Si parla tanto dell’adolescenza, e ci sta: è un periodo così delicato e denso di cambiamenti, tensioni ed emozioni che è giusto parlarne, sfogarsi, analizzare e cercare di navigare insieme in quelle acque difficili. E della preadolescenza ce ne dimentichiamo?
Se gli adolescenti non sono più ragazzini e non sono ancora adulti, i preadolescenti si trovano in un limbo ancora meno definito: non più bambini, non sono ancora teenager. Non sono ancora grandi abbastanza per prendere decisioni, per sentirsi più autonomi, per conoscere a fondo i propri sentimenti, ma non sono nemmeno così piccoli da poter ignorare i cambiamenti del proprio corpo, le emozioni nuove e i sentimenti che impauriscono.
Insomma: per noi sarà difficile, certo, ma nemmeno per loro sarà una passeggiata.
I preadolescenti? Sono confusi quanto noi: come capire quando i nostri figli stanno passando la fase della preadolescenza e come fare per empatizzare meglio
Preadolescenza: che significa? Con questo termine si indica la fase di sviluppo che precede la pubertà, e che sta, solitamente, tra i 10 e i 14 anni. In questo periodo, i ragazzi e le ragazze assistono ad un repentino accrescimento somatico e ad un aumento delle pulsioni sessuali. Ma come si manifesta?
Innanzitutto, per far sì che la preadolescenza non sia un disastro per la famiglia (aiuto, che fatica!), è bene immedesimarsi nei nostri ragazzi: ricordate la fine delle scuole elementari e l’inizio delle medie? Quando tutto era nuovo, quando gli altri ragazzi parlavano di cose di cui mai avevamo sentito parlare e ci sentivamo esclusi? Di quando la “stupidera” caratterizzava noi e i nostri amici? Di quando ogni piccola cosa riguardante il nostro corpo ci faceva sentire a disagio? Di quando le prime vere cotte ci scombussolavano sul serio, profondamente? Ecco, quella è la preadolescenza, e per quanto a noi adulti sembri qualcosa di normale e passeggero, per un ragazzo che ci sta passando è davvero qualcosa di enorme. E oltre a immedesimarci, è bene tenere a mente che i tempi sono cambiati, e che in ogni caso la loro preadolescenza sarà molto diversa dalla nostra.
La preadolescenza, quindi, è quel periodo che dondola tra l’infanzia e l’emancipazione, la dipendenza dai genitori e la voglia di autonomia, il tutto condito dall’insicurezza nei confronti di qualunque cosa ci si trovi di fronte. È quel periodo in cui i nostri bambini sembrano così sicuri di sé da spaventarci, quando in realtà dentro sono super confusi. È quel momento in cui si omologano, si tagliano i capelli come tutti gli altri e vogliono i vestiti più gettonati, mentre dentro combattono per differenziarsi e per capire chi sono.
Come capire, tuttavia, che quella che stanno passando è proprio la fase della preadolescenza? Innanzitutto, lo vedremo dal corpo dei nostri figli che comincia a cambiare. Ma anche e soprattutto dagli atteggiamenti e dai comportamenti. Ogni ragazzo e ogni ragazza è a sé, è chiaro, ma ci sono segnali pressoché uguali per tutti: la scontrosità con i familiari, la voglia di solitudine e di conseguenza il chiudersi in camera, l’abbassamento delle prestazioni a scuola (più per sfida e non voglia), le prime cotte e i primi baci…
Una volta appurato che si tratta di preadolescenza, ciò che dobbiamo tenere presente è che non sarà un periodo facile, proprio come l’adolescenza. E che sarà lungo. Perché i mutamenti che avvengono nei preadolescenti sono graduali ma enormi, a livello psicologico e fisico, con nuove pulsioni, nuovi pensieri e nuove emozioni.
Oltre a questo, in questo periodo i nostri figli cominciano a guardare a sé stessi in autonomia, con una mano tesa al passato e una al futuro, cercando di capire la propria identità slegandola dalla famiglia.
Insicurezza, ansia, paura… Tutto questo li porterà ad esplorare il loro nuovo essere (fisico e mentale) cercando, ogni tanto, rassicurazioni in ciò che erano. Sarà normale, quindi, vedere atteggiamenti di regressione (come voglia di coccole o il ritorno ad abitudini passate) unito a più frequenti atteggiamenti di sfida e di ricerca di sé.
Che fare, quindi? Come sempre, esserci. E anche parlare potrebbe essere utile, ma sappiamo che parlare sarà difficilissimo, perché i nostri figli ci ignoreranno o, più probabile, rifiuteranno il dialogo.
I nostri figli cambiano, e noi dobbiamo un po’ cambiare con loro. Osserviamo, ascoltiamo, facciamo capire che ci siamo. Diamo esempi concreti. Vigiliamo, ma non invadiamo. Lasciamogli un po’ di agio, lasciamo che sbaglino, ma poi interveniamo nel momento del bisogno. E sì, ci saranno anche le trasgressioni. Di nuovo, osserviamo e vigiliamo, interveniamo quando i confini superati sono troppo importanti. Ma capiamo, anche, che fa tutto parte di una ricerca d’identità davvero enorme, paurosa ed emozionante.