Un tempo pediatri e pediatre raccomandavano una cosa sola, quando si parlava di camminate in montagna con i neonati o di viaggi in cui si sale di altitudine: meglio non superare mai i 1000 metri di sbalzo.
Il motivo è presto detto: il pericolo di mal di montagna, ovvero una serie di disturbi dovuti esattamente allo sbalzo repentino di altitudine. Oggi però non si parla più di 1000 metri, anche se le precauzioni da prendere ci sono.
Insomma: meglio fare attenzione e cercare di salire in montagna il più gradualmente possibile. Ecco ciò che c'è da sapere e le altitudini che effettivamente sarebbe meglio non superare repentinamente.
Il mal di montagna
Portare i bambini piccoli in montagna richiede alcune precauzioni, soprattutto per evitare il mal di montagna, noto anche come mal di altitudine. Il mal di montagna è una condizione causata dalla diminuzione della pressione atmosferica e della disponibilità di ossigeno ad altitudini elevate. Nei bambini piccoli, questa condizione può manifestarsi con sintomi specifici e richiede attenzione particolare.
Il mal di montagna nei bambini può manifestarsi in vari modi. I sintomi comuni includono:
- Irritabilità e pianto inconsolabile
- Disturbi del sonno
- Difficoltà di alimentazione
- Nausea e vomito
- Stanchezza e letargia
- Mal di testa
- Vertigini
I bambini piccoli potrebbero non essere in grado di comunicare i loro sintomi chiaramente, rendendo più difficile la diagnosi. I genitori devono osservare attentamente eventuali cambiamenti nel comportamento del bambino.
I metri da non superare
Il rischio di mal di montagna aumenta con l'altitudine e con la velocità di salita. È importante considerare che i bambini, a causa del loro sistema respiratorio e cardiovascolare ancora in via di sviluppo, possono essere più suscettibili ai cambiamenti di altitudine rispetto agli adulti.
Oggi esperti ed esperte concordano più o meno su altre cifre (non più i 1000 metri a cui siamo abituati). Meglio evitare lo sbalzo di 1500-2000 metri nel primo anno di vita, evitando di alzarsi di quota del tutto nel primo mese del bebè.
Non si parla, attenzione!, di salire oltre i 1500 metri. Si parla di superare lo sbalzo, e va quindi sempre considerata l'altitudine dalla quale si sta partendo. Detto questo, nei primi anni di vita va considerata anche l'altitudine sul livello del mare, evitando di salire oltre i 2000 metri.
Il discorso vale sia a piedi (durante le escursioni) sia in automobile. Se quindi si sta salendo per raggiungere la località, prima di superare i 1500 metri è bene fare una pausa per far sì che il corpo del bebè si abitui, evitando lo sbalzo repentino.
Come prevenire il mal di montagna
Alla luce di queste considerazioni, per prevenire il mal di montagna nei bambini piccoli si consiglia di seguire alcune linee guida:
- Gradualità nell'ascesa: Evitare di salire rapidamente a grandi altezze (e al massimo 1500-2000 metri). È meglio fare tappe intermedie per permettere al corpo di adattarsi.
- Lasciare il ciuccio: Il ciuccio stimola la deglutizione ed evita il trauma all'orecchio interno (la sensazione di orecchio tappato che percepiscono anche gli adulti e che potrebbe causare dolore nel bebè).
- Altitudine massima: Per i bambini sotto i 2 anni, si consiglia di non superare i 2500 metri di altitudine. Dai 2 ai 10 anni, è meglio non superare i 3000 metri.
- Idratazione: Mantenere il bambino ben idratato è fondamentale. L'aria di montagna è spesso secca e può favorire la disidratazione.
- Monitoraggio costante: Osservare il bambino per sintomi di mal di montagna e essere pronti a scendere di quota se necessario.
- Riposo adeguato: Assicurarsi che il bambino riposi adeguatamente e non faccia sforzi eccessivi.
Cosa fare nel caso si manifesti il mal di montagna
Se il bambino mostra sintomi di mal di montagna, è essenziale intervenire prontamente. La soluzione più efficace è scendere immediatamente a un'altitudine inferiore.
Dopodiché, è bene assicurarsi che il bambino beva liquidi a sufficienza e farlo riposare evitando ulteriori sforzi fisici, rivolgendosi a un medico o a una medica se il malessere persiste.
Fonti: Uppa; Club Alpino Italiano CAI.