Dopo la notizia relativa alle indicazioni svedesi riguardo agli schermi ai minori di due anni, arriva anche la news australiana: il Parlamento di Canberra ha approvato un disegno di legge che vieta l’uso delle piattaforme social ai bambini e agli adolescenti sotto i 16 anni. Il provvedimento, definito tra i più rigidi a livello globale, ha l’obiettivo dichiarato di proteggere i minori da potenziali danni derivanti dall’uso non controllato di queste piattaforme.
I dettagli della legge e le piattaforme coinvolte
La nuova normativa impone ai giganti del settore, come Facebook, Instagram, TikTok e X (precedentemente Twitter), di adottare misure efficaci per impedire l’apertura di account da parte dei minori di 16 anni. A differenza di altre regolamentazioni, l’obbligo non ricadrà sui genitori, ma direttamente sulle piattaforme digitali.
Le sanzioni previste per le aziende che non rispettano la normativa sono particolarmente severe, con multe che possono superare i 30 milioni di dollari. Tuttavia, alcune piattaforme, come WhatsApp e YouTube, sembrano escluse dal divieto per via della loro utilità scolastica. L’elenco definitivo delle piattaforme interessate sarà stabilito dal governo australiano una volta pubblicata la legge.
Il provvedimento ha ricevuto l’approvazione del Senato con 34 voti a favore e 19 contrari. Ora attende un passaggio formale alla Camera dei rappresentanti, dove si prevede una rapida approvazione grazie alla maggioranza detenuta dal governo. Il divieto entrerà in vigore non prima di 12 mesi dall’approvazione definitiva.
Le ragioni dietro il provvedimento
Il primo ministro Anthony Albanese ha sottolineato l’urgenza di affrontare un problema che definisce “globale”. Secondo Albanese, la normativa mira a preservare l’infanzia e l’adolescenza in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia. Le sue dichiarazioni trovano supporto in un recente sondaggio di YouGov, che evidenzia come il 77% degli australiani sostenga il divieto per gli under 16.
Reazioni e critiche
Non mancano però le critiche. Il portavoce di Meta, la società madre di Facebook e Instagram, ha espresso preoccupazione per il processo accelerato che ha portato all’approvazione della legge. Meta ha sottolineato che il settore ha già implementato strumenti per garantire esperienze adatte alle diverse fasce d’età e ha lamentato la scarsa considerazione delle opinioni dei giovani.
Anche Elon Musk si è unito alle critiche, evidenziando potenziali problemi di implementazione. Alcuni esperti, inoltre, mettono in dubbio l’efficacia della legge, sottolineando che restrizioni di questo tipo possono essere facilmente aggirate con strumenti come le reti private virtuali (Vpn), che consentono di mascherare la posizione geografica di un utente.
Il panorama internazionale
Con questa mossa, l’Australia diventa il primo stato a livello globale a introdurre un divieto governativo sui social media per gli under 16. Tuttavia, il dibattito è vivo anche in altre nazioni. Negli Stati Uniti, stati come New York e Florida stanno implementando misure simili, mentre in Europa, la Spagna e la Francia stanno lavorando a progetti di legge che mirano a regolamentare l’accesso ai social per i minori.
La Cina, già dal 2021, ha adottato una delle politiche più restrittive: richiede un documento di identità per accedere alle piattaforme e limita il tempo di utilizzo giornaliero di Douyin (la versione cinese di TikTok) a soli 40 minuti per gli under 14. Inoltre, il tempo di gioco online per bambini e adolescenti è rigidamente controllato.
Verso un modello di tutela globale?
La legge australiana rappresenta un esperimento ambizioso, per alcune persone necessario e per altre controverso, nel tentativo di proteggere le nuove generazioni dai rischi legati all’uso non regolamentato dei social media. Resta da vedere se altri paesi seguiranno l’esempio e come le aziende tecnologiche risponderanno a queste crescenti pressioni normative.