Devono essere pratici, sicuri, non tossici, naturali e, perché no?, belli da vedere. Parliamo dei piattini per lo svezzamento, che dopo la tovaglietta-piatto per bambini sono uno strumento indispensabile nel periodo nel quale i nostri bambini passano dal latte al cibo. Soprattutto verso i 12-24 mesi, l’età in cui i bambini cominciano a stare sul seggiolone sperimentando l’indipendenza per la prima volta e iniziando a mangiare da soli, con le mani o con le piccole posate per loro.
Ecco quindi la nostra selezione dei più bei piattini per lo svezzamento, perlopiù in bambù, un materiale naturale e sicuro che oltretutto è molto ecologico, dal momento che questa pianta è tra le più veloci a ricrescere (e la riforestazione, quindi, è semplicissima!). Ed è un materiale biodegradabile!
Un piattino per lo svezzamento in bambù con una ventosa inferiore che permette di fissarlo al piano del seggiolone: è davvero comodissimo e sicuro! E il materiale in cui è composto, uno spesso bambù, è fatto apposta per non fare scottare le dita dei bambini.
Un set prima pappa in bioplastica 100% made in Italy biodegradabile e senza BPA e ftalati, con un piatto piano, un piatto fondo, un bicchiere, forchetta e cucchiaio. Di Ekoala, è davvero bellissimo e colorato, caratteristica che invoglia anche i bambini più riluttanti a mangiare!
Non lontano dal concetto di tovaglietta piatto, questo set in bambù per lo svezzamento è davvero pratico e bello, poiché presenta la suddivisione in sezioni, in modo da dividere i pasti dei bambini a seconda dei nutrienti. E non si rompe, naturalmente, nemmeno se i bambini lo gettano a terra!
In alternativa, c’è anche la versione con il circo, divertentissima!
Di Bobo&Boo, un set pappa in bambù pensato per le mani piccole dei bambini, con piatto, ciotola, bicchiere, cucchiaio e forchetta, senza BPS. E tutte queste stoviglie possono essere lavate in lavastoviglie (basta metterle nel cestello superiore, più delicato, evitando i lavaggi a temperature troppo alte).
Con le principesse, le balene, le stelle o le tigri, questo piattino per lo svezzamento (composto da due piatti, un bicchiere e due posate) è resistente e versatile, bellissimo da vedere e divertente per i bambini.
Composto da cinque elementi (due posate, una ciotola, un bicchiere e un piatto suddiviso in due), questo set per svezzamento è molto comodo, per il fatto di essere molto resistente e per la suddivisione del piatto principale, che permette di servire al bambino il cibo principale e il contorno insieme, ma comunque divisi.
Un piatto e due posate bellissime, in fibra di bambù, senza BPA e progettati per una presa sicura del bambino, che può così sperimentare la sua indipendenza in tutta sicurezza.
Per bimbi che amano gli animali, il piattino per lo svezzamento di Biozoyg dedicato ai ricci, con un piatto piano e uno fondo (come i grandi!), due posate per bambini e un bicchiere, in fibra di bambù, amido di mais, fibra di legno e resina melamminica.
Giulia Mandrino
Sono molte le donne incinte che si chiedono, giustamente, se l’igiene orale in gravidanza debba seguire particolari regole. È una domanda legittima, dal momento che in gravidanza gli accorgimenti riguardanti le nostre abitudini quotidiane aumentano (i prodotti da usare dal parrucchiere, i cibi da evitare, i prodotti cosmetici meno aggressivi…).
Per quanto riguarda l’igiene orale, va subito detto che l’igiene orale è importante tanto quanto in periodi normali della vita, se non di più, a causa dei cambiamenti dell’organismo che si ripercuotono anche sul cavo orale.
Ma vediamo insieme meglio come curare l’igiene orale in gravidanza, come comportarsi nei confronti delle infezioni, come occuparsi dei propri apparecchi ortodontici (apparecchi fissi e mobili) con spazzolini per apparecchio fisso, dentifricio e integrazione di fluoro e come controllare le malattie orali.
L’igiene orale in gravidanza cambia essenzialmente per un motivo: il corpo di una mamma in attesa va incontro a cambiamenti fisiologici molto complessi che incidono anche sulla salute del cavo orale. Le abitudini alimentari cambiano, si soffre di nausee mattutine, c’è il reflusso esofageo… Per non parlare delle modificazioni ormonali (estradiolo e progesterone aumentano la proliferazione di alcuni batteri che alterano la salute di denti e gengive), dei vasi sanguigni e del sistema immunitario (che tende a rispondere un po’ meno del solito).
Tutto questo contribuisce negativamente sulla salute dei denti e della bocca e dei loro tessuti, ed ecco perché si potrebbe incorrere nell’erosione dello smalto o dell’aumento delle carie in bocca. Inoltre, spesso le risposte infiammatorie ai vari problemi e batteri risultano accentuate, e questo può portare a gengiviti (che colpiscono le gengive), parodontiti (che riguardano il rivestimento dei denti) o epulidi (iperplasie del tessuto connettivo della gengiva o del parodonto).
Tuttavia non bisogna preoccuparsi ed è giusto affidarsi al proprio medico dentista curante, programmando un controllo ogni tre mesi o ogni qualvolta si noti una modificazione o un problema: in gravidanza è bene andarci più spesso. Non c’è infatti alcun pericolo, come alcune credono, nel sottoporsi a visite ed interventi ortodontistici ed odontotecnici: i medici sapranno quali cure intraprendere e quali interventi invece evitare, non sottoponendo le gestanti alle radiografie o allo sbiancamento dentale con agenti chimici. L’importante è farlo presente.
Anche portare un apparecchio fisso non è sconsigliato, così come montarlo o rimuoverlo durante la gravidanza. Se la gestante porta un apparecchio ortodontico, l’unico problema a cui potrebbe andare incontro è un maggiore accumulo di placca batterica a causa delle placchette dell’apparecchio. La placca batterica, se trascurata, potrebbe poi portare a carie o malattie del cavo orale, e per questo è molto importante prestare più attenzione all’igiene orale quotidiana, utilizzando uno spazzolino per apparecchio fisso e un dentifricio al fluoro non eccessivamente abrasivo. Ai primi segni di fastidio o di alterazioni è consigliabile un controllo dal dentista di fiducia.
Un altro aspetto dell’apparecchio fisso durante la gravidanza potrebbe essere l’eccessiva sensibilità delle gengive, che possono causare appunto un fastidio nel tollerarlo nella propria cavità orale. In alcuni casi le gengive si possono gonfiare e possono diventare molto suscettibili, o anche sanguinare. Un’igiene orale più frequente e più delicata può essere una buona soluzione a questo, oltre a un collutorio specificatamente dedicato alla situazione, per esempio a base di clorexidina, è necessario usare uno spazzolino con delle setole molto fini e morbide, in modo da raggiungere delicatamente gli spazi intorno all’apparecchio.
Apparecchio o non apparecchio, sarà bene, inoltre, consultare il proprio ginecologo per farsi prescrivere, eventualmente, del fluoro aggiuntivo: se l’acqua della zona in cui si risiede ne è carente, infatti, è consigliato assumerne una integrazione. In gravidanza è possibile assumerne 1mg al giorno. Questo perché il fluoro è il primo alleato nella nostra lotta alle malattie del cavo orale, ma solo se effettivamente la nostra acqua ne è carente. Altrimenti un semplice dentifricio svolgerà benissimo il suo compito.
Il problema, tuttavia, non riguarda solo la bocca, perché questi problemi si ripercuotono poi negativamente su tutto l’organismo, portando anche a conseguenze importanti, come il parto prematuro e il basso peso alla nascita.
Prima di tutto, per prenderci cura del cavo orale durante la gravidanza dobbiamo fare attenzione alla dieta, includendo cibi naturali e freschi che diano il giusto apporto di vitamine, calcio, proteine e fosforo.
La cura quotidiana deve poi continuare come consueto, con spazzolino e dentifricio (a bassa abrasività ma contenente fluoro) mattina e sera e dopo ogni pasto, filo interdentale e collutorio (in questo caso è sempre meglio sceglierlo senza alcool). Tutto questo non solo per scongiurare le carie ma anche per evitare la proliferazione di batteri nel cavo orale, che potrebbero venire trasmessi al nascituro verticalmente. In altre parole: trascurare l’igiene orale significa aumentare le possibilità del proprio bimbo di soffrire di problemi di denti e bocca una volta nato.
Nel caso della nausea mattutina prolungata (iperemesi gravidica) è opportuno consultare il proprio dentista e non solo il proprio ginecologo, perché, appunto, potrebbero esserci problemi associati al cavo orale. Solitamente è bene risciacquare la bocca con acqua e un cucchiaino di bicarbonato dopo ogni manifestazione emetica, abbattendo così l’acidità della bocca. E per quanto riguarda l’igiene quotidiana, è consigliato utilizzare uno spazzolino da denti con setole morbide (morbide per evitare che le lesioni provocate dall’acidità dei succhi gastrici peggiorino).
L’igiene dentale, poi, va assolutamente eseguita durante la gravidanza (anche e soprattutto a causa delle modificazioni fisiche e dell’iperacidità che fa malissimo ai denti), in particolare nell’ultimo trimestre. Basta che le visite siano poco prolungate, a causa della scomodità delle posizioni in gravidanza, e poco invasive.
Giulia Mandrino
Che i bimbi sul seggiolone giochino e facciano andare cibo dappertutto è un must (e deve anche essere così! È anche attraverso il gioco, il tatto e il gusto che scoprono il mondo e sperimentano). Ma al di là della questione, noi genitori cerchiamo sempre soluzioni comode e pratiche che possano coniugare la natura dei bambini con l’ordine e la praticità, con anche qualche valenza di educazione alimentare.
Tra i nostri strumenti preferiti sta di certo la tovaglietta piatto per bambini, un piatto solitamente in silicone già preformato che permette di dividere i cibi e di lasciare che i bambini mangino da soli senza il rischio che il piatto cada. Durante lo svezzamento, quindi, è davvero comodissima!
La tovaglietta piatto per bambini è un piatto preformato formato da una base rettangolare o quadrata da cui sporgono dei bordi preformati a formare il piatto. In questo modo il piatto è ben fissato alla base e non si rischia che cada o che si rovesci, lasciando tuttavia la possibilità ai bambini di sperimentare. Sono piatti, insomma, impossibili da rovesciare, per la gioia di mamma e papà.
Il bello della tovaglietta piatto, tuttavia, è anche un altro, e ci sta molto a cuore. Essendo la tovaglietta piatto già preformata e divisa, presenta delle sezioni più o meno grandi, come se fosse un vassoio di portata nel quale tutti gli alimenti del pasto stanno in un solo luogo. Questo permette di educare i bambini al mangiare sano. Perché?
Semplicemente perché permette di dividere visivamente le porzioni. Le verdure e i cereali andranno quindi nello scompartimento più “abbondante”, mentre i grassi in quelli più piccoli, e cì via in base al pasto che proponiamo al bambino. E questa suddivisione sarà davvero molto utile, perché resterà loro in mente, proprio come una buona abitudine.
Di tovagliette piatto ne esistono molti modelli, differenti per forma, dimensione e divisione in scompartimenti. Ci sono anche quelle pensate per cibi solidi e cibi liquidi, come le minestre, Queste ultime avranno i bordi un po’ più alti, per far sì che non strabordi tutto.
Questa di Nooni Care, ad esempio, è ideale per minestre, pastasciutte e vellutate, poiché presenta un solo, profondo scomparto centrale.
Altra caratteristica iper positiva di queste tovagliette piatto è il loro essere simpatiche e divertenti, aspetto da non sottovalutare quando si parla di alimentazione dei bambini, che, a volte, quando sono svogliati di fronte al piatto basta che vengano stimolati visivamente, variando dalle solite abitudini.
Questa tovaglietta piatto di Qshare è a forma di gufetto ed è davvero carinissima e utile: ha tre scomparti, uno per la portata principale e due per i contorni.
Altra tovaglietta piatto per bambini che amiamo è questa blu che presenta un disegno del cielo, semplice e d’effetto per i bambini. Non è molto profonda per quanto riguarda i bordi, quindi è ideale per i piatti freddi e non fluidi.
Infine, bellissima è questa a forma di elefante con ventosa incorporata per essere appiccicata al tavolo, con due scomparti principali e uno pensato per le minestre, quindi più profondo.
Giulia Mandrino
Non solo da piccole, ma soprattutto da grandi: le figlie femmine solitamente sono legatissime alla loro mamma. Certo, c’è il periodo dell’adolescenza, ma poi tutto si appiana e migliora, rafforzandosi moltissimo (ricordate “Mama” delle Spice Girls? Parla proprio di questo). E via via che il tempo passa il rapporto si stringe ancora di più.
Le figlie femmine si sposano, escono di casa, vanno a vivere da sole, fanno carriera, fanno figli. Ma la telefonata quotidiana alla mamma resta spesso una costante. Così come i consigli nel momento del bisogno e le giornate di shopping.
Ma non è solo per affetto o similitudine. C’è anche una spiegazione scientifica che spiega perché il rapporto madri-figlie è così forte e indissolubile.
È vero: le figlie femmine amano i loro papà. Ma quello con la mamma è un rapporto diverso e altrettanto indissolubile, fortissimo e speciale. La spiegazione? L’empatia, certo, ma anche la chimica del cervello.
Ma vediamo meglio perché. Vari studi scientifici hanno mostrato come la parte del cervello che regola le emozioni è più simile tra madri e figlie che in ogni altra relazione parentale. Ecco perché le madri capiscono meglio i problemi delle figlie femmine rispetto a quelli dei figli maschi. Sanno meglio cosa provano, sanno mettersi meglio nei loro panni (e non solo perché magari sono passate per la stessa situazione, essendo donne e femmine, ma proprio per la struttura cerebrale).
Ma è anche questione di genetica. Spesso, infatti, la struttura mentale di una madre viene trasmessa alle figlie femmine (e questo implica anche ereditarietà dei problemi di salute mentale, ma questo è un altro discorso: se una madre soffre di qualche disturbo, è probabile che ne possano soffrire anche le sue figlie).
C’è poi uno studio che mostra benissimo come queste influenze genetiche (ma anche ambientali, ovvero di educazione) siano fondamentali per il rapporto madre-figlia. Lo studio si intitola “La trasmissione interegenerazionale femminile dei pattern del circuito cortico limbico”: i ricercatori hanno preso in analisi 35 famiglie con relazioni biologiche, trovando positive associazioni di volume di materia grigia nel sistema cortico limbico, nell’amigdala, nell’ippocampo, e nella corteccia prefontale tra madri e figlie femmine. Questa associazione (ovvero similitudine) era molto più significativa tra madri e figlie che tra madri e figli maschi o tra padri e figlie.
Il sistema cortico-limbico è responsabile dell’umore e gli studiosi hanno notato una somiglianza tra i sistemi delle madri e quelli delle figlie, come se ci fosse una specifica trasmissione matriarcale.
Un altro studio ha poi mostrato quanto il rapporto tra madri e figlie sia fondamentale per la crescita e per lo sviluppo della persona: la connessione relazionale, l’interdipendenza e la fiducia sono i tre fattori di questo rapporto che influenzano negativamente o positivamente le figlie femmine. Ovvero: una relazione fondata su questi fattori in maniera positiva influenza in maniera massiccia e positiva l’autostima delle figlie femmine, che ne beneficiano così per tutta la vita.
Giulia Mandrino
Vivere una vita Hygge è bellissimo. Significa rendere confortevole tutto ciò che ci sta intorno, dare valore alle persone che ci circondano e rifugiarsi in un luogo del cuore. L’Hygge è una filosofia danese che rende felici (ne avevamo parlato qui) e per questo l’abbiamo fatta nostra.
Per quanto riguarda il vivere in casa, essere Hygge significa rendere tutto coccoloso e confortevole, puntando su un arredamento semplice ma pieno di calore, su una casa piena di amici e di amore e su elementi che ci fanno stare bene.
Anche i bambini beneficiano di questa atmosfera in casa, perché l’Hygge significa prima di tutto stare bene insieme, lasciare le controversie fuori e darsi da fare, sempre con gratitudine e consapevolezza.
Ma come rendere la vita ai bambini Hygge?
Sicurezza, accoglienza, famiglia e comodità: si possono riassumere in queste quattro parole le caratteristiche dell’essere Hygge. È naturale quindi pensare che vivere in questo modo faccia bene ai bambini. Ed è effettivamente così, perché l’Hygge racchiude in sé molti insegnamenti di vita, dall’empatia alla gratitudine.
Al di là della confortevolezza della nostra casa, quindi, possiamo puntare su certi aspetti della vita familiare per rendere tutto Hygge e a misura di bambino.
Innanzitutto, i rituali in famiglia sono importantissimi e super Hygge. Non solo i compleanni e le tradizioni, ma i rituali quotidiani, siano essi il preparare insieme la colazione o la cena, la passeggiata quotidiana o la lettura di un libro la sera.
La gratitudine, poi, dicevamo essere fondamentale per lo stile di vita Hygge, e in generale per la vita di una persona. Allenandola la positività si sprigiona, ma soprattutto si crea nei bambini la consapevolezza di ciò che hanno in termini di famiglia e di materiali. Ogni giorno mostriamo ai bambini di cosa siamo grati e invogliamo loro a fare lo stesso, magari con un barattolo della gratitudine o tenendo una lavagnetta in cucina su cui ogni giorno ognuno scrive qualcosa di amorevole nei confronti degli altri.
La natura non dovrà mai mancare nella vita dei bambini per essere Hygge, quindi cerchiamo di passeggiare nel verde più che possiamo, facendo giardinaggio in casa o organizzando vacanze nella natura.
Anche la creatività è fondamentale, poiché aiuta a sviluppare e indagare l’emotività personale. Disegni, libri, esperimenti sono sempre una buona idea e i bambini dovrebbero sempre sentirsi liberi di esprimersi creativamente.
Tra i rituali, non dimentichiamo il festeggiamento delle occasioni familiari (come dicevamo prima): i compleanni, la fine della scuola, il Natale, il capodanno, i traguardi sportivi… Ogni occasione può essere buona per organizzare una piccola serata di festa nella quale ognuno prepara qualcosa (i cartelloni, gli stuzzichini, i giochi…).
Infine, anche gli amici e l’accoglienza sono un pilastro Hygge. Abituiamo quindi i bambini all’”Aggiungi un posto a tavola”, invitando i nostri amici a cena o per serate in compagnia, e lasciamo che loro facciano lo stesso con i loro amichettoli, invitandoli spesso e mostrando come la nostra casa sia un ambiente sicuro nel quale tutti si trovano bene, coccolati, accolti e accettati.
Giulia Mandrino
Sirene che ululano, scale che si innalzano, coraggio che sprizza da tutti i pori: i pompieri affascinano moltissimo bambini e bambine, e non è un caso! Il mestiere del vigile del fuoco è nobile ed eroico, oltre che bello da vedere ai loro occhi, con i furgoni rosso fuoco e i caschi gialli!
Per tutti i bambini che amano i pompieri ecco quindi una selezione di libri a loro dedicati, da sfogliare, leggere e ritagliare per amare ancora di più i vigili del fuoco.
Questo libro è di Richard Scarry, ed è quindi un’istituzione tra le letture per l’infanzia! È ambientato a Felicittà e i pompieri (i maialini ormai nostri amici!) sono sempre al lavoro, per spegnere incendi, soffiare candeline di compleanno e spruzzare acqua per fare la doccia!
Un libro di Michael Escoffier e Matthieu Maudet edito da Babalibri che parla della giornata di un piccolo pompiere impegnatissima, tra lo spegnimento di incendi dovuti ai pop corn e disastri seguiti ad una semplice grigliata! Illustrazioni bellissime, dialoghi semplici ed onomatopee completano questo libro davvero carinissimo.
L’ippocampo Junior propone questo bellissimo libro completo di tutto, per scoprire il lavoro del pompiere, la loro divisa, i mezzi di soccorso e tutte le curiosità attorno a questa professione affascinante.
Un altro libro illustrato per bimbi che vogliono sapere tutto, ma proprio tutto, sui pompieri: come si spengono gli incendi? Quali sono i mezzi di trasporto dei pompieri? Tutto questo attraverso testi e immagini, ma soprattutto sotto tante linguette che divertono i bambini.
Come? Dove? Perché? Queste le domande a cui vuole rispondere il libro per bambini dai cinque anni che vogliono sapere tutto tuttissimo sui vigili del fuoco!
Questo è un libro per i bimbi un po’ più piccoli che vogliono scoprire il mondo dei pompieri da soli, sfogliando un libro illustrato apposta per loro, un oggetto-libro che li farà appassionare tanto alla lettura quanto alla professione del vigile del fuoco.
La storia dell’orsetto Oscar, del suo elmetto da pompiere e del suo furgone rosso: da grande vuole fare il vigile del fuoco! Ma che fare ora se mancano gli incendi da domare?
Un libro che si trasforma davvero in una caserma dei vigili del fuoco: camion di carta, elicotteri, la scala, l’idrante… C’è proprio tutto!
Questo libro non è solo da sfogliare, ma anche da ascoltare, perché ogni volta che arrivano i pompieri suona l’allarme! Per bimbi dai due anni, per scoprire il mondo anche attraverso tatto e udito.
Ritagliare è un’azione fondamentale per i bambini, che, accompagnati dai genitori, imparano il senso del pericolo e della precisione. Questo libro si può interamente ritagliare, per giocare poi con una caserma di carta, i suoi pompieri e i suoi mezzi di soccorso!
Giulia Mandrino
La dermatite da contatto è di certo sul podio quando parliamo di fastidi che colpiscono i nostri bambini. E non è un caso: profumi, materiali poco traspiranti ed emulsionanti sono infatti spesso alla base della composizione dei pannolini usa e getta più diffusi sul mercato.
Da genitori, però, vorremmo sempre il meglio per i nostri bimbi, e la ricerca di nuove soluzioni pratiche ma sicure è sempre prioritaria. Se, quindi, come noi ci tenete alla pelle dei vostri figli, sarete contentissimi di sapere che anche in Italia sta arrivando Lillydoo, un servizio a domicilio che ci permette di avere sempre a disposizione pannolini ipoallergenici, vegan e curelty free!
Come dicevamo, i pannolini più acquistati sono quelli usa e getta. È vero, sono comodi, ma l’altra faccia della medaglia è che spesso sono composti, nella loro parte assorbente, da profumi, lozioni e additivi non propriamente delicati sulla pelle dei bambini. La maggior parte delle volte, proprio da questo derivano gli arrossamenti e le dermatiti di cui soffrono i più piccoli, e cambiare pannolino può diventare la soluzione al problema.
Non basta però cambiare marca. Bisogna certamente cercare un pannolino che sia più delicato e più naturale, certificato e sicuro. Lillydoo è tutto questo: l’azienda tedesca produce infatti, oltre a vari prodotti per la puericultura naturali e di altissima qualità, pannolini consapevolmente privi di profumi, parabeni ed emulsionanti PEG, e i prodotti sono certificati OEKO-TEX®, STANDARD 100 e “vegan e cruelty free”da PETA.
Ecco perché questi pannolini sono speciali: perché diminuiscono di moltissimo il rischio di allergie cutanee, che non sono solo fastidiose per i nostri bimbi ma che se trascurate possono portare ad infezioni e problemi più gravi.
E poi sono belli (una frivolezza che ci piace!): il packaging è moderno e funzionale e le fantasie di Lillydoo sono davvero meravigliose, semplici e un po’ nordiche come piace a noi.
Oltre all’importantissima questione salutare e di qualità, poi, l’offerta di Lillydoo è davvero comoda. Perché? Perché permette di comprare i pannolini online, individualmente, oppure di risparmiare tempo e denaro scegliendo un abbonamento personalizzabile (che può essere disdetto in ogni momento e senza vincoli).
Basta andare su lillydoo.com, scegliere la taglia dei pannolini, la fantasia (ce ne sono di meravigliose!) e l’intervallo di consegna, per riceverli puntualmente a casa con comodità e risparmio. Con l’opzione in abbonamento, senza costi di spedizione, Lillydoo garantisce infatti il 25% di sconto sui suoi pannolini.
Ogni qualvolta il bambino crescerà, poi, nessun problema: nel momento in cui ci accorgiamo che i pannolini sono piccini, basta rimandarli indietro senza spese e cambiarli con una nuova taglia. Un abbonamento che si evolve insieme al bimbo, quindi, in totale comodità. Non si rimane mai senza pannolini, si risparmia denaro, si guadagna tempo e ci si affida ad un marchio che ha davvero a cuore la salute dei nostri bimbi. Volete provare? Basta richiedere il pacchetto prova!
Giulia Mandrino
E' praticamente l'unica crema che io utilizzo su di me e devo dire che anche Emma apprezza tantissimo. E' semplicissima da fare ed è un regalo sempre molto apprezzato dalle mie amiche. La consistenza può essere più cremosa (in questo caso aggiungo l'acqua) oppure più burrosa (senza acqua).
Ecco la mia ricetta della crema corpo al burro di karitè: come preparare in casa una crema corpo super idratante adatta a grandi e bambini.
La scienza non va in vacanza, nemmeno in inverno! Durante queste vacanze di Natale, quindi, potremo dedicarci con i bambini ad attività creative e ad esperimenti dedicati al mondo STEM, ovvero della scienza e della tecnologia inclusiva per tutti..
Con ciò che abbiamo in casa, cercando materiali in tema natalizio, è possibile infatti divertirsi imparando!
Prendiamo degli scovolini e delle palline per collane bianche e rosse. I bambini dovranno scrivere il loro nome in codice binario seguendo questo alfabeto:
Le palline rosse saranno lo zero e le bianche l’uno (o viceversa). E con queste palline binarie potremo decorare l’albero!
https://littlebinsforlittlehands.com/christmas-coding-activity-stem-ornament-binary-alphabet/
Le palline di neve saranno dei piccoli pompon bianchi, le fionde dei bicchieri di carta decorati ai quali avremo tagliato il fondo sostituendolo con un palloncino tagliato. Per imparare concretamente la fisica e la traiettoria!
https://www.growingajeweledrose.com/2013/12/snow-shooters.html
La sfida sarà quella di creare, con i mattoncini che abbiamo in casa, una slitta per Babbo Natale. Non ci sono regole: potrà essere tradizionale, super moderna, simile ad una astronave… I bambini, senza istruzioni, metteranno in moto il loro ingegno per creare un mezzo di trasporto divertente ed efficiente!
https://leftbraincraftbrain.com/lego-santa-sleigh-stem-building-challenge/
Qui si impara la chimica: serviranno un palloncino verde, un pennarello, una bottiglia, del bicarbonato di sodio e dell’aceto bianco. Sul palloncino disegniamo un piccolo cuore. Nella bottiglia versiamo un cucchiaio di bicarbonato aiutandoci con un imbuto, e sempre con l’imbiuto, velocemente, versiamo 1/4 di tazza di aceto bianco. Infiliamo subito il palloncino sul collo della bottiglia e osserviamo la magia del palloncino che si gonfia, e con lui il cuore del Grinch!
https://team-cartwright.com/christmas-science-experiments/
Con i bastoncini di zucchero che stanno invadendo casa in questi giorni possiamo spronare i bambini a costruire un ponte per i loro animali giocattolo. La base saranno due colonne di libri, sulle quali appoggiare i bastoncini. I bambini dovranno bilanciarli e farli stare in equilibrio (sembra semplice ma non lo è!).
http://preschoolpowolpackets.blogspot.com/2016/11/christmas-science-stem-challenge-candy.html?m=1
Sempre con i bastoncini di zucchero possiamo sperimentare con i bambini la forza di dissolvenza dei diversi liquidi: in alcuni barattoli versiamo olio, acqua, aceto e acqua calda e sapone. In ognuno infiliamo un bastoncino e osserviamo quali dissolvano prima le nostre caramelle!
https://lemonlimeadventures.com/dissolving-candy-cane-christmas-science-for-kids
Per spronare i bambini a mettere in moto le proprie doti ingegneristiche e meccaniche, ecco la sfida dell’albero di cartone: dovranno costruirlo con una serie di triangoli ritagliati da vecchie scatole di cartone, mantenendo l’equilibrio e trovando gli incastri perfetti.
https://littlebinsforlittlehands.com/christmas-stem-ideas-kids/
Giulia Mandrino
Ogni età ha la sua peculiarità, e questo lo sappiamo. Un bambino di un anno comincia a camminare, mentre a quattro corre. Un bimbo di tre anni inonda casa di “perché” e non sa stare fermo, mentre a sei anni comincia a capire di doversi concentrare, stare fermo e ascoltare. Un bambino di due anni non saprebbe mai fare una moltiplicazione, mentre a otto è normale. E allora perché sembra che le aspettative nei loro confronti siano sempre più alte?
Ciò che intendiamo dire è che pare che ormai la società ponga sulle spalle dei nostri bambini dei macigni. I nostri figli devono imparare in fretta a camminare (altrimenti sembra che “stiano rimanendo indietro”), devono cominciare a imparare l’alfabeto a quattro anni (“così arrivano più preparati a scuola!), devono imparare a parlare il prima possibile (per non sembrare “stupidi”). Ma non stiamo forse dimenticando che sono bambini? Che c’è un’età per ogni cosa? E che soprattutto ogni bambino ha i suoi tempi senza che noi li incalziamo?
Questa tendenza si manifesta soprattutto in un ambito, che è quello scolastico. Sono infatti moltissimi, da qualche anno, i genitori che decidono di mandare i bimbi in prima elementare un anno prima del consueto. Una ricerca di Harvard, tuttavia, mostra come questa decisione possa rivelarsi controproducente, se non addirittura pericolosa. Vediamo perché.
Si dice “fare la primina”. Ovvero: iniziare le scuole elementari un anno prima rispetto al consueto. Quindi, a cinque anni. Questa tendenza è ormai consuetudine (anche se non è la regola), ma ciò non vuol dire che sia efficace o benefica, o che, in ogni caso, sia la migliore scelta che possiamo fare.
Ogni bambino, naturalmente, è a sé, ma tendenzialmente far fare la primina significa non seguire lo sviluppo naturale di nostro figlio. Così come lo spingerli a imparare a leggere già dalla scuola materna (come sta accadendo sempre di più). Perché? Perché in realtà pare che questa scelta rischi di nuocere, invece che aiutare i bambini.
Nello studio “Leggere all’asilo: poco da guadagnare, molto da perdere” la professoressa Nancy Carlsson Paige spiega come i bambini che ricevono insegnamenti non in linea con il loro sviluppo del momento possa essere pericoloso. In primis perché, facendo più fatica (non essendo per loro arrivato il naturale momento per leggere, ad esempio), si sentono inadeguati e provano così stress, confusione e ansia.
Ma non è colpa dei bambini. Non sono loro ad essere indietro. Sono le nostre aspettative ad essere irrealistiche e irrispettose nei loro confronti. No, se un bambino a cinque anni non sa (e non riesce a) leggere, non è colpa sua. Lui è un bambino, e come tale ha i suoi tempi. Imponendo, quindi, un insegnamento troppo precoce, instilliamo nei bambini prima di tutto il senso di inadeguatezza, e in secondo luogo non diamo loro gli strumenti giusti per imparare.
Un altro rischio, poi, è quello relativo ai disturbi dell’attenzione, ed è direttamente collegato con questo discorso degli strumenti per imparare (che dovrebbero essere commisurati in base all’età e allo sviluppo). Come dicevamo, i bambini piccoli non starebbero mai fermi. Iniziano a tranquillizzarsi verso i 6-7 anni. Mandandoli quindi a scuola prima, impediamo loro di sfogarsi fisicamente come natura vorrebbe. E questo porta quasi inevitabilmente allo sviluppo dei disturbi dell’attenzione, poiché un bambino di 5 anni costretto a stare ore e ore su una sedia non può stare bene. È naturale, no?
Uno studio di Harvard ha svelato proprio questa correlazione: nell’articolo “La differenza che può fare un anno” i ricercatori spiegano come abbiano notato la correlazione tra l’inizio anticipato della scuola elementare e le diagnosi di ADHD. Ovvero: nelle singole classi, i bambini più piccoli d’età hanno maggiore probabilità di sviluppare un disturbo dell’attenzione, e i bimbi che cominciano la scuola ad un’età minore hanno il 30% di probabilità in più di sviluppare questi disturbi rispetto a chi la comincia normalmente a 6 anni.
Il problema, tuttavia, è anche un altro. Spesso a questi bambini vengono diagnosticati i disturbi dell’attenzione in età davvero piccola, intorno ai 5-6-7 anni. E se ci pensiamo è proprio il periodo nel quale cominciano la scuola. È normale che un bambino di 5 anni faccia più fatica a stare composto e attento in classe rispetto ad uno di 7 anni. Ma tutto questo si trasforma poi in un circolo vizioso, dal quale il bimbo faticherà ad uscire poiché sprovvisto degli strumenti necessari (quelli che dovrebbe utilizzare in relazione alla sua età, quelli che non ha proprio perché sta in una classe di bimbi più grandi che hanno altri bisogni).
In altre parole: ciò che dobbiamo sempre seguire è lo sviluppo naturale di nostro figlio. Questo non significa negargli un insegnamento perché “non è il momento”. Se un bambino esprime realmente, a parole e con i fatti, il desiderio di imparare a leggere a quattro anni, allora è giusto assecondarlo. Non è giusto, invece, quando siamo noi ad imporlo.
Lo stesso discorso vale per la scuola. Pensiamoci davvero fino in fondo, prima di fargli cominciare le elementari un anno prima: è il momento giusto per il nostro bimbo? Magari sì, e allora male non fa. Ma se ci fosse anche solo un minimo dubbio, allora sarebbe giusto seguire quella vocina che ci dice che, beh, forse non è ancora arrivato il momento.
Giulia Mandrino