La sera comincia a calare più in fretta, il freddo si intrufola nelle nostre case. Che c'è di meglio di una zuppa per cena? Soprattutto: che c'è di meglio di una zuppa di zucca? Questa ricetta parla di colori caldi, sapori avvolgenti e cremosità, e a noi piace da matti.
Per una colazione energetica o una merenda gustosa, sana e diversa dal solito, in autunno è buona cosa approfittare delle zucche: noi teniamo sempre a portata di mano un po' di purea di zucca e con questa ci piace sbizzarrirci. In questo caso l'abbiamo utilizzata per preparare una yogurt bowl davvero deliziosa, dolce grazie alla zucca con un leggero pizzicorio dato dallo zenzero.
In autunno, la zucca è d'obbligo. E per scaldarci, oltre ai minestroni e alle vellutate, possiamo puntare su piatti caldi altrettanto appetitosi, come un bel piatto di spaghetti integrali. Questa pasta è buonissima poiché associa la dolcezza della zucca con la sapidità del miso, con un tocco unico dato dalle noci. Assolutamente da provare!
Avete mai provato ad accostare alla dolcezza della zucca il sapore inusuale delle spezie? È un'accoppiata vincente, deliziosa, naturale e davvero salutare. Questo periodo è perfetto per provare questo smoothie a base di zucca potenziato con la bontà delle spezie!
Questa ricetta è una preparazione base che ci permette di sfruttare la consistenza diversa della zucca in svariati piatti. Ad esempio? Frullati, torte, sughi, tortelli, zuppe... È davvero molto facile, e l'unico ingrediente di cui abbiamo bisogno è una semplice zucca!
Non sono solo gli sculaccioni a ferire i bambini. Non sono solo le botte. E non sono solo le violenze fisiche a segnarli. Anche le parole sono importanti. Sono fondamentali, anzi. Perché i bambini recepiscono tutto, non solo le parole d’affetto, ma anche quelle taglienti magari dette sbadatamente, o quelle sussurrate, o quelle scambiate lontani dalle loro orecchie ma che in qualche modo riescono a sentire. Facciamo attenzione. E guardiamo il nuovo video dell’Associazione Infanzia Senza Violenze.
L’Associazione Infanzia Senza Violenze è un’istituzione francese. Insieme all’Osservatorio sulla Violenza Educativa Ordinaria (la violenza fisica, psicologica e verbale che i bambini subiscono quotidianamente) ha deciso di porre il focus sul male che possono fare le parole rivolte ai bambini, male che può essere tranquillamente equiparato a quello suscitato dalle ferite fisiche.
Il video è abbastanza forte: sono adulti, che parlano. Ma quelle parole sono le parole che si sono sentiti rivolgere da bambini, e che moltissimi bambini ancora ascoltano dalla bocca dei propri genitori.
"Cosa ho fatto per avere un figlio come te?”.
"Se l'avessi saputo prima non avrei fatto un figlio”.
"Sei un buono a nulla, non sei capace di fare niente”
"Sei sempre stato più lento di tuo fratello”.
"Non indossare quella t-shirt, che ti fa le braccia grosse”.
Sono frasi tra il leggero e il forte, che a volte si dicono sovrapensiero, e a volte si dicono durante un’arrabbiatura. Oppure le si pronuncia tutti i giorni, perché si crede che attraverso la durezza delle parole possa passare l’educazione dei bambini. In realtà non è l’educazione, che passa, ma la violenza nuda e cruda. Le parole dette in questo modo sono umilianti, segnanti e ferenti.
La conseguenza diretta è un malessere passeggero del bambino, che incassa, subisce e reagisce a suo modo (o con altrettanta violenza, o chiudendosi in se stesso, o seguendo le direttive dei genitori), ma il problema è ben più grande, perché gli strascichi i bambini se li portano dietro per tutta la vita, crescendo e diventando adulti.
Gli adulti che in infanzia hanno subito questo tipo di violenza verbale diventano quindi adulti insicuri, ma soprattutto adulti che (mettendolo in pratica o comunque pensandolo) ritengono che la violenza, la durezza, l’aggressività e questi atteggiamenti negativi siano l’unico modo per gestire le situazioni in maniera adeguata. E il più delle volte il circolo vizioso non si spezza: i loro figli molto probabilmente riceveranno la stessa educazione.
Ciò su cui si dovrebbe puntare è invece la gentilezza. Il dialogo. Le parole vere ma calibrate. Quelle che insegnano davvero, mostrando il perché delle azioni e dei consigli e facendo a capire al bambino ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
La violenza, verbale o fisica, crea uno stress inutile che influenza negativamente lo sviluppo. E va fermata, senza se e senza ma.
Giulia Mandrino
Dopo le ricette estive perfette per iniziare a lasciare cucinare i bambini, ecco un’altra selezione di piatti semplici e veloci, stavolta autunnali, che si prestano alle prime preparazioni. I bambini possono così divertirsi in cucina cominciando a sperimentare le gioie del preparare qualcosa con le proprie mani a partire dalle materie prime!
Hummus di zucca: la nostra ricetta è davvero molto facile, e prevede semplicemente di frullare tutti gli ingredienti (la zucca, i ceci, la tahina e il limone) in un mixer. Il risultato è una crema arancione divertente, buona e versatile da utilizzare con le verdure, con i crostini o nei panini.
Spiedini di verdure d’autunno: prendiamo pomodorini, carote, finocchio, sedano e indivia. Laviamo bene tutto, quindi tagliamo le carote a rondelle, il finocchio a spicchi piccoli, il sedano a tocchetti e l’indivia a striscioline corte. Prendiamo degli stuzzicadenti lunghi e infilziamo le verdure. Da mangiare insieme all’hummus o con il più tradizionale pinzimonio di olio evo e sale alle erbe, anche questo da preparare insieme ai bimbi!
Involtini di mopur con ricotta di capra: Se amate gli involtini di affettati, sappiate che si possono realizzare anche con affettati naturali, sani e buonissimi. Parliamo del Mopur, affettato che non deriva dalla carne rossa. Con il Mopur (o in alternativa con la bresaola) i nostri bimbi possono preparare dei deliziosi involtini: basta che spalmino della crema di ricotta di capra e che li arrotolino su se stessi, condendo poi con un filo d’olio, sale e pepe.
Piadina integrale: la nostra ricetta della piadina integrale fatta in casa è perfetta per i bambini, poiché è un primo passo per imparare a impastare, un’azione che piace moltissimo ai piccoli.
Purè vegetale: con i bambini, prepariamo un brodo vegetale (350 grammi) e tuffiamoci un kilo di patate sbucciate e tagliate a tocchetti. Accendiamo il fuoco e una volta che l’acqua bolle lasciamo cuocere per circa 10 minuti. Spegniamo la fiamma e facciamo frullare ai bambini (con il frullatore a immersione o nel mixer) le patate insieme al brodo, a 40 grammi di olio evo e a un pizzico di sale. Rimettiamo quindi in padella e cuociamo fino a ottenere la consistenza desiderata.
Frullato di spinaci: un frullato buono e sano che coniuga i benefici degli spinaci con la bontà della frutta e che permette di fare apprezzare ai bambini anche le verdure, dal momento che si divertiranno a prepararlo! Basta frullare 50 grammi di spinaci freschi con una banana, 150 grammi di uva senza semi, mezza mela e un vasetto di yogurt di soia alla vaniglia (oppure, in alternativa, un goccio di latte di mandorla).
Crema menta e cioccolato: prepariamo gli ingredienti (250 grammi di panna di avena da montare fredda di frigo, 100 grammi di ricotta di pecora, 1 cucchiaio di zucchero di canna integrale, un bicchierino di sciroppo di menta bianco e una manciata di gocce di cioccolato fondente), quindi facciamo mescolare ai bambini la ricotta con lo zucchero e lo sciroppo in una ciotola. Facciamogli poi montare la panna con le fruste elettriche, quindi uniamola al composto insieme alle gocce di cioccolato. Mescoliamo bene e versiamo la nostra crema in bicchieri monoporzione!
Tartufini al cioccolato: buonissimi, sono anche semplicissimi da preparare. Basta sciogliere in un pentolino 30 grammi di margarina con 100 ml di panna di avena, quindi sciogliere in microonde 200 grammi di cioccolato fondente. Uniamo i due composti e mettiamo la crema in frigo ad addensare. Prima che si solidifichi, tiriamola fuori e con un cucchiaino formiamo delle palline, da rotolare in una montagnetta di cacao amaro. Rimettiamo in frigo e serviamo belli freddi.
Giulia Mandrino
Anna è sparita. La mamma s’è distratta un attimo e la bambina è scomparsa. Una trama horror, per un genitore. Ma non in questo libro: perché Susanna Mattiangeli e Chiara Carrer hanno scritto una storia magnifica, con illustrazioni geniali, per parlare di unicità.
Si parte da lì: dal momento in cui la mamma perde Anna tra una bancarella di pomodori e una di mutande. “Avete visto Anna?”, della casa editrice Il Castoro, prende il via da un evento potenzialmente drammatico trattato però con leggerezza, in maniera tranquilla e spontanea. Perché al centro non sta la tragedia. Sta l’insegnamento!
Siamo al mercato, e la gente si chiede: “Ma com’è fatta Anna? Come possiamo riconoscerla per ritrovarla?”. E qui parte l’avventura.
Perché Anna è morbida, ma anche ruvida. È grandissima, ma a volte entra in una scatola. È chiacchierona, ma a volte sta zitta per ore, davanti ad un libro o a qualcosa di curioso. È appiccicosa, a volte, ma falla arrabbiare e diventa così spinosa da non poterla toccare. Insomma: Anna è tante cose. Anna è tutto e il suo contrario. Perché Anna è unica.
A ritrovarla, alla fine, è la mamma, che la riconosce: Anna si rivela essere una bambina normale, uguale a molte. Eppure è unica, per chi la conosce. È unica per la sua mamma, che coglie tutte le sue sfumature e sa descriverla in ogni particolare. Morale: siamo tutti unici, e anche se ci sembriamo "normali" o insignificanti, ci sarà sempre qualcuno che ci riconoscerà in mezzo ad una folla!
La bellezza del libro sta però anche nelle illustrazioni: i disegni sono a pennarello, proprio come quelli dei bambini, e come quelli dei bambini hanno un tratto infantile riconoscibile, intimo e accoccolante. Li vedi e ti riconosci, e si riconoscono i bambini. Sui quadretti, sulle righe, sulla carta millimetrata: lo sfondo è scolastico e davvero tenero.
Il grande formato del libro è perfetto per questa storia, perché Anna alla fine si trasforma un po’ in un Wally (il bimbo con occhiali, berretto e maglia a righe bianche e rosse) da trovare tra la folla. I bambini leggono, imparano la storia, conoscono parole nuove. E poi la cercano, e la trovano, e ti sfidano! È bellissimo: il libro diventa parte della famiglia, un po’ come facevano una volta i caotici libri di Richard Scarry.
Sara Polotti
Non so voi, ma a noi i libri cartonati di Babalibri ci piacciono sempre da matti. Qualche tempo fa è uscito in libreria “Ho caldo!”, libro del giapponese Mako Taruishi, un libro disarmante nella sua semplicità, divertente, rilassante e coinvolgente per i bimbi che iniziano a prendere confidenza con il piacere della lettura.
“Ho caldo!” è un libro perfetto per i bimbi più piccoli, per quelli che iniziano a interessarsi dell’oggetto-libro: non è mai troppo presto per avvicinare i bambini alla lettura, lo diciamo sempre, e anche se i primi tempi avrete l’impressione che sia inutile leggere ad alta voce o lasciare loro i libri a disposizione, beh, vi sbagliate. La confidenza con il libro la si prende a partire dall’oggetto: i libri cartonati sono quindi perfetti, perché incuriosiscono i bambini, sono solidi e perfetti per le loro manine!
La storiella è semplicissima: narra la vicenda di un piccolo pinguino che soffre il caldo torrido e che trova finalmente ombra. Quest’ombra si rivela però essere quella di una foca, che sta soffrendo proprio come lui. E allora via alla ricerca di un altro posticino ombreggiato. Che però si rivela sempre essere l’ombra proiettata da un altro animale più grande.
Ma come sempre dietro alle storielle semplici e apparentemente senza senso si trova una morale importante: qui, ad esempio, ci sono i concetti di aiuto reciproco, di empatia (tutti soffrono il caldo!), di collaborazione, di amicizia.
Un libro da leggere ad alta voce con i bambini, senza stancarsi mai: di volta in volta i bambini conoscono i personaggi, li riconoscono, fanno domande, imparano a memoria le parole, trovano dettagli nuovi e nuove curiosità da soddisfare. E poi ridono: perché le situazioni sono davvero buffe, con qualche malinteso qua e là che non guasta per creare la giusta atmosfera giocosa.
Le illustrazioni, poi, sono davvero belle, colorate e sgargianti ma senza essere pesanti o estreme: lineari, proprio come la trama, portano i bambini a spasso per la storia, dandogli la sensazione di stare camminando proprio insieme ai quattro animali sotto il sole cocente che li farà dannare fino alla meravigliosa vista del mare, fresco, immenso e rilassante!
Sara Polotti
Andare bene a scuola e avere voti alti non è per forza sinonimo di successo nella vita. Non in quella sociale, né in quella lavorativa. E non è un concetto astratto o una teoria: pensate solo ai vecchi compagni di classe. Quello bravissimo magari oggi ha un lavoro perfetto e una vita piena e soddisfacente, ma c’è anche chi più probabilmente pur avendo avuto tutti 10 ha fatto davvero fatica per inserirsi al meglio nel mondo, oppure chi è diventato insopportabile e saccente, o chi non riesce più in quello che fa. Al contrario, quello che magari andava un po’ meno bene ma che era un pochino più sensibile e attento si è rivelato il più sveglio, oppure il più di successo, o il più sinceramente amato.
Daniel Goleman ha piegato il perché: sta tutto nell’intelligenza emotiva. Che non è solo quella che concerne il quoziente intellettivo o l’”andare bene a scuola”.
“L’intelligenza non è tutto”, si legge in quarta di copertina. A scuola come nella vita. Ed è vero: per Daniel Goleman ciò che conta nella vita è l’intelligenza emotiva, e svilupparla significa avere per sempre quel passo in più per avere la vera soddisfazione sociale e professionale. Anche i nostri bambini dovrebbero essere spronati in questo senso. E per farlo basta inseguire le virtù e competenze che l’autore suggerisce nel suo libro.
I bambini che possiedono un’intelligenza emotiva li riconosci, basta fare attenzione a certi piccoli atteggiamenti. Il non arrabbiarsi troppo spesso (almeno non prima di aver analizzato bene le situazioni e i punti di vista altrui). Il prendere le difese di qualcuno in difficoltà o preso di mira. Il sapere di non aver raggiunto gli obiettivi (i famosi voti), seguito dalla consapevolezza di doversi impegnare di più…
Insomma, in altre parole, l’intelligenza emotiva riguarda il cuore, perché coloro che già l’hanno sviluppata sanno mettere in campo oltre che le conoscenze anche le sensazioni.
Riconoscere e comprendere le emozioni (proprie e degli altri), oltre che saperle gestire e utilizzare, è proprio ciò che caratterizza infatti l’intelligenza emotiva. Ed essere persone intelligenti emotivamente significa essere qualcuno in grado di relazionarsi al meglio con gli altri, di analizzare le situazioni per capire come sfruttarle al meglio e di sviluppare una capacità di problem solving molto importante. Tutte skill estremamente preziose che nella vita si rivelano molto più utili della semplice intelligenza da alto quoziente intellettivo. Insomma: serve a poco sapere a menadito le nozioni se poi nella vita non siamo in grado di comportarci al meglio.
Tra le abilità che secondo Goleman dobbiamo sviluppare, aiutando anche i nostri bambini a farlo, ci sono l’autocontrollo, l’empatia, l’attenzione agli altri e la pervicacia.
L’autocontrollo è alla base di tutto, perché permette di sfruttare il momento dello stallo (quello in cui resisti alla tempesta improvvisa dell’emozione) per leggere dentro di sé, capire cosa accade e decidere come agire. Con l’autocontrollo si attenuano le tensioni, si evitano conflitti, si impara a ragionare sotto stress e, alla fine, si apprezza di più la vita con le sue difficoltà, perché essere in grado di darsi un freno significa avere più possibilità di reagire positivamente. Una dote che è strettamente connessa con il problem solving, dal momento che senza autocontrollo è davvero difficile prendere in mano le situazioni.
L’empatia, una virtù che oggi nel mondo sembra mancare, è un altro dei pilastri dell’intelligenza emotiva. Significa essere in grado di capire e interpretare le emozioni degli altri, mettendosi nei loro panni, in modo da gestire le situazioni non solo dal proprio punto di vista, ma integrando anche quello altrui. L’empatia può essere emotiva (il capire, appunto, l’emozione), oppure cognitiva (ovvero la capacità di capire, durante una discussione o un confronto, il punto di vista dell’altro, prendendo sempre in considerazione il suo pensiero), e in ogni caso è uno strumento (oltre che molto umano) molto utile per diventare una persona credibile, affidabile, buona e influente in maniera positiva.
Ecco quindi la pervicacia, o in altre parole la motivazione. Essere motivati significa essere in grado di raggiungere i propri obiettivi anche durante le difficoltà, ponendosi obiettivi e spingendosi positivamente. Sul lavoro è importante a livello personale, ma lo è anche in senso sociale, poiché una persona emotivamente intelligente sa motivare gli altri, spingendoli e ispirandoli, diventando pilastro e aiutando il gruppo. Essere molto motivati, poi, significa imparare l’importanza della concentrazione, e sapere sfruttare la bellezza dell’immergersi completamente in un compito per cogliere tutte le positività.
Infine, l’attenzione verso gli altri, strettamente legata all’empatia e fondamentale per l’intelligenza emotiva, che implica in se stessa l’apertura all’altro. Essere attenti a chi ci sta di fronte significa ascoltare, interagire in maniera positiva, comprendere e sfruttare ciò che sappiamo per creare un rapporto solido, proficuo e di fiducia. Insomma, un rapporto di qualità. Questa qualità è importantissima non solo perché ci permette di realizzarci (socialmente e lavorativamente), ma anche perché permette di tirare fuori il meglio di se stesso e degli altri. Ecco perché le persone emotivamente intelligenti sviluppano naturalmente negli anni una capacità di ascolto sopra la media, una comunicazione non verbale preziosa che gli permette di entrare in connessione con l’interlocutore e una conseguente capacità di persuasione davvero utile nella vita.
Giulia Mandrino