"I filtri solari fanno male ai bambini": la risposta dell'Istituto Superiore di Sanità

Un recente paper pubblicato sull'European Journal of Pediatric Dermatology e divulgato dall'Associazione Culturale Pediatri (ACP) ha destato un notevole dibattito. Due pediatre e una medica chirurga dermatologa sostengono, nell'articolo, che le creme solari farebbero più male che bene ai bambini e alle bambine in età pediatrica (a grandi linee).

Cosa sostengono le dottoresse italiane

Le dottoresse Annamaria Moschetti, Pierangela Rana e Maria Concetta Romano partendo dal presupposto che i danni dovuti ai raggi UV e al sole sono innegabili, e che i melanomi sono in aumento, mettono in guardia anche dai prodotti contenenti filtri solari (ovvero le creme), soprattutto in età pediatrica.

Secondo loro i danni da UV sono certamente in aumento. "Un maggior rischio di danni alla pelle da UV è causato da esposizione irrazionale al sole; il rischio è aumentato, soprattutto nelle regioni polari, anche dall’assottigliamento dell’ozono stratosferico causato dai gas clorofluorocarburi (CFC) immessi in atmosfera soprattutto nei decenni passati". dicono". "La popolazione dovrebbe essere informata anche del rischio di esposizione ai raggi UV per la moda dei lettini abbronzanti soprattutto in età giovanile".

Detto questo, sostengono anche che esporsi al sole è benefico, ma che per quanto sia essenziale evitare le scottature, specialmente durante l'infanzia, per prevenirle non si dovrebbe fare affidamento esclusivo sui filtri solari, che potrebbero comportare rischi per la salute. Una revisione degli studi scientifici disponibili, dicono, non ha dimostrato che l'uso di filtri UV riduca il rischio di cancro della pelle. E, secondo la recente letteratura scientifica, i pediatri avvertono che l'uso di filtri solari chimici e fisici con formulazioni 'nano' potrebbe comportare danni alla salute, sostengono nel paper.

Ciò che affermano è che esisterebbero evidenze scientifiche che i filtri chimici possano penetrare la pelle ed entrare nel flusso sanguigno, con molecole che agiscono come interferenti endocrini. Questo rappresenta un rischio significativo, soprattutto durante la vita fetale, la prima infanzia e l'adolescenza. Di conseguenza, la Food and Drug Administration (FDA) non ha classificato i filtri chimici come 'efficaci e sicuri', e l'American Academy of Pediatrics consiglia di evitarli, secondo quanto riportato nel documento dell'Associazione Culturale Pediatri (ACP).

L'alternativa

Ciò che secondo loro andrebbe fatto è proteggere i bambini e le bambine dai danni solari attraverso altri sistemi.

E quindi cappelli, magliette e tessuto tecnico con SPF 50+, ombrelloni e ombra il più possibile. Nel paper dicono chiaramente di "evitare il sole, cercare l’ombra, proteggersi fisicamente con abiti e abbigliamento tecnico", che "sono le opzioni preferibili per la protezione dagli effetti collaterali da UV".

Per rafforzare la tesi, il paper cita anche l'Istituto Superiore di Sanità, che sul suo sito dice di "ricorrere alla crema solo quando è inevitabile", spiegano.

La risposta dell'IIS

L'ISS però non ha mai sostenuto questa tesi e la risposta è arrivata molto presto: 

“L'Istituto Superiore di Sanità è citato nel position paper ma nessuno dei suoi esperti è stato consultato nella preparazione del documento, pertanto le posizioni espresse non possono essere associate a quelle dell'Istituto. Per quanto riguarda le affermazioni riportate nel post di presentazione del documento, precisiamo quanto segue: le creme solari vanno usate quando l'esposizione è inevitabile non perché siano considerate pericolose, ma perché la loro efficacia è limitata per vari motivi: perché la protezione dagli UV non è al 100% (una crema con SPF 15 fa passare nella pelle il 7% degli UV, una con SPF 30 il 3%, una con SPF 50 il 2%), perché le persone non le utilizzano come previsto (cioè usandone in quantità adeguata e ripetendone l'applicazione come suggerito, questo anche per via del costo delle creme) e perché danno un falso senso di sicurezza che porta le persone a prolungare l'esposizione. Devono essere considerate come l'ultimo presidio quando tutte le altre misure preventive non vengono adottate (per scelta o per impossibilità, consideriamo che ci sono anche persone che lavorano sotto il sole, non si parla solo di esposizioni "ricreative"). Una volta che si renda necessario l'utilizzo di creme solari allora queste non vanno usate "il meno possibile", ma al contrario "il più possibile" spalmandole in maniera abbondante e ripetendone l'applicazione”.

Come proteggersi

Di seguito, quindi, l'elenco ufficiale del Ministero della Salute con le regole di protezione dai raggi UV:

  • Limitare il più possibile l’esposizione alla luce solare nelle ore più calde, tra le 10 e le 14.
  • Stare all’ombra nelle ore più calde, ricordando che alberi, ombrelli e tettoie non proteggono completamente dalla luce solare.
  • Indossare vestiti protettivi: un cappello a falda larga protegge adeguatamente occhi, orecchie, faccia e retro del collo; gli occhiali da sole ad alta protezione riducono enormemente i rischi per gli occhi; abiti aderenti e coprenti offrono un’ulteriore protezione dalla luce solare.
  • Usare creme solari protettive (almeno +15), applicandole nuovamente ogni due ore oppure dopo aver lavorato, nuotato, fatto attività fisica all’aperto. Ricordare che le creme solari non servono per stare di più al Sole, ma per proteggersi quando l’esposizione è inevitabile.
  • Evitare l’uso di lampade o lettini abbronzanti, soprattutto prima dei 18 anni. 
  • Tenere conto dell’indice UV, scala internazionale che correla il livello di radiazione UV con il grado di rischio: quando l’indice è superiore a 3, occorre mettere in atto le misure preventive.

Qui trovate i consigli per scegliere la crema solare adatta ai bambini, e qui le creme adatte ai bambini che non rovinano l'ambiente.

Fonti: Istituto Superiore di Sanità; ACP

 

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