Questo pane ci piace davvero molto perché più che un pane ricorda i chapati orientali, o la pita greca. Insomma, è piuttosto piatto e quindi è bellissimo da mettere in tavola e da spezzare tutti insieme, soprattutto quando abbiamo cucinato piatti ricchi di salse, spezzatini o sughi. Sì, è perfetto per la scarpetta! E naturalmente è senza glutine, perché grazie alla sostituzione della farina di grano con quella di mandorle oltre ad acquistare un sapore unico e diverso dal solito diventa perfetto per gli intolleranti o i celiaci.
Navigando su internet ci imbattiamo ogni giorno in blog di tutti i generi. I nostri preferiti, ca va sans dire, sono quelli delle mamme vere che postano ogni giorno la loro esperienza con i bambini, con le loro bravure e i loro errori, con i loro punti forti e le loro debolezze, sempre cercando di dare il meglio ai propri figli.
Tra questi sicuramente amiamo Wonderoak, diario giornaliero (o quasi) di Jess, una mamma di quattro bambini tra i 9 e i 3 anni che vive in Montana con suo marito. Recentemente ha scritto una bellissima lettera ai suoi bimbi, con parole che ci hanno molto fatto riflettere, perché assolutamente vere.
La lettera in questione ha un soggetto semplicissimo, eppure, forse per questo, dato per scontato e per questo poco affrontato. In sostanza, nella vita di tutti i giorni noi genitori possiamo impegnarci quanto vogliamo, ma capiterà sempre di sbagliare, di essere troppo stanchi per seguire i bambini o di fare errori non voluti. Tuttavia tutto questo non deve cancellare la buona volontà, le belle giornate e tutto ciò che di bene c’è in una famiglia.
Soprattutto, bisognerebbe sempre dire ai bambini quanto li amiamo, quanto tutto ciò che facciamo sia sempre per il loro bene: ecco l’intento di Jess, che ha trovato davvero le parole che tutti noi vorremmo probabilmente dire ai nostri bambini.
“Cari bambini - scrive mamma Jess - a volte mi sveglio e ho l’impressione che siate cresciuti durante la notte. (...) Una parte di me è spaventata, poiché il tempo sta correndo veloce e io non posso rallentarlo. Ho paura di non esserci sempre abbastanza, o di essermi persa magicamente qualche tappa della vostra crescita. Vi ho goduto abbastanza? Vi ho dato ciò di cui avete bisogno? Il vostro cuore è ancora tutto intero? E il vostro spirito non si è ancora rotto? Non sono sempre brava in questo, non sono sempre così brava come vorrei essere. Vorrei essere eccellente. E a volte lo sono, ma altre no. A volte capisco, a volte no. A volte faccio la cosa giusta, altre no. Ogni giorno commetto errori”.
Jess, insomma, vuole fare capire ai suoi bimbi che è consapevole di sbagliare. Si è umani, e capita! E prova a fare un elenco di cose “sbagliate”, che sono fin troppo familiari: sì, anche noi facciamo come lei, vero? “A volte perdo la pazienza quando dovrei essere più sensibile. A volte vi faccio la ramanzina quando ciò di cui avreste bisogno è un abbraccio. A volte non capisco proprio. Confondo la vostra tristezza con maleducazione, mi osservo farlo e più tardi mi rammarico di non essermi comportata diversamente. Mi dispiace che quando torno stanca vi ritrovate a mangiare gli avanzi, ad esempio”.
Tutto questo, però, serve per arrivare al punto cruciale della lettera, e cioè la dichiarazione d’amore più bella che abbiamo mai letto.
“So che è facile soffermarsi sulle cose negative e dimenticare il positivo, ma voglio metterlo nero su bianco. Quando vi guardo sono COSI’ ORGOGLIOSA. Quando vi guardo vedo del buono. Vedo qualcuno potente. Mi chiedo come possa essere stata benedetta con un tesoro così grande. Il vostro cuore è puro e morbido, siete gentili ed educati, vivaci e fieri. Io sono, e lo sarò per sempre, la vostra più grande cheerleader e la vostra fan più sfegatata”.
E ancora: “Per favore, continuate ad aiutarmi a vedervi davvero e a conoscervi. Continuate a dirmi quando ferisco i vostri sentimenti. Continuate a condividere con me le vostre paure e insicurezze, così da risolverle insieme. Non è un problema se sbaglio, ma è un problema quando perdo il vostro cuore. Perché il vostro cuore è ciò che è importante per me. (...) Non sempre risolviamo tutto, ma non è un problema. (...) Commetterete una quantità enorme di errori, proprio come ho fatto io, ma nessuno di questi errori potrà oscurare la luce che emanate quando vi guardo. (...) Alla fine non sarò mai, mai perfetta, ma sono da sempre e per sempre vostra, e sono da sempre e per sempre dalla vostra parte. Questo ve lo posso promettere. Vi amo. Mamma”.
Jess non dice nulla che non sappiamo già, è vero. Ma spesso ci dimentichiamo che parole forse scontate possono svoltare la giornata, o addirittura la vita. Per questo non dovremmo mai scordarci di dire “ti voglio bene, nonostante tutto”. E quando i bimbi sbaglieranno, ricordiamo quanto abbiamo sbagliato noi nella nostra vita!
Primo figlio: eccitazione, stanchezza, prime esperienze. Secondo figlio: doppia stanchezza, ma più rilassamento, dal momento che già si sa qualcosina in più. Terzo bambino? Qui la faccenda si fa più seria, e lo stress aumenta a dismisura. E allora quattro? No. A quanto pare il numero che causa più stress è proprio tre, a discapito di quanto si penserebbe!
Come mai? Ha provato a spiegarlo il sito today.com attraverso una ricerca che ha analizzato circa 7000 madri in giro per gli Stati Uniti.
Facendola breve, se il passaggio dall’avere due figli ad averne tre sembra spaventare e distruggere mentalmente i genitori, che sentono di aver superato il loro limite di ciò che pensavano di poter gestire, quando arriva il quarto figlio tutto si fa più semplice, come se fosse in discesa, perché mamma e papà tendono a “lasciar correre”. È come se, insomma, tre fosse l’apice, il punto di non ritorno, il discrimine. Dopodiché si è più consci di tutto, o forse più irresponsabili, più stanchi, e il cammino non sembra più così difficile.
Lo studio pubblicato da today.com non era riferito al numero di figli, ma più che altro allo stress. I risultati hanno mostrato che la maggior parte delle mamme sono stanche, effettivamente, e stressate, e preoccupate di non aver più tempo per sé (lo stress, su una scala da 1 a 10, di media è 8.5). Ma il risultato che è emerso a fianco di quello principale è proprio questo: e cioè le mamme con tre bambini erano le più stressate di tutte, molto di più rispetto alle mamme con uno o due figli ma, inaspettatamente, anche di quelle con più di quattro figli.
A dare una risposta è stata poi la dottoressa Janet Taylor, psichiatra e mamma di quattro ragazzi tra i 19 e i 25 anni (di cui due gemelli), che ha cioè provato sulla sua pelle l’esperienza di crescere più di tre bambini.
Il suo discorso non fa una piega: “In primis, quando hai più di quattro figli non c’è più tempo per pensare a te stessa nella tua testa”, sottolineando quindi come lo stress inevitabilmente si azzeri (proprio per il fatto di non aver tempo di pensare!). In secondo luogo, “più bambini hai, più diventi sicura delle tue abilità genitoriali. E per questo lasci correre”. Ma cosa lasci correre? “Non rendi più ossessivamente sicura la casa, ad esempio, dopo il terzo figlio, e non copri proprio tutte tutte le prese della corrente!”. Fa ridere, ma in effetti è così, no?
Tornando però allo stress, che era appunto il soggetto della ricerca, si è capito che questo non è provocato tanto dai figli, quanto dalle stesse mamme e dalla loro ossessione di essere perfette. Insomma, la pressione che si ha addosso è auto-indotta! Non sono i figli che fanno perdere la pazienza a stressare: è la paura di non essere in grado di gestire tutto, quando in realtà ce la si fa quasi sempre. E anche se non se la ci facesse, ricordate che siamo umane!
A questo proposito è di nuovo la dottoressa Taylor a dare un consiglio alle mamme, che siano essere genitori di uno, due, cinque, dieci figli. La regola sarebbe quella di prendersi sempre dieci minuti per sé, quando si avverte la stanchezza mentale e fisica, magari facendo una passeggiata solitaria.
Ma se non bastasse, “provate a disegnare un grafico-torta nel quale inserire le attività che svolgete durante la giornata, dividendole in base al tempo che vi prendono. Provate poi a disegnarne un altro nel quale mettere invece le attività che vi piacerebbe fare. Troverete certe attività che stanno su entrambi i grafici, e alcune che saranno solo su quello delle “cose che vorreste fare”: prendetene una e mettetela sul primo grafico, quello della vita vera”.
In poche parole, fate un po’ di spazio anche per il tempo dedicato solo a voi stesse, senza sentirvi in colpa!
Mangiare pesce una volta a settimana fa davvero molto bene, grazie alla ricchezza di acidi grassi Omega 3, che aiutano nel combattere il colesterolo cattivo e mantengono sano il sistema cardiocircolatorio.
Per farlo mangiare anche ai bambini ogni volta ci inventiamo ricette diverse e gustose, come ad esempio questi involtini di platessa con pomodorini confit e olive.
Se vi piacciono le patate, vi piacerà anche il topinambur, con il vantaggio che questo tubero ha davvero molti benefici: è senza glutine, ha molte proteine, combatte l'anemia, combatte la stanchezza e lo stress, è disintossicante ed è adatto ai diabetici, poiché abbassa i livelli di zucchero nel sangue. Noi amiamo mangiarlo anche sottoforma di chips, grazie ad una ricetta che, al forno o con l'essicatore, ci fa ottenere delle patatine irresistibili per tutta la famiglia!
Essere genitori di un bambino piccolo è una fatica. Lo sappiamo, ed è normale. Un bambino, dalla nascita fino almeno alle elementari, ha bisogno di costante supervisione, di attenzioni, di cure, soprattutto nei primi anni di vita, e quando questo piccolo non dorme mai durante la notte o quando i genitori hanno anche altri pargoli già più grandi a cui badare il compito che si chiede di svolgere è molto, molto più duro.
Se tuttavia noi non ci facciamo caso, questa fatica influenza in realtà moltissimo come ci poniamo ai figli, anche se ci sforziamo di essere sempre educati, gentili e pacati. Volete sapere nel dettaglio come queste due cose sono relazionate?
La ricerca di cui parliamo è stata pubblicata sul “Journal of Child and Family Studies” e si intitola “La fatica materna influenza il controllo verbale sotto stress con i bambini?”. I ricercatori hanno preso in considerazione 34 mamme, e hanno dato loro un’istruzione: durante un compito che implicava “pazienza” (e cioè non fare toccare per 8 minuti un determinato giocattolo al loro bambini”) dovevano utilizzare uno dei 6 approcci che proponevano loro.
Questi approcci erano: quello “educato” (chiedere al bambino di evitare quel comportamento); il “suggerimento” (suggerire al bambino di cambiare o di smettere di utilizzare quel comportamento); la “valutazione positiva” (lodare il bambino per continuare a fare qualcosa); la “contrattazione” (e cioè suggerire un altro giocattolo al posto di quello che non si può toccare); l’”empatia” (mostrare di essere in sintonia con i sentimenti del bambino); e infine la “valutazione negativa” (rimproverare o castigare il bambino per ciò che sta facendo).
I ricercatori hanno così indagato qual era la relazione tra questi tipi di approcci e il grado di fatica della mamma, stanca per il lavoro o per la privazione del sonno. Il risultato può sembrare scontato, ma è bene metterlo nero su bianco: più una mamma era affaticata e stanca, meno era incline ad utilizzare gli approcci positivi come il suggerimento, l’educazione o la valutazione positiva.
Lo studio è quindi continuato, e si è provato a dare una risposta a questa correlazione. E la risposta è molto dura, e ci fa pensare: la fatica, fisicamente, è un po’ come la depressione, e per questo una mamma stanca tende ad essere meno responsabile e più irritabile nei confronti del suo bambino.
Non bisogna tuttavia prendere questo studio e questa conclusione come un dito puntato contro i genitori, o come una sentenza che afferma che un genitore stanco è un cattivo genitore. Assolutamente no. Ma se gli studi sulla depressione (ad esempio) correlata alla genitorialità sono molti, quelli sulla fatica presa da sola non esistono, e possono servire per aggiustare il tiro e trovare soluzioni.
Purtroppo essere sempre irritati e rispondere verbalmente male, sempre in maniera negativa, sappiamo che influenzerà la vita del bambino. Ecco perché è importante sapere che anche la fatica, come la depressione, può portare a questo!
Il lavoro della mamma e del papà è durissimo, e non è solo un argomento da battutine o da gif sui social network. Certo, è giusto riderci su, e anche noi lo facciamo. Ma è importante anche non sottovalutarlo, ed è ancora più importante renderci conto quando le cose stanno sfuggendo di mano o ci stanno sopraffacendo. Se sei stanco non sei positivo, e se non sei positivo l’educazione che stai proponendo a tuo figlio non sarà davvero istruttiva.
Ecco allora che bisogna fermarsi, fare un respiro, accettare di essere stanchi e cercare di rilassarsi, prendersi un po’ di tempo per sé. Senza sentirsi egoisti! Pensate “tempo per me”, ma sappiate che in realtà sarà “tempo per i figli”, poiché solo così potrete assicurargli un’educazione davvero positiva!
Le coliche sono un problema per moltissimi bambini e genitori. Si parla del 10% circa dei neonati, che prima del compimento dei quattro mesi soffrono di questi dolori addominali che faticano a passare, e che causano pianti inconsolabili che scoraggiano moltissimo i genitori, che si sentono impotenti.
Non ci sono farmaci o soluzioni definitive, poiché queste coliche gassose non hanno una causa univoca, ma possono essere riconosciute se osserviamo bene il comportamento del bambino. Solitamente, queste coliche (e il conseguente pianto, improvviso, acuto e seguito da corpo irrigidito, schiena inarcata, volto paonazzo e gambe sollevate verso l’addome) arrivano nel tardo pomeriggio, o comunque dopo mangiato, per protrarsi fino a sera. Spesso l’emissione di gas e feci dà un po’ di sollievo, ma è solo temporaneo. E per diagnosticare la colica del lattante c’è bisogno della regola del tre. E cioè: il bambino deve avere crisi di pianto per più di tre ore al giorno per almeno tre giorni a settimana e per tre settimane consecutive.
Ma allora cosa fare quando il pianto inconsolabile non sembra cessare? Dall’Oriente e dalla sua cultura arrivano tre tecniche davvero efficaci, fisiche e non medicali, che sapranno sicuramente aiutarvi, prevenendo e curando coliche e stipsi. Provatele tutte e tre: capirete da soli quale è la migliore per vostro figlio, che ne sentirà i benefici dopo poche e costanti applicazioni.
La prima tecnica è un semplicissimo massaggio al pancino. Esso è delicato e davvero molto piacevole per il bambino, e per questo lo consigliamo almeno una volta al giorno. Bastano cinque minuti, i movimenti sono facili facili e oltre ad essere benefico per l’intestino del bimbo è perfetto poiché crea un contatto tra mamma/papà e lattante. Basterà provare per una volta e poi tenere a mente il nome dei movimenti, nome che richiama proprio la forma che disegneranno le dita sulla pancia del piccolo: Sole, Luna, Passeggiata, Allunghi, e così via…
La seconda soluzione arriva dalla Cina, paese nel quale la medicina tradizionale è davvero molto antica, ma soprattutto nel quale i massaggi sono da sempre elemento fondante del benessere. Ecco quindi il Tuina, il massaggio cinese pensato proprio per i bambini, il cui nome significa “spingere (Tui) e afferrare (Na). Questo massaggio si basa sui principi della manipolazione di certe zone o di punti particolari del corpo, una manipolazione volta a combattere le malattie.
Come per il massaggio al pancino, anche il Tuina ha il vantaggio di rafforzare il legame genitori-figlio, e allo stesso tempo riesce a rimettere in circolo, attraverso la manipolazione, l’energia nell’organismo. I movimenti sono semplici, basta impararli una volta, ed essendo indolore (anzi, piacevole) e senza effetti collaterali è consigliato ogni volta che si vuole.
Nel caso delle coliche e dei dolori addominali, i movimenti del Tuina saranno pensati apposta per toccare e stimolare i punti dell’agopuntura che agiscono sull’apparato digerente, ma anche per stimolare direttamente la pancia (dal momento che la frizione effettuata scalda un po’ la zona, aiutando la peristalsi intestinale e calmando i dolori): con i polpastrelli di indice, medio e anulare, massaggiate in senso orario e lievemente la zona attorno all’ombelico, partendo da esso e allargandovi piano piano. Oppure, restate anche solo attorno all’ombelico, in questo caso utilizzando solo il dito indice.
(foto 1 http://www.associazionelancora.it/2014/03/17/il-massaggio-per-i-bambini/)
Terza tecnica è la riflessologia plantare, e cioè l’antica disciplina orientale che vuole stimolare le zone dei piedi collegate direttamente a parti specifiche dell’organismo. In parole povere, sotto alla pianta dei piedi stanno tutte le terminazioni nervose che corrispondono a specifici organi e aree del nostro corpo, e massaggiando i vari punti possiamo guarire e stimolare queste aree. Nel caso dei bambini ancora di più, poiché i loro piedini sono molto sensibili e le ossa ancora morbide.
Prima di tutto, sarà bene conoscere le regole base, e cioè: utilizzare una pressione delicata ma comunque decisa e fare attenzione se il bambino non vuole essere toccato (meglio rimandare, poiché quando malato i punti riflessologici sono particolarmente sensibili, e non è mai bene insistere o forzare). Dopodiché scegliete il momento migliore per eseguire il massaggio plantare, e cioè quando il bimbo dorme oppure mentre è in fascia o durante il bagnetto. Per quanto tempo? Se le coliche sono croniche, provatelo per almeno una volta al giorno per tre o quattro settimane.
Come dicevamo, ogni organo ha un suo specifico punto sotto al piede, e nel caso delle coliche a dover essere stimolata è quindi la zona collegata all’apparato digerente.
Prima, però, preparate il bambino e il suo piede al massaggio: accarezzate le gambe partendo dalle anche e arrivando ai piedini, quindi, pian piano, iniziate a stimolare con il pollice tutta la pianta, dalle dita al tallone. Solo allora concentratevi sull’area interessata, alternando le frizioni e utilizzando il pollice con movimenti circolari e picchiettii.
Quando si tratta della cura dei nostri bambini, noi ci affidiamo sempre a Miniland, nostro partner per il “progetto salute” dedicato ai più piccoli. I loro prodotti coniugano la sicurezza con la tecnologia più avanzata per i nostri figli, e noi non possiamo più fare a meno, oltre che dei termometri e dei baby monitor, dell’app eMyBaby, il modo più veloce e semplice di monitorare lo stato di salute dei piccoli di casa! La potete scaricare sia per i vostri device IOS sia per gli smartphone Android: non ve ne pentirete!
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Anna, Lucio e Gaia: una famiglia come tante. Eccetto che loro hanno scelto una via diversa da quella “normale”, “solita” e “tradizionale”. In parole spicciole, Anna e Lucio hanno deciso di educare la loro bambina a casa. Non mandandola a scuola. Ma entrando più nello specifico la loro esperienza non è così spicciola, anzi. È una scelta profonda, vera e illuminante. Ecco perché dopo aver girato “Unlearning” esce ora il loro documentario “Figli della libertà”.
“Io e mio marito Lucio abbiamo scelto l’educazione naturale per nostra figlia, per capire come il bambino possa imparare e crescere senza obblighi, senza stare seduto per così tante ore e senza avere un percorso delineato dall’adulto”: Anna Pollio, insegnante e mamma dell’ottenne Gaia, ha spiegato così alle telecamere di Repubblica la sua scelta di educare a casa la sua piccola.
La cosa interessante, però, non è tanto sentire la sua singola esperienza, quanto quella di tutti quei genitori in giro per l’Italia che hanno fatto la stessa scelta. Anna e il marito Lucio Basadonne, regista, hanno infatti girato un bellissimo documentario per mostrare a tutti le vere implicazioni, senza luoghi comuni e con tanta verità e tanta buona volontà.
Non è il loro primo documentario: qualche anno fa girarono “Unlearning”, con un’impostazione simile a “Figli della libertà” (questo il titolo del nuovo lavoro) ma concentrato sulla testimonianza di famiglie italiane che hanno scelto una vita più sostenibile e comunitaria. Più naturale, insomma. E ora si sono concentrati quindi sull’aspetto scolastico, quello che forse fa più paura quando si parla di vivere naturale, guardando a tutta Europa. Perché se è semplice pensare di vivere in maniera più sostenibile, più difficile è pensare di disiscrivere i propri figli da scuola, anche a causa dei luoghi comuni e dei pregiudizi che aleggiano attorno a questo argomento.
“Figli della libertà” smonta tutte le credenze negative. E lo fa attraverso la verità e l’esperienza concreta di chi davvero non manda i figli a scuola, educandoli in maniera più naturale. Non sono quindi solo congetture, ma testimonianze vere, dirette.
Queste testimonianze le hanno cercate in tutta Europa, e l’hanno fatto per un’esigenza di indagine. Se infatti l’educazione a casa è eccellente sulla carta (anche se per molti è invece una piaga), Lucio s’è trovato a chiedersi, dopo aver notato un disallineamento della figlia rispetto ai suoi coetanei, se alla fine questa educazione a casa possa essere in futuro davvero efficiente. Insomma: sua figlia Gaia imparerà tutto ciò che deve imparare? Avrà una vita difficile o difficoltosa?
Per rispondere alle domande Anna e Lucio hanno chiesto non solo a coloro che stanno seguendo lo stesso percorso, ma anche a quanti questa strada l’hanno già affrontata, a chi, insomma, in giro per l’Europa, è cresciuto educato in casa.
Ma cosa significa educare a casa? Semplicemente chiedere al proprio plesso di competenza il permesso per l’educazione parentale, non delegando l’istruzione dei figli alla scuola ma occupandosene direttamente, seguendo i tempi naturali del bambino, le sue inclinazioni, le sue curiosità e le sue modalità. Senza compiti, senza voti.
“Figli della libertà” è un documentario indipendente. Anna e Lucio l’hanno girato con le loro forze, ma credono fermamente che la gente ci tenga. Ecco perché hanno aperto un crowdfunding, disponibile fino al 13 febbraio 2017 (potete donare qui), per far sì che le persone possano aiutarli a finanziare il progetto, in modo da fare uscire entro fine anno il loro prezioso film (che verrà proiettato in molte città italiane il 7 marzo - qui le proiezioni - , ma che vorrebbero rendere disponibile poi su piattaforme online).
“Che cosa diventerà un bambino che non viene interrotto nel suo gioco? Non per una giornata. Ma per quarantacinque anni”. Se lo chiedono nel documentario, e se lo chiede chi è interessato a questo approccio. Ecco perché questo documentario è così importante. Non perché dà risposte granitiche. Ma perché dà moltissimi spunti assolutamente curiosi.
Solitamente i messicani li mangiano a colazione, ma questi huevos rancheros sono così saporiti ed energetici che vanno benissimo anche a pranzo. A noi piace molto questa ricetta sfiziosa, ed è perfetta anche per gli intolleranti al glutine!
Il miglio è davvero benefico, e se decorticato è perfetto anche per i celiaci, poiché non contiene glutine! Tra gli altri benefici troviamo poi la ricchezza di sali minerali, la sua azione energetica, per i suoi carboidrati e gli amminoacidi essenziali, le vitamine del gruppo B, le fibre insolubili (che aiutano la regolarità intestinale) e la presenza di acido silicico, elemento indispensabile per la salute di unghie, capelli e pelle.
Solitamente è utilizzato per l'alimentazione dei bambini (nelle pappe durante lo svezzamento) e per l'alimentazione degli anziani, poiché è molto digeribile. Nonostante ciò, è così buono e semplice che dovremmo riscoprirlo e reinserirlo nella dieta quotidiana di tutta la famiglia, per fare incetta di fibre, vitamine, sali minerali e gusto. Anche perché è molto versatile, e questa carrellata di ricette ve lo confermerà.
La cottura base del miglio permette varie ricette, proprio come la pasta: basterà poi condire con il sugo o le verdure preferite. Iniziate mettendo a tostare in un pentolino il vostro miglio (circa 80 grammi a persona), senza acqua e senza olio, e quando inizia a profumare aggiungete il doppio del peso dell’acqua. Portate a bollore, abbassate la fiamma e fate cuocere per venti minuti. Dopodiché procedete al condimento, preparando, ad esempio, una buona insalata di miglio con feta, menta, zucchine e semi di zucca!
Utilizzando sempre la cottura base, condite il vostro miglio con dei broccoli sbollentati e fatti saltare in padella con olio e aglio. Una ricetta semplice ma davvero ottima, che vi assicurerà tutti i benefici sia delle crucifere sia di questo cereale.
Per delle polpette miglio e verdure procedete in questo modo: dopo aver cotto il vostro miglio, versatelo in una ciotola e lasciatelo raffreddare. Nel frattempo, fate soffriggere mezza cipolla rossa con due carote tagliate a dadini e 100 grammi di pisellini in padella con un filo d’olio, salando e pepando quanto basta. Togliete l’aglio e versate le verdure nel miglio, insaporendo con un po’ di curcuma e curry. Mescolate bene e formate delle palline con le mani e rotolatele nel pangrattato. Infornatele quindi su una teglia coperta da carta forno a 180 gradi per circa 20 minuti, alzando alla fine il grill per dorarle.
Se queste polpette le schiacciate a forma di medaglione invece che a forma di palline, con la stessa cottura, otterrete degli ottimi hamburger vegetariani per imbottire panini. Ai bambini piacerà moltissimo perché, si sa, anche l’occhio vuole la sua parte! Se li impastate molto bene, compattandole al meglio, potete fare saltare i medaglioni in padella con dell’olio, senza ricorrere al forno.
Con il miglio è possibile anche ottenere un porridge, salato o dolce, adatto anche ai celiaci, poiché senza avena. Per quello salato con i funghi, fate tostare 200 grammi di miglio, quindi aggiungetelo a 100 ml di latte vegetale bollente e salato, abbassando poi la fiamma e lasciando cuocere 20 minuti. Nel frattempo, cuocete 50 grammi di funghi in padella con un filo d’olio e del prezzemolo. Alla fine unite il porridge di miglio con i funghi trifolati.
Il porridge dolce è molto, molto buono anche a colazione. Il procedimento sarà lo stesso (fate tostare 100 grammi di miglio e aggiungeteli a mezzo litro di latte vegetale bollente, quindi aggiungete 20 grammi di zucchero di canna integrale). Alla fine servite in una coppetta e guarnite con della frutta fresca...
Oppure con della frutta secca, come ad esempio prugne e mandorle, oppure mele, bacche di Goji e semi di zucca e di girasole.