I risvegli notturni dei bambini

“Questo libro vuole aiutarvi a scegliere dove e come dormire serenamente con i vostri figli” scrive Alessandra Bortolotti, autrice del libro “i cuccioli non dormono da soli” edito da Mondadori. Wow, sarebbe fantastico, quante di noi sono devastate dal mancato sonno dei propri bambini?

I risvegli notturni dei bambini: tutto quello i genitori devono sapere sul sonno dei loro figli nei primi anni di vita

 

Ma perché diamine questi non possono dormire nel loro letto pacifici e sereni come DOVREBBE essere? Noi adulti siamo fatti per dormire tutta la notte, non possiamo perdere il sonno, anche perché prendersi cura poi di loro il giorno dopo richiede energia fisica e mentale e senza il sonno è davvero dura, anzi impossibile. E lo è ancor di più quando il giorno dopo bisogna andare a lavoro. Partendo da questo presupposto troviamo sul mercato una quantità di libri incredibile, abbiamo l’imbarazzo della scelta: per alcuni il bambino si deve addormentare in braccio e poi lo si mette nel lettino, per altri sono necessari i metodi forti con l’abbandono del piccolo nel lettino e la certezza che prima o poi si rassegnerà abituandosi a dormire nella sua stanza.

Ma se fosse sbagliato il presupposto? Se non fosse vero il concetto che “un bambino normalmente dorme tutta la notte nella sua stanza nel suo letto?”. Ed è proprio questo il lavoro strepitoso che ci propone la dott.ssa Alessandra Bortolotti, psicologa e autrice di bestseller come “E se poi prende il vizio?” pubblicato dal Leone Verde nella collana Bambino Naturale nel suo nuovo libro, I cuccioli non dormono da soli, edito da Mondadori.

Il bambino “normale” non esiste, il comportamento “normale” non esiste: questa la prima verità da accettare, per cui ogni bambino è fatto a modo suo, ha specifici bisogni tanto quanto noi adulti: eliminare questo concetto del bambino-bambolotto è già un grande passo avanti. “Nella nostra cultura, i bisogni universali dei bambini vengono comunemente visti in quanto abitudini da etichettare come giuste o sbagliate e dunque da reprimere, non come espressioni della natura stessa del bambino.” troviamo spiegato a pag 17 del libro I cuccioli non dormono da soli.

Il secondo punto da scardinare è il concetto che il bambino “debba dormire nel suo letto, nella sua stanza, perché è giusto così”. I bambini non sono adulti in miniatura, sono bambini: hanno quindi delle esigenze e delle caratteristiche fisiologiche specifiche, chiaramente differenti uno dall’altro ma comunque altre rispetto a quelle degli adulti. I cuccioli infatti non sono “neurologicamente” programmati per dormire da soli: nessun mammifero, tranne l’uomo, allontana il proprio cucciolo per dormire. Per millenni anche l’uomo ha sempre dormito con i propri i piccoli, e così lo è ancora nella maggior parte delle culture locali: nei primi anni di vita i piccoli dormono con le loro mamme, sempre e comunque. Se quindi esistono diverse norme culturali che prevedono dove e come il bambino debba dormire, esiste una norma biologica unica per tutti, provata scientificamente, per cui il sonno del bambino fino almeno ai tre anni, prevede generalmente risvegli notturni. Quindi è ormai accettato dalla comunità scientifica internazionale che il sonno del bambino sia caratterizzato da risvegli: e pensate che sono proprio questi risvegli che sembrano essere fondamentali nella prevenzione della Sids (ne parla diffusamente la dott.ssa Bortolotti nel suo libro I cuccioli non dormono da soli).

I risvegli notturni sono da analizzare non solo in termini di fisiologia, quindi a livello neurologico, endocrino e molto altro, ma anche sotto l’aspetto emotivo: “la notte può essere un momento di incertezza, non di tranquillità e di riposo come per gli adulti. Per questo, molti di loro possono avere bisogno delle rassicurazioni e dell’accudimento affettuoso di un adulto: proprio per acquisire fiducia nella notte e imparare gradualmente a riaddormentarsi da soli, senza paura, senza la sensazione di non essere ascoltati o di essere stati abbandonati” ci spiega la dott.ssa Bortolotti nel suo libro. “La nostra cultura - spiega sempre in I cuccioli non dormono da soli- ha sviluppato pregiudizi e aspettative che contrastano profondamente con la realtà. (...) Pretendere che dormano come gli adulti, quando adulti non sono. E a farne maggiormente le spese sono proprio loro,i più piccoli.” Ma i vari metodi, tra cui il famoso metodo Estivill di “fate la nanna” ritengono che siano solo capricci e che sia giusto che il bambino dorma da solo: così la frustrazione provata in quel periodo di addestramento lo farà crescere più indipendente e sicuro di sé. La risposta della dott.ssa Bortolotti è forte: “se proponiamo la frustrazione come metodo educativo, ciò che otterremo probabilmente sarà la rabbia. Capita la stessa cosa con noi: un adulto frustrato dai casi della vita non si sentirà certo più autonomo”.

Quindi, in pratica, dopo aver appurato il fatto che i nostri cuccioli non sono programmati per dormire da soli, noi mamme cosa possiamo fare?

Il primo punto sui vorrei che ci soffermassimo è che, come dice il detto ripreso dal libro I cuccioli non dormono da soli, per crescere un bambino ci vuole un villaggio “Un adulto da solo, invece, può essere messo a dura prova” ammette la dott.ssa Bortolotti. In numerose culture tradizionali la mamma è sostenuta da una rete di donne che si occupano di lei e del piccolo, per cui chiaramente la donna deve sostenere molte meno incombenze e può concedersi del tempo per riposare con il suo bambino anche di giorno oppure da sola, perché è la stessa rete di donne che si occupa anche del bambino, dando momenti di “tregua” alla mamma. Ecco, noi siamo programmati per questo, la natura ci ha creato prevedendo questo modello. Per le fortunate che ne hanno la possibilità, è giusto chiedere l’aiuto e la collaborazione dei famigliari e degli amici per il benessere del proprio bambino e dell’intero nucleo famigliare.

Sappiamo che le cose purtroppo, sopratutto ai tempi nostri vanno diversamente, per cui spesso noi mamme siamo prive sopratutto di una rete di donne che ci supporta, magari il papà non è particolarmente coinvolto nell’accudimento o lavora molto, o ancora, sopratutto in questo periodo di crisi economica, dobbiamo tornare subito a lavoro dopo il parto. Dobbiamo quindi prendere atto del fatto che non possiamo concederci il lusso di essere stravolte il giorno dopo.
Cosa fare allora? Le soluzioni come spiega l’autrice sono davvero tante, ogni famiglia trova la sua soluzione-compromesso che chiaramente può cambiare nel tempo. Ve ne elenco alcune, sempre tratte dal libro “I cuccioli non dormono da soli”

1. Quella più semplice è la condivisione del letto materno, chiaramente con le dovute precauzioni in termini di sicurezza per il bambino. In alcuni casi il papà riuscirà a dormire bene con il piccolo, in altri casi no, quindi si potrà pensare che il papà possa dormire in una stanza diversa, o che talvolta la mamma dorma in una stanza diversa (lo so, qui le resistenze culturali sono forti ma faremo un articolo con la dott.ssa Bortolotti proprio su questo nelle prossime settimane). Io per esempio quando mia figlia (seconda figlia) ha compiuto 8 mesi ho deciso di acquistare un secondo letto matrimoniale che ho messo in camera dei miei bimbi, così dormivo in parte con loro e in parte con il papà che, per esigenze lavorative quindi il fatto di essere sempre in macchina, aveva la necessità di riposare meglio. Nel week end ci davamo il cambio, così io dormivo interamente (o quasi) la notte. Ora che hanno rispettivamente 4 e 6 anni riposano nel loro lettino in camera loro e verso le 6 del mattino vengono generalmente a trovarci e riposano con noi l’ultima ora.

2. Altre volte si acquistano veri e propri lettoni famigliari, quindi da 3 o 4 piazze che consentono di dormire tutti nello stesso letto ma con più spazio. Per alcuni di voi questa affermazione può risultare assurda perché tocca “norme” culturali acquisite fin da piccoli, e scardinarle non è semplice: la cultura è una corazza che ci sostiene e ci contiene, abbatterla è fonte di ansia e di paura perché quando si esce da un confine tracciato e “sicuro” la paura dell’ignoto e delle conseguenze di tale atto invade l’uomo. Bisogna però tener presente che “per i nostri figli la notte è simbolo di assenza, buio, silenzio e mancanza di sicurezza, anche se non viviamo più nelle caverne come i nostri antenati. Per loro non è normale dormire da soli. Il più delle volte non è vero che i bambini non vogliono dormire: piuttosto, non vogliono dormire da soli perché hanno paura”: non è meglio quindi venire incontro, accogliere questo bisogno e dormire tutti insieme invece che alzarsi mille volte a notte mi chiedo?

3. Una soluzione possibile può essere quella di utilizzare un lettino attaccato al letto, anche qui applicando i suggerimenti che trovate nel libro I cuccioli non dormono da soli.

4. Se non possiamo fare a meno che nostro figlio dorma in un’altra stanza differente dalla nostra, poso il fatto che siamo consapevoli di andare contro la fisiologia, dobbiamo accettare il fatto di alzarci più volte durante la notte per andare a rassicurarlo e farlo riaddormentare., consapevoli che per alcuni bambini più “sensibili” di altri questo processo sarà più impegnativo.

5. Utilizzare il metodo Estivill e metodi affini che prevedono di far piangere il bambino finché non si abitui a dormire tutta la notte da sole è sempre e assolutamente sconsigliabile: “nei primi anni di vita i bambini costruiscono la loro memoria affettiva attraverso gli scambi relazionali ed emotivi a cui vanno incontro, e che questi faranno da modello a tutte le loro relazioni future. Trascurare questa dimensione significa rischiare di creare vuoti affettivi con cui fare i conti nel corso dell’intera vita: ne vale davvero la pena?”

Giulia Mandrino, Alessandra Bortolotti

Articolo tratto dal libro I cuccioli non dormono da soli, Mondadori

 

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Sara

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Cecilia

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