L’etichetta di un prodotto alimentare è uno strumento importantissimo per conoscere molte sue caratteristiche, fondamentali per la scelta di ciò che acquistiamo. Spesso ci ritroviamo davanti a tantissime indicazioni, alcune delle volte relegate in posizioni scomode per poter essere lette, di difficile comprensione o scritte con caratteri decisamente piccoli.
I migliori oli extravergine di oliva? Impariamo a leggere l'etichetta: come scegliere i migliori oli extravergini leggendo l'etichetta
Cosa leggere nell’etichetta di un olio extravergine di oliva?
Per quanto riguarda l’olio extravergine d’oliva, nell’etichetta del prodotto sono riportate tante informazioni utili ed è importante imparare a leggerla per poter effettuare una scelta corretta e consapevole per un prodotto di qualità. Tra le indicazioni in etichetta, le principali e quelle che possono aiutarci maggiormente a capire che prodotto abbiamo di fronte sono le seguenti:
- informazioni sull’origine
- campagna di raccolta e termine minimo di conservazione
- etichetta nutrizionale
- indicazioni volontarie sull’acidità
- eventuali certificazioni volontarie di prodotto (DOP, IGP, biologico)
- eventuali informazioni di processo: estrazione a freddo
- caratteristiche organolettiche
L’origine dell’olio
L'indicazione di origine deve essere obbligatoriamente inserita nelle etichette degli oli extravergini e vergini. Può essere indicato:
- un unico paese di origine, nel caso sia lo stesso in cui le olive vengono raccolte e trasformate;
- i paesi di origine delle olive e dell’olio (ovvero dove le olive vengono prodotte e trasformate);
- miscela di oli comunitari o non comunitari, nel caso di tratti di blend di oli di origine differente
Gli oli extravergini italiani sono oli la cui qualità superiore è globalmente riconosciuta, sia da un punto di vista chimico (contenuto di antiossidanti, vitamina E) che organolettico (punteggio al panel test). La qualità è indissolubilmente legata ai fattori territoriali, climatici e alla varietà di olive che ritroviamo nel nostro paese. Scegliere un olio italiano è una garanzia di acquisto di un prodotto valido e significa anche sostenere l’economia e i produttori locali.
Campagna di raccolta e termine minimo di conservazione
La campagna di raccolta indica il periodo in cui le olive sono state raccolte e trasformate in olio. Questa indicazione è generalmente riferita a due anni, a cavallo dei quali si conclude la campagna olearia. La raccolta ha infatti inizio a partire da ottobre per le varietà più precoci, ma può iniziare anche a dicembre per quelle più tardive. La molitura e il confezionamento vanno di pari passo con la raccolta e terminano con leggero ritardo rispetto ad essa, entro gennaio o al massimo febbraio dell’anno successivo.
L’olio non ha una vera e propria data di scadenza, perché si tratta di un prodotto stabile, ma un termine minimo di conservazione, indicato con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il ...”. Il termine minimo di conservazione è stabilito dal produttore e può essere superiore o inferiore a quella che era in passato una vera e propria data di scadenza dell’olio, fissata a 18 mesi. Confrontare la campagna di raccolta e il termine minimo di conservazione ci aiuta a capire l’età di un olio e quanto il prodotto sia di qualità. Il danno maggiore che può subire l’olio è l’ossidazione: un olio con una bassa acidità, un buon contenuto di vitamina E e di polifenoli si mantiene meglio nel tempo e gli si può assegnare un termine minimo di conservazione elevato. Per quanto un prodotto sia di eccellente qualità e possa permettersi un termine minimo di conservazione molto lungo, va ricordato che è sempre preferibile scegliere un olio giovane e con un termine di conservazione di almeno 18 mesi: per quanto rallentati dalla presenza di vitamina E e antiossidanti, un olio è inevitabilmente destinato ad ossidarsi.
L’etichetta nutrizionale
L’inserimento dell’etichetta nutrizionale è diventata obbligatoria solo recentemente. Negli oli, tuttavia, le informazioni che possiamo recuperare da essa sono poco utili al fine della scelta di un olio di qualità. Dal punto di vista di calorie e macronutrienti, infatti, tutti gli oli puri, qualsiasi sia la tipologia, sono costituiti da circa il 99.9% di grassi. La percentuale di acido oleico, il grasso monoinsaturo per eccellenza dell’olio di oliva, varia da cultivar a cultivar, ma non è obbligatorio indicarne la percentuale in etichetta. Come per tutti gli altri elementi, è obbligatoria l’indicazione degli acidi grassi saturi, che si attesta generalmente intorno al 15%.
Indicazioni volontarie riguardo l’acidità
Per legge l’olio extravergine di oliva può avere un’acidità libera massima, espressa in percentuale di acido oleico libero, pari allo 0.8%. Per questo motivo non è obbligatorio indicare in etichetta questo valore. Tuttavia, un produttore che vuole valorizzare il proprio prodotto può inserire questa informazione in etichetta a patto che vengano riportati con lo stesso carattere e nella stessa posizione anche l'indice dei perossidi, del tenore in cere e dell'assorbimento nell'ultravioletto. L’informazione sull’acidità non può essere riferita esclusivamente al momento di confezionamento, ma deve essere garantita durante tutto il periodo di vita del prodotto, fino alla sua scadenza.
Certificazioni volontarie di prodotto
Un olio extravergine di oliva può essere volontariamente certificato come:
- DOP (denominazione di origine protetta)
- IGP (identificazione geografica protetta)
- Biologico
Oli DOP e IGP sono oli le cui caratteristiche qualitative sono fortemente legate al territorio di origine delle olive e alla modalità attraverso cui le olive vengono trasformate in olio e vengono, pertanto, certificate da un organismo di controllo. Se nei DOP produzione e lavorazione devono essere svolte in territori ben precisi e stabiliti dal disciplinare di produzione, per gli IGP è sufficiente che anche una sola di queste fasi sia territorialmente determinata. Il disciplinare di produzione descrive anche quali caratteristiche devono possedere le olive con cui si intende produrre l’olio, oltre che le caratteristiche del prodotto finito (colore, odore, sapore, punteggio al panel test, acidità e numero di perossidi).
Questi marchi assicurano maggiore tracciabilità e sicurezza alimentare, oltre che caratteristiche qualitative superiori rispetto ai comuni oli extravergini, perché i disciplinari prevedono nella stragrande maggioranza dei casi standard qualitativi più stringenti. In questo caso l’indicazione di origine dell’olio può essere omessa, perché implicita nel marchio DOP o IGP.
La certificazione biologica, invece, garantisce che un olio:
- viene prodotto senza l’utilizzo di composti chimici, come i pesticidi, o OGM e non ne presenti dunque residui o tracce
- sostiene l’ambiente e la biodiversità, perché non fa uso di pesticidi o fertilizzanti chimici (sono ammessi invece quelli naturali)
- è stato prodotto mediante un impiego sostenibile delle risorse naturali
Estrazione a freddo
Nell’etichetta di un olio è possibile ritrovare la dicitura “estratto/spremuto a freddo” che può essere utilizzata per tutti quegli oli prodotti a temperature inferiori a 27°C. Gli oli estratti a freddo conservano maggiormente i composti bioattivi, i polifenoli, i tocoferoli e i composti aromatici consentendo, quindi, di ottenere un prodotto dalle migliori qualità nutrizionali ed organolettiche.
Caratteristiche organolettiche
Gli attributi positivi emersi nel corso del panel test possono essere indicati volontariamente in etichetta. In particolare un olio può essere definito fruttato, fruttato verde, fruttato maturo, amaro e piccante. A seconda del punteggio ottenuto, ciascun attributo può essere accostato all’aggettivo leggero (<3), medio (3-6) o intenso (>6). Sempre in riferimento alle caratteristiche organolettiche, possiamo ritrovare anche equilibrato, assegnato agli oli in cui il punteggio degli attributi amaro e piccante non si discosta di più di due punti e dolce se amaro e piccante hanno ottenuto un punteggio inferiore a 2.