Un bambino che nasce è quanto di più naturale possa esistere. Ogni giorno nel mondo nascono 350000 bambini, e per quanto possa fare paura questa meraviglia della vita è davvero ciò che accomuna tutti gli esseri umani, per quanto diversi siamo. La diversità però è certamente una ricchezza, anche quando si parla di nascita: nel mondo ci sono culture, tradizioni e credenze tutte diverse tra loro, e tutte, ma davvero tutte, interessantissime.
Ecco quindi, dopo la serie di articoli attraverso i quali vi avevamo parlato delle tradizioni legate alla nascita e della maternità nel mondo (in Cile, in Svezia, in India e in Cina, ad esempio), alcune tradizioni legate più strettamente alla gravidanza, un periodo magico che tutte le donne attorno al mondo vivono.
Ciò che differenzia le culture in giro per il mondo sono la lingua, la religione, la filosofia e la visione della vita, e queste differenze si traducono anche in differenti modi di accogliere la vita (tutti molto belli o interessanti).
Come la viviamo noi? Molto tranquillamente, se prendiamo le altre culture del mondo (che poi vedremo). Intendiamo infatti la gravidanza come uno stato fisiologico (la maggior parte delle volte) e cerchiamo di vivere i nove mesi in tranquillità e serenità, mantenendo comunque il più possibile il nostro stile di vita e facendo tutto il possibile per assicurarci una buona salute (nostra e del nascituro), un po’ come accade in Ethiopia, ad esempio. Inoltre, fino a non molto tempo fa si riteneva utile rimanere in casa con il bambino senza mai uscire per almeno un mese, per evitare di esporre i bambini ai germi e al freddo (esattamente come in Colombia).
Questa tranquillità, tuttavia, non è niente se paragonata alle popolazioni che discendono dai Maya, e che ancora vivono in America Centrale: lì, infatti, la tranquillità è portata davvero all’estremo, dal momento che le donne incinte hanno davvero paura di tutto ciò che dall’esterno potrebbe nuocere al bambino (e quindi malattie, stress, ma anche spiriti maligni e cattiveria di chi sta loro attorno). Per questo per tutti i nove mesi cercano di vivere segregate, senza uscire, creando un nido protetto in casa fino alla nascita del piccolo.
Lo stesso discorso vale per alcune popolazioni dell’Asia, che addirittura credono che dal momento che la personalità del bambino secondo loro può essere influenzata dallo stato mentale della madre durante la gravidanza, cercano di far sì che la madre eviti al massimo il sesso, i funerali, scatti d’ira o cambiamenti repentini d’umore e addirittura i pettegolezzi!
Per quanto riguarda il momento del parto, è interessante vedere come in certe zone del mondo ci siano vari modi per alleviare il dolore. In Guatemala, ad esempio, le madri in travaglio bevono della birra nella quale è stata bollita una cipolla rossa, per velocizzare il processo, mentre gli Indiani d’America utilizzano ancora una particolare radice che di dice incoraggi le contrazioni uterine; in Marocco, invece, la pancia delle partorienti viene massaggiata con degli oli essenziali per diminuire il dolore e il fastidio. In India, invece, nulla di tutto questo, ma semplicemente l’abbandono totale al parto: le mamme, infatti, si sciolgono i capelli, si tolgono tutti i gioielli e si struccano, abbandonandosi al dolore e abbracciando la naturalezza del processo.
Subito dopo la nascita, ogni Paese ha le sue abitudini e tradizioni. Come dicevamo, le mamme italiane erano solite non uscire per un mese, ma anche la Cina ha una tradizione simile, poiché anche loro credono che esporsi al freddo significa indebolirsi. E non sembrerà così strano, ad esempio, se paragonato alla credenza degli eschimesi che il bambino debba avere il benvenuto al mondo con una formale stretta di mano, o, addirittura, quella degli abitanti di Bali, che non lasciano che i piedi dei bambini tocchino terra, assolutamente, per 105 giorni.
Interessanti anche le tradizioni di accudimento delle nuove madri: se nel Nord Europa, ad esempio in Islanda e in Olanda, una volta uscite dall’ospedale le mamme hanno un’ostetrica a loro disposizione che per qualche tempo le visita ogni giorno, in Vietnam ad accudire la nuova mamma è la suocera, che si trasferisce per un mese a casa della famiglia, mentre in Indonesia, anche senza una figura di riferimento, le mamme hanno diritto ad un massaggio giornaliero di 90 minuti per mandare via lo stress e prevenire malattie.
A noi l’Ikea piace. Ci piace perché il rapporto qualità prezzo è sempre ottimo, il design nordico ci fa impazzire e i materiali sono spesso naturali, caratteristica montessoriana da non sottovalutare. In casa abbiamo quindi molti giocattoli Ikea, che ci piace sfruttare declinandoli in vari modi; ma non solo: spesso compriamo anche dei materiali che apparentemente di ludico non hanno nulla, ma che con un po’ di fantasia si trasformano facilmente in attività da fare insieme ai nostri figli!
Proprio come queste all’aperto!
Iniziamo dal reparto cartoleria, che da qualche tempo è sempre più folto e al quale non resistiamo. L’ultima volta abbiamo comprato queste fantastiche etichette colorate. Sarebbero per i regali, naturalmente, ma il gancio ci sembrava molto comodo, e in effetti così è stato, e una volta a casa le abbiamo utilizzate per una caccia alla pianta. Ovvero, una caccia al tesoro per scoprire le piante, le piante grasse e i fiori che abbiamo in giardino, identificandoli sui libri (noi abbiamo usato questo per le piante grasse e questo per il resto) e scrivendone poi il nome sull’etichetta. Il risultato è stata un’esplosione di colore in giardino! Molto, molto divertente.
Sempre nel reparto cancelleria, non manchiamo mai di comprare dei set di quaderni dalle copertine naturali. Sono infatti perfetti come sketchbook sui quali i nostri bimbi nelle giornate all’aperto possono abbozzare i loro disegni en plein air!
I gessetti: immancabili, nelle nostre giornate fuori. Non solo perché sono perfetti per disegnare sui marciapiedi (sono fatti apposta per scomparire con la pioggia o un po’ d’acqua), ma perché i nostri figli si divertono anche a prendere i rami caduti a terra e a colorarli di mille tonalità, portandoli poi in casa come decorazione!
Facciamo un altro po’ di giardinaggio, ma stavolta con l’iconica borsa blu dell’Ikea: basta riempire insieme ai bambini la borsa di terra e scegliere i semini da piantare insieme. Tenetela in un angolo del giardino come se fosse un progetto dei bimbi, che si divertiranno a dare da bere alla loro borsa e a vedere cosa spunterà!
Solitamente, il cestino con i prodotti della spesa peluche è un gioco al quale giochiamo in casa, con i bimbi che fanno la spesa o che vendono i prodotti a noi adulti (sì, vendendoli a prezzi esorbitanti naturalmente). Gli ortaggi e gil alimenti morbidi sono perfetti però anche di fuori, per organizzare una caccia al tesoro tutta alimentare! Noi li nascondiamo negli angoli più reconditi del giardino e i bimbi si divertono a trovarli.
E avete mai provato a cucinare per finta con la terra, i fiori, i sassi e l’acqua? Portate fuori il vostro set giocattolo per cucinare dolci e lasciate che i bimbi cucinino i loro pastrocchi con tutto ciò che trovano, senza limitare la fantasia! Giocare con la terra per loro è molto importante, poiché attraverso essa scoprono il mondo, e imitare giocando l’adulto che cucina è altrettanto educativo.
I giochi di classificazione non dovrebbero mai mancare tra le attività proposte ai bambini, soprattutto all’esterno, perché classificare e catalogare è un modo sia di stimolare la manualità (raccogliendo gli elementi) sia la mente. In giardino, ma anche al mare, ci portiamo sempre lo stampino per muffin dell’Ikea, che ha ben 12 cavità perfette per dividere gli elementi naturali in gruppi. Sassi, fiori, foglie, fili d’erba... Possiamo classificarli per grandi differenze oppure per piccole, come per colore, anche in base all’età del bambino.
Infine, per lo stesso motivo, ci piace utilizzare i misurini da cucina: i bambini possono inviare a dividere, ad esempio, i sassi per grandi, piccoli e piccolissimi, oppure iniziare addirittura a prendere confidenza con le misure, vedendo la differenza tra 1 ml, 15 ml o 1 dl, utilizzando l’acqua dei torrenti o i mucchietti di terra.
Finalmente, la bella stagione è arrivata, effettivamente con un po’ di irruenza, siamo passati dalla felpa in pile alla manica di camicia in meno di quattro giorni, ma tant’è, come dico io “le quattro stagioni non esistono più se non sulla pizza”.
Ci accorgiamo del cambiamento da molte cose: le giornate che si allungano, la voglia di zuppa calda che si trasforma in voglia di insalata e frullati, l’abbigliamento che si alleggerisce nei materiali e nei colori, nei pollini che svolazzando ci opacizzano con uno stato di lanetta il parquet di casa e da tutto quello che trasmette la tv.
Agli inizi di aprile il palinsesto della televisione inizia a ridursi all’osso, le serie tv finiscono quasi tutte e iniziano a riproporci dei film vecchi e stravecchi, le repliche delle repliche, robe che sfiorano le pellicole mute, tutto perché inizia la stagione estive e la nuova programmazione riprenderà praticamente ai primi di novembre così, se ti fai due conti, vedi sette / otto puntate di una serie tv e te ne spari ottocentonovantaquattro di repliche……
Nei giardini i colori cambiano e si intensificano, complici le piogge primaverili e le miti temperature quando il sole torna a fare capolino, i prati si rinvigoriscono e si punteggiano di margherite e violette, l’erba diventa di un verde intenso, i germogli sulle piante che danno un senso di rinnovamento magia e nuova vita, gli alberi che fioriscono in mille colori, gli uccelli che hanno un gran da fare tra cinguettii e nidi in costruzione, le lucertole si scaldano ai primi intensi raggi del sole e noi, e noi carichi di voglia di uscire dalle nostre case, la sensazione di mettere sotto naftalina i piumoni e tirare fuori le ghiacchette leggere ci imbattiamo col cambio dell’armadio… dio ti prego fammi morire prima il cambio dell’armadio… nooooo….
Tutto cambia, lo sentiamo dentro, abbiamo voglia di tutto, dopo mesi a poltrire sul divano abbiamo voglia di uscire, evadere, godere delle ore in più di luce delle belle giornate, del sole che ci scalda le ossa e toglie la muffa dalle ascelle, ci viene voglia di tutto appunto, ma quante cose poi riusciamo realmente a farle?...
Cambiamenti appunto, anche gli spot pubblicitari cambiano, seguono le stagioni e le nostre esigenze, fino a poco fa spopolava l’aspirina, lo sciroppo per la tosse e le zuppe pronte, i cioccolatini in ogni loro variante e giocattoli per i bambini nel periodo natalizio, ora?... ora ti propongono l’acqua che elimina l’acqua, i bifidus in ogni forma per il ventre piatto, le tisane snellenti, le creme dimagranti, le pasticche miracolose anti ciccia e una serie infinita (importata dall’America) di attrezzi ginnici che villantano addominali che, diciamocelo, manco Schwarzenegger quando si faceva le flebo di uova crude…
E io che guardo sono sinceramente un po' incuriosita, nel mio profondo so che mi stanno bellamente coglionando, ma quanto mi piacerebbe che una bustina due volte al giorno mi facesse perdere dieci chili in tempo per l’estate mangiando “alla qualunque”, quanto vorrei che quell’attrezzo ginnico a metà tra una bicicletta per bambini ed un asse da stiro mi facesse venire (se non quel tipo di addominali) quantomeno un culo sferico come un mandolino… e non il mio culo sferico tipo mongolfiera. Come mi piacerebbe avere la certezza che se mi imburrassi una volta al dì con una bustina di quella crema e andassi a dormire, come dice lo spot, agendo di notte, al mio risveglio la cellulite fosse solo un ricordo, un miraggio, troverei anche la costanza per spalmarmi due volte al giorno.
E’ che io ci provo ma sono pigra e scostante, mi ci metto, mi impegno ma poi la spesa non vale l’impresa, cioè tanti sforzi per poi avere dei risultati che forse pure io stento a vedere. E poi diciamocelo ci sono due punti cardine per cui io odio andare a correre (una delle attività ad esempio che maggiormente odio): il primo è che correre mi fa fare una fatica ladra, non mi godo il panorama, vado di fretta per andare dove poi? Senza una meta, sapendo che corro ma non devo andare da nessuna parte, per me non ha senso. Il secondo è che al minimo accenno di sport mi viene quella fame chimica che se per sbaglio ho bruciato sette calorie me ne ingollo trecento di schifezze cercandomi di convincermi che me le merito dopo lo sforzo che ho fatto per attivare il metabolismo.
Quindi io, credo come altri, vorrei la minima spesa e la massima resa, meno sforzo e grandi risultati, so già che non è possibile, so che la fatica per il raggiungimento di una forma fisica è la parte bella, quella che ti sprona a continuare, bla bla bla… ma se poi i risultati sono deludenti o comunque non quelli che vorresti, se non assomigliano all’idea che ti eri fatta della forma fisica che avresti voluto raggiungere? Ti butti su un vasetto di cioccolata o sulle patatine fritte e così anche la tisana più detox della terra nulla può!
La realtà è che quando ho mezzora di tempo tutti mi viene in mente di fare, tranne che infilarmi le tennis e farmi una corsetta, il secondo problema è che amo cucinare oltre che mangiare (una combinazione davvero deleteria ed esplosiva), è che io cerco di avere in casa solo prodotti senza zuccheri grassi leggeri e dietetici ma vivaddio mio marito quelle rare volte che viene con me a fare la spesa mi riempie il carrello di schifezze che poi lui puntualmente sa dosare nella giornata e delle quali io invece di nutrirei tre pasti al giorno, che è vero che mangiare tanta frutta e verdura fa bene, ma se ti centrifughi una mela una pera due gambine di sedano una carota un pezzetto di zenzero e ci abbini una fettina di torta alle carote manco ti sfiora l’idea che anche tutta sta roba sana da qualche parte dovrà pur finire??!!
Poi più sono pigra e più mi impigrisco, più mi impigrisco più nella mia testa vorrei reagire ma il fisico ha un rifiuto, è come se mi dicesse “no guarda io non sono fatto per fare sport, mandaci lo spirito a correre che io resto qui stravaccato sul divano”.
E poi c’è la questione dieta, ti metti in mente di dimagrire e già parti col piede sbagliato… “da lunedì inizio” peccato che è martedì e che hai ancora una settimana per sederti a tavola come Obelix e sfondarti come “non ci fosse un domani”, perché si sa, la dieta si inizia sempre e solo di lunedì. E già il lunedì a pranzo stabilisci che data la fame che stai patendo ti concederai un giorno libero alla settimana: niente di più sbagliato. A parte il fatto che sarà un’attesa continua aspettando il giorno libero per poter “sgarrare” ma presto, ben presto, appena il lunedì mattina ti pesi, ti accorgi che quel giorno libero hai dato davvero il tutto per tutto, che nemmeno un pasto libero sarebbe bene, riusciresti a fagogitare pizza con cioccolato e panna montata per colazione, l’unica è un cibo di sgarro alla settimana in dosi modeste.
Proviamoci, tentiamoci, crediamoci, poi ci risentiamo tra un mesetto circa e vediamo com’è andata sta menata della primavera, del risveglio e della voglia di rinnovamento… Io mi candido per la prossima Isola dei Famosi, tanto visto il tenore dei partecipanti, sconosciuti per la maggior parte, chi cazzo si accorge che io lì sono fuori luogo, poi non interferisco troppo, mi faccio i fatti miei e tra un bagno e una pennica al sole spero di riuscire a raggiungere un certo peso forma, a meno che non mi mangi prima qualche concorrente…
Velocità, aggiornamento, essere sul pezzo, avere le scarpe di ultimo grido, tenere in mano lo smartphone più performante, postare sui social la vita “bella”, avere un lavoro appagante, ricco e figo, tenere la casa sempre impeccabile... Una piccola lista delle cose che il mondo oggi vorrebbe che noi avessimo. Tutti. Senza distinzione. Ma siamo sicuri che l’avere tutto questo sia poi sinonimo di vita felice? O perlomeno di serenità d’animo?
Nessuno lo nega: un lavoro appagante fa felici. Il frigo pieno fa felici. La casa in ordine fa felici. I figli perfetti fanno felici. Ma, ammettiamolo, è difficilissimo avere tutto questo contemporaneamente. Ed è difficilissimo raggiungere questa apparente perfezione. La strada, quindi, è tortuosa, e spesso a pagarne il prezzo è la nostra serenità. Perché tutto questo scintillare nasconde in realtà qualcosa di brutto: lo stress.
Lo stress non è dato solo dalla frenesia della vita. Anzi. Quella è normale, e a volte basta accettarla per sentirsi meglio con se stessi, vivendo le “cose da fare” più serenamente. No, lo stress non è dato da quello (o perlomeno non solo da quello), ma dal rincorrere sempre ciò che non ci appartiene, e dal rincorrerlo con gli occhi girati verso chi ci guarda, con il pensiero sempre fisso su ciò che loro vorrebbero, e non a ciò che vogliamo realmente noi.
E allora perché dobbiamo sentirci in colpa se in realtà ci sentiamo bene quando facciamo poco? Quando rallentiamo? Quando ci rilassiamo nella pace e nella quiete della nostra (forse disordinata) casa? Quando preferiamo stare a casa con i nostri figli e il cellulare spento piuttosto che presenziare al party aziendale in quel posto super chic? Quando sentiamo di non voler “rendere il mondo migliore facendo della nostra vita qualcosa di grande” ma di voler rendere la nostra vita migliore restando nel nostro piccolo?
Restare nel proprio piccolo non è un peccato. In un mondo caotico, rumoroso, che vuole che puntiamo all’eccellenza o a nulla, perché non accontentarsi invece della via di mezzo? Eccellere non è una brutta cosa, anzi; ma chi l’ha detto che è obbligatorio?
La serenità la si trova anche nel proprio piccolo, e ciò non significa rinunciare, mollare o essere egoisti. Non si rinuncia a nulla perché in realtà si sta solo rinunciando allo stress provocato da qualcosa che non ci appartiene; non si sta mollando perché in realtà non è qualcosa che siamo obbligati a perseguire, ma solo un plus; e non si è egoisti, perché non volere eccellere non significa non essere buoni. Siamo buoni lo stesso, nella nostra dimensione, e state certi che sapremo dare felicità anche senza sbandierarlo, no?
C’è chi è adatto all’eccellenza, chi riesce a fare tutto. E chi tra le pareti di casa sua, con la sua famiglia e la sua vita mediocre ci sta da Dio. Non è forse meglio accettare quello che ci appartiene, piuttosto che perseguire ciò che ci metterebbe in difficoltà?
I nostri figli solo in questo modo vivranno serenamente. Perché certo che vogliamo anche per loro il meglio, ma solo accettando la nostra dimensione diventeremo genitori in grado di capire quando spronarli e quando tirarci indietro (perché magari li stiamo incoraggiando a fare qualcosa solo perché proiettiamo su di loro nostri sogni e desideri). E solo in questo modo anche loro, di rimando, vedranno la serenità e cercheranno la serenità. Che magari per loro sarà l’eccellenza, sarà la grandiosità. Oppure anche per loro sarà la quiete delle pareti di casa, delle coccole, della “normalità” e della mediocrità!
Nessuno sfruttamento minorile, non preoccupatevi; solo un po’ di sana educazione che passa dalle faccende di casa! Probabilmente tutti hanno, nella loro infanzia, aiutato la mamma con i mestieri, e chi più chi meno s’è dilettato con l’arte della scopa, dello straccio e delle spugne. Sappiate che questo “gioco” in realtà è davvero iper educativo, ed è una buonissima abitudine giocare con i bimbi alle faccende domestiche, rendendo poi l’attività sempre più seria man mano crescono.
Ma vediamo insieme perché e come creare una stazione delle pulizie montessoriana.
Insegnare sin da piccoli la pulizia e l’ordine non è un’attività fine a se stessa che trasmetterà loro l’amore per questi concetti (ordine e pulizia, ma anche rispetto e cura di ciò che ci sta attorno). O meglio: questa è solo una delle conseguenze positive. Perché in realtà ce ne sono moltissime, a partire dall’autostima per arrivare all’indipendenza.
Partiamo dall’autostima. Aiutando la mamma nelle pulizie e piano piano, man mano che impara, staccandosi e facendole da solo con sempre più perizia e bravura, il bambino si sente davvero gratificato. Pensiamo a noi stessi: anche chi non ama le pulizie e si ritrova costretto a farle, una volta terminato il lavoro non si sente soddisfatto e in pace con se stesso? Bene. Anche il bambino prova la stessa sensazione!
Secondo motivo per il quale fare le pulizie di casa è davvero utile per un bambino è l’ordine interiore che ne ricava. Spesso vivere nel disordine fa sì che anche internamente si viva nel caos mentale, mentre riordinando ciò che sta all’esterno permette di riordinare inconsciamente anche la mente!
Anche la responsabilità è uno dei motivi principali per i quali noi spingiamo sempre i nostri figli ad aiutarci con le faccende. Se quando sono piccoli piccoli, infatti, quello delle pulizie è un gioco, man mano che i bimbi crescono e man mano che ognuno si prende il compito di pulire e riordinare un pezzetto di casa questo gioco diventa sempre più importante e meno ludico e insegna in maniera concreta la responsabilità personale nei confronti di una collettività. Poiché se tu ti sei preso in carico un determinato compito, gli altri fanno affidamento su di te, allo stesso modo in cui tu fai affidamento su di loro, in una virtuosa situazione di reciproca fiducia.
Infine, importantissimo, il concetto di indipendenza. Maria Montessori l’ha sempre detto, che l’indipendenza è uno dei pilastri educativi Montessori che possono portare alla crescita sana e completa del bambino, poiché prima questo raggiunge la capacità di “fare da solo”, prima riuscirà in tutto quello che si propone. Se un bambino impara l’indipendenza, imparerà anche a fare affidamento sulle sue capacità e non su quelle degli altri, sbrigandosela da sé con un risultato mentale assolutamente importante. In tutto questo, Maria Montessori ha sempre spronato i genitori ad affidare ai bambini compiti “adulti”, come lo stendere, il lavare i panni, i piatti o l’apparecchiare. E, naturalmente, il fare le faccende di casa, un’attività completa che al bambino piace perché sente come un gioco, ma che è davvero benefica perché in questo gioco lui imita i movimenti degli adulti, in un gioco di ruolo davvero importante per la crescita.
Ma come creare una cleaning station montessoriana, ossia una stazione delle pulizie a misura di bambino? Prendete un semplice mobiletto bianco o in legno naturale e mettetelo dietro la porta della cameretta, e fornitelo di tutto ciò di cui il bambino avrà bisogno per aiutarvi nelle pulizie. Preferite come sempre materiali naturali e altezze adatte a loro e otterrete una stazione in perfetto stile Maria Montessori.
Partiamo quindi dalla scopa, lo strumento per eccellenza: noi ne abbiamo presa una di quelle tradizionali, in saggina e legno, con un’altezza di 70 centimetri, proprio per i nostri bambini!
Passiamo poi al piumino da spolvero, che non deve essere sintetico ma in piume naturali. Noi a questo non rinunciamo: come possiamo nascondere che per i nostri bambini è il momento più divertente delle pulizie, quello dello spolvero con il piumino?
Dopo aver spolverato e scopato in terra è il momento di passare lo straccio, no? Noi abbiamo scelto di insegnare ai bimbi ad usare il mocio, più semplice e pratico (anche noi ormai usiamo solo il mocio, no?). Ce ne sono di bellissimi fatti apposta per bambini, come questo, perfetti perché in effetti quelli “da adulti” sono davvero grandi e difficili da maneggiare.
Infine, non possono mancare gli stracci e le spugne, da bagnare e passare sui mobili.
Che i bambini abbiano bisogno del contatto è innegabile. Vogliono essere stretti forte, massaggiati, coccolati. E non per vezzo o vizio, ma perché è una loro necessità primaria, primordiale e importante alla stregua del nutrimento.
Per questo vi diciamo sempre che è fondamentale prendere dei ritmi nei quali le coccole e i massaggi, il tocco e i giochi corporei siano presenti. Poiché questa abitudine è quanto di più benefico possiate dare a vostro figlio!
Il momento migliore? Certamente la sera, prima della nanna. E ora vi diciamo perché, e come costruire una routine che è più di una routine. È un rituale insostituibile!
Oltre al contatto, elemento imprescindibile del rapporto mamma-figlio, uno degli aspetti fondamentali della vita di un bambino è la ritualità. Cosa intendiamo per ritualità? Semplicemente quelle piccole abitudini, quei piccoli gesti che ripetiamo ogni giorno e che diventano per il bambino un punto fermo e costante della sua infanzia, rendendolo più tranquillo e facendolo sentire più sicuro.
La ritualità, infatti, è uno degli elementi di sicurezza del bambino. Di giorno in giorno, dopo la nascita, si creano in famiglia dei ritmi nuovi, dettati dalle sue esigenze, e questi ritmi, che a noi possono sembrare ripetitivi e magari noiosi, per il bambino sono un pilastro, poiché la sua giornata si costruisce attorno a loro.
Entrando nello specifico, capirete che questi ritmi non sono fini a se stessi o solamente comodi, ma sono fondamentali perché ruotano attorno al benessere del bambino. Il mangiare, il cambiarlo, il coccolarlo: sono tutte azioni nelle quali lui sta al centro, con tutto l’amore del mondo.
La ritualità quindi non è un vizio: è fondamentale. Poiché il nostro bambino ha bisogno delle coccole quanto del cibo, e se non lo coccoliamo la carenza d’affetto si fa sentire. Un rito è qualcosa di costante nella sua vita, un momento di piacere che lo fa sentire amato, coccolato e che lo fa rilassare.
Questo rito, se fatto alla sera prima della nanna, conclude quindi la giornata in maniera perfetta. Un massaggio, una coccola, un profumo ricorrente: ripetere i gesti non è mera abitudine, ma un modo per fare sentire al bambino che sapete cosa gli piace e non avete paura a farlo sentire bene ogni giorno. DI volta in volta, quindi, il bambino farà suo questo momento di ritualità, riconoscendolo sera dopo sera e rilassandosi al solo pensiero di quello che lo aspetta.
Prendete quindi l’occasione dell’ultimo cambio della giornata, quello prima delle nanne: bastano pochi gesti per trasformalo da abitudine meccanica a rito rilassante e coccolante che riempirà di amore il bimbo (e questo amore avrà conseguenze positive per tutta la vita! La fiducia in se stessi la si costruisce sin da piccoli).
Iniziate togliendo il pannolino e lavando delicatamente il piccolo con un detergente delicato (come l’Intimo Me di Fiocchi di Riso) super naturale e a base di acido lattico di melassa olio di babassu, che mantengono inalterato il pH), meglio se con poco profumo. Continuate quindi con i gesti di protezione: prendete la vostra abituale crema anti arrossamento protettiva (noi usiamo da sempre la Pasta Emu) -, che è senza ossido di zinco e paraffina liquida e che protegge davvero fino in fondo sfruttando la naturalezza delle piante): spalmatela sul sederino, con delicatezza, massaggiando bene e lentamente la cute e lasciando che il bimbo si rilassi.
E ora passate al vero e proprio massaggio, quello con un olio specifico per la pelle dei bambini (l’Olio Emudermico è perfetto) , ricco di acidi grassi, elasticizzante, idratante, nutriente e perfetto grazie alla sua scorrevolezza): passatelo su tutto il corpo, partendo dalle spalle e dal torso per arrivare ai piedini, utilizzando le dita ed eseguendo una pressione delicata, variando anche il tocco (potete eseguire movimenti circolari, orizzontali, verticali, oppure picchiettare con le dita).
Ricordate però di utilizzare sempre gli stessi prodotti, sempre lo stesso profumo: in questo periodo della vita i 5 sensi sono ancora più acuiti del solito e sono fondamentali per la scoperta del mondo. Utilizzando quindi sempre la stessa crema creerete un rituale unico e rilassante anche a livello olfattivo, e ogni volta che quel profumo sfiorerà il nasino del bambino sentirà salire in petto un senso di relax e d’amore inconfondibile!
La zia Ignazia dice che secondo lei il mio bambino è pronto per provare un po’ di mela cotta. La zia Ignazia dice che i cibi solidi sono molto più nutrienti del latte materno o formulato. La zia Ignazia dice che... Abbiamo tutte quella zia Ignazia che ci dà consigli non richiesti. Ma sapete quanto sono deleteri questi consigli? Soprattutto quando si tratta della maternità e dell’alimentazione dei nostri figli. Come se non fossimo già attentissime, seppur piene di dubbi! Non credete?
Bene. Uno dei miti e dei consigli più frequenti che una neo mamma si sente dire ogni giorno, riguarda il tema dello svezzamento. Sembrano tutti esperti. E sembrano tutti prendere alla leggera i dettami dell’OMS, soprattutto quello riguardante l’età dalla quale iniziare a dare ai nostri bambini cibi più solidi, lasciando l’esclusività del latte materno: se gli esperti, i pediatri e l’Organizzazione Mondiale della Sanità concordano con il fatto che prima dei sei mesi sia meglio evitare, un motivo c’è. E noi ve lo spieghiamo subito.
Che voi scegliate di seguire l’approccio dello svezzamento naturale (qui una lettura che vi può essere davvero utile!) o quello dell’autosvezzamento (e in questo caso questo è il libro che fa al caso vostro), dovete sapere che è davvero importante non iniziare a togliere il latte formulato o materno come principale fonte d’alimentazione ai bambini prima dei sei mesi di vita. A dirlo non sono le zie Ignazie, stavolta, ma le più importanti organizzazioni sanitarie del mondo, dall’OMS al Fondo per l’Infanzia delle Nazioni Unite (l’Unicef).
Ciò che sta portando alla tendenza dello svezzare i bambini prima del tempo, già attorno ai quattro o cinque mesi, è sicuramente l’ansia che vivono i genitori, unita al fatto che avere una regola apparentemente così rigida a volte porta le mamme e i papà ad avere l’impressione di non avere sotto (loro) controllo la vita del bambino, decidendo così di seguire il loro istinto (che negli altri casi, naturalmente, è fondamentale e alla base dell’educazione dei figli).
Tuttavia lo svezzamento, tappa delicata e importantissima della vita di un bambino, sarebbe da considerare in maniera più seria, tenendo sempre in considerazione questi sei mesi discriminatori. Prima dei sei mesi? Assolutamente solo latte. Dopo i sei mesi? Con i tempi del bambino, ecco i primi cibi solidi.
Esatto, “con i tempi del bambino”: perché superare i sei mesi non significa necessariamente cominciare con le pappe solide immediatamente. Non tutti i bambini sono pronti, ognuno ci arriva con i suoi tempi, e basta osservare i segnali di interesse che proprio loro mostrano nei confronti del cibo. Ci sarà il bambino che a sei mesi appena compiuti già mostra di voler masticare il pane, e chi per altri due mesi non mostra per nulla curiosità. Rispettiamo quindi i tempi. Sono fondamentali! Perché?
Perché prima dei sei mesi il bambino, anche se mostra interesse, non ha ancora raggiunto certe tappe del suo sviluppo naturale necessarie quando si tratta di alimentazione, e non è fisiologicamente pronto per assumere cibi solidi! Non è in grado di deglutire cibi non liquidi, non apre la bocca quando gli si dà il cucchiaino...
I genitori devono essere dunque molto attenti ad osservare i segnali. A livello anatomico, infatti, i bambini devono essere in grado di masticare e di muovere il cibo in bocca; devono avere iniziato la dentizione; e devono essere capaci di chiudere le labbra sul cucchiaino o sul margine della tazza. In secondo luogo, per lo svezzamento sono fondamentali le funzioni neurologiche base quali il riflesso di spingere in faringe (o, al contrario, fuori dalla bocca) il cibo solido che ricevono o la perdita del riflesso unidirezionale di estrusione dei solidi. E, infine, devono mostrare capacità relazionale, e cioè lo stimolo ad osservare l’altro (in questo caso l’adulto) e a imitare ciò che fa.
Non abbiate quindi fretta. Non spingete, anche se i bambini mostrano queste capacità prima del sesto mese. E al compimento di questo, non affrettatevi, finché non noterete i veri segni dell’interesse e le vere capacità di cui vi parlavamo! Iniziare lo svezzamento prima dei sei mesi è deleterio, aspettare un attimo dopo il compimento di questo (quando doveroso) è buon senso.
Perché come dice la dottoressa Elena Uga di Uppa (Un pediatra per amico) parlando di allattamento al seno prolungato: “Il latte materno e l’allattamento al seno costituiscono la norma biologica della nostra specie; raramente ci chiediamo perché abbiamo i polmoni per respirare, ma spesso ci chiediamo perché i bambini vengono allattati dalle loro madri. La natura ha creato meraviglioso meccanismo grazie al quale tutti i mammiferi si nutrono, per un periodo della loro vita variabile a seconda della specie, con un alimento unico, completo, ecologico, e formulato specificamente per le necessità di crescita del piccolo. Solo dopo, e gradualmente, tutti i piccoli mammiferi iniziano a nutrirsi di altri cibi e diventano autonomi, abbandonando il latte della mamma. Per la specie umana quando arriva questo momento? Per quanto tempo un bambino ha veramente bisogno del latte materno?”. La domanda è lecita. Ma è lecito anche rallentare e non affrettare un passo naturale e delicato come quello dello svezzamento!
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Sosteniamo sempre l’indipendenza e l’autonomia come requisiti fondamentali per la crescita sana dei bambini, ma siamo sicuri di mettere in pratica questo precetto pedagogico? Sì, li facciamo cucinare con noi, lasciamo i giochi e libri a loro portata di mano, scegliamo letti montessoriani per far sì che imparino subito a muoversi in autonomia...
Ma c’è un’altra attività assolutamente educativa che però tendiamo a mettere in secondo piano poiché ci sembra scomoda e difficile da gestire... Stiamo parlando dei lasciare che i bambini si vestano da soli. E noi siamo assolutamente favorevoli alla cosa!
Spingere i bambini all’autonomia significa anche lasciare loro la libertà di scelta. Li lasciamo cucinare con noi, però la ricetta la dettiamo. Facciamo sì che abbiano tutto a portata di mano, però poi li spingiamo a scegliere quel determinato libro e quel gioco super didattico... L’indipendenza la si raggiunge però anche scegliendo cosa fare. E anche scegliendo da soli cosa indossare.
Lo sappiamo, potrebbe sembrare difficile, perché i bambini hanno gusti assurdi e quante volte capita che lasciandoli fare escano di casa con ballerine piene di strass nella giornata di pioggia torrenziale o con la tuta di Superman per andare a vedere il saggio di danza della sorella, vero?
Non preoccupatevi, basta prendere qualche accorgimento e l’attività diventerà più semplice, calma e anche divertente.
Innanzitutto, è bene avere un armadio funzionale, e per farlo basta davvero poco. Dalla nostra esperienza abbiamo imparato direttamente che puntare sui capi basic è davvero utile: quando facciamo shopping, online o personalmente, cerchiamo sempre di scegliere le magliette per bambina, le tute per i bimbi, gli abiti, le camice e i maglioncini con tinte basic o comunque con trame non troppo esagerate.
Dopodiché facciamo qualche strappo alla regola, e lasciamo scegliere ai bimbi, oppure scegliamo direttamente noi, capi più elaborati e colorati, con stampe carine e colori sgargianti. Ogni sei capi basic, possiamo dire, ne inseriamo uno più originale, in modo che gli abbinamenti siano poi molto più semplici e “indossabili”. Scegliendo colori basic i bambini possono così sbizzarrirsi, senza rischiare l’apocalisse degli outfit.
L’altro trucco per far sì che i bambini imparino a vestirsi da soli lasciandoli fare è evitare di scegliere gli outfit alla mattina.
La sera prima è l’ideale, ma un altro consiglio potrebbe essere quello di prendersi una mezz’oretta insieme ogni domenica sera per definire con i bimbi gli outfit della settimana. Soprattutto le prime volte, potete tranquillamente vigilare e consigliare, così che pian piano i bambini imparino a fare da soli. Il bello di questa modalità è che permette di evitare le crisi dell’ultimo minuto alla mattina, momento della giornata nel quale i bambini potrebbero essere un po’ meno predisposti al dialogo.
La stessa cosa la possiamo fare nel caso delle occasioni importanti. Soprattutto nel caso delle figlie femmine (i bambini ci tengono un po’ meno, e un pantalone con maglioncino abbinato sarà perfetto), la scelta degli abiti eleganti per bambina è sempre un po’ complicata, perché le bimbe ci tengono moltissimo a scegliere il loro outfit, no? Ecco che allora preparare qualche giorno prima la mise per l’occasione, lasciando che la scelgano loro magari guidate da noi, è la soluzione perfetta.
Il miglio è uno dei cereali annoverati tra quelli senza glutine ed è quindi perfetto per preparare le pappe dei primi mesi dello svezzamento (oltre che per le pappe per i bambini celiaci anche dopo la prima fase della nutrizione).
Per le pappe dei nostri bambini possiamo quindi scegliere questo cereale perfetto per ottenere creme vegetariane buone e colorate (a seconda della verdura di stagione) e un pasto davvero digeribile.
Innanzitutto, potete scegliere di utilizzare pentolini e passaverdura per preparare questi pasti per i bimbi. Oppure, come noi, utilizzare un cuocipappa tutto in uno che permette di cuocere al vapore e omogeneizzare sempre nello stesso boccale, con una praticità e una comodità davvero impagabili. Noi abbiamo scelto Easy Meal di Chicco e non torneremmo mai indietro!
Quando i bimbi saranno un po’ più grandi potrete comunque utilizzare le stesse ricette, ma non ci sarà più bisogno di frullare tutto: il miglio ha già una consistenza facile da masticare, non troppo grossolana, ed è quindi perfetto per le pappe più consistenti!
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Nel titolo diciamo “per il neonato e per il bambino”: non è un refuso. È voluto. Poiché oggi vogliamo parlarvi delle carezze, dei grattini e dei giochi con le mani che piacciono tanto ai neonati ma che amano moltissimo, a differenza di quanto pensiamo, anche ai bambini più grandi, almeno fino alla pubertà.
I neonati giocano con le loro mani e i loro piedi, ma soprattutto i neonati sono abituati al contatto delle dita della mamma e del papà, che prendendosi cura di loro li massaggiano, li coccolano e li sfiorano continuamente. Questa è una buonissima abitudine: come vi abbiamo già detto, prendersi del tempo per coccolare le sensazioni dei figli è un’ottima cosa. Le coccole della sera sono importantissime, e prendere una routine di carezze e grattini è fondamentale per trasmettere al bambino tutto il nostro amore.
Tuttavia le mamme e i papà spesso tendono ad abbandonare questa tendenza nel momento in cui i bambini smettono di giocare con le loro manine, o quando le routine di lavaggio e cambio scompaiono (con l’eliminazione del pannolino e le prime docce da soli). Non è sbagliato, ma sappiate che mantenere un certo contatto non può che fare bene.
Ai bambini, anche ai più grandi (soprattutto se si mantiene l’abitudine) piace moltissimo ricevere grattini sulla testa o sulla schiena, piccoli massaggi alla nuca, ma anche carezze fini a se stesse… Basterà mantenere l’abitudine: capirete quando ne ha bisogno, gli insegnerete a dire quando ha voglia di una coccola corporea o quando non preferisce essere toccato (o quando non ama un gesto in particolare)… E in questo modo manterrete un contatto unico, che ogni volta che verrà ripetuto potrà essere un momento di rilassamento, senso di protezione, calma e sicurezza.
I giochi corporei e i massaggi possono essere un momento di gioco, di rilassamento pre-nanna, di distensione post-cambio. Ma anche un momento per distrarsi, magari nei lunghi viaggi o durante attese snervanti. E sappiate che ci sono moltissimi modi per variegare questo gioco!
Innanzitutto, potete scegliere di fare i massaggi normalmente, a secco, oppure utilizzare ogni volta una crema diversa per giocare a sentire le sensazioni olfattive e tattili. Noi utilizziamo sempre la linea Coccole Quotidiane di Fiocchi di Riso: oltre che naturale è profumata al punto giusto e ci sono oli e creme perfetti per il gioco.
Dopodiché potete iniziare a inventare tutti i giochi che volete. Uno tra i nostri preferiti abbina il piacere della lettura ad alta voce o del racconto con i giochi corporei: mentre leggete o raccontate una storia al vostro bimbo nel letto, disegnate sulla sua pancia o schiena i movimenti, i personaggi, le trame… La sensazione sarà completa e divertentissima.
Anche il gioco degli animali è bellissimo: con le sole dita o con la crema (per noi è ottimo, in questo caso, l’Emulatte! disegnate sulla pancia degli animali, lasciando che il bambino indovini, mentre tracciate i contorni, di che animale si tratta: elefanti, leoni, gatti, cani, giraffe… Oppure, da indovinare possono essere i passi di questi animali: un tocco piccolo e picchiettato possono essere le zampine di un topo, dei passi pesanti quelli di un orso o di un elefante, le dita che volano sfiorando la pelle imiteranno la mosca, quelle che svolazzano e poi si fermano di qua e di là un passerotto…
Per stimolare ancora di più il tatto e la sensibilità della pelle, possiamo anche impegnarci in giochi in cui il bambino deve indovinare cosa lo sta toccando, a occhi chiusi. Possiamo utilizzare le parti del nostro corpo (il gomito, la mano, il naso, la bocca, i piedi…) oppure oggetti dalle differenti consistenza: una piuma, un pezzo di tessuto, un nastro, della lana, un cucchiaio di legno, un cucchiaino di plastica, i suoi giocattoli…
Chi lo dice, poi, che i ruoli non si possano invertire? Lasciate anche che sia il bambino a eseguire questi gesti, facendolo giocare con il vostro corpo. La cosa più bella? Lasciare che “lavori” sulla vostra schiena: fatelo cucinare, zappare, scrivere, fare il falegname. Con la crema può disegnare, imitare gli ingredienti per cucinare, tracciare i segni dell’aratro sulla terra… Stimolerà il tatto, l’olfatto, l’immaginazione, la creatività e il gioco libero!
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.