Una buona regola per un'alimentazione sana e naturale è quella di limitare le proteine animali provenienti dalla carne, andandole però a recuperare negli alimenti vegetali che ne sono ricchi. Un esempio perfetto sono i fagioli, che piacciono spesso a tutta la famiglia. E oltre ad essere buonissimi sono semplicissimi da inserire nelle ricette! Potete scegliere quelli freschi, ammollandoli per 12-24 ore e poi bollendoli, oppure quelli già cotti a vapore e conservati in barattoli di vetro. Sempre bio, mi raccomando! Ecco quindi un esempio di un'insalata mista che amo proporre in estate, combinando i fagioli bianchi con le verdure di stagione.
Insalata di fagioli bianchi e verdure: la ricetta dell'insalata mista a base di fagioli bianchi
Le insalate estive sono un'invenzione fantastica: un po' perché ci permettono di variare con tutti gli ortaggi che la natura ci offre in questo periodo, un po' perché sono leggere al punto giusto per i pranzi e le cene al caldo, un po' perché con gusto ci permettono di fare incetta delle porzioni raccomandate di frutta e verdura in maniera semplicissima.
Una volta a settimana è bello anche aggiungere alle nostre insalate del pesce, per assicurarci gli acidi grassi Omega 3 che solo il pesce (o i semi di lino) apportano all'organismo. Questa insalata verde che abbina salmone e avocado, dunque, è davvero deliziosa e benefica allo stesso tempo.
Insalata verde di salmone e pompelmo
Per un sapore più deciso, un'insalata ha bisogno di qualche ingrediente insolito. Non insolito per le nostre tavole, ma proprio per le nostre insalate. Perché se ancora non siete abituati ad aggiungere frutta e formaggio (soprattutto di capra e di pecora, più leggeri di quelli a base di latte vaccino) ai vostri piatti verdi, non sapete cosa vi state perdendo!
Ecco quindi la nostra ricetta per un'insalata estiva gustosa, sfiziosa e nutriente, una base perfetta per poi variare con i vari frutti di stagione.
Insalata verde con mirtilli, pesche, fichi e zola di capra
L’udito dei bambini è a rischio
Giovedì, 01 Giugno 2017 09:25Cuffiette, cuffie, tivù a volume altissimo (anche se non ce ne accorgiamo), tablet davanti alla faccia, musica sempre nelle orecchie. Ma queste povere orecchie soffrono. Soprattutto quelle dei bambini.
A dirlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e il pericolo è (purtroppo) davvero reale.
L’udito dei bambini è a rischio: l’allarme lanciato dall’OMS parla di un miliardo di ragazzi che rischiano il loro udito
Ne hanno parlato nel 2013, poi nel 2015, e anche nel 2016 (quando a riportare lo studio fu il quotidiano Francesoir). L’udito è a rischio, soprattutto quello dei ragazzi. Perché ormai non ci facciamo più caso, ma le cuffiette infilate nelle orecchie o le cuffie calate sulla testa sono davvero pericolose, nonostante sia ormai un’abitudine indossarle ed utilizzarle.
L’OMS parla di 1.1 miliardi di giovani: è il numero di ragazzi che probabilmente entro dieci anni scoprirà di avere problemi all’udito. Il numero non è indovinato a caso, ma si basa su dati reali e statistiche ferree.
Tra i ragazzi tra i 13 e i 17 anni, infatti, l’80% ascolta quotidianamente musica con lo smartphone, attraverso cuffie o cuffiette infilate nelle orecchie. Queste cuffie sono più pericolose della musica ascoltata in diffusione. Aumentano infatti i decibel, facendo raggiungere il picco di 89 decibel (quando normalmente non si dovrebbero superare i 55 di giorno e i 45 di notte).
Il 21% di questi ragazzi li usa per quattro ore al giorno. L’8% addirittura per più di quattro. E il 90% dei giovani sotto ai 24 anni (il 90%!) ascolta musica in cuffia per almeno un’ora al giorno. Fregandosene, probabilmente, del livello rosso che lo smartphone segnala quando si alza troppo il volume.
Parliamo quindi di ragazzi adolescenti o più grandi, ma l’attenzione va posta anche sui bambini più piccoli, a partire dai 3 anni. È infatti questa l’età nella quale iniziamo a fargli ascoltare musica in cuffia o a mostrargli programmi e video infilandogli le cuffiette.
I numeri sono quindi alti, e di tutti questi ragazzi il 25% è a rischio udito. La prevenzione può fare molto, ma in questo caso molti di loro hanno raggiunto un livello difficilmente recuperabile, e di conseguenza nel giro di un decennio si accorgeranno degli effetti irreparabili e irreversibili che questa cattiva abitudine ha prodotto nelle loro orecchie.
Quali sono, quindi, le misure preventive? Semplicissime, ma spesso difficili da seguire a causa del vizio, dell’abitudine ormai consolidata. L’unico modo è infatti quello di ridurre al minimo i momenti durante i quali i nostri ragazzi (e anche noi) ascoltano la musica in cuffia. Meno ore, ma anche meno decibel: bisogna fare attenzione a tenere il volume ad un livello sempre accettabile. Quindi occhio agli avvisi degli smartphone, ma occhio anche al buonsenso: meglio sempre insegnare a tenere il volume al minimo, riabituando le orecchie a sentire anche a volumi minori.
Come ha spiegato Antonio Cesarani, direttore dell'Unità operativa complessa di audiologia della Fondazione Irccs Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, a Repubblica, basterebbe quindi abbassare il volume dello smartphone e limitare l’uso delle cuffie a (massimo!) due ore al giorno. Attenzione anche in discoteca e nei luoghi rumorosi: ogni 90 minuti sarebbe sempre meglio uscire per almeno un quarto d’ora.
In questo senso la Commissione Europea ha anche abbassato i limiti dei volumi degli mp3. Dai 120 decibel a cui si poteva arrivare, oggi il limite è fissato a 80, in modo da limitare il rischio di eccedere.
Detto questo: evitiamo di abituare sin da piccoli i nostri bambini all'utilizzo delle cuffie e ai volumi troppo alti. Troppo presto si ritroverebbero parte di questa statistica. E lì sì che il loro udito sarebbe a rischio senza che ce ne accorgiamo!
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Tra il dire e il fare c'è di mezzo una mamma che fa del suo meglio: la prima puntata di 4mamme
Giovedì, 01 Giugno 2017 08:46
Ieri è stata trasmessa la prima puntata di 4mamme su Fox Life: mi aspettavo fosse un programma divertente, un bel modo di passare una serata, invece ho visto molto più. Non una semplice gara ma ho percepito le emozioni di 4 mamme, l’amore smisurato verso i propri bimbi, ho visto competizione (poca e sana) ma anche comprensione tra donne, ho visto occhi lucidi e sguardi carichi di pensieri che solo noi mamme possiamo avere e capire: un bel mix di emozioni tutte insieme, così difficile da trovare.
Ieri sera si “sfidavano” mamma Moira la mamma verace, la mamma social Flora, Simona la mamma tassinara e Anita la mamma ipercinetica.
In questo mio primo articolo/commento non vorrei analizzare punto per punto quello che condivido o quello che suggerirei a queste mamme: i cardini che per me sono basilari li sapete: i bambini non devono mangiare da soli, l’alimentazione sana è fondamentale come anche il gioco all’aria aperta, l’autonomia nelle scelte che ogni bimbo può e deve fare, limitare l’uso di tecnologia etc…. Ma quello su cui desidero puntare l’attenzione in questo nostro primo articolo per 4mamme è uno e molto semplice: non esistono scelte o comportamenti giusti o sbagliati esistono i comportamenti giusti o sbagliati per ogni famiglia. Non esiste il bianco e nero nella vita di noi mamme, esistono solo variabili. Gli sbagli fanno parte di noi esseri umani, fanno parte della vita e come tali anche della crescita dei nostri figli. Lo sbaglio permette di comprendere e riprovare, permette di cercare una nuova strada, una diversa via, di crescere e diventare ciò che siamo.
Parliamo per esempio dell’addormentamento in macchina di mamma Moira.
Quante di noi lo hanno fatto? Alzate la mano! Mi ricordo quando è nata Emma e tutti e quattro salivamo in macchina il sabato e la domenica pomeriggio e facevamo lunghi giri di almeno due ore: Como, Lecco, strade sconosciute con un’unica caratteristica, ossia l’assenza di semafori! Lo sappiamo tutte è sbagliato, non ha alcun senso, in primis per i bambini perché non riposano bene e non associano il momento della nanna al letto (sia esso di mamma e papà o il loro), ma anche per noi genitori perché non possiamo essere costretti a salire in macchina e girare come pazzi per ore per avere un attimo di pace: basterebbe magari mettersi nel lettone con loro mezz’ora per farli addormentare, no? Magari leggere loro una fiaba, mantenendo la luce soffusa e facendosi tante coccole. Quello che però non si racconta spesso è che la teoria è molto bella, interessante e utile, ma la vita vera, soprattutto quella di mamme come me, come Moira, come Anita e credo anche come voi, è che a volte sei sfinita, davvero sfinita: sfinita fisicamente perché non dormi la notte, perché hai la casa da riordinare, lavatrici sempre da fare, camicie da stirare; perché hai sempre arretrati, bollette da pagare e bonifici da fare; scadenze da rispettare, appuntamenti con le scuole dei bambini, pediatra e compleanni. Certo sei felice, ma non hai tregua e anche se in cuor tuo lo sai che la cosa migliore sarebbe addormentarsi vicino al tuo bimbo nel suo lettino, in quel momento il solo pensiero ti fa venir da piangere, perché hai bisogno di sentire silenzio nel più breve tempo possibile, perché non ce la puoi fare a fare un’altra cosa per loro… hai bisogno della soluzione che porti al miglior risultato nel minimo tempo. Così salti in macchina dopo aver caricato entrambi e ti godi quell’oretta e mezza che ti rigenera mentalmente e fisicamente e ti sembra di essere quasi in una spa.
Così quel momento in macchina di mamma Moira le da l’energia e l’invettiva per realizzare deliziosi cestelli delle emozioni in camera dei suoi figli. Il tempo che mamma Flora ha a disposizione per prendersi cura di sé, la rende particolarmente paziente nell’addormentamento e trasmette il concetto che prendersi cura di sé fa bene non solo a sé stessi ma anche all’intero nucleo famigliare o le richieste di ordine e linearità di Anita insegneranno concentrazione e ordine mentale alle proprie bimbe.
Il bello di questa trasmissione credo sia proprio questo, cioè che i nostri comportamenti (giusti o sbagliati che siano, tanto è tutto relativo) sono tutti fatti assolutamente a fin di bene, sia nei confronti dei nostri figli sia nei confronti di noi stesse. Sono dettati dalla stanchezza, dalla voglia di dare e fare il massimo, dalla sopravvivenza alle mille difficoltà quotidiane e certamente dall’amore smisurato verso i nostri figli. Così non possiamo che capire mamma Simona, che non sa come gestire le richieste del figlio sui giochi non adatti alla sua età, ed è preoccupata che il figlio possa essere tagliato fuori. E capiamo anche mamma Moira, che chiede al figlio maggiore di fare silenzio, anche se il suo gesto era una naturale richiesta di attenzione. Perché lo sappiamo che non è giusto chiedere troppo al figlio maggiore, ma quando hai un bambino grande in casa e una neonata di un mese da addormentare e sei a casa da sola, è umano sbagliare (se così possiamo definirlo) è la vita e a volte non si può far diversamente, o forse sì, ma non abbiamo le energie mentali per pensare ad alternative. O ancora sappiamo che i ricatti non servono a nulla e sono solo controproducenti: ma siamo oneste, chi di noi non hai mai detto: “se non la smetti di fare questo non ti porto a danza!” o “se non fai i compiti non andiamo alla festa di compleanno?” Succede, cavolo se succede.
E’ difficile, è molto difficile trovare la strada giusta. Ma se sappiamo accettare il punto di vista di altre mamme che danno una visione diversa di una problematica, e riusciamo a trasformare questi consigli in una risorsa, penso che faremo il nostro bene e il bene della nostra famiglia.
Giulia Mandrino
Il riso nero oltre che essere buono (è davvero saporito e profumatissimo) è anche bellissimo da vedere. La sua è una cottura lunga, ma non scuoce mai e il croccante diventa una delle sue caratteristiche inconfondibili. Per questo è difficile da utilizzare nei risotti ma perfetto per le insalate a base di cereali e verdure.
Insalata di riso nero con gamberi, basilico, pomodorini e fagiolini: la ricetta dell'insalata estiva di riso venere che combina il gusto del cereale con le verdure di stagione
L’allattamento programmato non è così salutare
Mercoledì, 31 Maggio 2017 07:31Un’ora, un’ora e mezza, due ore. Di cosa parliamo? Del lasso di tempo tra una poppata e l’altra. O meglio. Del lasso di tempo tra una poppata e l’altra che le mamme sono convinte sia perfetto e invariabile.
Spesso guidate dai primi consigli delle ostetriche, di libri sulla puericultura o da tradizioni familiari, ma ancor più spesso indirizzate da zie Ignazie che vogliono dire la loro a tutti i costi, le neomamme si convincono che l’allattamento debba procedere per intervalli regolari, anzi, regolarissimi. Ma non è proprio così.
L’allattamento programmato non è così salutare: perché è meglio seguire le esigenze e i ritmi del bambino, piuttosto che intervalli programmati tra le poppate
Il problema di questi ritmi serrati e programmati è che nel momento in cui il bambino inizia a mostrare fame al di fuori dei soliti orari le mamme cominciano a preoccuparsi, e nemmeno poco. “Oddio, mi chiede il seno prima delle due ore: troppo, troppo latte!”. “Cavolo, non ha ancora fame dopo due ore: che faccio, resterà piccolo?”. I pensieri che si susseguono sono innumerevoli ma la maggior parte si inserisce in questi due filoni.
Tuttavia non c’è da preoccuparsi. Anzi. Più che preoccuparsi bisognerebbe entrare in uno stato mentale nel quale si è consapevoli che sono i ritmi del bambino a dettare gli intervalli, e non noi e le nostre regole.
Per capire il perché questa regola degli intervalli regolari tra le poppate sia abbastanza assurda basta pensare ad un fatto. E cioè alla nostra vita da adulti. Non mangiamo ad intervalli regolari, infatti (o almeno non sempre), ma ascoltiamo i segnali del nostro corpo, che sa dirci quando abbiamo bisogno di ricaricarci. Non tanto a pranzo o a cena, che in effetti, per forza di cose, spesso sono ad ore prestabilite; soprattutto con gli spuntini. Non attendiamo, insomma, “due ore al prossimo bicchiere di acqua” o alla prossima merenda, ma ci cibiamo nel momento in cui ne sentiamo la necessità.
Lo stesso vale per il bambino: è il suo corpo a dirgli quando ha bisogno di essere nutrito, e lui è capace di farlo sapere a voi attraverso il suo linguaggio fatto di pianto e di movimenti delle labbra.
Una regola generale, comunque, c’è, ma serve solo a fare rientrare in un dato generico le poppate giornaliere, per capire effettivamente se l’allattamento sta procedendo bene. Questa regola prevede che il bambino si attacchi al seno, nelle 24 ore, dalle 8 alle 12 volte al giorno. Stabilito questo, c’è chi cerca il seno ogni ora, chi ogni tre, chi una volta dopo due ore e una volta dopo un’ora e mezza. Lo stesso vale per la durata della poppata: anche questa varierà in base alle necessità fisiologiche del piccolo.
L’importante è non preoccuparsi. E non pensare a tutti i luoghi comuni sull’allattamento. Ad esempio? Il pensiero secondo il quale allattare dopo più ore significhi avere più latte (perché “il seno si riempie”: su questo argomento oggi si sa moltissimo, come ad esempio il fatto che il latte che il bambino succhia proviene un po’ dall’immagazzinamento, e un po’ dalla produzione simultanea, che avviene proprio nel momento della poppata), oppure quello per cui il bambino che si attacca con molta più frequenza e per poppate più brevi non assuma nutrienti “perché il nostro seno è vuoto”. Il seno non è “vuoto”, ma il suo latte è più concentrato e più grasso, e il bambino lo sente!
Lasciateglielo fare e non preoccupatevi se i ritmi variano. Ascoltate la loro fame e non il ticchettio dell’orologio, sia nel caso in cui allattiate al seno, sia nel caso vostro figlio fosse nutrito con il biberon.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Come pulire la pelle dei bambini da pennarelli, colori &co
Martedì, 30 Maggio 2017 12:53Stimolare la creatività dei bambini è una delle abitudini più belle che potremmo prendere nei confronti dei nostri figli. Incoraggiarli a sperimentare la loro fantasia e le loro capacità (a prescindere dal risultato) è un dono prezioso, con moltissimi benefici.
Ecco perché in casa nostra non mancano mai tutti i materiali possibili e immaginabili, sistemati nel loro spazio dedicato, in modo che i nostri figli possano avere la possibilità di creare ogni volta che ne sentono il richiamo.
L’unico risvolto “negativo” (che poi negativo non è; diciamo che è solo un impiccio) è lo sporco. Non quello in casa, che si pulisce in un attimo. Piuttosto quello sul corpo dei bambini. Le mani, il volto, a volte anche gambe, braccia e pancia! Tutto si riempie di scarabocchi e per pulirli spesso rischiamo di arrossare la cute, sfregando e sfregando come non ci fosse un domani. Tuttavia esistono metodi molto più delicati, e ora ve li sveliamo.
Come pulire la pelle dei bambini da pennarelli, colori &co: i modi delicati per rimuovere le macchie di colore dalla pelle dei nostri figli
La regola generale è quella di non utilizzare spugnette abrasive e di idratare sempre la pelle dopo aver pulito. Spesso, infatti, sfregando molto la cute rischia di seccarsi, oltre che irritarsi; utilizzare un olio specifico per la pelle dei bambini o una crema emolliente è quindi molto indicato per il dopo-pulizia.
Detto questo, il primo strumento che possiamo utilizzare è il classico sapone di Marsiglia. La sua composizione lo rende efficace ma delicato, anche con le macchie più difficili. Tuttavia, piuttosto che sfregare forsennatamente solo in una volta, sarebbe meglio pulire in un primo momento, dopodiché idratare, lasciare riposare un paio d’ore e ricominciare a sfregare, in modo da non irritare troppo.
Potete provare anche con il latte freddo: passatelo sulla pelle macchiata con un dischetto di cotone e strofinate delicatamente finché la macchia non svanirà. Delicato e nutriente per la pelle!
Anche strofinare un limone sulla zona sporca è utile; ma in questo caso bisogna fare molta attenzione che non vi siano ferite o micro-tagli, poiché il limone brucia e rischierebbe di irritare ancora di più la piaga.
Quando però queste macchie non sembrano volere andare via, è necessario ricorrere ad altri metodi. Come ad esempio il peeling con il bicarbonato, da utilizzare soprattutto sulle zone meno delicate, come le mani, le braccia o le gambe. Basta prendere una ciotola e mischiare un po’ di bicarbonato con un goccio di acqua e di olio, creando una pasta da stendere e sfregare poi sulle macchie. Risciacquiamo poi con acqua.
Per le zone più delicate, invece, possiamo utilizzare lo yogurt. In questo caso parliamo di viso, piedi, pancia, schiena, collo... Di nuovo, mescoliamolo con un pochino di bicarbonato: lo yogurt renderà il peeling più delicato ma altrettanto efficace.
I pastelli a cera meritano poi un discorso a parte, perché hanno una consistenza differente da tutti gli altri materiali. Sono, appunto, a cera, e quindi molto oleosi e grassi. Non sembra, ma anche questi possono macchiare la pelle! In questo caso sarà sufficiente imbevere un batuffolo di cotone con un goccio di olio di oliva e strofinarlo sulla zona. In questo, caso, poi, non sarà così necessario idratare la pelle con l’emolliente o l’olio, poiché l’olio di oliva utilizzato farà già il suo dovere.
Detto questo, la raccomandazione è sempre quella di puntare sulla sicurezza, prevenendo al posto di curare. Quando scegliete i pennarelli, i pastelli, le tempere, eccetera, leggete sempre le etichette e assicuratevi che i prodotti siano a marchio CE e atossici e per i bimbi piccoli preferite sempre i pastelli a cera d’api o a olio, più delicati.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Un papà non è un babysitter, è un genitore
Martedì, 30 Maggio 2017 12:47La strada per l’uguaglianza di genere? È ancora molto, molto lunga. Perché se è vero che finalmente il nostro secolo sta rivoluzionando lo standard dei ruoli in famiglia, è altrettanto vero che certi stereotipi faticano a cancellarsi.
Come quello del papà, visto da sempre e per sempre come l’aiutante della mamma, come il babysitter, come colui che aiuta ma che ha un ruolo secondario. Non è così, o perlomeno non dovrebbe essere così.
Un papà non è un babysitter, un genitore: perché ai padri dovrebbe essere riconosciuto un ruolo maggiore rispetto a quanto siamo abituati a pensare
“Il papà aiuta la mamma con i figli”. Una frase che sembra normale, o innocua, ma che nasconde moltissimo. In primis, nasconde l’abitudinaria considerazione che un padre sia semplicemente colui che aiuta la mamma, in secondo piano, con un ruolo secondario.
Ragioniamo: certo, è vero che la mamma ha per forza, fisiologicamente (soprattutto nei primi mesi), una funzione primaria, poiché, soprattutto durante l’allattamento, il bimbo dipende da lei. Ma non appena l’allattamento termina, o non appena si creano i presupposti perché questa dipendenza non sia più così forte (pensiamo a quando i bimbi crescono, o all’adozione, ad esempio), perché rimane la convinzione che il papà sia sempre e comunque un aiuto secondario?
Soprattutto, questo “aiuto” è ancora troppo spesso considerato eccezionale. I papà devono lavorare, tornare a casa tardi, sedersi sul divano. Sono le mamme a fare tutto. È ancora questa l’immagine che abbiamo. Tuttavia, è anche vero che i ruoli si stanno amalgamando, e anche se stiamo effettivamente combattendo per la parità di genere forse è arrivato il momento di accelerare il processo. Perché a pensarci è assurdo, che i padri vengano considerati ancora così poco importanti nella vita di tutti giorni dei nostri bambini.
Lavorare insieme, equamente: dovrebbe essere questa la situazione ideale, no? Oggi l’aiuto che i papà danno alle mamme sembra essere eccezionale, da babysitter, appunto; nel senso che entrano in gioco solo quando la mamma non può.
In realtà bisognerebbe calibrare le cose, anche in base al tempo che mamma e papà passano a casa o al lavoro. È logico che se uno dei due ha un lavoro più flessibile o che copre meno ore (e, sì, spesso sono le mamme) allora sarà lui/lei ad occuparsi di più dei bambini. Ma dato che viviamo in un’epoca nella quale le mamme lavoratrici sono ormai normali (e per fortuna!), perché tocca sempre a loro il ruolo di casalinghe?
Dividersi i compiti e gli orari: ecco, basterebbe questo. La mamma la mattina, il papà la sera. O viceversa. Ma comunque, sarebbe bello che entrambi fossero equamente presenti. E senza eroismo: non è che se un papà si dedica a lavare i piatti, i bambini e a preparare lo zaino è un supereroe. Per caso, una mamma lo è? No. È una mamma. È un genitore. Così come lo è il papà.
L’avevamo visto bene nel video recentemente lanciato da Indesit, riguardante il dividersi le faccende domestiche. E ora lo ribadiamo: non è che un papà è un babysitter, non è che debba occuparsi solo eccezionalmente dei bambini.
Lasciate che si prendano i loro spazi domestici, le loro faccende, aiutandovi e alleggerendo così a vicenda il “peso” genitoriale. Lasciateli essere papà e non babysitter. Né supereroi. Solo genitori. Proprio come lo siamo noi mamme! E riconoscetegli ciò che sono: non sono un aiuto. Sono un genitore. Che è ancora più importante e gratificante!
8 idee di merende di frutta per lo svezzamento
Martedì, 30 Maggio 2017 08:16
Variare è la parola d’ordine quando si parla di alimentazione sana. Lo stesso vale durante lo svezzamento, periodo delicato e bellissimo durante il quale è fondamentale proporre ai bambini piatti e sapori differenti, in modo che si abituino alla varietà e mantengano questa buona abitudine anche crescendo.
A volte però è difficile pensare sempre a qualcosa di nuovo, soprattutto quando si tratta di spuntini e di merenda nello svezzamento. Ma la natura ci offre tantissimi frutti! Sfruttiamoli tutti!
Ecco 8 idee di merende di frutta per lo svezzamento: i piatti a base di frutta per preparare deliziose merende e spuntini ai nostri bambini durante lo slattamento
1) Partiamo con uno smoothie, dalla consistenza perfetta e dal sapore intrigante per i bambini: frulliamo, tutti insieme, mezzo bicchiere di latte di mandorla, una banana a rondelle e una pesca a fette. Se la consistenza sarà troppo liquida aggiungiamo un’altra banana (quindi, se sarà troppo, potremo metterlo in freezer per proporlo un altro giorno), e proponiamolo ai bambini con il cucchiaino.
2) Buonissimo, soprattutto in estate, il gelato alla banana. Che non è per nulla difficile da preparare! Basta mettere in freezer la sera prima due banane tagliate a rondelle (in un sacchetto di plastica per il congelamento) e al momento della merenda sarà sufficiente frullarle, ottenendo un gelato molto cremoso.
3) Una purea di frutta diversa dalle altre è quella banana, ciliegia e burro di mandorle. Tagliate a fette la banana e togliete il nocciolo alle ciliegie, quindi aggiungete un cucchiaio di burro di mandorle (che potete fare anche in casa) e frullate tutto, oppure omogeneizzate utilizzando un cuocipappa.
4) Al posto del burro di mandorle potete poi provare anche il burro di arachidi, ancora più saporito, che piace molto ai bambini.
5) Proponete poi il budino vegetale alla frutta, ad esempio con lamponi. Frullate 100 grammi di lamponi, quindi aggiungete al frullato 200 grammi di latte di mandorla, frullando di nuovo. Unite quindi 1 cucchiaio di amido di mais (o maizena) e uno di agar agar in polvere (una gelatina vegetale). Mettete il composto in un pentolino e scaldatelo fino a portarlo a ebollizione, lasciando poi bollire per tre minuti, quindi versatelo in alcuni stampini e fate riposare in frigorifero per due o tre ore.
6) Come sesta proposta, una preparazione tradizionale, classica e nostalgica (noi la mangiavamo sempre!): la banana schiacciata con biscotti vegetali. Come dice il nome, basta schiacciare una banana insieme a due biscotti vegetali sbriciolati, creando una pappetta deliziosa!
7) Con il cuocipappa, potete poi realizzare una purea dolce di zucca, mela e cannella. Basta cuocere mezza fetta di zucca a tocchetti insieme a una mela a cubetti al vapore per circa venti minuti, frullando poi tutto con un cucchiaino di cannella.
8) Infine, ottimo è lo yogurt vegetale fatto in casa con frutti di bosco. Per farlo, utilizziamo la nostra ricetta dello yogurt di cocco, utilizzando però al posto del latte di cocco quello di mandorle, per un sapore più delicato. A questo, aggiungeremo circa 100 grammi di frutti rossi appena scottati al vapore e frullati, da mescolare o da versare sopra!
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