri.
Prevenire la toxoplasmosi in gravidanza: quali regole seguire per evitare di prendere questa malattia rischiosa per il bambino
La toxoplasmosi è una malattia provocata da un protozoo (il toxoplasma gondii) che vive negli animali domestici e in quelli da allevamento, quindi dal gatto fino al pollo e al manzo, e lo si può contrarre tramite, quindi, il cibo. Nel corso della propria vita possiamo essere tranquillamente stati contagiati, tuttavia, quando non in gravidanza, la malattia è spesso asintomatica o accompagnata da sintomi simili a quelli di un’influenza. Ecco perché non ce ne accorgiamo, ed ecco perché il ginecologo prescrive subito le analisi: se ne siamo immuni, tutto a posto (perché dopo quella “influenza” il nostro corpo sviluppa gli anticorpi, e ne siamo immuni per sempre); se invece non l’abbiamo mai contratta un rischio c’è, perché se negli adulti questa toxoplasmosi non è pericolosa, lo diventa durante la gravidanza per il feto.
I mesi più sensibili sono i primi sei (le prime ventisei settimane). Se la madre contrae infatti la toxoplasmosi nel primo trimestre, il rischio è quello di un aborto o di una morte fetale; nel secondo trimestre, invece, il bambino può subire gravi danni, che vanno dall’encefalite all’idrocefalo fino alle calcificazioni cerebrali, alle infezioni oculari, polmonite, malformazioni cardiache e sordità. Superate le ventisei settimane, i pericoli sono meno, ma la toxo potrebbe provocare nel bambino una forma di anemia grave.
L’esame del sangue che il medico prescrive all’inizio della gravidanza ha due scopi: rivelare se la madre ha contratto la malattia in passato, e ne è quindi immune; oppure chiarire se la malattia in corso, e in quel caso c’è pericolo per il feto. Se il primo esame è positivo, tutto a posto: non dovrete nemmeno fare attenzione ai cibi. Se il secondo è positivo, il medico vi dirà come procedere. Se sono invece entrambi negativi, dovrete stare attente a ciò che mangiate o toccate, e dovrete ripetere l’esame con cadenza regolare per essere sicure di non avere contratto la toxo proprio in gravidanza.
Se non siete immuni, quindi, come accennato, ci sarà bisogno di fare attenzione ai cibi assunti. Questo perché il protozoo della toxoplasmosi passa appunto dalla carne di certi animali da allevamento, ma anche dalla terra, e quindi dagli ortaggi, che potrebbero essere stati contaminati dalle feci di animali infetti.
Ecco quindi le precauzioni:
- Mai mangiare carne cruda, di qualsiasi animale. Anche il pesce crudo è off-limit. Quindi evitare tartare, carpacci, ma anche tutti quegli insaccati come il salame, il prosciutto crudo, la bresaola, la coppa e le salsicce, se non stagionati.
- Preferire agli altri insaccati il prosciutto cotto.
- Cuocere sempre molto bene la carne prima di mangiarla, idem per il pesce (la cottura - e quindi l’alta temperatura - distrugge il protozoo, quindi è l’unico modo). Evitare le cotture al sangue o medie.
- Cucinando la carne, lavarsi sempre molto bene le mani subito dopo il lavoro, facendo attenzione a non portarle alla bocca.
- Evitare le uova, anche cotte, se non pastorizzate. E anche quando pastorizzate, preferirle sempre cotte.
- Lavare benissimo in acqua e bicarbonato per almeno venti minuti le verdure, la frutta e gli ortaggi, soprattutto quelli consumati crudi e in particolare modo quelli coltivati a contatto con la terra.
- Se in casa avete un gatto domestico, non preoccupatevi: anche in questo caso bastano le normali norme igieniche, non serve mandarlo dalla suocera! Dato che le uova del toxoplasma gondii si nascondono effettivamente nelle sue feci, sempre meglio fare pulire la lettiera ad altri familiari. Detto questo, se la futura mamma si trova nella situazione di doverlo proprio fare lei, basta utilizzare dei guanti usa e getta e lavarsi molto bene le mani dopo l’azione!
- Lavarsi sempre molto bene le mani con acqua e sapone, più volte durante la giornata.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
L’importanza della comunicazione con i bambini
Mercoledì, 28 Giugno 2017 08:06Spesso non diamo peso alla comunicazione. O meglio. Confondiamo i pianti, le richieste strane o le mille domande con un eccesso di bisogno di attenzioni o con un atteggiamento stressante da parte dei figli, quando invece dovremmo ricordare, sin dai primi mesi, che tutte queste azioni rappresentano proprio la comunicazione dei figli nei nostri confronti.
Un bambino piange per una bua piccolissima: “sta solo frignando”.
Una bambina ripete al papà, nel negozio di giocattoli, quanto sia bella quella bambola, ancora e ancora: “e basta, non te la compro, fai silenzio un attimo”.
Un altro bimbo chiede alla mamma: “Perché hai usato il cucchiaio di legno per cucinare?”: “Perché si usa questo, che domanda idiota”.
Sembrano atteggiamenti orribili, eppure sono molti i genitori che zittiscono i figli con un “Basta” seccato. E anche noi sicuramente a volte ce lo lasciamo sfuggire, quando siamo stressati, esasperati o proprio stanchi.
Tuttavia dovremmo sempre ricordarcelo: i bambini non sono esigenti in maniera futile; i bambini non piangono per capriccio. I bambini COMUNICANO.
L’importanza della comunicazione con i bambini: perché è fondamentale capire che la comunicazione è uno dei pilastri per crescere bene, sin dai primi anni e non solo in adolescenza
La conseguenza di un atteggiamento del genere (e cioè dell’abitudine a sminuire le richieste o a tacciare i pianti semplicemente come “capricci” o richieste di attenzioni senza senso) è a lungo termine: comportandoci in questo modo non potremo poi lamentarci se a nove, dieci, undici, dodici anni e via dicendo i nostri figli svilupperanno atteggiamenti chiusi, arroganti, silenziosi, strafottenti (a seconda dell’indole e della situazione familiare). È normale: se i bambini, da piccoli, non si sono sentiti ascoltati e non sono stati abituati a parlare (e a parlare venendo tenuti davvero in considerazione), chi glielo farà fare di comunicare?
La comunicazione dovrebbe essere intesa innanzitutto come la linea che sta tra il mondo e l’essere umano. È quindi fondamentale e basilare per la salute sociale delle persone, e quando trascurata diventa davvero pericolosa, poiché non permette all’individuo di avere le competenze per potersi esprimere nel mondo (e non solo in famiglia).
Questa comunicazione deve quindi essere allenata sin dai primi mesi, dai primi anni. Perché, udite udite, nella relazione genitori e figli la comunicazione è interamente responsabilità di mamma e papà. O meglio: parte da loro, sono loro che la costruiscono, che la rendono un’abitudine. Perché anche se il bambino ha il bisogno innato di comunicare, se questa comunicazione non viene allenata ma viene stroncata, allora si creerà un cortocircuito.
Naturalmente la comunicazione passa per diversi stadi, in base all’età del bambino (e a questo proposito il libro “Comunicazione e linguaggio nei bambini” è molto utile per comprenderla). Inizialmente si tratta del pianto (da non intendere mai come capriccio, ma come espressione di un bisogno profondo, e non di un “vizio”!), del contatto visivo, del copiare le espressioni facciali degli adulti... Dopodiché si passa alla comunicazione anche verbale. Sta al genitore, quindi, assecondare questa comunicazione basilare del bambino, che non ha ancora tutti gli altri strumenti. Assecondandola, il bambino capisce che il suo pensiero è recepito, che è ascoltato. Sin dai primi mesi. Non considerandola e ignorandola, invece, il bimbo sente che la sua comunicazione non va a buon fine, e che quindi è inutile.
È importantissimo quindi creare, da parte dei genitori, questa connessione, questo legame espressivo, che più che un fatto è un processo, un lungo processo, che se coltivato diventa poi naturale.
Non dobbiamo quindi mai più pensare che il pianto o il comportamento strano, le richieste o gli atteggiamenti testardi siano un tentativo da parte del bambino di manipolare noi genitori, o di ottenere in maniera viziata ciò che vogliono. Certo, ci testano, ci mettono alla prova (e in questo caso sono altri gli atteggiamenti da avere - come la comunicazione non violenta di cui parla Marshall Rosenberg nel suo libro, o come vi abbiamo spiegato in questo articolo). Ma stanno semplicemente comunicando, e proprio per rispetto di questa comunicazione (e sapendo le conseguenze che il non-dialogo avrà sul loro futuro) dobbiamo sempre ascoltare, senza alzare gli occhi, zittirli o rispondere seccati. Dobbiamo parlare. E comunicare tra di noi.
Consigli per educare i figli testardi
Martedì, 27 Giugno 2017 13:21Tutti i figli sono meravigliosi, dolci, bellissimi. Ma, diciamo la verità, a volte sono proprio testardi. E quando questa testardaggine (che è tipica dei due e tre anni, ma che quando gestibile non deve spaventare perché è solo un modo dei bambini di mettere alla prova i genitori) diventa un’abitudine non troppo simpatica, il rischio è che i genitori si ritrovino senza sapere più cosa fare.
Il rischio? O cedere sempre, facendo sì che il bambino rafforzi la sua testardaggine (ottenendo sempre ciò che vuole, il bambino logicamente non cambierà il suo atteggiamento); oppure impuntarsi e evitare ogni volta di dargliela vinta, creando contrasti fortissimi.
Una via di mezzo tuttavia c’è.
Consigli per educare i figli testardi: come comportarsi quando i bambini testardi ci mettono continuamente alla prova
Innanzitutto, chiariamo una cosa: la testardaggine di un bambino riflette una sua caratteristica positiva, e cioè la sua determinazione, il suo essere sicuro di sé, il sapere cosa vuole. Avendo quindi in testa questo, e cioè che possiamo considerare questi comportamenti magari stancanti un punto di forza, dobbiamo trovare con lui un equilibrio, un modo di educarlo che non svilisca questa sua determinazione, stroncandola e quindi rischiando di annullarla, ma che non porti altrettanto a farlo crescere egoista, concentrato solo su di sé o fin troppo testardo.
La prima cosa da fare è quindi iniziare a guardare al nostro bambino “testardo” esaltando ciò che è, e cioè determinato, deciso, sicuro; oppure forte, confidente, energico, entusiasta. Guardare in maniera più positiva renderà anche noi più positivi, e lui lo percepirà, piano piano. Dopodiché, prendendo le giuste precauzioni e i giusti atteggiamenti, anche lui capirà come è meglio comportarsi, calibrando la sua determinazione.
Innanzitutto, dobbiamo cercare di capire bene da cosa derivi questa testardaggine, questa determinazione a chiedere qualcosa. Se questo qualcosa è “superfluo”, e cioè secondario, allora non c’è problema; se invece le richieste nascono da bisogni più profondi di legame, intimità o bisogno di sicurezza, allora prima di tutto c’è da lavorare su quello.
Detto questo, come accennato i bambini piccoli spesso tendono a intestardirsi e a non ascoltare soprattutto per testare i limiti dei genitori. Ecco perché a volte dire “no" è utile e opportuno. Il tutto, sempre, con gentilezza e tramite il dialogo: evitiamo quindi di dire troppi “no” solo per dirlo, ma iniziamo a porci davanti al bambino spiegando i nostri limiti, le nostre regole, coinvolgendolo e facendogli capire il perché, piuttosto che lanciando il “no” in maniera mera e semplice.
Questi limiti, però, una volta definiti (soprattutto se prima non c’erano, e se quindi al bambino era permesso fare tutto) potrebbero causare pianto e urla. È normale, perché attraverso questo atteggiamento il bambino manifesta la sua frustrazione, il suo non trovarsi a suo agio con qualcosa, il suo non capire. Accettiamo quindi per un attimo queste lacrime, e non tentiamo di spegnerle imponendo di non piangere o distraendo il bambino con qualcos’altro. Consoliamolo, piuttosto, parliamogli, facciamolo parlare, e in questo modo anche lui capirà che la vita non è sempre semplice o come la vogliamo, ma che dopo avere riflettuto si può andare avanti, cercando un’altra via.
Questo dialogo è proprio la soluzione migliore. È sempre consigliato, ma soprattutto con questi figli determinati e testardi. Perché? Perché i bambini, in generale e soprattutto in questo caso, spesso hanno bisogno di sentirsi coinvolti, ma soprattutto di sentirsi indipendenti, di sentire che le loro scelte siano personali e non dettate dai genitori.
Per questo il dialogo è importante: quando mettiamo dei limiti, parliamone con il bambino, chiediamogli una sua soluzione, agiamo insieme a lui, chiedendo piuttosto che imponendo ordini. Piano piano il bimbo capirà che il suo pensiero è importante, ma soprattutto che è indipendente (non importa quanto: è sempre tutto calibrato in base all’età, naturalmente), e che i genitori lo ascoltano. Che quindi è importante.
Un esempio concreto?
Quante volte vi sarà capitato che vostro figlio volesse proprio quel cibo che ora non c’è in tavola? "Io non mangio la zuppa, voglio la pasta”. Le opzioni sono tre: obbligarlo senza spiegazioni a mangiare la zuppa; accendere i fornelli e accontentarlo, ritardando anche la cena; oppure trovare un punto di incontro.
“Perché non ti piace questa zuppa?”. “Perché di no”.
“Ma lo sai che la mamma ha ormai cucinato e non ha tempo di preparare altro?”. “Sì”.
"Cosa proponi, quindi?”.
Vi sorprenderà, ma le soluzioni a cui arriverà saranno probabilmente molte, di volta in volta, dal “va bene, ora mangio la zuppa ma domani mi fai la pasta, ok?”, all’”grazie mamma, hai ragione”. Insomma, sarà una negoziazione. Che alla fine avrà risultati eccellenti nel breve e nel lungo termine!
Il talco è nocivo oppure no? Tutto quello che c’è da sapere
Lunedì, 26 Giugno 2017 08:39
Bianco, candido, profumato, dalla consistenza unica… Eh sì, il talco piace a tutti. Anche a noi! Eppure negli ultimi tempi stanno saltando fuori opinioni contrastanti. Non tutti infatti amano il suo essere poco traspirante, o il fatto di derivare da elementi minerali. Ma qual è l’alternativa? In realtà c’è, e oltre che naturale ha valori aggiunti davvero non trascurabili!
Il talco è nocivo oppure no? Tutto quello che c’è da sapere sull’utilizzo del talco: cosa dobbiamo sapere prima di usare il talco su neonati e bambini
Uscire dal bagno e spolverarsi di talco è una delle sensazioni più belle che proviamo sul nostro corpo. Non siete d’accordo anche voi? Rinfresca, lascia la pelle liscia, profuma… Tuttavia non tutti lo amano, e non tutti sono sicuri della sua bontà e della sua salubrità. E anche se ormai i dubbi sono stati smontati (quelli che dicevano che fosse cancerogeno hanno dovuto ricredersi: anche l’AIRC, che ha cercato di approfondire la questione, è giunta alla conclusione che le forme tumorali a cui il talco viene spesso associato (come quello all’ovaio) non possano essere provocate da esso), a non tutti convince.
In effetti, essendo un minerale (il talco, infatti, è composto da silicio, magnesio e ossigeno - filosilicato di magnesio) questa polvere che siamo soliti applicare ai bambini (ma anche a noi stessi, diciamo la verità) non è tutta rose e fiori. Poiché per la sua natura minerale, appunto, non è molto traspirante, e si rischia così di occludere i pori della pelle, che può così liberarsi dal sudore ma solo per un attimo, poiché l’occlusione dei pori provoca una sudorazione maggiore nel momento in cui la pelle è libera.
Altro pericolo da non sottovalutare è l’ingestione di questa polvere minerale, poiché i bambini potrebbero ingerirla non solo via bocca, ma anche inalarla attraverso le vie respiratorie, soffocando per colpa della sua consistenza.
Per essere sicuri di non incorrere in alcun pericolo, provato o ancora in fase di studio, tuttavia l’alternativa c’è ed è molto più naturale. Innanzitutto, ci sono polveri di amido di mais o di riso fatte apposta per l’aspersione, che fanno proprio al caso nostro.
In commercio, poi, vi sono dei prodotti la cui funzione è assolutamente identica a quella del talco, che in realtà talco non sono. E anche la consistenza è molto meno pericolosa, poiché è liquida e non più polverosa, riducendo così a zero il rischio di soffocamento infantile!
Il Talco non Talco di Fiocchi di Riso, ad esempio, è studiato per avere la stessa funzione del talco normale, e cioè asciugare in maniera delicata la pelle del bambino (grazie ai due ingredienti principali: l’amido di mais e di riso), lasciandola morbida e asciuttissima. E non unge, al di là di quello che si potrebbe pensare, anzi!
Oltre ad assolvere la funzione del talco dopo il bagnetto (che è il momento ideale durante il quale applicarlo), l’emulsione fluida Talco non Talco di Fiocchi di Riso è pensata per regolare la sudorazione e la temperatura cutanea del bambino (anche in caso di problemi di eccessiva sudorazione, di pelle umida e di cattivi odori, come deodorante) ed ha lo straordinario effetto secondario di preservare dall’attenzione delle zanzare.
Non è un repellente chimico, e contiene solo ingredienti naturali, adatti per la delicata pelle dei bambini: amido di riso e di mais, calendula, olio di neem e olio di oliva bio. Ecco perché la pelle, oltre che asciutta, risulta nutrita, idratata e setosa. E tutti i bambini possono utilizzarlo: anche quelli con la cute più sensibile. Essendo antinfiammatorio ed emolliente, infatti, il Talco Non Talco favorisce la rigenerazione dell’epidermide.
Talco non talco Fiocchi di Riso si spalma come una crema e svolge una doppia azione: regola sudorazione e odore... e ci “nasconde” da insetti e zanzare, grazie alla sua profanazione naturale! Ecco perché è perfetto in estate: rinfresca, lenisce dopo una giornata di sole e allontana le fastidiose zanzare.
Da giugno 2020 Talco Non Talco sarà disponibile in due nuovi formati, ancora più comodi e versatili: lo spray e il roll-on. Con la stessa formulazione sarà dunque possibile portare con sé il Talco non Talco in tutte le occasioni, scegliendo la versione più adatta alla propria famiglia. Per scoprire i formati disponibili, basta visitare la pagina dedicata.
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Due libri per le vacanze sul metodo Bortolato
Giovedì, 22 Giugno 2017 14:46Ah, i compiti delle vacanze... E se non fossero pesanti? E se fossero incredibilmente interessanti, divertenti, educativi ed efficaci? Noi ne abbiamo trovati due, e siamo contentissime. Perché finalmente abbiamo trovato dei libri sul metodo Bortolato da portare in vacanza, per allenarsi sul metodo analogico e arrivare a scuola preparati ma riposati.
Due libri per le vacanze dei bambini sul metodo Bortolato: i libri per i compiti delle vacanze con metodo analogico che piaceranno alle mamme e ai bambini
Il primo libro che vogliamo consigliarvi è interessante già dal titolo: “I compiti vanno in vacanza. Il disfa-libro per la primaria”. Scritto da Camillo Bortolato, ideatore del rivoluzionario metodo analogico per imparare la matematica, è disponibile non solo per la classe prima, ma anche per la seconda, per la terza e per la quarta.
“I compiti vanno in vacanza”. Perché?, vi chiederete. Beh, perché questo libro, proprio come dice il titolo, si disfa, si ritaglia tutto, e i materiali possono essere inseriti in buste trasparenti (comprese) da portarsi in spiaggia, durante la passeggiata o in qualunque luogo in cui i bambini si troveranno quest’estate. Il bello è che attraverso questi esercizi concreti proposti dal libro, i bambini si divertono, scrivono poco (avendo quindi la sensazione di fare meno compiti!) e imparano moltissimo.
Le tessere e le schede ritagliate dal quaderno di esercizi hanno illustrazioni colorate, chiare e intuitive, e il bambino ha tutte le istruzioni visive per capire cosa deve fare: le tabelline, delle liste da compilare, storie con personaggi da tagliare, etichette adesive da appiccicare, problemi con l’euro, indovinelli, rebus, esserci logici... Non manca nulla, e la matematica diventa davvero più semplice e divertente seguendo il metodo di Camillo Bortolato.
Perché nel momento in cui i bambini si mettono a ritagliare, il compito non è più un compito, ma un gioco, e quindi lo si può tranquillamente affiancare ai compiti tradizionali dati dalle maestre. Inoltre, non è prevista la solita ansia del “finire il libro”: i bambini scelgono cosa svolgere, senza pressione, in totale autonomia!
Il secondo volume che abbiamo scelto quest’anno è “Il disfa problemi”, di nuovo di Camillo Bortolato, un libro che raccoglie 90 esercizi pensati per liberare i bambini dalla paura della matematica.
La filosofia dietro a questo libro è semplice: è vero, non tutti i bambini si trovano a loro agio con i problemi e la matematica, la logica o la geometria. È normale. Ma basta provare un altro approccio per capire che non è necessario scoraggiarsi. La delusione data dal non sapere risolvere un problema matematico è data solo da una società che prevede solo un approccio alla matematica. Ma sappiamo che ogni bambino è diverso, e molti vedranno che con questo metodo tutto sembrerà più semplice!
Tutto questo ci piace non solo perché permette la buona riuscita in matematica anche a quei bambini meno ferrati, ma soprattutto perché insegna loro concretamente che non sempre si è bravi in qualcosa, ma magari solo perché stiamo sbagliando metodo, perché noi siamo fatti diversamente ma siamo tutti, a modo nostro, intelligenti.
I problemi tradizionali vengono così in questo libro trasformati in giochi intuitivi e chiari illustrati, ispirati al sudoku e ad altri tipi di rompicapo. Così i bambini si ritrovano a ragionare su problemi all’apparenza complicati (anche equazioni di primo grado che non sembrano equazioni!), ma resi più comprensibili e semplici semplicemente dalla via alternativa che propone Bortolato.
Care mamme, c’è in giro troppa perfezione
Giovedì, 22 Giugno 2017 12:47Bambini pulitissimi, super fashion, che fanno lavoretti perfetti. Mamme sempre in ordine, pettinate, con la piega fatta e i vestiti stiratissimi. Papà bellissimi e sempre presenti. Insomma, famiglie perfette. Sì, sulla carta quelle delle blogger e delle instagrammer, per non parlare delle mamme su facebook, sono tutte famiglie perfette.
Ma sarà così? E, soprattutto, è così che deve essere per tutte noi?
Care mamme, c’è in giro troppa perfezione: quando i social distorcono la realtà e ci inducono a pensare di essere sbagliate, beh, è tempo di mettere a fuoco meglio la situazione
Cene tutte con prodotti bio, avocado dappertutto, l’ultima fascia porta bebè sul mercato, quel pazzesco taglio di capelli che vorreste farvi ma che chissà se vi starà bene... Le mamme su Instagram sono tutto quello che sogneremmo di essere, non è vero?
Verissimo, non abbiamo paura di dirlo. Ma in tutto questo c’è un problema. E cioè che tutto questo sfoggio di perfezione rischia di danneggiare tutte le altre mamme, quelle che nella loro normalità credono così di essere sbagliate, o quantomeno non perfette.
Una mamma normale è quasi sempre spettinata, così come i suoi bambini, che magari sono usciti abbinando alla gonna di tulle una maglia di calcio. Una mamma normale a volte strappa la regola e cucina del junk food solo per accontentare i bambini che per tutto il giorno sono stati nervosi. Una mamma normale ama suo marito, ma non per questo pretende che sia sempre perfetto anche lui nelle foto di famiglia. O non pretende, quantomeno, che diventi il fotografo ufficiale degli scatti da postare poi su Instagram.
Una mamma normale ha la casa in disordine, quasi sempre. E i lavoretti ai bambini li fa fare, ma non pretende la perfezione, perché l’importante è il processo, non il risultato.
Insomma, una mamma normale non è perfetta.
Ma a vederle su Instagram, tutte le mamme parrebbero impeccabili, così come i loro figli, così come i loro mariti, così come le loro vacanze, e le loro biciclette, e le loro unghie, e le loro cene a base di cibo organico comprato ogni giorno al mercato biologico vicino a casa.
Sì, fanno sentire in colpa, perché noi non riusciamo a fare tutto questo e ad essere sempre tirate e splendenti. Magari loro sì, ci riescono (anche se, probabilmente, molte poche sono genuinamente così; il resto è presumibilmente scena), ma noi no. E “noi” siamo la realtà, siamo la maggioranza, quindi perché sentirsi in colpa?
Non ce n’è bisogno. Anzi! Dovremmo proprio entrare in quella dimensione mentale in cui non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello il pensiero che forse dovremmo essere un pochino di più come le mamme social più seguite.
Lo diciamo sempre: ogni famiglia è perfetta nel suo, perché ogni famiglia ha la sua dimensione, le sue regole, il suo essere (proprio come mostra il programma 4Mamme su FoxLife, che ogni settimana commentiamo qui su Mamma Pret A Porter). Ed è questo che fa la perfezione, non la perfezione esteriore, estetica o canonica. Esatto: oggi vogliono metterci in testa che ci siano dei canoni per cui una mamma può essere considerata perfetta, e altre meno perfette. Non è così.
Ciò che dobbiamo pensare, è che la perfezione non esiste. Quelle mamme che postano l’ultimo manicaretto bio-veg-organico sono bravissime, l’hanno cucinato e non c’è nulla di male. Ma anche loro avranno i loro problemi. Magari il bimbo più piccolo oggi è riuscito a fare il suo pisolino dopo giorni in cui era solo nervoso e lei non aveva tempo per nulla, e ne ha approfittato, e quindi è una vittoria da celebrare con un bel post. Magari quella mamma che ha condiviso la foto dei pupi vestiti super alla moda l’ha fatto perché era la prima volta che se lo sceglievano da soli, l’outfit, e con un buon risultato.
Ciò che dobbiamo fare è pensare che, tanto, tutte sappiamo cosa significhi essere mamma. Sappiamo che le giornate sono disordinate e che la piega la faremo il mese prossimo. Lasciamo quindi perdere le mamme palesemente e fintamente perfette (esistono anche loro, e in quel caso siamo autorizzate ad una sana risata - evitando ogni invidia, mi raccomando! Non serve proprio), ma guardiamo alle mamme più normali come a persone come noi che postano sì le belle cose, ma che sono circondate come noi dal caos. Da un bellissimo caos!
4Mamme, perché ci piace tanto la mamma “anarchica”
Giovedì, 22 Giugno 2017 10:02La puntata 4Mamme che ieri sera è andata in onda su FoxLife (canale della piattaforma Sky) mi ha colpito per una mamma in particolare, e non tanto, come le volte precedenti, per il confronto tra le quattro (anche se, come sempre, è molto interessante e costruttivo, ricco di spunti e ottimo pretesto per considerare i punti di vista differenti dal nostro).
Chi mi ha colpito, quindi, è stata Barbata, la mamma che si auto definisce anarchica. E ora vi spiego perché.
4Mamme, perché ci piace tanto la mamma “anarchica”: poche regole ma ben definite, rispetto e inseguimento delle passioni sono una ricetta deliziosa
Come accennato, è lei stessa che si definisce anarchica, quando le chiedono la descrizione (le altre quattro mamme? C’erano Roberta la mamma religiosa, Stefania la mamma fai da te e Federica la mamma esausta). In realtà l’aggettivo è sì adatto, ma non del tutto corretto. Perché in realtà in casa sua le regole ci sono. Sono poche, ma sono chiare e definite. Esattamente come secondo me dovrebbe essere.
Questa sua impostazione ha portato al risultato di avere una relazione molto serena con i propri bambini, equilibrata e appagante. Lei stessa è serena, e questa serenità l’ha trasmessa ai bambini. Sarà per il suo percorso spirituale (Barbara è buddista, ma indipendentemente dalla specifica religione è il percorso interiore che certamente l’ha portata ad essere ciò che è); sarà per il suo ordine esteriore ed interiore che abbiamo visto anche dentro i suoi armadi. Ma questa serenità la si percepisce: non ci sono capricci, tra i bambini non c’è cattiva conflittualità. Lei è bravissima, perché parla loro con rispetto e autorevolezza, e riesce ad essere pacificamente ascoltata e rispettata. Il buddismo in questo senso forse aiuta: ciò che vedo è una mamma fiduciosa nella vita e nelle risorse dei suoi figli, consapevole di sé e delle sue emozioni.
Perché? Perché la sua educazione non si fonda sulle sgridate e sui rimproveri, ma sull’esempio concreto.
Entrando nello specifico dei suoi metodi educativi e delle abitudini della sua casa, ho amato moltissimo la soluzione dei due letti dei bambini uniti. Dormono in un lettone, insomma, insieme. Questa decisione è stata presa perché i suoi bimbi sono, come li definisce lei “viaggiatori notturni” (quindi notte “viaggiano” verso il lettone dei genitori): così quando la notte i genitori si ritrovano con loro accanto, non rinunciano al sonno, perché si spostano in quello in cameretta. Può essere qualcosa di futile o senza senso, per alcuni, ma io ci ho visto il segno di una grande libertà mentale: non mettiamo prima le regole (o le pseudo-regole); meglio mettere sempre davanti il benessere pratico della famiglia!
La scena che sicuramente ho più amato, poi, è stata vederla dipingere la sua tela mentre i bimbi erano impegnati artisticamente sui loro lavori. Perché? Per due motivi.
Le mamme l’avranno pure criticata perché non giocava con loro, “insieme” a loro. Ma chi l’ha detto che una brava mamma deve giocare a tutti i giochi che piacciono ai suoi figli? Io gioco moltissimo i miei figli. Mi piacciono i lavoretti, i puzzle, giocare a carte, a memory… Ma non mi chiedano mai di giocare alle principesse o a fare il leone. Sanno che non mi piace, non ce la faccio, e non credo ci sia nulla di male. Ogni mamma deve trovare il canale di comunicazione che più si confà a lei e ai suoi figli, senza forzature. Le forzature portano frustrazione, ne sono certa.
Il secondo motivo riguarda le passioni. Più precisamente: è bellissimo esprimere le proprie passioni di fronte ai propri figli. Ho trovato bellissima mamma Barbara, quando disegnava accanto ai suoi bambini. Ciò che trasmette è un importante messaggio verso la cura delle proprie passioni, verso il rispetto di sé e verso l’amore per la propria persona.
I bambini imparano dal nostro esempio, no? Bene, ecco perché lo trovo fantastico. Perché dalle immagini si è visto come i bambini stiano davvero imparando concretamente tutto questo: dipingono sereni accanto a lei, condividono tranquilli un momento ricreativo con la mamma e le chiedono suggerimenti. Sempre rispettandone il lavoro.
Non bisogna annullarsi per la famiglia, ma viversi appieno, proprio per la famiglia, per il suo benessere.