Quando impariamo a contare, durante gli anni dell'asilo o nei primi a scuola, la cosa più naturale è provare a farlo con le dita. Sembrano lì apposta, piccoli bastoncini per contare che arrivano tondi tondi al dieci!
Li usano in Europa (partendo da pugno chiuso e iniziando ad alzare i pollici), in Medio Oriente (sempre chiudendo i pugni ma iniziando dal mignolo destro), in America (partendo con gli indici); in tutto il mondo, insomma.
Ma non pensate che questo sia un esercizio puerile e da abbandonare non appena si apprendono nuovi metodi per le operazioni: è sbagliatissimo ritenere che sia qualcosa di inutile, o che se il bambino continua a farlo è perché non è capace a farlo in altro modo, è stupido o indietro con il programma!
La risposta alla domanda "fa bene contare con le dita?" è solo una: sì, perché non è solo un esercizio facilitatore, ma un'attività costruttrice di percorsi neurali
Proprio così: contare con le dita è necessario per far sì che si sviluppino moltissime funzioni neurologiche: il legame tra l'uso delle dita e lo sviluppo del senso del numero ha la sua culla proprio nel cervello.
Immaginatele come qualcosa di astratto e concreto allo stesso tempo: per il bambino (ma anche per l'adulto!) le dita sono sempre lì, a portata di mano e di sguardo; e a livello visivo rappresentano benissimo le quantità e le operazioni. Disegnare mentalmente queste attività deve quindi passare necessariamente prima dal disegno concreto sotto al naso.
Un professore di Stanford, Jo Boaler, ha recentemente messo nero su bianco questo suo pensiero (pubblicato sul sito The Atlantic):
"Lasciare che il bambino abbandoni le dita per contare potrebbe stoppare il suo sviluppo matematico. Le dita sono uno degli strumenti visivi più utili che abbiamo, e l'area dedicata ad esse nel nostro cervello è usata moltissimo anche in età adulta. Il bisogno e l'importanza delle dita potrebbero anche essere la ragione per la quale i pianisti e altri musicisti spesso mostrano di avere una comprensione della matematica maggiore rispetto a tutte le persone che non suonano alcuno strumento musicale". (da http://www.theatlantic.com/education/archive/2016/04/why-kids-should-use-their-fingers-in-math-class/478053/)
Gli stessi studi hanno rivelato che anche crescendo quando si conta mentalmente spesso l'area del cervello dedicata al movimento delle dita si attiva, pur non utilizzandole concretamente. Questo perché sono davvero strettamente collegate al senso matematico, e l'impronta rimarrà per tutta la vita. Un po' come una base per tutto il resto.
Per i bambini la matematica spesso è troppo astratta, fatta di segni e operazioni che non rappresentano abbastanza bene la quantità; e quando un problema non riesce, spesso inizia a salire l'ansia, che a sua volta fa sembrare tutto più difficile. In questo modo la matematica non viene fatta propria, non la si capisce fino in fondo, e questo problema lo si porterà fino all'età adulta.
Ricorrere alle dita (come agli esempi più pratici) rende quindi tutto più accessibile, comprensibile e, non ultimo, durevole. Abbandonare le dita non dovrebbe dunque essere contemplato nei programmi: se i bambini sentono di dover passare attraverso esse per avere più solidità di pensiero, lasciateglielo fare!
Sia a casa sia a scuola, chiaramente: più le si usa, più il risultato sarà solido e duraturo.
La redazione di mammapretaporter.it