Durante i primi mesi di vita, il bambino spesso dorme o nel lettone oppure in una culla piazzata nella camera dei genitori (una posizione comoda, dal momento che in questo modo ci si può muovere più comodamente e più in fretta nel momento in cui i bambini si svegliano). Meno frequentemente, la culla sta già in cameretta, anche se sarebbe consigliabile tenerla vicino ai genitori (la culla in camera è uno dei modi per prevenire la SIDS). Ma quando arriva, quindi, il momento di passare dalla culla al lettino?
La culla, che sia in vimini, che sia quella del trio, che sia una culla per il co-sleeping o che sia una semplice scatola di cartone, è molto comoda per i genitori - perché permette di tenere i bambini vicini, in camera, e perché è mobile, e quindi movibile durante il giorno quando il bambino sonnecchia e noi stiamo facendo altro - e per i bambini, che in un ambiente stretto si sentono molto a loro agio.
Ad un certo punto, tuttavia, i bimbi raggiungeranno un’età e una dimensione che non permetterà più di dormire nella culla, e a quel punto sarà già il momento del lettino, che potremo scegliere di mettere già in cameretta oppure di tenere in camera matrimoniale ancora per un po’.
Solitamente, le culle sono pensate e disegnate per bambini fino agli 8 chilogrammi, ma oltre al peso un altro fattore che ci indica che è giunto il momento di andare nel lettino è la capacità del bambino di stare seduto da solo, oltre che di rotolarsi (e di essere più “attivo” in generale). Anche l’altezza, tuttavia, può essere un indicatore, e in questo caso vedremo semplicemente con i nostri occhi che il bambino starà un po’ stretto, con i piedini troppo vicini al bordo della culla.
Per quanto riguarda i mesi, la cosa più sicura da fare sarebbe, indicativamente, quella di cominciare ad usare il lettino intorno ai due mesi di vita, piazzandolo tranquillamente nella camera dei genitori, se pensiamo sia troppo presto per le notti in cameretta da soli.
Per rendere il lettino sicuro, ecco qualche consiglio: meglio evitare i peluche, soprattutto nei primi mesi, durante i quali i bambini si cominciano a muovere e rotolare, perché, per quanto confortevoli, possono risultare pericolosi per il rischio di soffocamento.
Utilizziamo, poi, dei cuscini appositi per i neonati, antisoffocamento, oppure non usiamo direttamente nessun cuscino.
Evitiamo, infine, di utilizzare più materassi: se i materassi per bambini sono così sottili c’è un motivo, e provare ad “alzarli” sovrapponendone diversi può essere davvero pericoloso.
L’argomento scatenerà certo un bel dibattito. Parliamo delle nanny notturne, ovvero delle tate che, ormai, spopolano nei paesi anglosassoni e in Francia e che si stanno diffondendo anche da noi. Si tratta di tate specializzate nella nanna. O meglio: di tate che permettono ai genitori di dormire, quando la situazione si fa insostenibile.
Fa storcere il naso, è vero. Soprattutto perché ad averle portate alla ribalta sono state notizie come quelle riguardanti Kim Kardashian, che ne ha assunta una perché stanca di non riuscire a dormire. Ma le tate notturne, quando servono, sono davvero preziose, se non ne abusiamo.
In Francia e nel Regno Unito questa figura è già molto diffusa. Si tratta delle tate di notte, babysitter e tate specializzate che vengono a casa e si occupano del bebè durante la notte, dando la possibilità ai genitori di dormire otto ore filate quando proprio non riescono più a reggere i ritmi di un bambino che la notte non dorme.
In Italia queste figure esistono, ma esistono soprattutto le tate che coniugano questo servizio con la rieducazione al sonno del bebè, attraverso consigli ai genitori, che possono poi metterli in pratica gradualmente nei giorni successivi.
“Franca e i bebè”, ad esempio, offre un servizio notturno completo, che non è un semplice “lasciare dormire i genitori”: “oltre ad affiancare i neo genitori per il bagnetto, medicazione del moncone ombelicale, dimostrazione del lavaggio nasale e controllo della poppata, verrà gestita direttamente la notte dei bebè”. I genitori, dunque, richiedono il servizio innanzitutto per dormire e riprendere le forze, che sono fondamentali, ma anche per regolarizzare le notti dei piccoli con i consigli delle tate e avere un sostegno completo.
Lo stesso fanno “Le tate della nanna”, specializzate proprio sull’educazione alla mamma, attraverso un metodo che si ispira al “Linguaggio segreto dei neonati” di Tracy Hogg, “convinta sostenitrice dell’importanza dell’autonomia dei bambini ma, nello stesso tempo, anche della necessaria funzione consolatoria dei genitori rispetto ai loro momenti di difficoltà”.
Ma analizziamo il perché di questa tendenza.
Uno: le donne sono più sole di un tempo. I genitori single sono moltissimi. Spesso i nonni sono lontani, e non c’è più quella rete di aiuto e assistenza affettiva che c’era una volta. E per quanto bravi, organizzati e sistematici, se un bambino non dorme, non dorme. E di conseguenza non dormono nemmeno loro.
Due: anche quando si è in due, spesso non si dorme entrambi, perché i bambini tengono alzati tutti, e la conseguenza è la deprivazione del sonno.
Non dormire fa malissimo. Non solo alla mente, ma anche al fisico. È un circolo vizioso che porta con sé fatica, sonnolenza, dolori, irritabilità estrema, difficoltà a concentrarsi, pericolo di errori… Non dormire fa impazzire, e lo sanno i genitori che hanno passato periodi praticamente in bianco, dormendo una o due ore a notte quando va bene. E tutto questo si riversa poi, inevitabilmente, sul bambino, anche a livello di sicurezza e non solo di armonia.
Quindi, senza scadere nella comodità fine a se stessa, nel momento in cui la situazione si fa troppo pesante, è giusto e doveroso chiedere aiuto. Che sia ai nonni, alle tate di notte, alle coach della nanna che ci indirizzino verso una soluzione naturale e duratura o a qualche amico che tende la mano, ben venga. Senza sensi di colpa.
L’autismo è, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un gruppo di disordini complessi dello sviluppo cerebrale. Sotto alla sigla ASD (Autism spectrum disorders) si raggruppano condizioni quali l’autismo e la Sindrome di Asperger, che sono caratterizzati dalle difficoltà nelle interazioni sociali, nella comunicazione, nelle attività e negli interessi, e da movimenti ripetuti.
Questo disordine dello sviluppo cerebrale (che colpisce un bambino ogni 160, sempre secondo i dati dell’OMS) può variare da soggetto a soggetto, e comporta una compromissione delle abilità sociali, del linguaggio e del comportamento, e dunque il modo di parlare, di agire, di rapportarsi agli altri…
Capire presto di essere di fronte ad una forma di autismo è davvero importante: permette infatti di intervenire subito, individuando gli eventuali deficit e i problemi, monitorandoli e, soprattutto, cambiando il decorso clinico per riacquisire molte capacità.
Il problema è che, ad oggi, le diagnosi vengono spesso fatte tra i due e i quattro anni, età nella quale i bambini sono già rimasti indietro rispetto ai loro coetanei, per quanto riguarda linguaggio, comunicazione e abilità sociali. Capire prima e intervenire precocemente potrebbe quindi aiutare a colmare questo divario, aiutando i bambini affetti da autismo a riabilitarsi meglio e con meno fatica.
Ma quali sono i segnali dell'autismo da cogliere?
Solitamente, i sintomi dell’autismo compaiono tra i 18 e i 36 mesi di età del bambino, ma ci sono alcuni aspetti che possono essere colti prima, permettendo ai genitori e ai medici di individuare precocemente la situazione, intervenendo e provando a stoppare sul nascere eventuali deficit.
Questi segnali sono per la maggior parte riferiti alla sfera della socialità e del comportamento del bambino, che si manifestano anomali rispetto a quelli dei coetanei.
Innanzitutto, sin da quando è piccolo, il mancato contatto visivo del bambino con i genitori può essere un campanello di allarme. Anche la mancanza di sorrisi entro i sei mesi dovrebbe fare preoccupare, così come la mancanza di espressioni facciali.
Quando un bambino non scambia espressioni e suoni con chi gli sta attorno entro i nove mesi; quando il bambino non risponde al suo nome entro i 12 mesi di vita; quando non “fa ciao con la manina” a 14 mesi; quando non parla ancora a 16 mesi; quando non gioca con gli altri a 18 mesi; quando non mette in fila due parole a 24 mesi; quando regredisce e disimpara parole precedentemente acquisite.
Tutti questi sono sintomi e campanelli di allarme dell’autismo. Se un genitore li nota, è bene rivolgersi subito al medico pediatra, appunto per effettuare una diagnosi precoce.
A quel punto, il pediatra potrà prescrivere le visite necessarie per arrivare a capire di cosa si tratta. Se dovesse trattarsi di autismo, a quel punto una diagnosi precoce sarebbe davvero una speranza, poiché permetterebbe di intervenire sul disturbo autistico in un momento cruciale dello sviluppo del bambino, quando il suo cervello è ancora molto plastico e ricettivo.
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Se state cercando il nome per il vostro bambino o la vostra bambina, starete certamente indugiando su delle scelte che per voi siano piene di significato. Spesso, quindi, cerchiamo nomi che siano per noi importanti (e che, a volte, non siano così comuni o diffusi). E quando non si tratta dei nomi di famiglia, molte volte si scelgono nomi di personaggi della letteratura che in qualche modo, anche se non fisicamente, hanno fatto parte della nostra vita.
Proprio come i nomi ispirati dalle grandi personalità o i nomi per bambine ispirate alle moderne eroine della storia, i nomi ispirati ai libri che hanno fatto parte della nostra vita sono belli e significativi, importanti e speciali.
Un nome preso dalle “Ultime lettere di Jacopo Ortis” di Ugo Foscolo.
Come Anna Karenina, eroina tragica di Lev Tolstoj, che ricorda atmosfere algide e rigide, ma anche lo sfarzo della nobiltà russa.
Un nome importante e antico, tradizionale, che tuttavia ameranno gli amanti di “Harry Potter” di JK Rowling, dato che è la trasposizione in italiano del nome del mago più amato di sempre. E sì, è letteratura, non “una saga per bambini”.
Sì, proprio come “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll, un nome che non passa mai di moda, semplice, corto e bellissimo.
Un nome molto diffuso nel veronese, bello, semplice e incisivo, ispirato ad uno dei capolavori della letteratura italiana, “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo.
Come Lucia Mondella, dei “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni. Che se per molti è stato semplicemente il “romanzo da leggere al liceo”, per tantissimi è uno dei libri più belli, densi e significativi della propria storia di lettori.
Non è solo il Discepolo, ma è anche la trasposizione di “Tom”, protagonista delle “Avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain, capolavoro e caposaldo della letteratura per l’infanzia.
Micol è la protagonista de “Il giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani, la ragazza di cui si innamora Alberto, donna moderna nel suo vivere in un tempo passato, sfuggente e non inquadrabile in un ruolo prestabilito.
Per gli amanti del giallo, idea carinissima è dedicare il nome del proprio bambino alla creatura di Agatha Christie Hercule Poirot, il piccolo belga vanitoso ma favoloso (o, chiaramente, all'eroe della mitologia).
Per gli amanti della letteratura più nuova e moderna, Elena può ispirarsi a Elena Greco di Elena Ferrante, protagonista insieme a Lila de “L’amica geniale”.
Si ispira a due protagonisti: l’”Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto o all’”Orlando” di Virginia Woolf, giovane aristocratico che un giorno si sveglia nei panni di una fanciulla.
Si chiamava così la ballerina della Scala di cui Antonio Dorigo, architetto, si innamorò negli anni Sessanta, nel bellissimo libro “Un amore” di Dino Buzzati.
Le lunghe file, le attese, i giorni di chiusura, i malanni buscati proprio in attesa del dottore… Non sempre andare dal pediatra è una passeggiata. E, d’altro canto, non lo è nemmeno chiamare il proprio pediatra per una visita a domicilio: i costi sono spesso alle stelle, i pediatri non sono disponibili alle uscite… Insomma, quando c’è bisogno di una visita pediatrica in brevissimo tempo perché il bambino è a casa malato con la febbre alta, ad esempio, trovare un pediatra è un’Odissea.
Ma non è più così! Come? Grazie ad una favolosa app per smartphone che permette di avere sempre a disposizione un pediatra a domicilio.
Quando la tecnologia si mette a disposizione della quotidianità rendendola più semplice, ci piace sempre molto. E quando la stessa si mette a disposizione per migliorare la vita, renderla più sicura e a servizio della salute, beh, ci piace ancora di più.
SOS Pediatra fa proprio questo: semplifica la vita dei genitori, che possono finalmente tirare un sospiro di sollievo quando pensano al pediatra a domicilio, e rende la vita più serena, facendo sì che i bambini possano avere un’assistenza dedicata senza le classiche tragedie tra file lunghissime e visite a domicilio negate.
Trovare un pediatra, lo saprete benissimo, è difficile soprattutto durante il weekend, prima delle vacanze, durante le vacanze e la sera. E, guarda caso, i malanni capitano sempre proprio in quei momenti. Ma come fare se il medico di famiglia non può?
Basta scaricare l’app SosPediatra, una nuova applicazione nata da un’idea di un gruppo di professionisti del settore medico e registrarsi con i propri dati anagrafici e la zona di residenza (attivando anche la localizzazione, in modo da trovare con più precisione i medici nei dintorni). SosPediatra con pochi clic permette di trovare un pediatra vicino a casa, prenotando una visita a domicilio, sette giorni su sette e ventiquattr’ore su ventiquattro.
Dopo che l’app ha trovato la nostra zona di residenza o di posizione, appariranno infatti una serie di pediatri disponibili nei dintorni (tutti professionisti certificati e registrati all’albo). Basterà poi sceglierne uno e richiedere una visita, e dopo qualche scambio di conferme e notifiche il medico arriverà in tempi brevi a casa per la visita a domicilio richiesta.
Dopodiché, si pagherà il servizio solo in caso di visita avvenuta direttamente al medico (che emetterà regolare fattura). I prezzi, fissi e calmierati, sono tariffe standard e sono indicati nell’app.
Stress, ansia e preoccupazioni vengono così spazzate via!
I nostri figli hanno troppi giocattoli, non giriamoci intorno. È così, anche quando cerchiamo di non viziarli. E il motivo è semplicemente la società in cui viviamo, estremamente diversa dal passato.
Il risultato sono camerette zeppe, disordinate, pienissime. Ma c’è anche un altro risultato, ovvero l’abbassamento della qualità del gioco, dal momento che i nostri bambini, iper stimolati, non si concentrano più come una volta. E, non ultimo, c’è l’inquinamento.
La soluzione? Ridurre i giocattoli. Oppure barattarli!
Dunque: innanzitutto, avere meno giocattoli stimola moltissimo i bambini. In secondo luogo, troppi giocattoli influenzano negativamente creatività e concentrazione. Ciò significa che dovremmo prendere una decisione, riducendo sensibilmente i giocattoli che attorniano i nostri bambini. È difficile, certo, ma non impossibile.
Se non riusciamo a ridurre la quantità, tuttavia, possiamo prendere un’altra benefica e virtuosa decisione, ovvero partecipare al baratto dei giocattoli, una pratica che si sta diffondendo sempre di più in Italia e che ha il pregio di ridurre gli sprechi, ridurre i rifiuti, stimolare il senso ecologico e diffondere l’altruismo.
Il primo motivo per cui il baratto dei giocattoli è importante, in ogni caso, è l’ambiente. Secondo il report del WWF “Fermiamo l’inquinamento da plastica”, come fa sapere Ansa, “il mare è il destino finale di ben 53 mila tonnellate di plastica ogni anno: il 4% vi arriva dai fiumi italiani. Il Po è responsabile del 3% (1.350 ton) della plastica che ogni anno finisce nel mare e rappresenta la 10° maggiore fonte di inquinamento da plastica del Mediterraneo. Solo la città di Roma, attraverso il Tevere, riversa in mare l’1% della plastica (600 ton l’anno)”. Ed essendo l’Italia uno tra i maggiori produttori di manufatti in plastica, ed essendo i giocattoli troppo spesso realizzati in questo materiale, cercare di allungare la vita dei giocattoli dei nostri figli evitando che vadano a finire nella spazzatura è un nostro dovere.
Barattandoli, ovvero scambiandoli con quelli di altri bambini, si evita così questa trasformazione in rifiuti.
Per trovare gli eventi di baratto di giocattoli in Italia basta fare una semplice ricerca su Google, cercando “baratto giocattoli” abbinato al nome della propria città, in modo da essere aggiornati. Ma possiamo anche organizzarli noi, presso le scuole dei nostri figli o durante le festicciole.
Come? Basta dire a tutti i bambini di portare 3, 4 o 5 giocattoli tra quelli che non usano più (tutti ne porteranno un numero uguale) e organizzare in casa o a scuola un angolo dedicato ad essi. Ad un certo punto della giornata, tutti sceglieranno tra i giocattoli raccolti quelli che preferiscono. Se ne hanno portati 3, ne sceglieranno 3, e così via.
Il risultato è che i bambini innanzitutto impareranno il valore dell’utilizzo di un oggetto, che quando non usiamo più possiamo donare a qualcun altro. Impareranno poi l’importanza del riciclo e dello scambio per evitare di creare altri rifiuti, imparando in maniera naturale il valore del consumo eticamente sostenibile. E si divertiranno!
E da genitori possiamo anche scegliere il baratto per tutto ciò che ci sta attorno, compresi i vestiti dei nostri bambini, i nostri abiti che non ci convincono più e gli accessori dei neonati, organizzando degli “swap party” (delle “feste del baratto”) con i nostri amici neogenitori, per ottenere ciò di cui abbiamo bisogno gratuitamente e per offrire agli altri gli oggetti e gli accessori che, pur essendo ancora utilizzabili, a noi non servono più.
In Italia la maggior parte dei negozi di giocattoli ha ancora la classica divisione “giocattoli per bambini” e “giocattoli per bambine”. Per forza, poi, i bambini crescono con l’idea che gli attrezzi da meccanico siano solo per i maschi e le bambole solo per le femmine.
Fortunatamente viviamo in un mondo che sta distruggendo piano piano gli stereotipi di genere. E per farlo, passa anche dai giocattoli, che piano piano si stanno prendendo la loro vera essenza, ovvero l’essere giocattoli per tutti. Perché il gioco non ha genere e non dovrebbe avere stereotipi.
Da qualche tempo Mattel ha lanciato una linea di bambole che ricordano la Barbie e che aggiungono un tassello a questa lotta agli stereotipi di genere: si chiama Creatable World ed è favolosa.
I problemi quando si parla di bambole e stereotipi di genere sono essenzialmente due: il primo è l’identificazione delle bambole come un giocattolo prettamente femminile; il secondo è l’assenza - fino a poco tempo fa - di bambole di tutti i generi, con tutti i tratti, con varie caratteristiche fisiche. E la varietà è fondamentale, quando si parla di bambole, poiché la bambola, spesso, è un giocattolo che permette l’identificazione personale. E quando manca una bambola con i propri tratti, beh, è facile sentirsi esclusi e diversi.
Mattel ha quindi creato una linea di bambole che annulla tanto l’utilizzo prettamente femminile quanto la mancanza di varietà. Le sei bambole di Creatable World, infatti, non hanno limiti.
Ogni kit acquistato include una bambola senza genere, che possiamo trasformare a nostro piacimento, con capelli lunghi o capelli corti, e con cento look possibili, grazie alle combinazioni di abiti e accessori. In ogni scatola ci sono infine combinazioni di look, moltissime opzioni di outfit, accessori e parrucche, in modo da dare la possibilità ai bambini e alle bambine di creare la bambola perfetta.
Le bambole sono insomma una base, una tela bianca che i bambini possono dipingere a loro piacimento, creando la bambola che più li rappresenta o che più gli piace. Possono passare dai capelli lunghi a quelli corti, dalle gonne ai pantaloni, dal look sportivo a quello elegante… Senza limiti, cambiando ogni volta che si vuole.
Come dicevamo, le bambole “base” sono sei, con sei toni di pelle diversi, e ognuna presenta delle caratteristiche basilari che verranno appunto poi impreziosite con gli accessori. Ci sono il personaggio biondo con i capelli mossi…
quello con i capelli neri e le treccine…
quello con i capelli castani mossi…
quello con i capelli rame lisci…
quello con i capelli neri lisci…
e quello con i capelli ricci biondi.
“I giocattoli riflettono la cultura, e mentre il mondo celebra l’impatto positivo dell’inclusività, sentiamo che sia il momento di creare una bambola che sia libera da ogni etichetta”, ha spiegato il Senior Vice President della Mattel Fashion Doll Design Kim Culmone. “Attraverso alcune ricerche, abbiamo capito che i bambini non vogliono che i loro giocattoli abbiano etichette di genere. Questa linea di bambole gli permette quindi di esprimersi liberamente. Speriamo che Creatable World incoraggi le persone a pensare più seriamente a come tutti i bambini, in questo modo, possano beneficiare del gioco con le bambole”.
Proprio questo è il punto: giocare con le bambole è molto educativo, proprio come il gioco di ruolo, e se prima solo alle femmine era permesso, oggi è assurdo pensare di negarlo ai maschi. Che forse proprio grazie alle Creatlable World (e grazie ad una società slegata dagli stereotipi antichi) giocheranno più volentieri e senza limiti con le loro bambole, bambole divertentissime perché potenzialmente personalizzabili all’infinito e soprattutto favolose dal punto di vista dell’identificazione personale.
Classici o in linea, i pattini sono un must per i bambini, sia per quelli che lo fanno come sport, sia per chi semplicemente vuole giocare all’aria aperta divertendosi in maniera diversa.
Ce ne sono davvero di moltissimi tipi, e non importa se con le ruote in linea (i rollerblade) o classici: i pattini sono sempre un bellissimo regalo perché permettono di giocare all’aperto e di sperimentare un movimento diverso dal solito, un movimento che coinvolge tanto la muscolatura quanto l’equilibrio.
Ecco una selezione dei migliori, da regalare ai nostri bambini.
Per partire, questi pattini che si adattano alla scarpa del bambino sono l’ideale (li abbiamo avuti tutti da piccoli, vero?). Sono semplici, economici, leggeri e versatili, perché crescono insieme al piede del bambino.
Dopodiché, ecco i classici pattini a rotelle bianchi, bellissimi ed eleganti, da allacciare con le stringhe. Sono perfetti per i bambini che cominciano il pattinaggio artistico, ma anche per chi li vuole usare nei parchi con piste adatte al pattinaggio.
Della Roces, questi pattini sono simili ai classici bianchi ma con un po’ più di personalità grazie al colore, rosa oppure blu con ruote rosse.
Ancor più originali e sgargianti sono questi pattini a quattro ruote di Fila, con una decorazione laterale davvero unica e un collo del piede un po’ più alto.
Garlando propone invece dei pattini davvero molto versatili, che possono passare dalle classiche quattro ruote alle ruote in linea in un solo gesto.
Di nuovo di Roces, i Compy sono i pattini in linea per bambino tra i migliori, grazie all’allacciatura sicura e ferma e alla scarpetta imbottita anatomicamente, per evitare dolore ai piedi quando indossati.
Professionali, questi pattini in linea per bambini non sono solo belli, ma anche divertenti, grazie ai rulli anteriori luminosi.
Lo conosceranno sicuramente tutti i genitori, ma per molte persone questa parola è sconosciuta e strana: parliamo di “Apgar”, o “indice di Apgar”, e si tratta di un valore che viene assegnato ad un bambino negli istanti immediatamente successivi al parto, per valutarne la vitalità e le funzioni primarie. Insomma: per capire quanto stia bene e se ci sia bisogno di eseguire esami aggiuntivi
Ma di cosa si tratta, come funziona e perché è importante? Ecco tutto ciò che c’è da sapere sull’indice di Apgar.
A dare il nome a questo indice di Apgar è Virginia Apgar, una anestesista americana che nel 1952 ideò questa scala di valutazione per capire, subito dopo il parto, come sta un bambino a livello di adattamento alla vita extrauterina, di vitalità e di funzioni vitali primarie.
Attraverso cinque parametri ai quali i medici assegnano un voto da 0 a 2, possiamo dunque capire se il bambino appena nato sia in buone o cattive condizioni, intervenendo in tal senso.
A uno, cinque e dieci minuti di vita del bambino, quindi, viene effettuato il test, che si basa su cinque parametri: la frequenza cardiaca, il tono muscolare, l'attività respiratoria, i riflessi ed il colorito della pelle.
Ad ognuno di questi parametri viene assegnato un punteggio tra 0 e 2 punti, in base all’osservazione del neonato, in questa maniera:
Per quanto riguarda la frequenza cardiaca, se è assente il bimbo riceve 0 punti, se è sotto i 100 battiti al minuto riceve 1 punto, se è sopra i 100 battiti sono 2 punti.
Per quanto riguarda la respirazione, se è assente sono 0 punti, se è debole o irregolare il bimbo riceve 1 punto, se è vigorosa e con pianto sono 2 punti.
Il tono muscolare riceve 0 punti se è assente (si parla di atonia); 1 punto se la flessione è solo accennata; 2 punti se i movimenti sono attivi.
I riflessi vengono controllati attraverso la risposta al catetere nasofaringeo e i punti vengono così assegnati: 0 se i riflessi sono assenti; 1 punto se i riflessi sono scarsi; 2 punti se il bambino starnutisce, piange vivacemente o tossisce.
Infine, se il colorito della pelle è pallido o cianotico il bambino riceve 0 punti; se le estremità sono cianotiche riceve 1 punto; se il colorito è normale riceve 2 punti.
La somma totale di questi punti può arrivare ad un massimo di dieci, ed è su questo punteggio che si calcola l’indice di Apgar. In base al punteggio, quindi, il personale sanitario divide i bambini in tre gruppi.
Un neonato è vitale, sano e normale quando riceve un punteggio tra i 7 punti e i 10 punti. Se il punteggio risulta tra i 4 e i 6 punti, il neonato è moderatamente a rischio e ha bisogno di assistenza, vigilanza e ripetizione del test ogni cinque minuti fino a che ce ne sia bisogno. Se, invece, il valore è inferiore ai 4 punti, allora il bambino richiede intervento medico immediato perché gravemente depresso e non vitale.
Perché questo indice è importante? Innanzitutto, per la velocità con la quale lo si effettua. Essendo così immediato e intuitivo, permette di capire subito la vitalità di un neonato, intervenendo nel caso in cui ce ne sia bisogno.
Lo sanno bene le mamme che ci sono passate e quelle che lo stanno provando in questo momento: quando una gravidanza è a rischio, oltre al pensiero ricorrente alla salute del bambino, il fastidio è altissimo. Perché gravidanza a rischio spesso significa dover passare mesi e mesi a letto o sul divano, in riposo forzato. E stare ferme a casa porta a pensare continuamente alla salute del proprio bimbo nella pancia. Insomma: un circolo vizioso che è difficile spezzare.
Ecco dunque qualche attività sicura, semplice e rilassante per impegnare le giornate, senza perdere la testa ma sfruttando le ore libere per qualcosa di costruttivo, coinvolgente e piacevole.
Che siano quelle sul cellulare o quelle che abbiamo stampato (o che vogliamo stampare), l’organizzazione delle fotografie prende sempre moltissimo tempo e non si trovano mai i momenti adatti, così che le foto si accumulano e rimangono in disordine. In queste settimane di risposo possiamo dunque approfittarne, per metterle a posto e per re-immergerci nei ricordi.
Tenere un diario è sempre terapeutico, in ogni momento della vita, ma in particolare modo durante la gravidanza. E non sarà solo terapeutico, ma potrà diventare qualcosa da lasciare poi al nascituro, come un libro sulla sua vita nel grembo.
Se non siamo alla prima gravidanza, in casa con noi probabilmente per molte ore al giorno ci saranno i nostri bambini. Se solitamente il tempo per stare con loro scarseggia, ora ce n’è molto di più. Approfittiamone per disegnare con loro, per giocare a dei giochi in scatola adatti alla loro età, a giocare con le bambole, con le costruzioni (magari costruendo giocattoli per il nascituro)…
Eh sì, la semplicità: leggiamo, leggiamo, leggiamo. Ma non solo i saggi sulla gravidanza o sulla maternità. Lasciamoci coinvolgere da romanzi lunghi e appassionanti, da storie thriller che lasciano con il fiato sospeso, da storie di amicizia che fanno riflettere… Scegliamo, quindi, il nostro genere preferito e divoriamo libri su libri. E scegliamo anche la modalità preferita, la lettura tradizionale o quella attraverso gli audiolibri, magari durante un bel bagno caldo.
Le serie tv sono la nuova letteratura, perciò, proprio come per i libri, possiamo lasciarci coinvolgere dalle serie più belle e coinvolgenti.
Non possiamo uscire? Beh, non è che la nostra vita sociale deve per forza rimetterci. Basta cambiare il luogo di incontro, ospitando gli amici da noi. Lasciando, ovviamente, che ci aiutino con la cena e le faccende di riordino, dal momento che noi siamo in riposo forzato!
Non c’è niente di male, e, anzi, dobbiamo approfittarne, dal momento che dopo pochissimo tempo la nostra vita si stravolgerà e il tempo per il relax scomparirà immediatamente. Il riposo forzato spesso viene vissuto solo come un peso, e stare sul divano o nel letto fa stancare più di prima. Ma a volte basta solo pensarci più a fondo, intendendo quei momenti come vero riposo, e allora il nostro corpo e la nostra mente staranno davvero meglio. Facciamo un bel bagno caldo, organizziamo una SPA a casa con maschere e massaggi (i partner in questo possono aiutare!), lasciamoci coccolare una volta a settimana da del confort food…