(Foto credit: Johan Bävman)
Due giorni. Questo è il congedo parentale concesso ai nostri papà dal Jobs Act. Quando la mamma partorisce, i padri possono stare a casa dal lavoro due giorni (più altri due nel periodo successivo, che però vengono sottratti alla madre). E quei due giorni probabilmente sono quelli che la madre e il bambino passano in ospedale. Quindi, diciamocelo: non c’è nemmeno il tempo di godersi la nuova intimità a casa.
Non è così in tutto il mondo. E non è così soprattutto in Svezia, paese nordico nel quale il congedo parentale è dal 1974 uguale per mamma e papà (esempio di parità all’avanguardia) e nel quale i genitori hanno diritto a 480 giorni per stare con i bambini: 90 giorni spettano alla mamma, 90 al papà, mentre gli altri possono essere divisi a piacimento. Sono quindi sempre di più i papà che si prendono questo lusso di stare a casa con i figli, e possono insegnarci moltissimo!
Un bellissimo progetto sui papà svedesi che fa riflettere sul congedo parentale: il fotografo Johan Bävman attraverso le sue immagini ci racconta la paternità in Svezia
Come sono questi papà che decidono di stare a casa con i loro figli per permettere alle mamme svedesi di lavorare? A raccontarlo è Johan Bävman, fotografo svedese che ha deciso di immortalare la bellezza di questa usanza per promuovere l’uguaglianza di genere e spronare i genitori a dividersi il congedo parentale in maniera equa. Perché è vero che la Svezia lo permette, ma sono solo il 14% dei papà che decidono di usufruirne.
Secondo noi diffondere questo bellissimo progetto (che è anche un libro! Potete comprarlo qui) non avrebbe conseguenze positive solo in Svezia: anche nel nostro paese, uno dei peggiori a livello di equità parentale, c’è bisogno di aprire gli occhi!
Johan Bävman ha quindi fotografato in maniera divertente, tenera, esteticamente accattivante e riflessiva la vita di questi papà che scelgono di stare a casa con i propri bambini per almeno sei mesi (un periodo che a noi, poveri italiani, sembra incredibile e dell’altro mondo quando pensiamo ai padri, no?).
(Foto credit: Johan Bävman)
Il suo scopo, il suo obiettivo, è quello di scoprire sul campo cosa abbia spinto questi padri a scegliere di mettere in standby il lavoro a favore delle proprie compagne, rispetto alla tendenza della maggior parte dei loro colleghi. “Cosa ha fatto per loro, questa scelta? Com’è cambiata la loro relazione con la loro partner e con i bambini? E quali erano le loro aspettative prima di compiere questa scelta?”: sono queste le domande che si è posto l’artista.
“Questo progetto ha due obiettivi: il primo è descrivere il background di questo congedo parentale svedese, unico al mondo. Il secondo è ispirare gli altri padri - svedesi ma non solo - a considerare gli effetti positivi di tale sistema”: siamo d’accordo con lui, e guardando le immagini non si può non rimanere prima inteneriti e poi pensierosi. Perché vedere questi padri all’opera fa davvero riflettere.
Si vedono papà che giocano e che si divertono con i bambini, certo. Ma anche padri finalmente a proprio agio con i bimbi in braccio nella fascia. Padri che lavano e cambiano con nonchalance i figli. Padri che passano l’aspirapolvere con il bebè nello zaino, padri che fanno la spesa, padri che si barcamenano tra i pranzi di due bambini, padri che aspirano il muco dal nasino...
(Foto credit: Johan Bävman)
Se la tendenza sarà quella a scegliere sempre di più di sfruttare il congedo parentale paterno, non potremmo essere su una strada più giusta: quella dell’uguaglianza di genere, che non è solo rispetto astratto e supporto psicologico alle donne, ma anche aiuto fisico. Che poi, se ci pensiamo, non è solo un aiuto alle mamme. I papà che scelgono di prendersi la paternità ne beneficiano in maniera incredibile: stare con i bambini non è un peso. È un privilegio. E come tale va pensato.
Passando quei sei mesi con i figli, dividendoseli giustamente con la mamma, i papà avranno finalmente la possibilità di fare esperienza di una relazione profonda con i loro bambini, lontana anni luce da quella retrograda del papà che torna dal lavoro, si siede alla tavola apparecchiata, gioca un paio di minuti e poi scompare.
(Foto credit: Johan Bävman)
Il capofamiglia non esiste più. I capofamiglia sono tutti i suoi membri. Tutti devono avere le stesse possibilità, e non per mero femminismo o per difendere a spada tratta diritti astratti. No. Questi diritti, se finalmente applicati con serietà, vanno a beneficio di tutti. E noi saremo contente quando finalmente prendersi sei mesi dal lavoro per godersi davvero la famiglia e la quotidianità, vedere un papà che fa la spesa con due bambini e conoscere una mamma che torna a casa dal lavoro trovando la cena pronta non saranno più stranezze che fanno sgranare gli occhi.