7 cose da dire ai nostri bimbi al posto di “non piangere”

Il “Non piangere” ci balzerebbe alla bocca sempre come prima opzione. Ma spesso, e siamo certe che lo sapete per esperienza, dà proprio l’effetto contrario, vero? Non solo: spesso il “non piangere” fa scattare nei bambini un disagio ulteriore rispetto a quello che già stanno vivendo. Perché sentire questa frase li fa sentire incompresi, come se mamma e papà intendessero il pianto semplicemente come un capriccio, quando in realtà la maggior parte delle volte un pianto di un bambino non è per niente un capriccio, ma una risposta fisiologica del corpo e della mente nei confronti di una situazione che li fa soffrire, fisicamente o, soprattutto, emozionalmente.

Il pianto, infatti, è esattamente un modo del nostro corpo per esternare un disagio, un sentimento forte. E cercare di fermarlo è controproducente. Pensiamo solo a noi stessi: non stiamo molto meglio dopo un pianto liberatorio? Lo stesso accade nei bambini.

Ecco perché dovremmo cercare di lasciare che lascino scorrere le emozioni, ma soprattutto perché dovremmo tentare di reprimere la nostra (legittima!) voglia di dire “smetti di piangere” per concentrarci invece su un approccio meno aggressivo e, ve lo assicuriamo, più efficace.

7 cose da dire ai nostri bimbi al posto di “non piangere”: perché è giusto che i bambini lascino scorrere le loro lacrime e cosa dire al posto di “smetti di piangere”

Lo vedo che sei proprio arrabbiato/triste/spaventato

Il pianto, come dicevamo, è un modo con il quale il corpo esterna i sentimenti ed è un modo con il quale l’essere umano chiede aiuto. Un pianto, quindi, è quasi sempre una richiesta di qualcosa e fare capire al bambino che comprendiamo bene come si sente in quel momento è il primo passo verso la calma: il bimbo si sentirà più sicuro.

Sono qui con te

La sicurezza non la si raggiunge solo facendo capire che comprendiamo lo stato d’animo ma anche offrendoci, offrendo il nostro aiuto. Facciamo sentire che ci siamo.

Mi dispiace molto che…

Allo stesso modo, mostriamo empatia, facendo capire al bambino che siamo lì con lui, che proviamo anche noi tristezza, arrabbiatura o altre emozioni nei confronti della causa scatenante.

Mostrami dove ti fa male

Non diamo per scontato che la bua non faccia male o sia “finta”. A volte non fa per niente male ma provoca disagio o emozioni forti e anche se non c’è alcun graffio il bambino sta davvero soffrendo, da qualche parte.

Ti ascolto

Il dialogo è sempre molto importante con i bambini e proprio come un pianto liberatorio può aiutare non solo a calmarsi ma a crescere, poiché ogni situazione è potenzialmente un insegnamento per la vita. Parlare di ciò che sta accadendo, di come lo fa sentire e di come si potrebbe affrontare il fatto è davvero efficace e benefico (per tutti).

So che volevi moltissimo quella cosa ma proprio non si può

A volte il pianto è dato dal non ottenere qualcosa che in quel momento si vuole estremamente. Non è giusto mollare sempre la presa concedendo quella cosa solo perché il bimbo sta piangendo. Certo che in quel momento è arrabbiato e prova emozioni che lo scombussolano, ma siamo noi i genitori ed è giusto mostrare che in quel momento no, non si può proprio.

No, ora ho bisogno che tu faccia questo

A volte impuntarsi per partito preso non funziona, anche perché i bambini non capiscono che il “no” provenga da una necessità che noi adulti comprendiamo. Coinvolgiamoli, quindi, e spieghiamo tranquillamente perché in quel momento le loro proteste non porteranno ad una concessione. Inizialmente il pianto forse non cesserà, e nemmeno il broncio, ma pian piano capiranno anche loro che non sono semplici prove di autorità, le nostre, ma che dietro l’educazione c’è sempre un motivo valido.

Giulia Mandrino

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