Le mamme lavoratrici, le mamme in carriera, le mamme che lavorano part-time, le mamme che non si dedicano esclusivamente alla cura della casa: parliamo a loro, oggi. Loro che spesso si sentono ingiustamente in colpa e che invece dovrebbero pensare al bene che stanno facendo per i propri figli. Perché ogni scelta è una scelta corretta, quando si decide se tornare al lavoro o rimanere a casa: basta avere bene in mente i bisogni della propria famiglia (ogni nucleo è diverso dagli altri!), ma anche i propri. Perché stare bene con se stesse ricade positivamente su tutta la famiglia.
Ora arriva un nuovo studio che mette in luce la positività della scelta di tornare al lavoro dopo aver avuto un figlio, rafforzando così nelle mamme lavoratrici la consapevolezza di avere intrapreso la strada giusta.
Mamme lavoratrici, i benefici a lungo termine che ricadono sui figli: lo studio che rivela la positività del lavoro delle mamme sulla salute della famiglia e dei bambini
Non è raro: molte mamme lavoratrici si sentono in colpa. Sentono il peso di aver scelto la carriera accanto al ruolo di madri; sentono una vocetta che dice “Stai sacrificando il tempo con i bambini”; sentono la società che bussa sulle spalle con un ghigno di disapprovazione. Ma tutto questo è assurdo, inutile e deleterio. Sappiate che state comunque facendo il bene dei vostri bambini, e loro lo sanno!
A darci man forte in questa convinzione sulla bontà della scelta di continuare a lavorare dopo essere diventate mamme arriva questo studio condotto da ricercatori della Harvard Business School nel 2015 intitolato “Kids benefit from having a working mom”, e cioè “I bambini traggono benefici dell’avere una mamma lavoratrice”.
“Le donne che hanno avuto mamme che lavoravano fuori casa hanno maggiori probabilità di diventare madri lavoratrici a loro volta, è probabile che abbiano ruoli di responsabilità sul luogo di lavoro e spesso guadagnano maggiormente rispetto a donne le cui madri stavano a casa a tempo pieno, secondo la ricerca condotta da Kathleen McGinn e dai suoi colleghi”: l’introduzione è piuttosto specifica ma fa subito capire il tono e la direzione di questo studio, che mostra come a lungo termine i figli di madri lavoratrici abbiano avuto benefici e possibilità più vantaggiosi rispetto ai figli di casalinghe. E ancora: “Gli uomini cresciuti da mamme lavoratrici sono più propensi a contribuire in casa con le faccende e a passare più tempo ad occuparsi di tutti i membri della famiglia”.
Tutto questo naturalmente non vuole sminuire o additare le mamme casalinghe, che dalla loro hanno il tempo maggiore passato con i bambini, a cui la presenza genitoriale non manca per niente. Vuole solo fare capire alle mamme lavoratici che non c’è alcun bisogno di sentirsi in colpa, perché si sta comunque donando ai nostri figli un sacco di bene, in termini di amore e di possibilità. Ogni scelta ha quindi i suoi lati positivi.
Tornando alla scelta delle mamme lavoratrici, dunque, i ricercatori hanno chiesto al campione di adulti considerati se la propria madre avesse mai lavorato durante la loro infanzia (dopo la nascita e fino ai 14 anni). Non importava “quanto” avesse lavorato: anche solo un mese durante questo periodo di tempo, oppure a tempo pieno, oppure part time, oppure per qualche ora al mese. L’importante era vedere quanto attraverso questo atteggiamento di attitudine al lavoro fuori casa la madre diventasse un modello di riferimento per mostrare ai bambini che le donne possono lavorare sia dentro che fuori casa.
I ricercatori hanno quindi cercato di capire se avere una mamma lavoratrice potesse avere influenzato i ragazzi e gli adulti in svariati ambiti (ad essere inclusi nello studio sono stati circa 13000 donne e 18000 uomini di 24 Paesi): il lavoro, le responsabilità di supervisione nei loro team, il guadagno, il coinvolgimento nelle faccende di casa e il prendersi cura dei membri della propria famiglia.
Ciò che è emerso è che il lavoro fuori casa non ha effetti solo sulle possibilità concrete e di successo dei propri figli. Aiuta anche a combattere la discriminazione di genere. Come si evince dall’introduzione, che accenna al fatto che i figli maschi di mamme lavoratrici sono più propensi ad occuparsi delle faccende di casa, questa scelta è una delle più efficaci per insegnare concretamente e attraverso l’esempio l’inutilità e la barbarie della disuguaglianza. Lo dice la stessa ricercatrice, Kathleen McGinn, secondo la quale “esistono pochissime cose che, al pari dell’essere cresciuti da mamme lavoratrici, abbiano un effetto così chiaro sulla questione dell’uguaglianza di genere”.
Giulia Mandrino