La frustrazione è normale: quando un bambino non segue i nostri “no” è legittimo che salga la rabbia. C’è poi chi sa gestirla, richiamando tutta la pazienza di questo mondo, e chi invece sbotta. In ogni caso, la pazienza ad un certo punto può terminare.
Come prendere in mano la situazione? Come fare per cambiare le carte in tavola e far sì che i bambini seguano le regole che impostiamo per il loro bene?
“No”, come far sì che i bambini lo ascoltino: i consigli per far sì che i nostri figli seguano ciò che diciamo senza sfidarci ogni volta
Quando parliamo di “no” non intendiamo il “no” per partito preso. Siamo dell’idea che sia meglio evitare questa parola, soprattutto nei primi anni di vita del bambino, sostituendola invece con altre frasi. Al posto di “non correre”, preferiamo “cammina”; al posto di “non mordere gli altri bambini!”, preferiamo “mordere fa male, usa più gentilezza!”. E così via. Detto questo, qualche “no” qua e là fa di certo bene, e in ogni caso quando diciamo “come far sì che i bambini ascoltino i nostri no” intendiamo dire: “Come far sì che i bambini seguano le nostre regole”. Perché in fin dei conti è questo che vogliamo, no? Che i nostri figli ci ascoltino, e che quando prendiamo una decisione o diamo un ultimatum seguano quanto detto, senza storie e senza sfidarci all’estremo.
Bene. Come fare, quindi, per far sì che i bambini ascoltino i nostri no? Non importa se i bambini hanno due (i terribili due!), tre, sette o dieci anni. Perché se non ci ascoltano, la pazienza ad un certo punto si esaurisce.
Mettiamoci nei panni dei genitori che hanno figli che non ascoltano i no. Significa che quando chiedono “Mangiamo un gelato per pranzo?” e mamma e papà rispondono “No, non si può”, tengono il broncio o addirittura aprono il freezer sfidandoli. Significa che quando mamma o papà dicono “Ora scendi dai giochi che andiamo a casa”, poi passa almeno un’altra mezz’ora. Significa che quando si impostano regole come il “Dobbiamo sempre dire grazie e per favore”, i bambini non le seguono, con impertinenza e aria di sfida, oppure semplicemente con indifferenza.
Innanzitutto, cerchiamo di capire perché i bambini si comportano così. Solitamente, stanno sfidando i genitori, testando i loro limiti e i limiti delle regole, spingendo allo stesso tempo mamma e papà al loro, di limite. Cercano, insomma, di capire fino a dove questo “no” non si spezza. I bambini lo fanno, è normale, chi più chi meno. E lo fanno perché ad un certo punto della loro vita capiscono di poter avere influenza sui genitori.
Quando continuano a comportarsi in questo modo, tuttavia, è perché forse hanno notato che imporsi in questa maniera porta a dei risultati vantaggiosi per loro. In altre parole, se troppe volte i genitori cedono, allora i bambini capiscono che possono avere il potere nelle loro mani. Ecco l’insistenza nel non seguire il “no”. Ecco la loro testardaggine.
Capiamo, quindi, che anche se ci sembra di recitare la parte dei “cattivi”, mettere dei paletti e insistere nel fare rispettare le regole è importantissimo. È un atto d’amore (perché l’educazione è amore) nei loro confronti, anche se ci fa sentire cattivissimi nel momento in cui ci impuntiamo.
Meglio, quindi, esercitare un po’ di autorità nei momenti giusti, bilanciandola comunque con l’empatia. Perché spesso a volte basta l’autorevolezza della nostra decisione per fare capire che il “no” è davvero “no”, mentre a volte questo non è sufficiente.
In quel caso, meglio indagare da dove arriva la non voglia del bambino: se non vuole andare a letto, magari è la paura del buio? Se non vuole scendere dai giochi al parco, è perché a casa lo attende qualcosa di noioso che non ama?
Scendere a compromessi, in questo caso, può essere utile, ma è utile soprattutto il dialogo e lo scambio. Parlare, parlare, parlare: sembra un consiglio troppo semplice e ripetitivo, ma la chiave sta nel 99% dei casi proprio lì!