Oggigiorno, complici uno stile di vita stressante, un certo tipo di abitudini alimentari e la ricerca di un figlio in età sempre più prossima ai 40 anni, il numero di coppie che ricorre alla PMA (procreazione medicalmente assistita) è in continua crescita. Una scelta di questo tipo, purtroppo obbligata, non è affatto una passeggiata per chi la intraprende: si tratta spesso di un percorso denso di indagini, controlli e monitoraggi, esami a volte dolorosi, conteggi e calcoli, farmaci da assumere, ormoni, date e orari, appuntamenti, ecografie, visite e prelievi del sangue, costi, pianti e disfatte, insuccessi, delusioni. Per provarci e riprovarci, a volte passando anche attraverso storie di perdite. Dolore e rassegnazione. E poi via, punto e a capo, con nuovi tour di visite, esami, controlli... Finché, un bel giorno, sembra tutto procedere per il meglio. L’impianto è avvenuto, poi si presenta il battito, e nelle settimane successive tutto prosegue per il verso giusto. La gravidanza prosegue, ecco che arrivano le nausee (“Le ho tanto desiderate, e ora che ci sono non lo vorrei proprio...le maledico ed insieme le benedico, bimbo mio!”), cresce la pancia. Emozioni contrastanti, così come accade per tante, tantissime mamme. “Finalmente! Che gioia! Ma ho anche paura...”. E’ proprio così: una delle molte cose che i bambini arrivano per insegnarci è la coesistenza degli opposti, e che nell’armonia e nell’equilibrio tra questi è possibile trovare il benessere.
A tal proposito, mi capita spesso di chiedermi cosa spinge molti medici ginecologi a scegliere di programmare un taglio cesareo per accogliere la nascita di questi bambini. “Gravidanza preziosa” o “bimbo prezioso” sono le risposte che ricevo, a volte unitamente all’età materna. E i bambini concepiti per le vie naturali sono allora forse meno preziosi, se li si lascia nascere con un parto vaginale e non si prospetta per loro un taglio cesareo elettivo? Cosa significa “prezioso”? Chi lo stabilisce? Più prezioso di chi, più prezioso di che cosa?
L’ho scritto sopra: il percorso da attraversare per avere un bambino grazie alla PMA non è facile. Ma è davvero possibile quantificare la preziosità di un essere umano in base alle energie spese per far sì che potesse essere finalmente qui tra noi? E siamo sicuri che optare per un taglio cesareo sia il modo migliore per garantire sicurezza a questa nascita? Perché le modalità del concepimento, in assenza di altri rischi o condizioni che rendono davvero necessario un parto cesareo, dovrebbero rispondere diversamente alla legge per cui un parto vaginale, preferibilmente indisturbato, è la via più sicura e che la natura ha previsto per mamma e bebè? Perché, facendo leva sulla paura delle coppie (sbilanciando dunque quel necessario equilibrio tra gli opposti), si toglie a queste madri la possibilità di scoprire che il loro corpo è in grado di partorire, dopo che le condizioni cliniche hanno già negato loro la possibilità di concepire? A chi giova? Non certo al neonato.
Se il parto cesareo è la modalità che per diversi e magari insondabili motivi una mamma sceglie per sé e per il proprio bambino, o se questo tipo di nascita dovesse rendersi indispensabile in corso d’opera, è un altro paio di maniche. Ma in assenza di condizioni cliniche reali (e la PMA non è una di queste), guardiamoci da chi stabilisce che non saremo in grado di partorire, o che lo faremmo mettendo a repentaglio la vita del nostro “bambino prezioso”. Circondiamoci di persone che credono in noi e che ripongono fiducia nei nostri corpi e nei nostri bambini. E se queste l’hanno fatto fino al momento di parlare delle modalità del parto, è sempre possibile cambiare ginecologo e ostetrica lungo il percorso. Cerchiamo luce, cerchiamo sostegno, cerchiamo comprensione. Tutte noi siamo preziose, tutte noi lo meritiamo.
Ostetrica Eleonora Bernardini
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