Cosa regalare a una ragazza per la cresima

Martedì, 13 Maggio 2025 14:13

Per una ragazza, la cresima può essere un momento molto sentito, non solo dal punto di vista religioso, ma anche personale e familiare. È un’occasione in cui si percepisce di essere cresciute, di entrare in una fase diversa della vita, con più autonomia e responsabilità. Il regalo scelto per questo passaggio dovrebbe rispettare questa consapevolezza, senza cadere nel banale o nel puramente estetico. Serve qualcosa che parli della persona, che accompagni e che, possibilmente, resti nel tempo.

Un segno di crescita personale

Regalare qualcosa che sottolinei il cambiamento d’età è spesso la scelta più adatta. Molti genitori, padrini e madrine optano per un gioiello semplice e duraturo, come una collanina in oro bianco con un piccolo ciondolo, magari una lettera iniziale o una croce. Non deve essere vistoso, ma deve far sentire la ragazza valorizzata. Anche un anello in argento con una pietra colorata, scelto insieme per rispettare i suoi gusti, può diventare un simbolo da portare negli anni. In alternativa, un orologio sobrio e adatto all’età, come quelli con cinturino in acciaio o pelle sottile, può rappresentare l’idea del tempo che passa e della fiducia verso una nuova fase della vita.

Un oggetto che parli di spiritualità

Per alcune famiglie è importante che il regalo richiami il significato religioso della cresima. In questi casi, si può pensare a una medaglietta con l’immagine della Madonna, di santa Chiara o di un altro riferimento spirituale vicino alla ragazza. Anche una piccola Bibbia o un Vangelo con copertina rigida illustrata, magari con una dedica scritta a mano all’interno, può diventare un oggetto intimo, che accompagna la crescita con discrezione.

Chi preferisce qualcosa di più personale può scegliere una candela fatta a mano con una parola simbolica incisa – come “luce”, “forza” o “gratitudine” – da tenere sul comodino o accendere nei momenti significativi.

Un regalo che segua le sue passioni

A questa età, molte ragazze iniziano a coltivare interessi specifici. Alcune amano leggere e apprezzano un romanzo scelto con cura, magari firmato da un’autrice che parla di crescita, amicizia o identità. Altre si dedicano alla scrittura e potrebbero ricevere con piacere un taccuino artigianale rilegato in tessuto, da usare come diario personale. Se la ragazza ama la musica, si può pensare a un altoparlante bluetooth di buona qualità o a delle cuffie leggere ma resistenti.

Chi è appassionata di danza, di disegno o di fotografia potrà ricevere con gioia qualcosa che incentivi la pratica: un set da acquerello professionale, un buono per un corso breve, oppure una piccola macchina fotografica istantanea, come la Instax Mini, che permette di creare ricordi fisici legati alla cresima e ad altri momenti speciali.

Un gesto che guarda lontano

Ci sono regali che non si vedono subito, ma che hanno un valore concreto nel tempo. Alcuni nonni o genitori scelgono di aprire un libretto di risparmio, con una somma simbolica da lasciare crescere, come primo gesto di fiducia verso il futuro. È un’idea che piace soprattutto quando viene accompagnata da parole scritte, che spiegano il senso del dono.

Anche un oggetto utile per lo studio può essere adatto: una lampada da scrivania di design, una sedia ergonomica, oppure una borsa capiente e ben fatta, pensata per le scuole superiori o per le attività pomeridiane. Chi vuole fare un regalo più personale ma sempre utile, può scegliere un astuccio in pelle, con le iniziali incise, o un portagioie da tenere sul comò, non tanto per il suo contenuto quanto per ciò che rappresenta: la cura di sé, la bellezza sobria, il tempo che passa.

Cosa regalare a un ragazzo per la cresima

Lunedì, 12 Maggio 2025 13:04

La cresima è un passaggio importante. Per molte famiglie cattoliche rappresenta la conferma del cammino di fede e un’occasione per riconoscere che il ragazzo o la ragazza sta crescendo. Per questo, chi partecipa alla festa cerca un regalo che non sia solo “utile” o “bello”, ma anche adatto al momento. Un dono che unisca simbolo e personalità, e che magari possa restare nel tempo.

Un oggetto che segni il passaggio alla maturità

Regalare un orologio classico, come un Casio in metallo o un automatico Seiko, è ancora oggi una scelta significativa. Non è un accessorio alla moda da cambiare dopo pochi mesi: è un oggetto che può accompagnare il ragazzo per anni e diventare parte del suo stile.

Lo stesso vale per una penna stilografica Parker o Lamy, magari con il nome inciso: utile per la scuola, ma anche un simbolo di fiducia e di serietà.

Chi ama i gesti concreti può scegliere un portafoglio in pelle, sobrio e resistente, come primo oggetto “da grandi”, oppure un portachiavi personalizzato, se il ragazzo inizia a gestire le proprie chiavi di casa o della bicicletta.

Un regalo con un significato spirituale

Un piccolo crocifisso in legno d’ulivo, proveniente dalla Terra Santa o realizzato da artigiani locali, è un dono semplice ma molto ricco di senso. Se si preferisce qualcosa di indossabile, una medaglietta d’argento con san Francesco, san Michele o un altro santo legato al nome del ragazzo può diventare un oggetto da tenere sempre con sé.

Un Vangelo per ragazzi, come l’edizione illustrata della San Paolo o quella tascabile della Elledici, è un altro modo per offrire uno strumento che accompagni la crescita spirituale. Chi desidera qualcosa di più personale può scrivere una lettera e accompagnarla con un oggetto simbolico, come una pietra con incisa una parola importante (“coraggio”, “fiducia”, “luce”) o una candela decorata da accendere nei momenti di preghiera.

Un dono che segue le sue passioni

Se il ragazzo suona uno strumento, regalare un accessorio come un buon leggio, una custodia rigida o un buono per lezioni avanzate è un modo per sostenerlo senza forzature. Per chi ama il disegno, un set professionale di matite e pennarelli, o una tavoletta grafica, possono essere strumenti che aiutano a coltivare la creatività. Anche un abbonamento annuale a una rivista a tema scientifico, sportivo o tecnologico, come Focus JuniorGiornalino o Topolino, è un’idea che unisce piacere e stimolo intellettuale.

Se il ragazzo è appassionato di natura o attività all’aperto, uno zainetto da trekking, un binocolo o una borraccia termica di buona qualità possono accompagnarlo nelle sue esplorazioni.

Un investimento utile per il futuro

Molti genitori o nonni scelgono di regalare una somma da mettere da parte, non per il presente ma per quando sarà più grande. Aprire un libretto postale o un conto risparmio per minorenni è un gesto concreto, spesso accompagnato da una lettera che spiega il significato del dono. Anche regalare un dispositivo utile per lo studio, come un tablet base, può avere valore se pensato come strumento di crescita, non solo di svago.

Un altro dono duraturo può essere una lampada da scrivania ergonomica, una sedia comoda per studiare o una libreria piccola da sistemare nella sua stanza: oggetti che sembrano semplici, ma che migliorano la qualità dello studio quotidiano e rafforzano il senso di autonomia.

La cecina, conosciuta anche come torta di ceci, è una preparazione tipica della tradizione culinaria toscana e ligure. In Toscana viene chiamata “cecina”, mentre a Livorno è nota come “torta” e in Liguria prende il nome di “farinata”. Nonostante i nomi diversi, si tratta dello stesso piatto: una focaccia bassa, dorata e croccante ai bordi, preparata con farina di ceci, acqua, olio extravergine d'oliva e sale. È una ricetta molto semplice, senza glutine, senza latticini e adatta anche a chi segue un'alimentazione vegetale.

La cecina si consuma spesso come street food, servita calda in fogli di carta o dentro una focaccia, ma può essere anche un piatto unico leggero oppure un antipasto.

La farina di ceci è utilizzata da secoli nel bacino del Mediterraneo. La cecina ha probabilmente origini antiche, con radici che risalgono al periodo romano o persino precedente, legate alla cultura del legume come fonte di proteine vegetali. Una leggenda popolare attribuisce la nascita della farinata a un episodio avvenuto nel 1284 dopo la battaglia della Meloria tra Genova e Pisa. Durante il trasporto dei prigionieri pisani via mare, una tempesta fece rovesciare barili di olio e sacchi di farina di ceci che si mescolarono all’acqua salata del mare. La miscela, esposta al sole, si indurì e i marinai affamati iniziarono a consumarla: nacque così la farinata.

Nel tempo, la preparazione si è evoluta, ma è rimasta legata a poche regole precise: la cecina è sempre molto sottile, cotta in teglie di rame stagnato o alluminio in forni molto caldi, fino a formare una crosticina dorata in superficie.

La ricetta della cecina o torta di ceci

 

Il conclave spiegato ai bambini

Giovedì, 08 Maggio 2025 08:47

Quando un papa muore o si dimette, come è successo con Benedetto XVI nel 2013, la Chiesa cattolica deve scegliere un nuovo papa. Ma come si fa? Si riuniscono cardinali da tutto il mondo in un incontro speciale che si chiama conclave. È un momento molto importante e antico, pieno di simboli e regole. Vediamo insieme che cos’è, come funziona e perché è così speciale.

Chi sceglie il papa?

Il papa viene scelto da un gruppo di persone molto importanti della Chiesa: i cardinali. Sono religiosi di alto rango che aiutano il papa a guidare la Chiesa. Alcuni sono vescovi, altri lavorano in Vaticano, altri ancora vengono da Paesi diversi del mondo.

Solo chi ha meno di 80 anni può partecipare al conclave e votare per il nuovo Papa. In genere ci sono circa 120 cardinali elettori (anche se per l'elezione del papa post Francesco sono 133). Sono loro che si riuniscono per decidere chi sarà il prossimo pontefice.

Che cos’è il conclave?

La parola conclave viene dal latino e significa “chiusi a chiave”. Infatti, quando inizia il conclave, i cardinali entrano in una parte speciale del Vaticano (la Cappella Sistina) e restano lì senza uscire finché non scelgono il nuovo Papa. Nessuno può parlare con loro, né loro possono mandare messaggi all’esterno.

Questo serve per evitare pressioni o influenze da fuori. Tutto deve essere fatto in silenzio, nella preghiera, con libertà. È un momento molto serio, ma anche molto spirituale. Secondo la religione cattolica, infatti, è lo Spirito Santo a guidare il voto.

Come si vota?

Ogni giorno, i cardinali si riuniscono nella Cappella Sistina. Lì pregano e poi votano. Ognuno scrive su un foglietto il nome del cardinale che, secondo lui, dovrebbe diventare Papa. Poi mettono il foglio in una grande urna.

Per diventare papa, serve almeno il voto di due terzi delle persone presenti. Se nessuno raggiunge questo numero, si fa un’altra votazione. Di solito ci sono quattro votazioni al giorno: due al mattino e due al pomeriggio.

Quando il voto è finito, i fogli vengono bruciati. Se non si è ancora trovato il nuovo papa, dal comignolo della Cappella Sistina esce fumo nero. Se invece c’è un vincitore, il fumo è bianco. Allora tutti capiscono che è stato eletto un nuovo papa. La fumata bianca o nera è uno dei momenti più attesi ed emozionanti del periodo del conclave.

E dopo cosa succede?

Quando viene scelto il nuovo papa, gli si chiede se accetta l’incarico. Se dice di sì, sceglie un nome nuovo. Per esempio, il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha scelto di chiamarsi Francesco.

Poi si cambia d’abito: il nuovo papa indossa il vestito bianco, simbolo del suo nuovo ruolo. Infine, viene presentato al popolo dalla finestra della Basilica di San Pietro, con la famosa frase:
“Habemus Papam!”, cioè “Abbiamo un papa!”.

La prima cosa che fa è benedire il mondo intero, compresi bambini e bambine, persone credenti e non credenti.

Il Gruffalò sta per tornare. Dopo oltre due decenni, la scrittrice britannica Julia Donaldson e l’illustratore tedesco Axel Scheffler annunciano un nuovo libro con protagonista il mostro più amato del bosco. Il volume uscirà nel settembre del 2026, pubblicato da Macmillan Children’s Books. Sarà il terzo capitolo della saga iniziata nel 1999 con Il Gruffalò e proseguita nel 2004 con Gruffalò e la sua piccolina.

Un fenomeno editoriale da oltre 18 milioni di copie

Il Gruffalò ha venduto oltre 13 milioni di copie nel mondo, tradotto in più di 100 lingue. Il seguito ha superato i 5 milioni di copie. A queste si aggiungono le versioni animate, gli spettacoli teatrali, i libri illustrati spin-off, il merchandising. Il racconto, in versi semplici e musicali, si è imposto nel panorama della letteratura per l’infanzia per la sua struttura ripetitiva, il ritmo cadenzato e i disegni inconfondibili di Scheffler.

Secondo Sir Jonathan Bate, professore di letteratura inglese all’Arizona State University, il successo del Gruffalò risiede nel fatto che "riprende un archetipo narrativo antico: il piccolo astuto che con l’intelligenza sconfigge i pericoli". Un topo minuscolo riesce a tenere testa a un gufo, una volpe, un serpente… e perfino a un mostro gigantesco, ingannandolo con la sola forza delle parole.

Il ruolo della National Literacy Trust

L’idea per un terzo libro era nata tempo fa, ma Donaldson non era riuscita a svilupparla. A farle cambiare idea è stata l’iniziativa della National Literacy Trust (Nlt), un ente britannico che lavora per contrastare il calo delle competenze linguistiche nei bambini e nelle bambine.

Secondo un’indagine dell’Nlt del 2024, solo il 35% delle ragazze e dei ragazzi tra gli 8 e i 18 anni ha dichiarato di amare la lettura nel tempo libero. Si tratta del dato più basso dal 2005, anno in cui l’ente ha iniziato a raccogliere dati in merito. Proprio l’uso dei primi due libri del Gruffalò nei programmi scolastici ha spinto l’autrice a rispolverare la bozza della nuova storia: "Mi sono chiesta se potevo trasformarla in un racconto soddisfacente. Con mia grande sorpresa, ci sono riuscita", ha dichiarato.

Anche Scheffler ha ammesso di essere stato colto di sorpresa: "Ogni volta che mi veniva chiesto, dicevo che non ci sarebbe stato un altro libro. Poi Julia mi ha mandato il nuovo testo. Era brillante, intelligente, ispirato. Come avrei potuto dire di no?".

Una storia che attraversa le generazioni

Uno degli aspetti più interessanti del ritorno del Gruffalò è la sua dimensione intergenerazionale. Chi nel 1999 ha letto o si è fatto leggere il libro da bambino, oggi potrebbe leggerlo ai propri figli o figlie. La condivisione della lettura diventa così un ponte tra generazioni, un momento di cura e attenzione reciproca. Julia Donaldson stessa ha dichiarato: "Spero davvero che la nuova storia venga amata tanto da bambini quanto da adulti – leggere insieme è una delle esperienze più belle che si possano fare".

La casa editrice ha promesso una storia completamente nuova, ma capace di mantenere "tutti gli elementi che rendono i libri di Donaldson e Scheffler dei classici: ritmo, umorismo, intelligenza e illustrazioni iconiche".

Dove sarà stato il Gruffalò in questi anni?

Intanto, la domanda che si pongono molte bambine e molti bambini è: dove sarà stato il Gruffalò in tutto questo tempo? Alcune risposte sono arrivate direttamente da loro, attraverso un programma della BBC Radio 4.

Una bambina di otto anni, Ottilie, ha ipotizzato che il Gruffalò possa essere diventato amico del topo e che abbiano passato del tempo insieme al parco. Lupin, coetaneo, ha invece immaginato che il Gruffalò sia andato in crociera, nascosto in una valigia, e ora viva in Australia sotto mentite spoglie per sfuggire alla fama. Jessica, un’altra giovane ascoltatrice, ha suggerito che il mostro abbia frequentato la scuola o sia stato in vacanza in un centro termale.

Sono ipotesi fantasiose, certo. Ma proprio questa è la forza del Gruffalò: accende l’immaginazione, fa sorridere, stimola la curiosità. E questo, per un libro destinato all’infanzia, resta l’obiettivo più importante.

Pochi ingredienti, tanta freschezza. La limonata fatta in casa è una delle bevande più semplici da preparare e tra le più dissetanti. Bastano limoni freschi, acqua e un dolcificante per ottenere una bibita naturale, adatta a chi cerca un’alternativa alle bibite industriali, spesso troppo zuccherate. Si può preparare in pochi minuti e personalizzare secondo il proprio gusto.

Ma perché è così buona e sana? Il limone è ricco di vitamina C (acido ascorbico), un antiossidante importante per il sistema immunitario. Secondo i dati del Crea, 100 ml di succo di limone contengono circa 50 mg di vitamina C. È anche una fonte di flavonoidi e acido citrico, utili per la digestione. Bere limonata può aiutare a idratare il corpo, soprattutto in estate, e stimolare la produzione di saliva, migliorando la sensazione di freschezza.

Tuttavia, l’aggiunta eccessiva di zucchero riduce i benefici. Per questo motivo, molte nutrizioniste e molti nutrizionisti consigliano versioni con meno zucchero o con dolcificanti naturali. Attenzione anche all’acidità: chi soffre di reflusso o gastrite dovrebbe evitare bevande troppo acide.

Molte versioni della limonata prevedono ingredienti aggiuntivi come zenzero, menta o miele. Qui ci concentreremo sulla ricetta base della limonata fatta in casa, con indicazioni anche per le principali varianti.

La ricetta della limonata fatta in casa: homemade, semplice e dissetante

 

Una moneta di cioccolato, la paghetta, il salvadanaio a forma di maialino, i primi euro regalati dai nonni. L’educazione finanziaria inizia, per molti, in modo simbolico e affettuoso, nel contesto familiare. Ma se oggi chiedessimo a un adolescente la differenza tra debito e credito, o il significato reale della parola “interesse”, la risposta potrebbe lasciarci con il dubbio: stiamo davvero fornendo ai nostri figli e alle nostre figlie gli strumenti per affrontare il mondo?

La gestione del denaro è importante

In un’epoca in cui tutto, dalla spesa al lavoro, passa attraverso scelte economiche quotidiane, è diventato evidente che saper gestire il denaro non è una competenza accessoria. È una base concreta per la libertà personale. Eppure, ancora oggi, la scuola tende a lasciare fuori dalle sue aule l’educazione finanziaria, trattandola come un contenuto opzionale o una curiosità da progetti extracurriculari.

Insegnare economia ai bambini non significa trasformarli in piccoli investitori in erba. Significa fornire loro gli strumenti per capire il valore del denaro, il peso delle decisioni, il significato del risparmio e il ruolo della pianificazione. Perché se a sei anni impari a scegliere tra una caramella subito o un pacchetto di figurine domani, a diciotto avrai più probabilità di non finire sommerso da debiti al primo stipendio. O peggio, al primo prestito.

Non serve un manuale di finanza per parlare di soldi in classe. Bastano attività semplici, simulate, collegate alla realtà dei bambini e delle bambine: gestire una piccola somma virtuale, pianificare un acquisto, valutare l’impatto di una scelta economica. Il tutto giocando, riflettendo, discutendo. L’educazione finanziaria, se fatta bene, non è mai noiosa: è uno strumento per ragionare in modo critico, per imparare a distinguere bisogni e desideri, per riconoscere gli inganni del marketing e sviluppare una sana autonomia.

Protezione e responsabilizzazione

Chi insegna queste competenze, lo fa sempre con uno scopo: proteggere e responsabilizzare. Proteggere da truffe, da consumismo passivo, da dipendenze digitali legate agli acquisti online. Responsabilizzare, invece, vuol dire far capire che ogni spesa è una scelta. E ogni scelta ha una conseguenza, spesso non solo personale.

Se a scuola si impara a leggere e a scrivere, a contare e a disegnare, perché non si dovrebbe imparare anche a gestire i soldi? Saper compilare un modulo per il pagamento delle tasse, leggere una busta paga, comprendere una bolletta, evitare gli interessi nascosti di un finanziamento: sono capacità tanto pratiche quanto urgenti. Nessuna materia attualmente prevista nei programmi scolastici le affronta in modo strutturato e continuativo.

Eppure la stessa scuola, da anni, parla di “educazione alla cittadinanza”. L’educazione finanziaria è, di fatto, una delle principali. Chi capisce come funziona il denaro capisce anche meglio il mondo: il perché dei conflitti, le disuguaglianze, il ruolo delle banche, i meccanismi del lavoro. È una chiave per decifrare il presente, e per provare a immaginare un futuro più equo.

Libertà

In alcune scuole, in effetti, esperimenti e progetti sono già partiti. In molte classi si parla di economia circolare, di sostenibilità, di consumo responsabile. Ma manca ancora una linea guida nazionale, un riconoscimento chiaro e ufficiale che questo insegnamento non è un’appendice, bensì un mattone fondamentale della crescita. Come lo sono l’educazione civica, l’informatica, l’inglese. Non si tratta di insegnare a guadagnare, ma a scegliere. Non a investire, ma a capire. Non a possedere, ma a gestire.

Chi è stato educato al denaro con intelligenza e rispetto difficilmente diventerà una persona ingenua di fronte alle trappole della finanza moderna. E sarà più incline a fare scelte consapevoli, anche a livello ambientale, sociale, culturale.

In fondo, si potrebbe dire che l’educazione finanziaria non serve a crescere risparmiatori perfetti, ma cittadini e cittadine più liberi. Più capaci. Più responsabili. E forse anche un po’ più sereni, perché sapranno che ogni euro ha un valore, e che la libertà non è gratis, ma si costruisce – come un salvadanaio – un centesimo alla volta.

Spesso nonni e nonne sono una presenza costante nella vita quotidiana di nipoti e nipotine. Cucinano, accompagnano, aiutano nei compiti e spesso diventano figure educative a tutti gli effetti. Il loro ruolo è fondamentale, ma proprio per questo può capitare che entrino in conflitto con le scelte educative delle madri e dei padri, in particolare sul fronte dell’alimentazione.

Il cibo, per chi appartiene a generazioni precedenti, è spesso un linguaggio affettivo. Preparare un piatto abbondante o offrire un dolce sono gesti di cura. Ma ciò che per nonne e nonni è una dimostrazione d’amore, per madri e padri può essere una fonte di frustrazione. Dietro ogni biscotto extra, ogni porzione doppia o ogni “oggi facciamo uno strappo” si nasconde un messaggio che mina la coerenza educativa.

È quindi normale: molte mamme e molti papà ritengono che i nonni e le nonne influenzino negativamente l’alimentazione dei bambini e delle bambine, pur senza intenzioni consapevoli. Le differenze non riguardano solo cosa si mangia, ma anche il modo in cui se ne parla.

Frasi che dicono molto (e confondono)

Molte espressioni tipiche dei nonni e delle nonne sembrano innocue, ma hanno un peso educativo notevole. Dire “se non mangi tutto, non cresci” o “una caramella non ha mai fatto male a nessuno” introduce nei piccoli e nelle piccole l’idea che il cibo sia legato al dovere o al premio, non al bisogno. Paragonare i genitori come troppo rigidi o tristi (“tua mamma ti fa mangiare solo verdure”) rafforza alleanze sotterranee che minano l’autorità educativa.

Anche espressioni come “dai, fallo per la nonna” o “ti do un dolce ma non lo diciamo a nessuno” creano una dinamica in cui il cibo diventa uno strumento di complicità, che sfugge al controllo educativo e si lega a segreti o sensi di colpa.

Messaggi contraddittori sull’alimentazione che, trasmessi da figure adulte diverse, aumentano il rischio che bambini e bambine sviluppino un rapporto disturbato con il cibo. La confusione generata può portare a comportamenti disordinati, come abbuffate, rifiuti selettivi o uso del cibo per compensare emozioni.

Conflitti silenziosi, ma risolvibili

Molte madri e molti padri evitano di affrontare direttamente il tema con i nonni e le nonne per rispetto o per evitare tensioni. Spesso si pensa che si tratti solo di piccoli strappi alle regole, destinati a non lasciare traccia. In realtà, il problema non è il singolo biscotto, ma la continuità nel tempo e il messaggio implicito che trasmette.

Il dialogo è l’unica strada efficace. Non serve accusare o vietare, ma spiegare con chiarezza e calma perché si fanno certe scelte: ridurre lo zucchero, limitare gli snack confezionati, mantenere orari regolari. Coinvolgere i nonni e le nonne nella preparazione dei pasti, condividere ricette, proporre alternative che piacciano a tutti può trasformare il conflitto in un’alleanza.

Riconoscere che l’affetto non passa per forza dal cibo è il primo passo. Nonni e nonne possono esprimere il loro amore anche leggendo un libro, raccontando storie, facendo una passeggiata. Il cibo non deve diventare l’unico strumento di relazione.

Quando i limiti sono necessari

In alcuni casi, il compromesso non è sufficiente. Se bambine e bambini soffrono di obesità, allergie, disturbi metabolici o disturbi alimentari, è fondamentale che tutte le figure adulte rispettino con rigore le indicazioni mediche e dietetiche. Offrire alimenti vietati, anche con buone intenzioni, può diventare un gesto pericoloso.

I dati più recenti dell’Istituto superiore di sanità indicano che il 28% delle bambine e dei bambini italiani tra i 6 e i 10 anni è in sovrappeso o obeso. Uno dei fattori più rilevanti è proprio l’ambiente alimentare domestico: se i pasti sono troppo abbondanti, ricchi di zuccheri e grassi o vissuti come premi, il rischio di sviluppare problemi a lungo termine aumenta.

Quando il dialogo non basta, può essere utile coinvolgere figure esterne, come pediatre, dietiste o educatrici alimentari. A volte, una voce autorevole può aiutare nonni e nonne a capire che certe scelte non sono mode del momento, ma necessità educative e sanitarie.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

L’asma è una delle malattie croniche più diffuse tra bambini e bambine. Colpisce circa il 10% della popolazione pediatrica e rappresenta una delle principali cause di assenza da scuola e accesso ai pronto soccorso. Eppure, attorno a questa condizione persistono molti luoghi comuni che rischiano di compromettere la qualità della vita dei piccoli e delle piccole pazienti. La società italiana per le malattie respiratorie infantili (Simri) ha riassunto i 10 principali falsi miti sull’asma infantile in occasione della giornata mondiale dell’asma del 6 maggio.

Molti di questi miti derivano da vecchie credenze o da una conoscenza incompleta della patologia. Altri sono alimentati dalla paura e portano le famiglie a sottovalutare i sintomi o ad adottare comportamenti controproducenti. Riconoscere e correggere queste false convinzioni è un passo necessario per garantire un percorso di cura efficace e una vita attiva, libera e sicura a bambini e bambine.

L’attività fisica non è vietata: è parte della terapia

Uno dei miti più diffusi è che i bambini e le bambine con asma non possano fare sport. Questa idea è sbagliata e potenzialmente dannosa. L’attività fisica non solo è possibile, ma è fortemente raccomandata. Muoversi in modo regolare migliora la capacità respiratoria, rafforza il tono muscolare e aiuta il benessere psicologico. Naturalmente, è importante che il bambino o la bambina segua il piano terapeutico prescritto, che prevede spesso l’uso di farmaci prima dello sforzo, e che l’attività sportiva sia svolta sotto controllo medico.

Secondo la Simri, limitare l’attività fisica per paura di una crisi asmatica è un errore. Con una gestione adeguata, anche chi soffre di asma può praticare sport a livello agonistico. Alcuni atleti olimpici hanno l’asma e raggiungono risultati eccellenti, a dimostrazione che la malattia non deve diventare un ostacolo.

L’asma non sparisce con la crescita

Un altro luogo comune è che l’asma sia solo una fase transitoria dell’infanzia. In realtà, l’asma è una malattia cronica, cioè di lunga durata. In alcuni casi i sintomi possono attenuarsi durante l’adolescenza, ma questo non significa che la patologia sia scomparsa. Il controllo dei sintomi può migliorare, ma la predisposizione rimane. Per questo motivo è essenziale non interrompere le cure autonomamente, anche se il bambino o la bambina sembra stare bene.

Smettere la terapia troppo presto, o senza indicazione medica, può portare a un peggioramento del quadro clinico o a riacutizzazioni improvvise. L’asma non va sottovalutata nemmeno quando i sintomi non sono evidenti. La gestione corretta richiede continuità, monitoraggio e collaborazione tra le famiglie, le pediatre e i pediatri, e le specialiste e gli specialisti del respiro.

Non è solo un problema allergico

Molti pensano che l’asma sia sempre causata da allergie. È vero che esiste un forte legame tra allergie respiratorie e asma, ma non tutti i bambini e le bambine con asma sono allergici o allergiche. Alcuni sviluppano la patologia a causa di infezioni respiratorie ricorrenti, esposizione a inquinanti ambientali o altri fattori non allergici.

Capire l’origine specifica dell’asma è fondamentale per scegliere il trattamento giusto. I test allergologici aiutano a individuare eventuali allergeni scatenanti (come acari, pollini, muffe, peli di animali), ma non devono essere considerati l’unico strumento diagnostico. La valutazione deve essere personalizzata e approfondita, attraverso esami come la spirometria e il monitoraggio dei sintomi nel tempo.

L’asma non va in vacanza

Un errore frequente è interrompere le terapie durante le vacanze o nei periodi in cui i sintomi sembrano assenti. Alcuni genitori e alcune genitrici pensano che, lontani dallo smog cittadino o dalle fonti allergiche abituali, il bambino o la bambina non abbia bisogno dei farmaci. Ma l’asma non scompare con il cambio di ambiente. Anche in villeggiatura, il trattamento deve essere seguito con precisione.

Lo stesso vale per le interruzioni legate a periodi di benessere apparente. Anche quando il respiro sembra normale, l’infiammazione delle vie aeree può essere presente e silenziosa. Sospendere la terapia senza indicazione medica espone a un rischio reale di ricadute. È importante che il piano terapeutico venga condiviso tra le famiglie e le specialiste e gli specialisti, e che sia adattato, se necessario, alle diverse stagioni o ai viaggi.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Bere acqua con limone, soprattutto al mattino, è un'abitudine molto diffusa. Viene spesso descritta come un rimedio miracoloso per migliorare la digestione, rinforzare il sistema immunitario e favorire la perdita di peso. Tuttavia, gran parte delle affermazioni popolari non trova conferma nella letteratura scientifica.

Emily Ho, professoressa di nutrizione e direttrice del Linus Pauling Institute dell'Oregon State University, ha spiegato al New York Times che anche se bere acqua tiepida con limone può essere un modo sano e piacevole per iniziare la giornata, molte delle sue presunte proprietà benefiche non sono supportate da prove solide.

Idratazione: il vero punto di forza

L'idratazione è il principale beneficio dell'acqua con limone. Dopo una notte senza introdurre liquidi, reidratarsi è essenziale per mantenere la temperatura corporea, lubrificare e proteggere le articolazioni, e favorire l'eliminazione delle tossine tramite sudorazione e minzione.

Bere acqua, che sia semplice, con limone o sotto forma di tisana o caffè lungo e leggero, aiuta a migliorare l'aspetto della pelle, il tono dell'umore e la lucidità mentale. Non esiste, quindi, una proprietà esclusiva dell'acqua con limone rispetto ad altre bevande idratanti.

Digestione: quali effetti?

Il corretto apporto di liquidi è fondamentale per il funzionamento dell’apparato digerente. Secondo uno studio condotto in Turchia su oltre 4500 adulti, chi beveva più di otto bicchieri d'acqua al giorno aveva il 29% di rischio in meno di soffrire di stitichezza rispetto a chi ne beveva meno di quattro (European Journal of Clinical Nutrition, 2020). Non esistono però studi diretti che colleghino il consumo di acqua con limone al miglioramento della regolarità intestinale.

C'è qualche evidenza che il succo di limone possa stimolare la secrezione di acido gastrico, aiutando la digestione dei cibi. Una piccola ricerca del 2022 ha osservato che il succo di limone può accelerare il tempo di svuotamento dello stomaco. Tuttavia, Ho anche in questo caso precisa che i risultati provengono da uno studio molto limitato e vanno interpretati con cautela.

Alcuni sostengono che l'acido citrico del limone favorisca la digestione. Questo potrebbe avere un senso per le persone anziane, che tendono a produrre meno acido gastrico con l'età. Ma la quantità di acido citrico presente in un limone è modesta e difficilmente sufficiente a produrre effetti clinici rilevanti.

Sistema immunitario: limone sì, miracoli no

Il limone è ricco di vitamina C, nutriente fondamentale per la funzione immunitaria e per la protezione cellulare. Spremendo metà limone in un bicchiere d'acqua si assume circa un quarto della dose giornaliera raccomandata di vitamina C.

Tuttavia, aumentare l'apporto di vitamina C oltre i livelli consigliati non "potenzia" il sistema immunitario. Una revisione di oltre 60 studi clinici ha dimostrato che dosi elevate di vitamina C non riducono né la frequenza né la durata dei raffreddori comuni (Cochrane Database, 2013).

Joan Salge Blake ha ribadito che, pur essendo importante assumere vitamina C con la dieta, carenze vere sono rare nella popolazione adulta sana. Uno studio del 2023 ha evidenziato che solo circa il 7% degli adulti statunitensi presentava livelli insufficienti di vitamina C (National Health and Nutrition Examination Survey, 2023).

Perdita di peso: realtà o suggestione?

Bere acqua con limone al posto di bevande zuccherate o ad alto contenuto calorico può favorire il controllo del peso corporeo. Come spiega sempre al NYTimes Judy Simon, dietista clinica e docente all'University of Washington Medical Center di Seattle, il vantaggio deriva dalla sostituzione di bevande ipercaloriche, non da un effetto diretto dell'acqua con limone.

Alcune ricerche suggeriscono che gli agrumi possano contribuire a stabilizzare la glicemia e che il consumo regolare di frutta, compresi i limoni, sia associato a un minor rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Va detto però che le evidenze sono ancora deboli e non giustificano l'idea che il limone sia un acceleratore naturale del metabolismo.

Cosa resta: utilità senza esagerazioni

L'acqua con limone resta, al netto delle evidenze, una buona abitudine per iniziare la giornata: idrata, apporta vitamina C e può aiutare a scegliere alternative più salutari rispetto a bevande zuccherate. Non è però una cura miracolosa. Non accelera la perdita di peso in modo autonomo, non previene automaticamente le malattie e non sostituisce una dieta equilibrata. Niente di male, quindi, ma nemmeno miracoli.

Sara

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Cecilia

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