Il primo figlio lo volevo femmina, assolutamente femmina: sarebbe stata tranquilla, dormito tutta la notte, avremmo fatto shopping insieme e tanta tanta pittura su tela: è arrivato Tommy, ore di sonno consecutive per i primi due anni 3, fino ai sei anni 5 nei giorni migliori; odia lo shopping e prefisce tagliarsi le mani piuttosto che disegnare, un cubo logico-meccanico-matematico come il suo papà, raramente sono di buon umore, sopratutto in vacanza.
Il secondo figlio lo volevo maschio, per formare una degna coppia di cinghialotti: è arrivata Emma, dalle manine sottili, ore di sonno giornaliere 22, quando è stanca va sul divano, si mette il ditino in bocca, tira su la coperta e dorme. Quando non canta disegna. Tutto è una sfumatura, se cade la casa se ne costruirà insieme un'altra.
Ma forse la cosa su cui vengo più presa in giro è la cosidetta questione del rosa: non sono mai stata una bambina/ragazza/donna particolarmente avvezza alle cose femminili, posso uscire in tuta come in decoltè, non mi vengono attacchi di panico se non sono truccata e non ho bisogno dell'ultima borsa di Prada per sentirmi appagata. Il rosa non era contemplato.
Così quando ho scoperto che stava arrivando Emma una delle prime indicazioni che ho detto a tutti, a tappeto, è stata quella di non regalarmi nulla, ma proprio nulla di rosa: mia figlia sarebbe stata una di quelle fantastiche bimbe molto urban style, con jeans e cappotto blu. Avrebbe fatto nuoto, atletica ma di certo non danza, quelle cose da femminucce merletti e balze. Figurati. Mai più.
Poi è arrivata lei, un batuffolo morbido all'inverosimile, delicato, rosa, tutta completamente rosa: ma non quel rosa carne, lei era proprio rosa del colore delle rose antiche. Forse è lì che mi è partito l'embolo. Da quel momento le sfumature delle sue tutine andavano dal rosa, al rosa carne, al lilla, al viola, già il bianco mi urtava un po' perchè mi pareva di tramortire la sua femminilità. Ora lei ha 5 anni e la sua passione è la danza e prima di Natale ho assistito al suo primo spettacolino, con le lacrime agli occhi e immortalando ogni secondo con video, risultando ampiamente ridicola.
Foto Credits: https://www.facebook.com/MADMEDAACCADEMIADANZA/?fref=ts
Ma forse è questo il grande insegnamento dei figli: abbattono le barriere, i preconcetti per farci prendere la giusta via, la verità, per farci toccare l'essenza della vita oltre che di noi stesse. A volte è faticoso, estenuante, talvolta doloroso perchè devi abbattere muri protettivi che avevi costruito per proteggerti e renderti meno vulnerabile. Ci insegnano che l'amore viene prima di tutto, ci obbligano a spogliarci per far venire fuori la parte più vera e autentica, la nostra essenza.
Grazie a lei mi sono ricordata di quanto siano importanti alcune cose che con la quotidianità avevo messo da parte perchè, obiettivamente, tra lavoro, figli, casa e commissioni tutto il resto va nel dimenticatoio: e così ti ritrovi che hai tutto quello per cui potresti essere felice ma non lo sei, e ti senti anche in colpa perchè obiettivamente non hai nulla di cui poterti lamentare. Poi la osservi, la studi da lontano e vedi te stessa, e scopri quanto una musica ascoltata mentre cucini possa fare la differenza, uno smalto fuksia il martedì sera possa dare una notevole svolta alla stanchezza della settimana, e un abbraccio con la tua bimba con bigodini made in china viola e rosa appena messi e forse mai più tolti da tua figlia siano la cosa che avevi sempre desiderato.
Giulia Mandrino