Disciplinare è un verbo che deriva dal latino e che significa insegnare. È la cultura che ha poi trasformato questa parola facendola rientrare in una sfera più punitiva. Meglio tornare alle origini, capendo bene cosa vuol dire disciplinare e come farlo al meglio senza ricorrere allo spettro della punizione.
La disciplina non significa punizione: tutto quello che c'è da sapere sulle punizioni
Ma allora cosa vuol dire disciplinare? Vuol dire insegnare ai propri figli il comportamento responsabile e l'autocontrollo. Vuol dire insegnargli cosa sono le conseguenze, la responsabilità. Vuol dire incoraggiarli a gestire le proprie emozioni e i propri comportamenti. Significa premiare i figli per i comportamenti appropriati e significa non incoraggiare quelli sbagliati. Significa dare un significato positivo al comportamento, insomma, senza focalizzarsi sui risvolti negativi in maniera punitiva.
E soprattutto disciplinare NON significa mai e non deve significare punizione fisica, corporale o verbale in maniera violenta. Uno schiaffo non risolve, semmai peggiora. Un urlo non calma la situazione, mette solo sterile paura.
Le conseguenze della punizione violenta fisica o verbale? Troppe. Dal danneggiamento del prezioso rapporto genitore-figlio alle ferite fisiche e psicologiche sul bambino; dalla distruzione della dignità, dell'autostima, del senso positivo di identità nel bambino alla mancata occasione di sfruttare il comportamento sbagliato per insegnare davvero qualcosa; dalla tendenza dei bambini a raccontare bugie solo per evitare la punizione alle conseguenze a lungo termine, quelle pericolose come la trasformazione in adolescenti e adulti bulletti, capaci solo di usare la forza, o al contrario pieni di paure nei confronti del mondo.
Se allora la disciplina corrisponde all'insegnamento dei comportamenti accettabili, la soluzione per evitare questo tipo di punizioni (anzi, la migliore alternativa) è sfruttare la capacità intellettuale del bambino, la cui mente nei primi anni assorbe tutto come una spugna: genitori, sfruttate i loro sbagli nella maniera più fertile, e cioè analizzandoli insieme, facendogli capire (anche con autorità) perché sono sbagliati, facendoli ragionare su quale deve essere secondo loro e secondo voi il comportamento da adottare. Insomma, fate da subito capire la differenza tra giusto e sbagliato.
I bambini non hanno infatti questa comprensione del giusto e dello sbagliato. Fino ai tre anni il loro comportamento riflette solo i loro bisogni, quindi non preoccupatevi se dovrete ripetere le cose un milione di volte. Sono troppo piccoli per capire! Successivamente però i loro sbagli sono legati ad altro, ci sono altre ragioni, come ad esempio la frustrazione e le arrabbiature, lo stress (nuova scuola, problemi in famiglia...), la sensazione di non essere ascoltati, quella di non essere abbastanza indipendenti...
Al di là di ogni ragione dovete però tenere a mente che ci sono alternative alla punizione, e che queste alternative devono diventare un'abitudine, in modo da diventare per il bambino qualcosa di vero e concreto.
Innanzitutto piuttosto che punire per un comportamento sbagliato, parlate del comportamento "giusto" che vorreste vedere; chiarite le ragioni per le quali quel comportamento è sbagliato e quelle per cui quell'altro è meglio; non ridete quando sbagliano qualcosa (lo sappiamo, a volte sono buffi...); abbiate routine quotidiane di buoni comportamenti (mangiare tutti insieme a tavola, non guardare la tivù per più di tot, non mangiare schifezze) ma lasciate un giorno nel quale la trasgressione è concessa (sempre nei limiti); evitate di "premiare" con caramelle o altro i comportamenti buoni, che devono al contrario essere considerati normali; e infine, alla giusta età, provate a stendere insieme al bambino le regole di casa, in modo da coinvolgerlo, un'altra occasione per ragionare in maniera leggera sui comportamenti giusti e su quelli sbagliati.