Recentemente vi abbiamo parlato di una interessantissima statistica che mostra come il tempo passato a casa sui compiti non significhi per i bambini un successo scolastico assicurato. O meglio: più ore di compiti non significa più apprendimento. E a dimostrarlo è anche la classifica dei migliori sistemi scolastici mondiali, che vede ai primi posti Corea e Finlandia, paesi nei quali le ore di compiti a casa sono davvero molto meno rispetto ad altri stati (come il nostro), stati che tuttavia scendono agli ultimi posti.
Troppi compiti a casa sono per noi onestamente deleteri. Ma cosa succederebbe se si decidesse davvero di eliminarli? Una scuola americana ci ha provato. Questo era il compito quotidiano assegnato agli alunni:
Politica del “niente compiti”: ecco le assegnazioni quotidiane per gli alunni.
- Leggete un libro alla vostra portata (e coinvolgete i vostri genitori)
- Uscite a giocare (e ciò non significa guardare più tivù)
- Cenate con la vostra famiglia (e aiutate ad apparecchiare e a sistemare)
- Fatevi una bella dormita
E questo è il risultato.
L’esempio concreto di una scuola che ha eliminato i compiti a casa: come cambia l’apprendimento quando i compiti vengono sostituiti da lettura e gioco libero
Innanzitutto, c’è da premettere che parliamo naturalmente di scuola elementare. Crescendo è giusto che i ragazzi si impegnino nello studio a casa, sia per apprendere meglio e raggiungere il successo scolastico che si prefiggono, sia per imparare a gestire il proprio tempo e ad affrontare le proprie responsabilità. Un bambino alle elementari, d’altro canto, è ancora piccolo, ha molte attività extrascolastiche, deve giocare (sì, deve!), deve leggere. Insomma, due ore al giorno di compiti dopo la scuola sono davvero troppe.
La pensava allo stesso modo Mark Trifilio, il dirigente scolastico di una scuola elementare, la Orchard School, nel Vermont (USA). Vedeva attorno a sé classi dello stesso anno con quantità differenti di compiti, classi di anni differenti con stesse quantità e altre stranezze dovute alle decisioni dei singoli insegnanti. Così ha iniziato a documentarsi e come noi si è imbattuto in differenti studi che provano che una maggiore quantità di compiti non è correlata con un migliore apprendimento o successo accademico (eccetto per la lettura: quella è l’unica attività davvero producente). Così all’inizio dello scorso anno scolastico durante la riunione di istituto ha fatto una proposta al suo corpo docente.
La proposta era un esperimento: nessuna classe avrebbe più avuto compiti a casa. Gli insegnanti avrebbero semplicemente chiesto agli alunni di leggere ciò che volevano, a casa, da soli o in compagnia di fratelli e genitori (anche in base all’età e al grado di capacità, naturalmente). Favorevoli? Tutti e quaranta gli insegnanti. Sì, tutti e quaranta!
Sul sito internet della scuola ora è quindi spuntata questa pagina, che attraverso le quattro semplici regole che vi abbiamo riportato sopra spiega la politica della scuola.
Dopo sei mesi, qual è il risultato? Per il dirigente, un successone. Gli alunni non sono peggiorati, ma anzi migliorati. E le famiglie, anche quelle che inizialmente storcevano il naso, sono contentissime, poiché i bambini ora hanno più tempo per giocare ed essere creativi, per seguire le loro passioni.
La lettura è uno dei migliori insegnanti: è questo ciò che si è capito. Attraverso essa, infatti, i bambini imparano ciò che sentono di volere imparare (anche perché i libri non sono imposti, ma solo consigliati, e piano piano sono gli alunni stessi a capire di cosa hanno bisogno e cosa davvero vogliono leggere).
Non solo: non essendoci compiti, le insegnanti in classe hanno molto più tempo (senza doverli correggere e senza dovere stare dietro all’ansia dei bambini e dei genitori - si sa, attorno ai compiti c’è sempre quest’ansia che aleggia, no?) e le lezioni sono molto più complete. Ad esempio, due ore di matematica adesso sono realmente due ore. I bambini alla fine della quinta sono quindi preparatissimi per le scuole medie, proprio come i loro colleghi che i compiti continuano normalmente a farli (se non di più).