Spesso nonni e nonne sono una presenza costante nella vita quotidiana di nipoti e nipotine. Cucinano, accompagnano, aiutano nei compiti e spesso diventano figure educative a tutti gli effetti. Il loro ruolo è fondamentale, ma proprio per questo può capitare che entrino in conflitto con le scelte educative delle madri e dei padri, in particolare sul fronte dell’alimentazione.

Il cibo, per chi appartiene a generazioni precedenti, è spesso un linguaggio affettivo. Preparare un piatto abbondante o offrire un dolce sono gesti di cura. Ma ciò che per nonne e nonni è una dimostrazione d’amore, per madri e padri può essere una fonte di frustrazione. Dietro ogni biscotto extra, ogni porzione doppia o ogni “oggi facciamo uno strappo” si nasconde un messaggio che mina la coerenza educativa.

È quindi normale: molte mamme e molti papà ritengono che i nonni e le nonne influenzino negativamente l’alimentazione dei bambini e delle bambine, pur senza intenzioni consapevoli. Le differenze non riguardano solo cosa si mangia, ma anche il modo in cui se ne parla.

Frasi che dicono molto (e confondono)

Molte espressioni tipiche dei nonni e delle nonne sembrano innocue, ma hanno un peso educativo notevole. Dire “se non mangi tutto, non cresci” o “una caramella non ha mai fatto male a nessuno” introduce nei piccoli e nelle piccole l’idea che il cibo sia legato al dovere o al premio, non al bisogno. Paragonare i genitori come troppo rigidi o tristi (“tua mamma ti fa mangiare solo verdure”) rafforza alleanze sotterranee che minano l’autorità educativa.

Anche espressioni come “dai, fallo per la nonna” o “ti do un dolce ma non lo diciamo a nessuno” creano una dinamica in cui il cibo diventa uno strumento di complicità, che sfugge al controllo educativo e si lega a segreti o sensi di colpa.

Messaggi contraddittori sull’alimentazione che, trasmessi da figure adulte diverse, aumentano il rischio che bambini e bambine sviluppino un rapporto disturbato con il cibo. La confusione generata può portare a comportamenti disordinati, come abbuffate, rifiuti selettivi o uso del cibo per compensare emozioni.

Conflitti silenziosi, ma risolvibili

Molte madri e molti padri evitano di affrontare direttamente il tema con i nonni e le nonne per rispetto o per evitare tensioni. Spesso si pensa che si tratti solo di piccoli strappi alle regole, destinati a non lasciare traccia. In realtà, il problema non è il singolo biscotto, ma la continuità nel tempo e il messaggio implicito che trasmette.

Il dialogo è l’unica strada efficace. Non serve accusare o vietare, ma spiegare con chiarezza e calma perché si fanno certe scelte: ridurre lo zucchero, limitare gli snack confezionati, mantenere orari regolari. Coinvolgere i nonni e le nonne nella preparazione dei pasti, condividere ricette, proporre alternative che piacciano a tutti può trasformare il conflitto in un’alleanza.

Riconoscere che l’affetto non passa per forza dal cibo è il primo passo. Nonni e nonne possono esprimere il loro amore anche leggendo un libro, raccontando storie, facendo una passeggiata. Il cibo non deve diventare l’unico strumento di relazione.

Quando i limiti sono necessari

In alcuni casi, il compromesso non è sufficiente. Se bambine e bambini soffrono di obesità, allergie, disturbi metabolici o disturbi alimentari, è fondamentale che tutte le figure adulte rispettino con rigore le indicazioni mediche e dietetiche. Offrire alimenti vietati, anche con buone intenzioni, può diventare un gesto pericoloso.

I dati più recenti dell’Istituto superiore di sanità indicano che il 28% delle bambine e dei bambini italiani tra i 6 e i 10 anni è in sovrappeso o obeso. Uno dei fattori più rilevanti è proprio l’ambiente alimentare domestico: se i pasti sono troppo abbondanti, ricchi di zuccheri e grassi o vissuti come premi, il rischio di sviluppare problemi a lungo termine aumenta.

Quando il dialogo non basta, può essere utile coinvolgere figure esterne, come pediatre, dietiste o educatrici alimentari. A volte, una voce autorevole può aiutare nonni e nonne a capire che certe scelte non sono mode del momento, ma necessità educative e sanitarie.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

L’asma è una delle malattie croniche più diffuse tra bambini e bambine. Colpisce circa il 10% della popolazione pediatrica e rappresenta una delle principali cause di assenza da scuola e accesso ai pronto soccorso. Eppure, attorno a questa condizione persistono molti luoghi comuni che rischiano di compromettere la qualità della vita dei piccoli e delle piccole pazienti. La società italiana per le malattie respiratorie infantili (Simri) ha riassunto i 10 principali falsi miti sull’asma infantile in occasione della giornata mondiale dell’asma del 6 maggio.

Molti di questi miti derivano da vecchie credenze o da una conoscenza incompleta della patologia. Altri sono alimentati dalla paura e portano le famiglie a sottovalutare i sintomi o ad adottare comportamenti controproducenti. Riconoscere e correggere queste false convinzioni è un passo necessario per garantire un percorso di cura efficace e una vita attiva, libera e sicura a bambini e bambine.

L’attività fisica non è vietata: è parte della terapia

Uno dei miti più diffusi è che i bambini e le bambine con asma non possano fare sport. Questa idea è sbagliata e potenzialmente dannosa. L’attività fisica non solo è possibile, ma è fortemente raccomandata. Muoversi in modo regolare migliora la capacità respiratoria, rafforza il tono muscolare e aiuta il benessere psicologico. Naturalmente, è importante che il bambino o la bambina segua il piano terapeutico prescritto, che prevede spesso l’uso di farmaci prima dello sforzo, e che l’attività sportiva sia svolta sotto controllo medico.

Secondo la Simri, limitare l’attività fisica per paura di una crisi asmatica è un errore. Con una gestione adeguata, anche chi soffre di asma può praticare sport a livello agonistico. Alcuni atleti olimpici hanno l’asma e raggiungono risultati eccellenti, a dimostrazione che la malattia non deve diventare un ostacolo.

L’asma non sparisce con la crescita

Un altro luogo comune è che l’asma sia solo una fase transitoria dell’infanzia. In realtà, l’asma è una malattia cronica, cioè di lunga durata. In alcuni casi i sintomi possono attenuarsi durante l’adolescenza, ma questo non significa che la patologia sia scomparsa. Il controllo dei sintomi può migliorare, ma la predisposizione rimane. Per questo motivo è essenziale non interrompere le cure autonomamente, anche se il bambino o la bambina sembra stare bene.

Smettere la terapia troppo presto, o senza indicazione medica, può portare a un peggioramento del quadro clinico o a riacutizzazioni improvvise. L’asma non va sottovalutata nemmeno quando i sintomi non sono evidenti. La gestione corretta richiede continuità, monitoraggio e collaborazione tra le famiglie, le pediatre e i pediatri, e le specialiste e gli specialisti del respiro.

Non è solo un problema allergico

Molti pensano che l’asma sia sempre causata da allergie. È vero che esiste un forte legame tra allergie respiratorie e asma, ma non tutti i bambini e le bambine con asma sono allergici o allergiche. Alcuni sviluppano la patologia a causa di infezioni respiratorie ricorrenti, esposizione a inquinanti ambientali o altri fattori non allergici.

Capire l’origine specifica dell’asma è fondamentale per scegliere il trattamento giusto. I test allergologici aiutano a individuare eventuali allergeni scatenanti (come acari, pollini, muffe, peli di animali), ma non devono essere considerati l’unico strumento diagnostico. La valutazione deve essere personalizzata e approfondita, attraverso esami come la spirometria e il monitoraggio dei sintomi nel tempo.

L’asma non va in vacanza

Un errore frequente è interrompere le terapie durante le vacanze o nei periodi in cui i sintomi sembrano assenti. Alcuni genitori e alcune genitrici pensano che, lontani dallo smog cittadino o dalle fonti allergiche abituali, il bambino o la bambina non abbia bisogno dei farmaci. Ma l’asma non scompare con il cambio di ambiente. Anche in villeggiatura, il trattamento deve essere seguito con precisione.

Lo stesso vale per le interruzioni legate a periodi di benessere apparente. Anche quando il respiro sembra normale, l’infiammazione delle vie aeree può essere presente e silenziosa. Sospendere la terapia senza indicazione medica espone a un rischio reale di ricadute. È importante che il piano terapeutico venga condiviso tra le famiglie e le specialiste e gli specialisti, e che sia adattato, se necessario, alle diverse stagioni o ai viaggi.

 

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Bere acqua con limone, soprattutto al mattino, è un'abitudine molto diffusa. Viene spesso descritta come un rimedio miracoloso per migliorare la digestione, rinforzare il sistema immunitario e favorire la perdita di peso. Tuttavia, gran parte delle affermazioni popolari non trova conferma nella letteratura scientifica.

Emily Ho, professoressa di nutrizione e direttrice del Linus Pauling Institute dell'Oregon State University, ha spiegato al New York Times che anche se bere acqua tiepida con limone può essere un modo sano e piacevole per iniziare la giornata, molte delle sue presunte proprietà benefiche non sono supportate da prove solide.

Idratazione: il vero punto di forza

L'idratazione è il principale beneficio dell'acqua con limone. Dopo una notte senza introdurre liquidi, reidratarsi è essenziale per mantenere la temperatura corporea, lubrificare e proteggere le articolazioni, e favorire l'eliminazione delle tossine tramite sudorazione e minzione.

Bere acqua, che sia semplice, con limone o sotto forma di tisana o caffè lungo e leggero, aiuta a migliorare l'aspetto della pelle, il tono dell'umore e la lucidità mentale. Non esiste, quindi, una proprietà esclusiva dell'acqua con limone rispetto ad altre bevande idratanti.

Digestione: quali effetti?

Il corretto apporto di liquidi è fondamentale per il funzionamento dell’apparato digerente. Secondo uno studio condotto in Turchia su oltre 4500 adulti, chi beveva più di otto bicchieri d'acqua al giorno aveva il 29% di rischio in meno di soffrire di stitichezza rispetto a chi ne beveva meno di quattro (European Journal of Clinical Nutrition, 2020). Non esistono però studi diretti che colleghino il consumo di acqua con limone al miglioramento della regolarità intestinale.

C'è qualche evidenza che il succo di limone possa stimolare la secrezione di acido gastrico, aiutando la digestione dei cibi. Una piccola ricerca del 2022 ha osservato che il succo di limone può accelerare il tempo di svuotamento dello stomaco. Tuttavia, Ho anche in questo caso precisa che i risultati provengono da uno studio molto limitato e vanno interpretati con cautela.

Alcuni sostengono che l'acido citrico del limone favorisca la digestione. Questo potrebbe avere un senso per le persone anziane, che tendono a produrre meno acido gastrico con l'età. Ma la quantità di acido citrico presente in un limone è modesta e difficilmente sufficiente a produrre effetti clinici rilevanti.

Sistema immunitario: limone sì, miracoli no

Il limone è ricco di vitamina C, nutriente fondamentale per la funzione immunitaria e per la protezione cellulare. Spremendo metà limone in un bicchiere d'acqua si assume circa un quarto della dose giornaliera raccomandata di vitamina C.

Tuttavia, aumentare l'apporto di vitamina C oltre i livelli consigliati non "potenzia" il sistema immunitario. Una revisione di oltre 60 studi clinici ha dimostrato che dosi elevate di vitamina C non riducono né la frequenza né la durata dei raffreddori comuni (Cochrane Database, 2013).

Joan Salge Blake ha ribadito che, pur essendo importante assumere vitamina C con la dieta, carenze vere sono rare nella popolazione adulta sana. Uno studio del 2023 ha evidenziato che solo circa il 7% degli adulti statunitensi presentava livelli insufficienti di vitamina C (National Health and Nutrition Examination Survey, 2023).

Perdita di peso: realtà o suggestione?

Bere acqua con limone al posto di bevande zuccherate o ad alto contenuto calorico può favorire il controllo del peso corporeo. Come spiega sempre al NYTimes Judy Simon, dietista clinica e docente all'University of Washington Medical Center di Seattle, il vantaggio deriva dalla sostituzione di bevande ipercaloriche, non da un effetto diretto dell'acqua con limone.

Alcune ricerche suggeriscono che gli agrumi possano contribuire a stabilizzare la glicemia e che il consumo regolare di frutta, compresi i limoni, sia associato a un minor rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Va detto però che le evidenze sono ancora deboli e non giustificano l'idea che il limone sia un acceleratore naturale del metabolismo.

Cosa resta: utilità senza esagerazioni

L'acqua con limone resta, al netto delle evidenze, una buona abitudine per iniziare la giornata: idrata, apporta vitamina C e può aiutare a scegliere alternative più salutari rispetto a bevande zuccherate. Non è però una cura miracolosa. Non accelera la perdita di peso in modo autonomo, non previene automaticamente le malattie e non sostituisce una dieta equilibrata. Niente di male, quindi, ma nemmeno miracoli.

Le empanadas sono un piatto tradizionale dell'America Latina, con radici ben salde anche nella cultura spagnola. Il termine deriva dal verbo "empanar", che significa "avvolgere in pane". Furono le prime comunità spagnole a preparare questi fagottini ripieni, ispirandosi probabilmente ai samosa orientali, portati in Europa attraverso i commerci medievali. Con la colonizzazione, le empanadas si diffusero in tutto il continente sudamericano, assumendo forme, dimensioni e farciture diverse a seconda del Paese.

Oggi le empanadas si trovano in versioni molto varie: fritte o al forno, con ripieni di carne, pesce, verdure o formaggi. Nella cucina vegetariana sono un piatto versatile e nutriente. La versione senza carne permette di valorizzare ortaggi, legumi e spezie. Di seguito, quindi, una ricetta base per preparare delle empanadas vegetariane semplici, adatte a chi cerca un piatto completo ed equilibrato, ricco di fibre e vitamine.

Empanadas: la ricetta semplice

 

Dormire bene è fondamentale per la salute fisica e mentale. Eppure molti adulti faticano ad addormentarsi o a mantenere un sonno continuo, soprattutto di questi tempi.

Tutto normalissimo, purtroppo. Diversi fattori, tra cui l'uso eccessivo dei dispositivi elettronici, l'alimentazione inadeguata e la mancanza di una routine serale, possono infatti compromettere la qualità del riposo. Ecco cinque strategie efficaci per migliorare il sonno.​ Per davvero!

Non come il mouth taping (letteralmente "nastrare la bocca"), una pratica che consiste nel chiudere le labbra con un cerotto o un nastro adesivo prima di andare a dormire, con l'obiettivo di favorire la respirazione nasale durante la notte. Negli ultimi anni è diventato popolare anche grazie ai social media, ma è una tecnica che divide il parere di molte professioniste e molti professionisti della salute.

1. Ridurre l'uso dei dispositivi elettronici prima di dormire

L'esposizione alla luce blu emessa da smartphone, tablet e computer può interferire con la produzione di melatonina, l'ormone che regola il ciclo sonno-veglia. È consigliabile dunque spegnere questi dispositivi almeno un'ora prima di coricarsi per favorire l'addormentamento. Meglio un libro cartaceo, insomma.

2. Mantenere una routine serale coerente

Stabilire orari regolari per andare a letto e svegliarsi aiuta a sincronizzare l'orologio biologico. Attività rilassanti come la lettura, la meditazione o un bagno caldo possono segnalare al corpo che è il momento di riposare. Provare per credere.

3. Creare un ambiente favorevole al sonno

Una camera da letto tranquilla, buia e fresca può migliorare significativamente la qualità del sonno. La temperatura ideale si aggira intorno ai 18-20°C. È utile anche utilizzare tende oscuranti e ridurre al minimo i rumori. 

4. Limitare l'assunzione di caffeina e alcol

La caffeina, presente in caffè, tè e alcune bevande analcoliche, può rimanere nel sistema per diverse ore, rendendo difficile addormentarsi. È consigliabile evitarla nel pomeriggio e alla sera. Anche l'alcol, sebbene inizialmente sedativo, può disturbare le fasi profonde del sonno.​

5. Praticare tecniche di rilassamento

Esercizi di respirazione profonda, meditazione o yoga leggero possono aiutare a ridurre lo stress e preparare il corpo al riposo. Il metodo 4-7-8, ad esempio, consiste nell'inspirare per 4 secondi, trattenere il respiro per 7 e espirare per 8: favorisce concretamente il rilassamento.

Il 25 aprile si festeggia la Festa della Liberazione, una giornata molto importante per l’Italia. È un giorno in cui si ricordano tutte le persone che hanno lottato per rendere il nostro Paese libero e democratico. Ma che cosa significa “liberazione”? E da chi siamo stati liberati? Spiegarlo ai bambini e alle bambine è possibile, partendo da parole semplici e da concetti che hanno a che fare con il coraggio, la giustizia e la libertà.

Che cosa succedeva in Italia prima del 25 aprile 1945

Per capire bene il significato del 25 aprile, bisogna fare un piccolo viaggio indietro nel tempo, fino agli anni della Seconda guerra mondiale. In quel periodo, l’Italia era governata da un dittatore, Benito Mussolini, che aveva imposto un sistema chiamato fascismo. Con il fascismo, le persone non potevano esprimere liberamente le proprie idee, i giornali erano controllati, molte leggi erano ingiuste e chi non era d’accordo con il governo veniva spesso arrestato o maltrattato.

Durante la guerra, Mussolini si era alleato con la Germania di Adolf Hitler e il Giappone, e insieme combattevano contro altri Paesi europei, tra cui Francia, Inghilterra e Russia. Quando la situazione peggiorò, molti italiani e italiane capirono che era ora di cambiare.

Chi erano le partigiane e i partigiani

Nel nord Italia, tante persone decisero di non accettare più il fascismo e l’occupazione dei soldati tedeschi. Così nacquero i partigiani e le partigiane, donne e uomini, giovani e meno giovani, che si nascondevano nelle montagne e nei boschi per organizzare la resistenza. Cercavano di ostacolare i soldati, di liberare i paesi e le città, e di proteggere chi era in pericolo, come le famiglie ebree o le persone perseguitate dal regime.

Erano persone comuni: studenti, contadini, operaie, maestre. Avevano ideali forti, come il desiderio di libertà, di giustizia e di pace. Anche se avevano pochi mezzi e rischiavano la vita, continuarono a combattere per mesi, fino a quando arrivò il momento della liberazione.

Cosa accadde il 25 aprile 1945

Il 25 aprile del 1945 fu il giorno in cui le città più importanti del nord Italia, come Milano e Torino, vennero finalmente liberate dai nazisti e dai fascisti. In quelle ore, le partigiane e i partigiani entrarono nelle città, tolsero le bandiere del regime e iniziarono a restituire la libertà alle persone. Mussolini cercò di scappare, ma fu arrestato e poco dopo morì.

Quel giorno segnò la fine della guerra in Italia e la nascita di un nuovo futuro, più libero, più giusto, in cui tutte le persone avrebbero potuto votare, parlare, scrivere e vivere senza paura.

Anche se sono passati tanti anni, ricordare il 25 aprile è importante ancora oggi. Ci aiuta a capire quanto siano preziose la libertà e la democrazia, e quanto siano state difficili da conquistare. Ci ricorda che le ingiustizie possono essere combattute, che le scelte coraggiose fanno la differenza e che ogni persona può contribuire a costruire un mondo migliore.

Il 25 aprile si fanno feste nelle piazze, si ascoltano canzoni della resistenza, si depongono corone di fiori ai monumenti dei caduti, e molte scuole raccontano la storia di quel periodo. È anche un momento per dire grazie a chi ha lottato per la libertà di tutte e tutti noi.

Un genitore che sorveglia ogni passo, anticipa ogni bisogno e impedisce qualsiasi rischio può sembrare amorevole. Ma questa iperprotezione, secondo nuove evidenze scientifiche, può diventare un vero ostacolo per la salute mentale del bambino e della bambina. È quanto emerge da due studi pubblicati su Child Abuse & Neglect e Journal of Affective Disorders, condotti dall’Università di Torino in collaborazione con l’Università Europea di Roma. I risultati, riportati dall’agenzia Ansa, sottolineano che il controllo genitoriale eccessivo rappresenta una forma di trauma relazionale infantile, con effetti neurofisiologici paragonabili a quelli causati da abusi e trascuratezza.

Genitorialità disfunzionale: quando il problema non si vede

Le forme di maltrattamento infantile più gravi, come abusi fisici o abbandono emotivo, sono riconosciute da tempo come traumi in grado di influenzare in profondità lo sviluppo del cervello. Meno considerati, invece, sono gli stili genitoriali disfunzionali più sottili, come il controllo eccessivo.

Questa forma di genitorialità, spiegano le ricercatrici e i ricercatori, si manifesta con un’intrusione continua nella vita del figlio o della figlia, impedendo l’esplorazione dell’ambiente e lo sviluppo di un senso di sé autonomo. L’iperprotezione può apparire come una forma d’amore premuroso, ma in realtà ostacola la crescita dell’autonomia personale, della capacità decisionale e della fiducia in sé.

Rita Ardito, docente del dipartimento di psicologia dell’Università di Torino e coordinatrice del gruppo di ricerca, spiega: “Il controllo eccessivo limita fortemente l’esplorazione dell’ambiente e l’autonomia del bambino, impedendogli di sviluppare fiducia in sé stesso e capacità decisionali. Il nostro gruppo di ricerca è stato tra i primi a livello internazionale a dimostrare con evidenze neuroscientifiche che il controllo genitoriale eccessivo deve essere considerato una forma di trauma relazionale infantile” (fonte: Ansa).

Cosa succede nel cervello dei bambini troppo controllati

Il punto centrale delle due ricerche è che l’impatto del controllo genitoriale eccessivo non è solo psicologico, ma anche neurobiologico. Le analisi, condotte con tecniche di neuroimaging e valutazioni psicometriche, mostrano alterazioni strutturali e funzionali nel cervello dei bambini e delle bambine cresciutɜ con genitori iperprotettivi.

In particolare, sono state osservate modifiche nelle aree cerebrali coinvolte nella regolazione delle emozioni, nella risposta allo stress e nei processi decisionali. Queste alterazioni sono simili a quelle riscontrate in minori vittime di traumi gravi, come violenze o trascuratezza. Si tratta di cambiamenti persistenti, che possono aumentare la vulnerabilità a disturbi d’ansia, depressione e difficoltà relazionali anche in età adulta.

Il rischio non riguarda solo l’infanzia: anche da adolescenti e adulti, chi ha subito un controllo genitoriale costante può sviluppare un basso senso di autoefficacia, paura del giudizio, difficoltà nella regolazione delle emozioni e nella gestione dell’indipendenza. Tutto questo può favorire disturbi del comportamento, ansia sociale, dipendenza affettiva o ritiro relazionale.

Quando l’amore diventa limite

Una madre o un padre che vogliono proteggere il figlio o la figlia da ogni difficoltà possono finire col bloccarne lo sviluppo. Questo avviene, spesso, senza consapevolezza. L’idea di “fare tutto per loro” può sembrare un gesto d’amore, ma in realtà può trasformarsi in una dinamica di controllo che priva bambine e bambini di esperienze essenziali.

Secondo le ricerche dell’Università di Torino, l’autonomia è una competenza che va sviluppata sin dai primi anni di vita. I piccoli hanno bisogno di confrontarsi con frustrazioni, piccole sfide, momenti di noia o incertezza. Solo così costruiscono un’identità autonoma e strumenti per affrontare il mondo. Quando questi momenti vengono costantemente evitati dal genitore o dalla genitrice, si crea una “zona protetta” che però non prepara alla realtà.

Inoltre, l’intrusività dei genitori non si limita alla supervisione costante, ma può includere anche l’interferenza emotiva: scegliere al posto del figlio o della figlia, impedirgli di esprimere rabbia o tristezza, sostituirsi in ogni decisione. Questi comportamenti, anche se motivati dal desiderio di “fare il meglio”, possono essere interiorizzati come messaggi impliciti: non sei capace, non ce la fai da solo, hai bisogno di me per tutto.

Anche nel 2025 è attivo il Bonus nuovi nati, un contributo economico di 1.000 euro previsto dalla legge 30 dicembre 2024. Si tratta di un aiuto una tantum rivolto a madri e padri che accolgono nel nucleo familiare un figlio o una figlia, tramite nascita, adozione o affido preadottivo, a partire da gennaio 2025.

La misura è stata pensata come strumento di sostegno al reddito per le famiglie, con l’obiettivo di incentivare la natalità e contribuire alle spese legate ai primi mesi di vita o ai percorsi di adozione. Il bonus viene riconosciuto per ogni figlio o figlia, quindi in caso di nascite o adozioni multiple è possibile ricevere più contributi, ma occorre presentare una domanda distinta per ciascun minore.

Il pagamento avviene in un’unica soluzione. La gestione è affidata all’Inps, che ha fornito tutte le indicazioni operative nella circolare n. 76 del 14 aprile 2025 e nel messaggio n. 1303 del 16 aprile 2025.

Chi può richiedere il bonus

Il bonus è destinato a genitori con un valore Isee per prestazioni rivolte ai minorenni non superiore a 40.000 euro. Per il calcolo dell’Isee si escludono gli importi ricevuti per l’Assegno unico e universale, quindi chi già beneficia di questa misura può comunque accedere al contributo, se rientra nei limiti previsti.

Possono richiedere il bonus le cittadine e i cittadini italiani, le persone residenti in uno Stato membro dell’Unione europea, oppure chi possiede un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o un permesso unico di lavoro valido per almeno sei mesi.

È necessario che il genitore richiedente sia residente in Italia alla data della domanda e che questa residenza sia presente anche alla data dell’evento (nascita, adozione o affido). In assenza di continuità nella residenza sul territorio italiano, il diritto al bonus decade.

Il contributo non è legato all’occupazione, ma al reddito e alla condizione familiare. Può essere richiesto anche da famiglie monogenitoriali, purché in possesso dei requisiti indicati.

Importo e modalità di erogazione

Il contributo è fisso e pari a 1.000 euro per ogni figlio o figlia nata, adottata o accolta in affidamento preadottivo. Non ci sono fasce differenziate in base all’ISEE: al di sotto dei 40.000 euro si ha diritto all’intero importo. Il bonus è esente da tassazione e non incide sul calcolo di altri benefici o prestazioni sociali.

L’Inps provvede al pagamento una volta verificata la correttezza della domanda e dei documenti. Il termine ordinario per la lavorazione del provvedimento è di 30 giorni, come stabilito dalla legge 241 del 1990. L’importo viene erogato sul conto corrente indicato in fase di domanda, oppure tramite le altre modalità scelte dal richiedente.

Tempi e modalità per presentare la domanda

La domanda deve essere presentata entro 60 giorni dalla data dell’evento: nel caso di nascita, si calcolano 60 giorni dalla data di nascita; nel caso di adozione o affido, dalla data di ingresso del minore in famiglia. Se l’evento si è verificato prima del 17 aprile 2025, la richiesta va fatta entro il 16 giugno 2025. Dopo questa data, il termine di 60 giorni decorre regolarmente dalla data dell’evento.

È possibile inviare la domanda direttamente dal sito dell’Inps, accedendo al servizio online con Spid, carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi. Chi preferisce un supporto può rivolgersi al contact center multicanale dell’Inps oppure a un istituto di patronato, che può trasmettere la domanda per conto del genitore.

Per ogni figlio è necessario compilare e inviare una domanda separata. I dati da inserire riguardano l’identità del richiedente e del minore, la residenza, la situazione economica e il conto sul quale si vuole ricevere il pagamento.

Con un successivo messaggio, l’Inps indicherà anche la data dalla quale sarà possibile utilizzare l’app Inps Mobile per l’invio delle domande, offrendo così un ulteriore canale semplificato. La circolare Inps n. 76 del 14 aprile 2025 riporta in dettaglio i requisiti, le modalità di presentazione, l’importo del contributo, le regole sul pagamento e il trattamento fiscale. È utile consultare il testo completo per chiarire eventuali dubbi o situazioni particolari.

Brady Crandall non sapeva nulla di pannolini. Lavorava nella pubblicità, viveva in Colorado con la moglie e la figlia, e aveva altri progetti per il futuro. Poi, nel 2020, la sua prima figlia è nata con una lesione cerebrale chiamata encefalopatia ipossico-ischemica (Hie), una condizione causata da un'interruzione dell’afflusso di sangue o ossigeno al cervello durante o dopo il parto.

Negli anni successivi, Crandall ha scoperto che il mercato non offriva pannolini adatti a bambine e bambini troppo grandi per i modelli da neonato e troppo piccoli per quelli da adulti. Così ha deciso di risolvere il problema da solo. Ha fondato Youth Crews, un’azienda che produce pannolini di taglie nuove: 9, 10 e 11. Una scelta dettata dal bisogno, ma anche dal rispetto.

Una nuova taglia per chi cresce

I pannolini tradizionali arrivano fino alla taglia 6 o 7. Crandall si è accorto che moltissime famiglie con figli e figlie con disabilità motorie, neuromotorie o dello sviluppo faticano a trovare soluzioni igieniche adatte. Non bastano le mutandine assorbenti o le alternative per adulti: servono prodotti pensati per bambine e bambini che stanno crescendo, ma che hanno ancora bisogno di un supporto quotidiano per l’igiene.

Il team di Youth Crews ha ideato pannolini più grandi, ma progettati con caratteristiche adatte all’età: materiali resistenti, forma anatomica, vestibilità comoda per essere indossati con jeans o pantaloni, senza la necessità di body o tutine da bebè. Anche il packaging è studiato per essere più neutro e rispettoso.

“Vedere la confezione dei nostri pannolini nella sua stanza – ha raccontato Crandall alla rivista online Parents – dà a mia figlia un senso di appartenenza. Non ci sono disegni da neonato. È un prodotto per lei”.

Un progetto familiare e comunitario

Crandall ha realizzato Youth Crews con l’aiuto della moglie, che ha sostenuto il progetto lasciandogli lo spazio per lavorarci. “Lei è il nostro pilastro”, ha detto. Entrambi lavorano anche come caregiver familiari riconosciuti, un’opzione prevista in Colorado che permette ai genitori di essere pagati per l’assistenza al proprio figlio o figlia con disabilità.

Fondamentale è stato anche il supporto di Perry Quinn, un ex collega esperto di start-up, che ha co-fondato l’azienda. Insieme, hanno contattato fornitori, superato ostacoli tecnici (come la modifica dei macchinari per produrre pannolini di dimensioni nuove) e raccolto dati sulla reale necessità del prodotto, dimostrando quanto fosse diffusa la domanda.

Molti produttori inizialmente non volevano modificare le linee di produzione. Solo un’azienda, che stava già aggiornando le proprie macchine, ha accettato di collaborare. Da lì, Youth Crews è diventato realtà.

Più che un pannolino, un segno di dignità

Il valore di un pannolino adatto non è solo pratico. È anche sociale. “Se perdi pipì perché il pannolino non tiene – ha spiegato Crandall –, sporchi la sedia a rotelle. E a scuola non puoi portarti un cambio da neonato”.

La disabilità spesso costringe famiglie e bambine e bambini a compromessi quotidiani, piccoli disagi che si accumulano: parcheggi inaccessibili, marciapiedi sconnessi, prodotti inadatti. Anche trovare un pannolino adatto diventa un ostacolo. Per questo Youth Crews ha scelto un linguaggio visivo e pratico che non infantilizza. “Questi dettagli – dice Crandall – sono importanti. Le microaggressioni quotidiane si sommano. La frustrazione cresce”.

Secondo Parents, che ha raccolto e pubblicato la sua storia, molte famiglie si sono riconosciute nel progetto. Alcune madri hanno raccontato di non trovare una taglia giusta da oltre quindici anni.

Una risposta concreta da parte della comunità

Dal lancio, avvenuto a dicembre 2023, Youth Crews ha già spedito più di 2.300 ordini. Non lavora ancora con le assicurazioni, ma accetta i pagamenti con fondi Fsa e Hsa, i conti sanitari agevolati disponibili negli Stati Uniti. L’azienda sta cercando soluzioni per rendere i pannolini accessibili anche economicamente.

Il progetto continua a evolversi. Crandall e il suo team ascoltano i feedback delle famiglie e stanno valutando se sviluppare altri prodotti per bambini e bambine che hanno superato la fase neonatale ma non possono ancora contare su alternative pensate davvero per loro.

Gli arcobaleni spiegati ai bambini

Mercoledì, 16 Aprile 2025 07:37

Gli arcobaleni affascinano da sempre. Appaiono nel cielo dopo la pioggia e sembrano quasi una magia. I bambini e le bambine li guardano con stupore, fanno domande, cercano di capire. Per rispondere con parole semplici e corrette, è utile conoscere i meccanismi che li creano e qualche consiglio per spiegarli in modo chiaro e adatto all’età.

Che cos’è un arcobaleno: spiegazione semplice

Un arcobaleno si forma quando la luce del Sole incontra delle goccioline d’acqua sospese nell’aria, per esempio dopo un temporale. La luce entra nella goccia, viene “piegata” (rifratta), poi rimbalza all’interno e infine esce di nuovo. Durante questo percorso, la luce si divide nei sette colori principali che la compongono: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto.

Il fenomeno si chiama rifrazione e può essere paragonato a quando la luce passa attraverso un prisma di vetro, come succede in alcuni esperimenti a scuola. La differenza è che, in natura, le gocce d’acqua fanno da minuscoli prismi.

Per una bambina o un bambino piccolo, si può dire così: “Quando piove e poi torna il sole, nell’aria ci sono ancora tante goccioline. La luce del Sole entra in queste gocce, fa un piccolo giro dentro e poi esce, tutta colorata. Così nasce l’arcobaleno.”

Perché i colori sono sempre nello stesso ordine

I colori dell’arcobaleno non cambiano mai ordine perché ogni colore si piega in modo diverso. Il rosso si piega meno, il viola di più. Questo significa che, quando la luce esce dalla goccia, ogni colore prende una direzione precisa. Ecco perché, ogni volta che si vede un arcobaleno, i colori sono disposti sempre nello stesso modo.

Una spiegazione semplice per bambine e bambini: “I colori viaggiano un po’ come in una corsa: ognuno prende una strada diversa quando esce dalla goccia. Alcuni fanno curve più grandi, altri più strette. Per questo si mettono sempre nello stesso ordine.”

E l'ordine è questo: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, viola.

Perché si vede solo in certe condizioni

L’arcobaleno non compare sempre. Serve che ci sia luce del Sole e goccioline d’acqua nell’aria. Inoltre, il Sole deve essere dietro a chi guarda, non davanti. Per questo è più facile vederlo al mattino o nel tardo pomeriggio, quando il Sole è più basso.

Un modo efficace per spiegare questo passaggio a bambine e bambini è usare una torcia e uno spruzzino: si può simulare la pioggia e far vedere come compare l’effetto colorato su uno sfondo scuro, se si guarda dalla parte giusta.

Una frase utile potrebbe essere: “L’arcobaleno ha bisogno di tre cose: il Sole, l’acqua e la posizione giusta per guardarlo. Se il Sole è davanti a te, non lo vedrai. Ma se è dietro e ci sono goccioline nell’aria, può comparire come per magia!”

Come rispondere alle domande curiose

Quando le bambine e i bambini vedono un arcobaleno, fanno molte domande. È utile rispondere in modo onesto ma adatto alla loro età, evitando di semplificare troppo o inventare risposte.

“Posso toccarlo?”
No, non si può toccare perché non è fatto di qualcosa di solido. È luce, un effetto ottico. Se ti avvicini, si sposta con te.

“È come un’illusione: lo vedi, ma non lo puoi afferrare. È luce che balla nell’aria.”

“Dove finisce l’arcobaleno?”
L’arcobaleno non ha un vero punto di fine. È un cerchio (o quasi), ma da terra si vede solo una parte. Dall’aereo, si può vedere anche tutto intero.

“Sembra che finisca in un punto, ma è solo un effetto: in realtà è un cerchio che tu vedi solo a metà.”

“Perché a volte ce ne sono due?”
Quando le goccioline fanno rimbalzare la luce due volte dentro di sé, si forma un secondo arcobaleno. È più debole e ha i colori al contrario.

“Quando le gocce fanno due giri invece di uno, nasce un secondo arcobaleno, più pallido e con i colori all’incontrario.”

Strumenti per aiutare a capire

Per aiutare le bambine e i bambini a comprendere meglio come nasce un arcobaleno, si possono proporre esperienze pratiche e semplici da fare in casa o a scuola. Guardare un vecchio CD o DVD sotto una fonte di luce può essere un modo per osservare la scomposizione della luce nei suoi colori, proprio come accade con un arcobaleno. Anche le bolle di sapone mostrano riflessi colorati simili e possono servire per spiegare il concetto in modo visivo.

Un prisma in plastica o vetro, facilmente reperibile nei kit scientifici per l’infanzia, permette di vedere con chiarezza come la luce bianca si divide nei vari colori. Infine, un esperimento con una bacinella d’acqua e uno specchio può creare un piccolo arcobaleno domestico, offrendo un’occasione per osservare da vicino ciò che succede nel cielo dopo la pioggia.

Sara

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Cecilia

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