Focus: l’attenzione, la concentrazione, il mettere a fuoco, l’obiettivo. Focus significa molte cose, ma essenzialmente vuol dire mettere a fuoco qualcosa, concentrarsi su un ben preciso aspetto di qualcosa. Anche in psicoterapia è così.
Il focusing (detto anche “metodo esperienziale”) è infatti una “terapia” (anche se più che terapia potremmo definire mezzo per raggiungere altro) che prevede l’introspezione e la messa a fuoco di certi aspetti della propria persona magari latenti, lasciati sopiti o volutamente ignorati. Soprattutto, ci spinge a concentrarci sul nostro corpo, lavorando sulle sensazioni fisiche.
Ma vediamo meglio insieme di cosa si tratta, per provare ad applicare il focusing anche alla nostra vita quotidiana ottenendo benefici e sicurezze.
Il focusing: la pratica che vuole farci concentrare su noi stessi per scoprire conscio e inconscio attraverso il corpo
La parola “focusing” è strettamente collegata a “consapevolezza”. Perché? Perché spesso, spessissimo non abbiamo consapevolezza di noi stessi. Non fino in fondo.
Negli anni Settanta, quindi, Eugene Gendlin, psicoterapeuta e filosofo, ha ideato questa tecnica psicologica. Grazie al suo lavoro con migliaia di pazienti, Gendlin era arrivato alla conclusione che alcuni di loro possedevano una capacità che permetteva loro di cambiare, migliorare e trovare soluzioni ai loro problemi, a differenza degli altri, più limitati. Questa capacità risiedeva nella capacità di ascoltarsi. Erano cioè “focalizzatori naturali” (natural-focuser).
Il focus naturale avveniva molto semplicemente: se gli altri pazienti, infatti, durante le sedute di psicoterapia raccontavano la propria esperienza e la propria storia semplicemente e in maniera lineare, questi focalizzatori naturali attingevano invece anche dai propri sentimenti, dalle proprie emozioni e, soprattutto, dai propri ricordi fisici, arricchendo i racconti con essi.
Queste sensazioni fisiche (il ricordo corporeo di ciò che provavano nel momento raccontato) si chiama per Gendlin “flat-sense”. Questo flat-sense non è però fine a se stesso: porta infatti ad un nuovo cambiamento corporeo (body-shift) che a sua volta conduce ad un nuovo flat-sense come in un circolo virtuoso.
Questi pazienti “natural-focuser”, tuttavia, erano pochi, e non rappresentavano la totalità dei suoi pazienti. Eugene Gendlin si chiese così se fosse possibile insegnare anche agli altri questo ragionamento, questa tendenza, portando beneficio anche a loro.
Arrivò quindi a ideare il processo del “Focusing”: un metodo di ascolto del proprio corpo e delle proprie sensazioni che può essere sfruttato non solo in psicoterapia, ma in generale nella vita per rilassarti, sbloccare le situazioni, risolvere i problemi, stimolare la creatività e spingersi verso un cambiamento positivo.
Attraverso il focusing, dunque, si può entrare in profondo contatto con se stessi, con la propria fisicità e con la propria mente (di conseguenza), concentrandosi su aspetti che quotidianamente non ascoltiamo, su sensazioni che diamo per scontate e viviamo passivamente. È molto legato al concetto di somatizzazione, come si può capire, ed è per questo che il focusing è estremamente benefico.
Il Focusing ideato da Gendlin prevede sei passi. Ci si può guidare da soli o, come dovrebbe essere, stimolati da uno psicoanalista attraverso parole o immagini. In ogni caso possiamo prendere questi sei passi come spunto per ascoltarci fino in fondo.
CREARE LO SPAZIO
Prima di tutto, è necessario creare uno spazio silenzioso e tranquillo. Meglio essere soli e chiudere gli occhi per qualche minuto senza stimolazioni uditive per entrare in uno stato di rilassamento. Passato qualche minuto, iniziamo ad ascoltare il nostro corpo, interamente e per singola zona: si parte dai piedi e si sale verso le gambe, il sedere, la schiena, le spalle, il collo, la nuca, la testa, gli occhi, il naso… Arrivati al naso è il momento di ascoltare l’aria che respiriamo. Entrando l’aria, entriamo anche noi nel nostro corpo, ascoltando l’interno: i polmoni, il torace che si alza e si abbassa, il petto, lo stomaco…
Ascoltando il nostro corpo riceveremo alcune sensazioni, positive o negative. A questo punto possiamo decidere se tenerle o se spostarle fuori dal luogo in cui avvengono, riponendole da qualche parte più “neutra” (come ad esempio i fianchi).
È in questo momento che possiamo iniziare a farci domande e a ricevere risposte dal corpo: “come sto?”. “Come va la mia vita?”. Il corpo risponderà con alcune sensazioni che starà a noi analizzare, liberandoci e creando lo spazio necessario all’ascolto.
SENSAZIONE SENTITA
Dal nostro corpo, mentre ci focalizziamo, riceveremo varie sensazioni. È ora di selezionarne una e analizzarla, puntando il focus sulla zona del corpo che ci sta parlando, quella che sentiamo maggiormente. Non analizziamo quindi la sensazione, ma solo il punto del corpo specifico che ci arriva più definito. Si definisce la zona del corpo e si lascia indefinita la percezione del problema.
SIMBOLIZZARE
Lasciandoci andare, ascoltiamo ora la nostra mente e catturiamo qualche frase, immagine, gesto o suono che ci suggerisce. Pensiamo a come descriveremmo il problema e ascoltiamo il simbolo che la mente ci dona. Ne sentiremo vari, ma alla fine capiremo quello che combacia con la sensazione, proprio come quando dimentichiamo qualcosa e ripercorriamo le ipotesi, o quando vediamo un volto riconosciuto e non riusciamo per un attimo ad associare un nome. Ciò che si prova troverà una definizione in maniera spontanea.
RISUONARE
Focalizziamoci ora su questa parola, frase, immagine o suono che associamo al problema e verifichiamo se coincide, se combacia. Dobbiamo lasciare, appunto, che risuoni, che venga confermata da un piccolo segnale fisico. Solitamente è una sensazione di rilassamento. Perché proprio come quando ricordiamo ciò che abbiamo dimenticato, il corpo ci comunica sollievo.
DOMANDARE
È a questo punto che possiamo chiedere al nostro corpo più nello specifico cosa ci sia nella sensazione provata. Paura? Disagio? Sgradevolezza? Qualcosa di irrisolto? Inadeguatezza? Possono essere molte le risposte, e quando il corpo la troverà accadrà proprio ciò di cui parlavamo: body shift e flat sense. Il corpo infatti cambierà per un attimo, di nuovo, e porterà ad una nuova sensazione di sollievo nel momento in cui riconosceremo la sensazione. Il corpo, insomma, continua a modificarsi e aggiustarsi dandoci le risposte che cerchiamo.
ACCOGLIERE
L’accoglienza finale è l’obiettivo del focusing: accogliere il cambiamento, accogliere le sensazioni, accogliere il rilassamento. Il tutto, in questo modo, si ridimensiona, il quadro ci appare più chiaro e da questo punto possiamo fare partire il cambiamento positivo.
Se vi interessa approfondire il concetto di Focusing, molto utili sono i libri scritti proprio da Eugene Gendlin: “Focusing, interrogare il corpo per cambiare la psiche” e “Il focusing in psicoterapia - introduzione al metodo esperienziale”.
Giulia Mandrino