L’allattamento programmato non è così salutare

Un’ora, un’ora e mezza, due ore. Di cosa parliamo? Del lasso di tempo tra una poppata e l’altra. O meglio. Del lasso di tempo tra una poppata e l’altra che le mamme sono convinte sia perfetto e invariabile.

Spesso guidate dai primi consigli delle ostetriche, di libri sulla puericultura o da tradizioni familiari, ma ancor più spesso indirizzate da zie Ignazie che vogliono dire la loro a tutti i costi, le neomamme si convincono che l’allattamento debba procedere per intervalli regolari, anzi, regolarissimi. Ma non è proprio così.

L’allattamento programmato non è così salutare: perché è meglio seguire le esigenze e i ritmi del bambino, piuttosto che intervalli programmati tra le poppate

Il problema di questi ritmi serrati e programmati è che nel momento in cui il bambino inizia a mostrare fame al di fuori dei soliti orari le mamme cominciano a preoccuparsi, e nemmeno poco. “Oddio, mi chiede il seno prima delle due ore: troppo, troppo latte!”. “Cavolo, non ha ancora fame dopo due ore: che faccio, resterà piccolo?”. I pensieri che si susseguono sono innumerevoli ma la maggior parte si inserisce in questi due filoni.

Tuttavia non c’è da preoccuparsi. Anzi. Più che preoccuparsi bisognerebbe entrare in uno stato mentale nel quale si è consapevoli che sono i ritmi del bambino a dettare gli intervalli, e non noi e le nostre regole.

Per capire il perché questa regola degli intervalli regolari tra le poppate sia abbastanza assurda basta pensare ad un fatto. E cioè alla nostra vita da adulti. Non mangiamo ad intervalli regolari, infatti (o almeno non sempre), ma ascoltiamo i segnali del nostro corpo, che sa dirci quando abbiamo bisogno di ricaricarci. Non tanto a pranzo o a cena, che in effetti, per forza di cose, spesso sono ad ore prestabilite; soprattutto con gli spuntini. Non attendiamo, insomma, “due ore al prossimo bicchiere di acqua” o alla prossima merenda, ma ci cibiamo nel momento in cui ne sentiamo la necessità.

Lo stesso vale per il bambino: è il suo corpo a dirgli quando ha bisogno di essere nutrito, e lui è capace di farlo sapere a voi attraverso il suo linguaggio fatto di pianto e di movimenti delle labbra.

Una regola generale, comunque, c’è, ma serve solo a fare rientrare in un dato generico le poppate giornaliere, per capire effettivamente se l’allattamento sta procedendo bene. Questa regola prevede che il bambino si attacchi al seno, nelle 24 ore, dalle 8 alle 12 volte al giorno. Stabilito questo, c’è chi cerca il seno ogni ora, chi ogni tre, chi una volta dopo due ore e una volta dopo un’ora e mezza. Lo stesso vale per la durata della poppata: anche questa varierà in base alle necessità fisiologiche del piccolo.

L’importante è non preoccuparsi. E non pensare a tutti i luoghi comuni sull’allattamento. Ad esempio? Il pensiero secondo il quale allattare dopo più ore significhi avere più latte (perché “il seno si riempie”: su questo argomento oggi si sa moltissimo, come ad esempio il fatto che il latte che il bambino succhia proviene un po’ dall’immagazzinamento, e un po’ dalla produzione simultanea, che avviene proprio nel momento della poppata), oppure quello per cui il bambino che si attacca con molta più frequenza e per poppate più brevi non assuma nutrienti “perché il nostro seno è vuoto”. Il seno non è “vuoto”, ma il suo latte è più concentrato e più grasso, e il bambino lo sente!

Lasciateglielo fare e non preoccupatevi se i ritmi variano. Ascoltate la loro fame e non il ticchettio dell’orologio, sia nel caso in cui allattiate al seno, sia nel caso vostro figlio fosse nutrito con il biberon.

 

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Cecilia

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