“Hai appena mangiato, adesso aspetta tre ore prima di fare il bagno altrimenti ti prendi una congestione!”. Praticamente ce lo siamo sentiti dire tutti dalle nostre mamme, dai vicini di ombrellone, dagli zii, dai cugini, da tutte le zie Ignazie del mondo. Eppure qualche mito da sfatare c’è, perché in realtà questo rischio non è proprio così fondato!
Esatto: quest’estate al mare potremo stare un po’ più tranquilli e lasciare che i nostri bimbi si divertano prima e dopo mangiato con tuffi, nuotate e spruzzi. Basta solo prendere qualche precauzione e fare attenzione a certi piccoli gesti.
Lo dice anche Uppa, la rivista italiana di pediatria tra le più autorevoli nel mondo dell’Internet: fare il bagno dopo mangiato non aumenta il rischio di congestione e annegamento. Anzi. Se vogliamo proprio essere precisi, la “congestione” (e cioè il blocco della digestione dovuto allo sbalzo termico) è uno di quei malanni che noi italiani abbiamo da sempre in testa ma che come il “colpo di freddo” e la “cervicale” in verità non sono così reali (o almeno non nel senso nel quale li intendiamo noi: la congestione è più facile prenderla bevendo una bevanda ghiacciata o entrando in una stanza iper condizionata quando la temperatura esterna è molto alta).
Per intenderci: la mitologia della mamma italiana in spiaggia a Ferragosto vuole che sia proibito il bagno dopo mangiato (soprattutto se il pasto era abbondante) perché pericolosissimo, perché si rischia una congestione e perché il pericolo di annegamento è dietro l’angolo, anche perché durante la digestione il flusso sanguigno aumenta nel tratto gastroenterico, diminuendo in polmoni, cervello e cuore (anche se, in realtà, non è che questi ne vengano privati…).
Ma i pediatri di Uppa, portando anche letture scientifiche (questa e questa), smentiscono questa credenza: in realtà non vi è nessuna prova scientifica che fare il bagno dopo mangiato aumenti il rischio di annegamento rispetto a farlo a stomaco vuoto e non ci sono nemmeno casi riportati di bambini annegati a causa della pancia piena. Le cause sono altre, eventualmente.
Semplicemente, bisognerà fare attenzione ad un malessere generale. O meglio: è ovvio che mangiare troppo è pericoloso, a prescindere, perché un’abbuffata si ripercuote sul fisico. Ma in questo caso solitamente non viene nemmeno voglia di fare il bagno e soprattutto il bambino nel momento in cui si sente male non si fa problemi a uscire dall’acqua. Quindi un accorgimento è quello di educare i bambini a comunicare i propri malesseri, in generale, e a farli stare un po’ all’ombra nel momento in cui non si sentono al top. E poi c’è da dire che solitamente sono gli adulti che si abbuffano, e non i bambini, che in spiaggia sono contenti del panino imbottito e del frutto dopo mangiato, impazienti di tornare a giocare. No?
In ogni caso, non è la digestione che rende il bagno pericoloso. Ciò che aumenta il rischio è semplicemente il brusco impatto del viso con l’acqua fredda, che è pericoloso sia da sazi che da digiuni. Fate caso ai nuotatori e ai tuffatori professionisti: prima di entrare in acqua d’impatto fanno una doccia fredda, o addirittura si bagnano direttamente il viso con l’acqua della piscina.
L’impatto dell’acqua fredda sul viso è pericoloso poiché provoca una reazione nervosa che rallenta il battito cardiaco e abbassa la pressione. Se questo dura per più di un secondo il cervello si blocca e il rischio è quello di affogare anche nell’acqua bassa (anche in pochi centimetri).
Tutto questo per dire: no, non è pericoloso entrare in acqua dopo mangiato. No, non serve attendere tre ore dopo il pasto. Semplicemente bisogna fare attenzione all’impatto e bagnarsi sempre prima di entrare e di tuffarsi (soprattutto il viso). Bisogna usare buon senso, evitare le abbuffate in spiaggia (evitiamo la carne: quella sì che ci impiega moltissimo a venire digerita, rispetto ai carboidrati e alla frutta e verdura), considerare la temperatura dell’acqua e sorvegliare sempre i bambini: lo sguardo vigile dei genitori è sempre, sempre necessario.
Giulia Mandrino
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Risparmio, salute, fantasia, soddisfazione: i benefici della pasta fatta in casa sono moltissimi ed è un bene che questa artigianalità stia tornando in voga. Lungi dall’essere difficile come si crede, infatti, fare la pasta in casa con le proprie mani è un lavoro soddisfacente e abbastanza semplice che ci permette di avere sempre pasta fresca per pranzo e cena e che ci dà la possibilità di sperimentare farine differenti risparmiando anche un po’.
L’abitudine a comprare la pasta confezionata (che sia di farina “normale”, integrale, senza glutine, di riso, biologica, di cereali…) è ormai radicata nella nostra società. È vero, è molto comodo, ma i benefici e il sapore pieno della pasta fresca resterà sempre imbattibile. Il fatto è che se abbiamo smesso di farla con le nostre mani è semplicemente perché crediamo che sia un processo laborioso e difficoltoso, quando invece ci sono poche ricette tanto semplici quanto quella della pasta fatta in casa!
Il bello è che facendo la pasta in casa avremo sempre sotto controllo tutti gli ingredienti (genuini e sani) e l’azione del prepararla con le nostre mani (anche insieme ai bambini!) ci riempirà lo spirito e ci darà moltissima soddisfazione e tantissima carica.
A livello nutrizionale, la pasta fatta in casa contiene ogni 100 grammi circa 124 calorie (quando cotta) e gli stessi 100 grammi contengono (approssimativamente) 70 grammi di acqua, 4 di proteine, 1 di lipidi, 25 grammi di carboidrati, 19 mg di potassio, 74 di sodio, 1 di ferro, 40 di fosforo, 14 di magnesio, 6 di calcio, 0,3 di zinco, 0,18 di vitamina B1, 0,14 di vitamina B2, 1,3 di Niacina, 0,02 di B6, 61 µg di acido folico.
A livello energetico la pasta fresca è un ottimo alleato poiché il glucosio nel sangue viene rilasciato lentamente e quindi le forze durano di più. Non ha colesterolo, essendo naturale, e per questo è un’alleata del sistema cardiocircolatorio ed è indicata anche per tutti coloro che soffrono di problemi cardiovascolari.
Possiamo scegliere farine di grano, e in questo caso il glutine sarà presente, oppure farine apposite senza questo elemento, perfette anche per i celiaci. Se scegliamo poi le farine integrali e non trattate assicureremo al nostro organismo un giusto apporto di fibre che aiuterà la regolarità intestinale (e per questo motivo la farina integrale è sconsigliata a chi soffre di diverticoli in fase acuta e chi è soggetto a colite).
La buona notizia è che non serve necessariamente la macchinetta per preparare in casa la pasta fresca: se l’abbiamo tanto meglio, ma nel caso in cui questa non fosse disponibile semplicemente basterà stendere su una spianatoia la pasta e tagliarla in tante striscioline formando così delle tagliatelle, oppure tagliarla in rombi per fare i maltagliati, o, ancora, formare con le dita i cavatelli, le orecchiette, gli strozzapreti…
Se abbiamo a disposizione solo il mattarello, basterà prendere una pallina della nostra pasta e appiattirla su una spianatoia infarinata, stendendola poi con il matterello dal centro verso l’esterno, fino a quando non raggiungerà lo spessore desiderato. Con la macchinetta, invece, si partirà con i rulli aperti al massimo facendo passare una pallina di pasta, chiudendo man mano i rulli (un po’ infarinati, ma non troppo) fino ad ottenere lo spessore che volevamo.
400 grammi di farina integrale
4 uova bio
Un pizzico di sale
Con la farina formiamo su una spianatoia una fontana e aggiungiamo un pizzico di sale. All’interno del buco della fontana (o vulcano) rompiamo le uova e iniziamo a lavorare il tutto con la punta delle dita amalgamando bene. Lavoriamo quindi la pasta con il palmo delle mani per alcuni minuti, con forza, stendendo ogni tanto la pasta con il palmo e ripiegandola su se stessa e formando alla fine una palla (quando la consistenza sarà corposa). Lasciamo riposare la palla per 15 minuti avvolta in della pellicola. Stendiamola come spiegato sopra e tagliamola nel formato che preferiamo, oppure utilizziamo la macchinetta.
400 grammi di farina integrale
200 grammi di acqua calda
Un pizzico di sale
Il procedimento è esattamente identico a quello della pasta all’uovo e questa pasta è perfetta per le orecchiette e gli strozzapreti, così come per i maltagliati.
300 grammi di farina integrale
90 grammi di spinaci bio
2 uova bio
Per prima cosa laviamo gli spinaci e mettiamoli a bollire in una pentola con acqua (oppure al vapore). Scoliamoli una volta morbidi e strizziamoli bene, quindi frulliamoli. In una ciotola versiamo la farina e le uova, quindi gli spinaci frullati, e amalgamiamo molto bene con le mani come al solito, impastando bene e ottenendo una palla dalla consistenza compatta e non appiccicosa. Lasciamo riposare la palla coperta da pellicola per mezz’oretta quindi procediamo a stendere e tagliare la nostra pasta a piacimento
400 grammi di farina di grano saraceno
100 grammi di farina di riso
4 uova bio
Sale
Olio
Acqua
Il procedimento è sempre lo stesso della pasta all’uovo, ma prima di procedere dovremo setacciare molto bene le farine per amalgamarle in maniera perfetta.
100 grammi di farina integrale
100 grammi di farina di soia
120 ml di acqua tiepida
Setacciamo le due farine e poniamole in una ciotola. Versiamo al centro l’acqua e cominciamo a lavorare con le dita per amalgamarla. Lavoriamo molto bene ottenendo un impasto compatto e sodo. Stendiamo la nostra pasta con il matterello e tagliamo degli spaghettoni più spessi del solito per creare dei simil-udon. Lavoriamola con delicatezza: è più fragile rispetto alla pasta normale! E la cottura sarà velocissima, con un goccio d’olio nell’acqua per far sì che non si appiccichi.
Giulia Mandrino
La cultura è un insieme di cose bellissime: arte, cibo, tradizioni, musica… E la cultura è qualcosa di importantissimo. È fondamentale coltivare la nostra, quella delle nostre radici, ma è altrettanto importante conoscere le culture diverse dalla nostra, per sviluppare empatia, curiosità, conoscenza e apertura mentale.
Un errore è quello di pensare che la cultura sia qualcosa di distante dai bambini e che sia qualcosa da insegnare solo quando diventano più grandi. In realtà i bambini sono il terreno più fertile in questo senso e l’unione tra la loro curiosità e il loro essere spugne di sapere li rende super propensi ad imparare la propria e le diverse culture del mondo!
Tutte le città, anche le più piccole, hanno le loro gallerie e i loro musei. È importante portare i bambini fin da piccoli in questi luoghi che propongono viaggi nella cultura con le loro mostre storiche, geografiche o artistiche. Possiamo scoprire insieme moltissime cose sul nostro paese e sul mondo, sull’arte di tutte le epoche e sui mondi distanti da noi!
Quando si viaggia è giusto cercare di divertirsi e di rilassarsi, magari in spiaggia o in montagna, ma è anche bellissimo visitare le città nelle quali ci si reca (per non parlare della bellezza di organizzare dei mini weekend con i bambini nelle città d’arte più belle d’Italia e d’Europa!). Abituandoli a scoprire questi luoghi in famiglia, i bambini apprezzeranno probabilmente per sempre le passeggiate nei luoghi artistici, culturali e folkloristici e conosceranno soprattutto un sacco di persone e di stili di vita diversi dal proprio.
La cucina è cultura e da qui non ci si scappa. Un consiglio è quindi quello di cucinare spesso insieme ai bambini insegnando loro i piatti di famiglia e della tradizione (anche con i nonni!) e provando ogni tanto i cibi stranieri che più li stuzzicano. Il cucinare insieme non è solo divertente e stimolante, ma è anche molto importante per far sì che i bimbi sviluppino un palato in grado di apprezzare tutto.
In molti hanno sullo scaffale quella bambola messicana o quella barchetta in legno africana portata da un viaggio da un caro amico o da un generoso parente. Non lasciamogli prendere polvere ma lasciamo che i bambini li scoprano, li tocchino e li rendano un loro giocattolo!
Se abbiamo amici stranieri o che tornano da lontano, è bello farci vedere in prima persona dai bambini a chiedere loro tutto ciò che ci interessa sul paese da cui provengono. Vedrete come si acutizzerà la loro curiosità: in poco tempo saranno anche loro a porre le loro domande e in questo modo impareranno moltissime cose direttamente dalle persone che vivono quella determinata cultura.
Leggere è come viaggiare, leggere è vivere mille vite in una. Sembrerà un cliché ma è così e per questo la passione per la lettura è uno degli insegnamenti che possiamo regalare ai nostri bambini, che guadagneranno per tutta la vita un piacere e un’opportunità per scoprire cose sempre nuove. Iniziamo con il leggere insieme nel letto per poi lasciare che i bambini trovino la loro strada da lettori (qui trovate in nostri consigli per appassionare i bambini alla lettura).
Una volta a settimana noi lo facciamo: andiamo in biblioteca, ci sediamo sui cuscini della zona bimbi e sfogliamo i libri che più acchiappano la nostra curiosità. Solitamente sono quelli che parlano del mondo, con tante illustrazioni e fotografie, oppure quelli sugli strumenti musicali, quelli sugli animali, quelli sugli abiti… Ce ne sono davvero moltissimi e ogni volta è una sorpresa ciò che scopriamo!
Giulia Mandrino
Conosco sempre più bambini e ragazzini che non fanno sport perché devono concentrarsi sulla scuola. È giusto insegnare la serietà e l’impegno ed è fondamentale che i bambini capiscano l’importanza dell’educazione scolastica, ma siamo sicuri che rinunciare allo sport e all’attività fisica solo per ottenere risultati scolatici impeccabili sia una buona idea?
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Dawn Harper (che in tivù avrete visto in “Malattie imbarazzanti”). L’abbiamo conosciuta lo scorso anno ad un evento promosso da Fitbit, l’azienda creatrice di dispositivi da polso per tenere sotto controllo la nostra salute, e abbiamo chiesto direttamente a lei cosa ne pensa di questa tendenza.
“Guardi, prima che dottoressa sono mamma e come mamma ho avuto dei momenti in cui mi assalivano i dubbi. Ma la mia scelta è sempre stata quella non solo di non eliminare lo sport ma di far sì che lo sport e la vita all’aria aperta avessero sempre un ruolo fondamentale nella vita dei miei figli”: ecco la semplice e chiara risposta della dottoressa Dawn Harper.
Il suo discorso, però, non si riferisce meramente all’attività fisica, all’attività aerobica, sportiva o alla corsa, ma in generale alla vita attiva. “Muoversi”, insomma, è la parola d’ordine. “Ogni ora dovremmo muoverci”, ci ha fatto sapere, “perché i benefici del muoversi non vanno ad influenzare positivamente solo il sistema cardiocircolatorio, ma anche il metabolismo”.
Spesso sentiamo l’esigenza di mangiucchiare qualcosina mentre lavoriamo o, per quanto riguarda i nostri figli, mentre si stanno svolgendo i compiti o si sta studiando (con la scatola di cereali sempre lì in bella vista). Ma mangiucchiare danneggia doppiamente il nostro equilibrio metabolico e il nostro benessere a livello di glicemia. Il movimento fisico è davvero una terapia per mantenere stabili gli zuccheri all’interno del nostro corpo!
Ecco perché, ad esempio, i dispositivi Fitbit (il Fitbit Ace è pensato apposta per i bambini, ve ne avevamo parlato qui, mentre il Fitbit Versa è quello per noi genitori) ogni ora segnalano attraverso una leggera vibrazione la necessità di fare qualche passo. Ogni ora dobbiamo muoverci! E lo stesso vale allo stesso modo per i nostri figli. Con i dispositivi Fitbit, quindi, abbiamo la possibilità di ricordarci e di ricordare ai bambini che ogni ora dobbiamo e devono muoversi, facendo un tot di passi. Sembra una sciocchezza, ma cambia tantissimo, e come in un circolo virtuoso il nostro organismo ne beneficerà in maniera massiccia.
Per concludere? La dottoressa Harper sconsiglia vivamente ai genitori di sacrificare ed eliminare lo sport e il movimento dalla vita dei bambini per inseguire semplicemente gli obiettivi accademici. Alle elementari i bambini dovrebbero svolgere almeno quattro ore di attività fisica alla settimana (due a scuola e almeno due fuori casa). Ore che dovrebbero aumentare poi durante le scuole medie (5/6 ore di sport ogni settimana): il corpo mentre cresce ha bisogno di una muscolatura forte!
E poi non dimentichiamo che lo sport è aggregazione, è concentrazione, è tenacia. È una scuola di vita. La dottoressa Harper lo dice chiaro e tondo: come genitori non dobbiamo investire solo nella scuola, ma anche nello sport, sia per una questione di salute fisica sia per quanto riguarda l’educazione e la preparazione alla vita e al mondo del lavoro.
Giulia Mandrino
La tinteggiatura della stanza dei bambini è spesso una fase sottovalutata. Quando prepari la cameretta, ogni dettaglio va adattato all’età dei più piccoli. Non scegliere con attenzione, quindi, solamente i mobili o gli accessori, ma assicurati di usare il colore giusto per le pareti.
Ci sono diversi modi per scegliere il colore giusto. Puoi utilizzare il classico blu e rosa per un bambino o una bambina. In questo caso, meglio scegliere tonalità tenui, oppure optare per una imbiancatura originale: scegli un blu o rosa acceso per una parete lasciando il resto bianco.
Un altro modo per selezionare il colore giusto è considerare la cromoterapia. Ogni colore, infatti, ha effetti diversi sul sistema nervoso e stimola sensazioni diverse. Secondo questo pensiero, quindi, il blu e il verde sono colori che favoriscono il sonno, il riposo e riducono lo stress. Il giallo e il rosa, ma in generale tutti i colori caldi, favoriscono il buon umore. In questo modo, potrai adattare il colore delle pareti al bambino: ad esempio, scegliere il verde per quando è appena nato, e optare per colori caldi quando inizia ad andare a scuola, per favorire la creatività.
(https://projectnursery.com/2015/04/rooms-and-parties-we-love-this-week-108/)
Per una cameretta più particolare, puoi optare per una vernice lavagna, magari da applicare su una delle quattro pareti della stanza. In questo modo, i piccoli potranno colorare i muri, senza rovinarli. Un’altra opzione creativa e originale sono gli stickers o la carta da parati che ti permetteranno di realizzare facilmente decorazioni come foreste e alberi, il tutto senza rovinare le pareti. Questi stickers, infatti, sono delicati sullo strato di pittura, e possono essere rimossi in qualsiasi momento.
Puoi anche utilizzare diversi colori e forme geometriche per imbiancare la stanza in modo creativo.
(https://sticker.satu.site/green-trees-wall-stickers/)
Realizzare questi lavori è spesso facile e il fai da te può essere la scelta giusta se hai abbastanza tempo a disposizione. Con bambini più grandi, al di sopra dei 5 anni, potrai anche chiedere una piccola mano e trasformare la tinteggiatura in un gioco divertente anche per loro.
Se, invece, vuoi realizzare il lavoro velocemente e senza fastidi, assumi un imbianchino della tua zona e inizia subito a decorare la cameretta!.
Predichiamo tanto la parità dei sessi e poi ci fossilizziamo (senza nemmeno accorgercene) in abitudini che di paritario non hanno assolutamente nulla. Ad esempio? Prima di questa notizia probabilmente in pochi ci avevano pensato: perché il fasciatoio, nei luoghi pubblici, è (il 99% delle volte) nel bagno delle donne? Non ci sono forse papà che devono cambiare i propri bambini quando sono fuori casa?
La notizia è recente e fresca e già sta suscitando commenti (super positivi) e iniziative stupende: è bastato che un papà trovasse il fasciatoio in un bagno degli uomini in un paese nel quale solitamente questo fatto è inusuale per aprire gli occhi sulla parità di genere nella genitorialità.
In alcune strutture ci sono fasciatoi all’ingresso. In altre la stanza-fasciatoio è separata dai bagni di uomini e donne, oppure è nei bagni per famiglie. Ma guardiamo in faccia la realtà: la maggior parte delle volte la zona per il cambio pannolino è piazzata semplicemente nel bagno delle donne. Ok, sarà un discorso femminista. Ma è anche da questi dettagli che passa il cambiamento della società, il suo miglioramento. E poi, diciamocelo, femministi o meno, è un dato di fatto: ormai i papà che girano da soli con i bimbi sono tantissimi, quindi perché metterli in difficoltà nel momento in cui devono cambiare il pannolino al proprio figlio?
La notizia parte dunque da un locale milanese, Hug Milano. Recentemente, un papà si è trovato piacevolmente meravigliato nel trovare il fasciatoio anche nel suo bagno, quello degli uomini. Questo papà si chiama Roberto e ha condiviso la sua storia su vari siti d’informazione. In particolare, su onalim.it, che racconta una “Milano al contrario”.
Da papà di famiglia abituato a girare con moglie e figli, e giustamente abituato a dividere i compiti, è stato per lui strano (piacevolmente strano!) trovare in questo locale il fasciatoio nel bagno degli uomini. E la particolarità è che Hug Milano ha scelto di mettere il fasciatoio solo lì, per invertire i ruoli: se prima erano i papà a sentirsi a disagio nel bagno delle donne, ora sono nel loro habitat e le mamme possono finalmente riposarsi e scegliere per una buona volta di rinunciare a quel compito affidato sempre e solo a loro (non da parte dei papà, sia chiaro, ma da regole della società esattamente come questa del fasciatoio nel bagno delle donne).
La notizia s’è diffusa, ed è naturale: praticità e civiltà sono i concetti alla base di questa scelta e di questa scoperta che potrebbe fare da traino e spronare tutti gli ambienti pubblici a dotarsi dei fasciatoi nei bagni degli uomini. Per questo l’associazione Onalim ha lanciato anche una campagna, #iocambio: i papà che passeranno da Hug dovranno fotografarsi mentre cambiano il pannolino ai propri figli diffondendo l’immagine online e sensibilizzando così sull’argomento.
In particolare, per tutti i papà che vogliono partecipare all’iniziativa Hug Milano ha pensato ad un evento (nel quale ci saranno birre gratis per chi cambierà pannolini!): si terrà mercoledì 25 luglio e qui trovate tutte le informazioni.
Ma proviamo a spostare per un attimo lo sguardo. Siamo sicuri che nel mondo non siano già un po’ più avanti rispetto a noi? In effetti in USA è (o dovrebbe essere) così. È infatti del 2016 la legge (il Babies Act) firmata da Barack Obama che impone di installare i fasciatoi in tutti i bagni degli uomini e delle donne all’interno degli edifici federali pubblici (votata praticamente all’unanimità tranne che da 34 congressmen repubblicani).
E vogliamo parlare di Ashton Kutcher? Nel 2015, dopo essere diventato papà, lanciò una petizione per dotare tutti i luoghi pubblici di fasciatoi nei bagni degli uomini. In più di 100.000 hanno firmato a sostegno di questa proposta, corredata da un bellissimo discorso che qui di seguito riportiamo:
“Da neo papà, ho recentemente notato che esiste una sfortunata realtà attorno al cambio pannolino nei luoghi pubblici. Quasi tutti i fasciatoi pubblici sono infatti nei bagni delle donne e questo rende praticamente impossibile trovarne uno che sia accessibile ai papà. Per quanto suoni assurdo, molti negozi non danno ai papà la possibilità di cambiare i propri figli.
Siamo nel 2015, le famiglie sono diverse ed è un'ingiustizia pensare che cambiare pannolini sia solo un lavoro da donne. Questa supposizione è uno stereotipo di genere e le aziende dovrebbero invece supportare tutti i genitori mentre fanno shopping nei loro negozi, equamente, al di là del genere.
I fasciatoi nei bagni degli uomini saranno solo un piccolo passo nel lungo processo di eliminazione della discriminazione di genere, ma è un passo che dobbiamo compiere. I padri, come me, vogliono partecipare equamente alla cura dei propri bambini e la nostra società dovrebbe supportarli”.
Giulia Mandrino
È già qualche anno, ormai, che si parla di Didattica per competenze. Questo grazie al fatto che l’Unione Europea ha sollecitato i suoi stati membri a cambiare rotta per passare dalla classica didattica per conoscenze a quella per competenze, per un’educazione dei ragazzi più completa e concreta che possa accompagnarli nel loro ingresso nel mondo adulto (in particolare lavorativo, ma, a nostro avviso, a tutto tondo, dal momento che le competenze acquisite sono poi utili in tutti gli aspetti della vita).
Ma cosa è questa didattica per competenze? Ve lo spieghiamo subito cercando di capire quali siano gli aspetti positivi di questo nuovo di educare i nostri ragazzi.
Nella nostra società (ma un po’ in tutte, se riflettiamo; semplicemente non eravamo abituati a pensarlo) è necessario non fermarsi solo alle conoscenze. Il mondo è in costante cambiamento, sia a livello culturale sia a livello scientifico, e di conseguenza le conoscenze acquisite non saranno mai abbastanza. Ma con un bagaglio di competenze più ampio e applicabile in differenti modalità le nostre abilità saranno declinabili in ogni situazione. La scuola, di conseguenza, non può più limitarsi a fornire conoscenze tecniche e teoriche ai nostri ragazzi ma deve promuovere un nuovo tipo di apprendimento, più elastico e rivolto alla persona, non solo ai concetti.
Se la didattica per conoscenze (che è quella alla quale siamo abituati) pone il suo focus sulle informazioni date agli studenti attraverso un rapporto insegnante/alunno di semplice insegnamento/apprendimento, quella per competenze vuole integrare anche le abilità e le attitudini. Le abilità sono le capacità di applicare alle situazioni reali le conoscenze apprese e le attitudini sono gli atteggiamenti che una persona ha nei confronti dell’altro e a livello personale profondo.
Sfruttando la didattica per competenze, quindi, la scuola darà ai nostri ragazzi un nuovo bagaglio, molto più utile, che unisce alle (imprescindibili, sia chiaro) conoscenze le abilità e gli atteggiamenti che saranno per loro necessari per sapersela cavare in ogni contesto. Acquisendo le competenze, oltre alle conoscenze, i ragazzi saranno quindi in grado di aggiornarsi costantemente non fossilizzandosi sulle conoscenze impartite semplicemente in quel momento, sapranno muoversi nei diversi contesti in cui la vita li porterà e saranno in grado di risolvere i problemi nel momento in cui se li ritrovano di fronte, seguendo la propria strada consapevolmente e con gli strumenti di cui hanno bisogno.
In concreto, gli insegnanti non possono più semplicemente impartire agli alunni nozioni, date, formule e definizioni a memoria. Devono certamente insegnare tutto questo, ma a patto che lateralmente ci siano altri insegnamenti, più sfruttabili e declinabili. Ad esempio, il metodo di studio, l’immedesimazione nell’altro, il problem-solving, i metodi di ricerca, l’attitudine a fare delle ipotesi, la progettazione insieme…
Le competenze alle quali la didattica per competenze si riferisce sono infatti capacità trasversali, definite nella Raccomandazione del Parlamento Europeo del 2006, tra le quai troviamo la capacità di comunicare nella propria lingua, di comunicare nelle lingue straniere, l’abilità digitale, le competenze matematiche e scientifiche di base, le competente interpersonali e interculturali, le competenze civiche, la capacità di imparare, l’espressione culturale e l’imprenditorialità.
Per fare tutto questo la scuola ha bisogno di dotarsi di insegnanti in grado non solo di snocciolare conoscenze ma capaci di coinvolgere gli alunni in attività che abbiano lo scopo di portarli a sviluppare le proprie competenze. Le ricerche in gruppo, le collaborazioni con altri, le riflessioni sull’operato, le riflessioni sull’apprendimento, l’applicazione dei concetti a situazioni reali, la risoluzione di problemi verosimili e la valutazione delle proprie azioni sono tra queste attività.
Ci sono poi delle regole e caratteristiche da cui le scuole che scelgono la didattica per competenze non possono prescindere. Parliamo della centralità dello studente nella didattica, che deve essere protagonista e costruttore del proprio apprendimento; dell’importanza della spiegazione del valore di ciò che si sta andando ad insegnare, per fare entrare sempre più dentro la materia gli studenti (che nel momento in cui capiscono appieno di cosa si sta parlando sono molto più coinvolti; spiegare qual è l’importanza di un determinato argomento per il loro futuro è davvero utile); dell’assegnazione di compiti concreti che rendano l’apprendimento delle conoscenze una vera esperienza; spronare al confronto, incitando i ragazzi ad esprimere sempre la propria opinione, stimolando così le discussioni fruttuose e positive; focalizzarsi su ogni ragazzo e indirizzarlo, aiutarlo e sostenerlo nel suo processo di apprendimento, che non è mai uguale per tutta la classe ma ad hoc per ognuno (con particolare attenzione ai ragazzi affetti da disturbi dell’apprendimento).
Tra i metodi che gli insegnanti possono utilizzare ci sono l’organizzazione di mostre tematiche in classe (aperte a tutti); l’assegnazione di ricerche sui nuovi argomenti (ogni studente o gruppo di studenti porterà un nuovo tema ancora non affrontato in classe e lo esporrà ai compagni); l’idea di fare impersonare all’alunno interrogato un personaggio oggetto di studio in storia, in modo che si cali nel contesto storico e nella cultura, oppure un abitante del luogo che si sta approfondendo (in geografia); il compito di organizzare insieme alla classe la prossima gita; l’organizzazione della raccolta differenziata in classe; la simulazione del consiglio di amministrazione di un’azienda nella quale si sta decidendo quale energia alternativa utilizzare per ottimizzare la produzione e impattare il meno possibile l’ambiente (in scienze)… E così via. In questo modo i ragazzi si caleranno nelle situazioni, interessandosi di più e capendo meglio l’utilità delle conoscenze acquisite.
Quali sono le scuole che possono sperimentare questo approccio della didattica per competenze? Praticamente tutte, dalle scuole elementari agli istituti di istruzione superiore, adattando queste semplici regole ai vari livelli di studio e in base agli alunni che ci si trova di fronte.
Giulia Mandrino
Ti sei mai chiesto perché la Croazia è così gettonata per le vacanze estive? Forse la prima risposta che ti viene in mente è: “per i suoi prezzi bassi”. Sicuramente questo è un vantaggio da tenere in considerazione, ma, a ben vedere, mete a prezzi vantaggiosi in giro per il mondo ce ne sono numerose. I vantaggi più eclatanti sono altri, in primis i paesaggi e il mare della Croazia, decisamente piacevoli e a una distanza relativa vicina.
In molti decidono di raggiungerla in auto. Spesso però ci si ritrova tutti insieme sull’autostrada e le code, soprattutto nei periodi più caldi delle partenze, non risparmiano nessuno. Giacché il mare e la bellezza delle coste sono un’attrattiva interessante, a questo punto la soluzione potrebbe essere di vivere la vacanza in modo differente. Ti stai domandando come? Con il noleggio barche in Croazia.
Il tutto è molto semplice e fattibile online: direttamente su internet è infatti possibile scegliere con cura l’imbarcazione di cui si ha bisogno in base alle proprie esigenze (che sia una vacanza con la famiglia, in coppia, con amici oppure anche in solitaria) affittando la propria barca, che attenderà nel luogo dal quale si salperà. Per visitare la parte settentrionale della Croazia l’ideale è scegliere un porto italiano più a nord, mentre Ancona è la città perfetta dalla quale salpare se la meta sono la zona di Spalato o le numerose isole attorno ad essa.
La tua meta potrebbe essere proprio Spalato, che ha un dedalo di vie in cui passeggiare, dalle quali ammirare questa cittadina facilmente visitabile a piedi. Perché no? Puoi farti una bella mangiata in riva al mare: i ristoranti hanno prezzi abbordabili e la scelta molto varia riesce a soddisfare un po’ tutti.
Tutti a bordo che è ora di salpare in direzione di Solta, l’isola del relax, con il suo piccolo villaggio (con l’essenziale per rifornirsi), la spiaggia di Stomorska e l’acqua stupenda per un bagno.
Il viaggio continua alla volta di Hvar, così famosa che è un peccato non visitarla. La cittadina ricorda il dominio veneziano, che ebbe una forte influenza. Se hai voglia di paesaggi immersi nella natura, ti basterà spostarti di poco con la barca e raggiungere una delle undici isole Paklen, la cui caratteristica principale sono le sue macchie boscose nel mare circondate da acque cristalline. In questi luoghi regna una pace assoluta, ed essendo queste isole così vicine ad Hvar un’idea meravigliosa è quella di cercare, verso il tramonto, una baia dell’isola per godere del sole che cala e spostarsi poi in città per la movida serale.
La libertà del poter scegliere di fare una vacanza organizzata da te, secondo i tuoi ritmi e noleggiando una barca, ha dei vantaggi notevoli e ti farà sentire così libero e indipendente che forse diventerà un tuo stile di vacanza!
Giulia Mandrino
Se “maternità e lavoro” è un argomento scottante, lo è ancora di più se preso dal punto di vista “maternità e libera professione”. Ma perché scoraggiarsi? Perché fermarsi solo alla percezione che abbiamo da fuori rinunciando al proprio sogno? Essere mamma e avere una partita IVA è possibile, e Valentina Simeoni ce lo mostra attraverso un libro davvero meritevole, scorrevole e delizioso: “Mamme con la partita IVA” è uscito da pochissimo ma sta già aprendo gli occhi a moltissime madri che non vogliono rinunciare ad una carriera professionale soddisfacente.
Non ci nasconderemo dietro un dito: essere mamma e lavoratrice è difficile e può esserlo ancora di più per una libera professionista. Perché districarsi tra contributi di maternità, paternità, permessi, mobbing e quant’altro è una realtà e lo è anche nel caso delle mamme con partita IVA, che senza un “capo” devono fare i conti con la burocrazia in prima persona.
E poi c’è naturalmente il fattore denaro: se non lavoro durante la maternità come posso mantenere la mia famiglia? E se invece continuo a lavoricchiare anche nei primi mesi, mio figlio ne risentirà?
Ciò che continuamente salta fuori è la visione inconciliabile di maternità e libera professione. Pare quasi che la maternità sia un impiccio o, dall’altra parte, una dimensione che non può convivere con la carriera. Che sia un limite. Perché diventare mamma stopperebbe il percorso professionale e perché continuare la strada lavorativa impedirebbe la creazione di una famiglia.
I dubbi, insomma, sono tantissimi e ciò che ci vuole è una buona lettura. Ma non una lettura qualsiasi di un saggista qualsiasi che parla di una maternità qualsiasi. Una testimonianza diretta è quel che ci vuole, ed è proprio di questo che stiamo parlando: Valentina Simeoni è davvero una mamma con partita IVA (e l’ha piazzata anche in quarta di copertina, per essere certa che le crediamo!), una mamma che ha deciso di continuare la carriera dopo la nascita del primo figlio, una mamma che ha aperto la partita IVA nel 2013 e che è diventata madre nel 2016. "Mamme con la partita IVA" è il titolo del suo libro, edito da Sonzogno.
“Mi chiamo Valentina e sono una di voi”: la frase di apertura del libro dice tutto. Dice “solidarietà”, dice “comprensione”, ma dice anche che l’autrice ne sa, perché c’è dentro, che sa di cosa parliamo ma anche ciò di cui c’è bisogno, a livello concreto e pratico. Per farlo porta la sua esperienza, ma anche quella di tante altre donne che non hanno deciso di soccombere davanti alle minacce della società.
C’è chi apre la partita IVA e poi diventa mamma, come Valentina. C’è chi la apre dopo essere diventata madre. Chi la apre e poi la chiude ma se ne pente. Chi lavora da casa e sa quanto è difficile dividere le cose, rischiando sempre di trascurare una delle due cose (cosa che sul lavoro dipendente non viene percepita così nettamente, dato che casa e lavoro sono distinti e lontani).
Valentina parla quindi di come organizzarsi, di come trovare i propri spazi, di come concentrarsi (dato che la testa cambia moltissimo dopo la maternità), di come prendere esempio dalle mamme che, consapevoli delle interferenze e dei problemi dati dal lavorare da casa, hanno saputo prendere queste interferenze e trasformarle in opportunità per migliorarsi lavorativamente (ragazze, pensiamoci: già siamo multitasking di nostro, se riusciamo a lavorare con un bimbo piccolo a casa le nostre abilità organizzative si ampliano esponenzialmente!), della preziosità dei nonni e di come fare quando tra noi e loro ci sono migliaia di chilometri di distanza…
La scrittrice non lascia da parte nemmeno i temibili contributi: con poche parole e un pratico elenco fa capire alle madri che non tutto è perduto, ma soprattutto dà consigli reali per districarsi tra le migliaia di regole che normano l’apertura di una partita IVA e la richiesta dei contributi di maternità.
E poi dà dei consigli concreti e utili, stilando un elenco conciso e intuitivo per tutte le mamme che stanno pensando di fare questo passo, ma anche per quelle che già sono lavoratrici autonome. Tra questi consigli? La preparazione, il non aver paura a chiedere aiuto, il delegare, l’osare e il rilassarsi. Tutte azioni che alla fine della lettura ci sembreranno semplicissime e assolutamente indispensabili e che ci faranno sentire meno impaurite.
In ogni caso ciò che ne esce è semplice e diretto: certo che le difficoltà ci sono, sono moltissime. Ma a ben vedere quale professione e quale vita sono prive di difficoltà? Quindi che tu sia giornalista, illustratrice, cuoca a domicilio, orafa, comunicatrice o blogger, perché rinunciare al tuo lavoro solo perché le parole “regime, contributo di maternità, previdenza, tasse…” ti spaventano a tal punto da farti rinunciare ai sogni? Queste parole dovrebbero essere un aiuto, non qualcosa che ci dissuade.
Giulia Mandrino
Vi avevamo già parlato di tutti gli sport estivi che i nostri bimbi possono provare e che non sono il solito nuoto (comunque importantissimo!). Ci sono la vela, la canoa, il windsurf, il kyte-surf… L’occasione delle vacanze estive è sempre ghiotta per trovare qualche scuola che proponga questi sport estivi per bambini e se passate dalla Costa Ligure non potete lasciarvi sfuggire la Scuola di Mare Santa Teresa, attivissima nelle attività sportive marittime per ragazzi dai 7 ai 13 anni.
La Scuola di Mare Santa Teresa si trova in località Pozzuoli, a Lerici, in una zona stupenda delle nostre coste. Presenta anche una struttura nella quale alloggiare (davvero deliziosa) e durante le giornate (non solo estive! Anche nel fuori stagione sono attivi con weekend finalizzati ai corsi, alle escursioni e alle esperienze per tutta la famiglia) offrono corsi dedicati alle attività sportive.
Da loro possiamo non solo approcciarci alla vela, dal momento che la loro scuola è specializzata su questo sport marino: attraverso lezioni ad hoc i maestri porteranno i bambini e i ragazzi ad approcciarsi a questa disciplina con corsi di varie durate in relazione alle esigenze.
In particolare per i ragazzi dai 7 ai 13 anni è pensato il Junior Camp, per vivere appieno l’esperienza della vela ma sperimentando tutte le discipline acquatiche, dal noto alla canoa, dal kayak alla vela, insieme agli altri bambini e ragazzi che parteciperanno.
Ogni settimana d’estate, quindi, la Scuola di Mare Santa Teresa propone il Junior Camp. Si può scegliere di partecipare solo la mattina, solo il pomeriggio oppure tutto il giorno, dal lunedì al venerdì (con prezzi che variano da 170 euro a 130 euro a settimana, con la possibilità - ad un prezzo aggiuntivo - di avere anche il pranzo incluso, il vitto e l’alloggio e le domeniche incluse). Durante la giornata tipo i ragazzi vengono accompagnati da istruttori preparati nelle varie discipline (anche in base alle condizioni meteorologiche) e in totale sicurezza. I bambini potranno così nuotare, pagaiare, navigare o provare il wind surf.
In alternativa si possono anche scegliere i pacchetti per la famiglia al completo o per i gruppi, per condividere l’esperienza di questi sport acquatici. Tutti possono partecipare, perché le attività vengono organizzate in base alle esigenze, ai gusti e al livello di preparazione, ma il bello è che in ogni caso ci si divertirà facendo l’esperienza dell’equipaggio, condividendo tutti gli aspetti della giornata in mare.
Bellissima è la proposta per famiglie VelaVelo, per imparare i primi rudimenti della barca a vela, a contatto con il mare e con la natura. Gli istruttori in una giornata guideranno i partecipanti passo passo in questo sport, insegnando le basi della navigazione in vela (sempre sotto il loro controllo, ma lasciando condurre la barca ai partecipanti).
Ciò che ci piace della Scuola di Mare Santa Teresa non sono solo le proposte per tutti (sempre in sicurezza e con maestri preparati, attenti alle esigenze di tutti), ma anche il loro amore spassionato per l’elemento acqua e il mare, che trasmettono a tutti i loro allievi e che si manifesta anche nel fatto che la Scuola non è aperta solo in estate. La Scuola di Mare Santa Teresa, infatti, ci tiene moltissimo a promuovere il mare anche nei mesi invernali (e anche noi lo amiamo moltissimo!). Non solo: ha stretto collaborazioni con vari enti per la salvaguardia dell’ambiente marino, tra i quali One Ocean, Sea Sheperd, WWF Travel, Verdeacqua e ARPAL.
Giulia Mandrino