Vicino a Viterbo esiste un Parco che renderebbe orgogliosissima Maria Montessori e piacerebbe a tutti i pedagogisti più all’avanguardia. Parliamo del Parco Cinque Sensi, il percorso perfetto per bambini e adulti per risvegliare la propria sensorialità immergendosi nella natura e passando una giornata all’aria aperta.
L’apprendimento passa prima di tutto dai cinque sensi: lo sapeva Maria Montessori e noi ne siamo convinti. Sperimentare il mondo attraverso tatto, gusto, udito, olfatto e vista è la base della vita, la prima forma di comunicazione del bambino, che sempre attraverso questi cinque sensi di anno in anno acquisisce la sua indipendenza.
Ecco perché il Parco Cinque Sensi è davvero prezioso e ognuno dovrebbe farne esperienza: affrettatevi, però, perché il parco è aperto solo nei mesi più caldi e quindi il 31 ottobre chiuderà, per riaprire i battenti la prossima primavera.
Questo Parco Cinque Sensi si trova in centro Italia. Appena arrivati vi chiederanno di togliervi le scarpe: per fare davvero un’esperienza sensoriale, infatti, bisogna essere in contatto profondo con la terra.
Camminare a piedi scalzi, non a caso, è il modo più naturale e sano di spostarsi. Si prevengono i raffreddori (con un po’ di freddo ai piedi il corpo produce naturalmente calore!), migliora la circolazione e rafforza tutto l’organismo. Quello di muoversi scalzi è un gesto tipico dell’infanzia (che gli adulti troppo spesso mettono da parte), l’unico che permette di provare vibrazioni e sensazioni davvero genuine.
Ed ecco che inizierete il percorso. In un attimo i vostri piedi si abitueranno alla ruvidità e alla fine del percorso sentirete davvero un senso di rinvigorimento, sia fisico che mentale.
Tra vasche umide (di fango cretoso, torba o piccoli sassolini bagnati), vasche asciutte (riempite di tappi di sughero, sabbia o lavanda a seconda della stagione), coppi, pneumatici riciclati, pigne, fango, conifere e sorprese i grandi e bambini passeggeranno immergendosi completamente nella natura. Sul percorso si troveranno quindi i più diversi tipi di terreno, uno stratagemma che è un toccasana per i piedi e un momento divertentissimo per la famiglia.
Il bello del percorso è che è adatto davvero a tutti: grandi, piccoli, piccolissimi, anziani, diversamente abili…
(foto 1 www.parcocinquesensi.it)
Se deciderete di passare una giornata nel Parco Cinque Sensi dovrete anche mettere in conto che spesso sono previsti laboratori e attività ludiche pensate per stimolare ancora di più la sensorialità e la curiosità di grandi e piccini! Da non perdere, insomma.
E per chi viene da lontano l’ideale sarà fermarsi a riposare e dormire in questo bellissimo parco di conifere, per assaporare fino in fondo l’esperienza: nel Parco dei Cimini sono presenti bellissimi alloggi in stile montano per tutta la famiglia, e siamo sicuri che il riposo sarà davvero ristoratore. Così come il cibo che potrete mangiare: il pane cotto sul bastone sarà un’esperienza che non dimenticherete mai!
(foto 2 www.parcocinquesensi.it)
Non tutti tollerano il lievito chimico, ma soprattutto sono in molti a non fidarsi della sua genuinità. Già, perché il lievito che solitamente usiamo per far gonfiare i nostri dolci in forno è chimico, ed è normale voler trovare una valida alternativa.
Ma cos’è questo lievito chimico (detto anche istantaneo)? E’ un prodotto che rende le nostre torte e le nostre pagnotte e pizze soffici e gonfie. E’ composto da un elemento basico e da uno acido (in formulazione secca) che attivandosi con il calore producono anidride carbonica, facendo lievitare gli impasti.
Messa sul piatto questa informazione, che è piuttosto semplice, capirete che per sostituire il lievito in bustine servirà trovare altri due elementi, basico e acido, che facciano reazione con il calore, assicurando al contempo la stessa morbidezza. Ingrediente base: il bicarbonato di sodio!
La prima alternativa è utilizzare il succo di limone e il bicarbonato. Il bicarbonato (per le ricette con meno di 500 grammi di farina utilizzatene 10 grammi) agirà come agente basico e dovrà essere mescolato alla farina e agli altri elementi secchi delle vostre ricette. Il succo di limone (70 millilitri), invece, sarà l’elemento acido e andrà mescolato con gli ingredienti liquidi.
Al posto del succo di limone potrete utilizzare anche l’aceto di mele, acido al punto giusto, sempre in combinazione con il bicarbonato. In questo caso i millilitri saranno 80.
Il bicarbonato potrà essere associato anche allo yogurt: un vasetto di yogurt bianco basterà per le vostre torte. Mischiatelo con gli ingredienti liquidi, quindi procedete di nuovo con i nostri 10 grammi di bicarbonato da mischiare alla farina.
In tutti e tre i casi, mischiate prima gli ingredienti liquidi; quindi aggiungete solo alla fine la farina mescolata con il bicarbonato: l’effetto lievitante è temporaneo, quindi è bene fare incontrare i due elementi, acido e basico, solo un attimo prima dell’ingresso in forno.
L’altro elemento basico utilizzabile nelle composizioni per sostituire il lievito istantaneo o chimico è il cremortartaro. Si tratta di un sale di potassio dell’acido tartarico, detto anche bitartrato di potassio. In poche parole, è un agente lievitante naturale e lo si può comprare in bustine oppure a peso. E’ molto più leggero e digeribile degli altri agenti lievitanti, e per questo è davvero un’alternativa sana e consigliata.
Una volta comprato il cremortartaro potrete realizzare il vostro lievito pronto, da utilizzare nelle vostre ricette. Di nuovo, utilizzate il bicarbonato: mischiate 100 grammi di cremortartaro, 70 di bicarbonato e 30 di fecola di patate. Otterrete così una polvere pronta all’uso: quando cucinate le vostre torte utilizzatene 25 grammi (ogni 500 grammi di farina), aggiungendola come sempre appena prima di infornare.
Se invece non volete preparare la polvere pronta all’uso, munitevi di nuovo di cremortartaro, ma mischiatene stavolta 2 soli grammi con 3 albumi montati a neve.
Ultima alternativa vede di nuovo protagonista il bicarbonato. Per sfruttare la sua azione basica associategli quella acida dell’acido citrico alimentare. Di nuovo, potrete preparare il vostro lievito pronto all’uso, da tenere in dispensa: mischiate 70 grammi di bicarbonato di sodio con 60 grammi di acido citrico alimentare e 70 grammi di amido di mais.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Quando un’iniziativa è degna di attenzione noi siamo felici di dedicargliela; soprattutto quando si tratta di avvicinare sempre di più i bambini alla natura. E’ il caso di “La fattoria a scuola a Milano”: dal 10 al 15 ottobre non lasciatevi sfuggire questa occasione e andate subito alla Rotonda della Besana!
Segnatevi in agenda i giorni: dal 10 al 15 ottobre la Rotonda della Besana (via Enrico Besana 12, Milano) si trasformerà in una fattoria a cielo aperto. Gli ospiti saranno i bimbi delle scuole della città e i cittadini che vorranno indagare con mano i valori della vita all’aria aperta, di quella contadina, del lavoro e del rispetto degli animali. Ad organizzare il tutto saranno le fattorie didattiche e sociali del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con ATA (Associazione Trekking Acquatico).
Lunedì 10 ottobre si partirà così con le attività dedicate alle classi milanesi, che alle ore 9 entreranno nella Rotonda conoscendo le mule Nerina e Marzolina, animali docili e forti che ribalteranno l’immagine negativa del “mulo” così come oggi è dipinto. La mattinata, come quelle dei giorni successivi, sarà quindi riservata alle scuole.
I bambini potranno così incontrare alcune fattorie didattiche e sociali friulane, impegnandosi in laboratori e in attività ludiche e didattiche che permetteranno loro di “imparare facendo”, conoscendo da vicino e dal vivo la vita contadina, le attività meno conosciute e il bellissimo mondo dei lavori all’aria aperta.
Nel corso dei pomeriggi, invece, la Rotonda si aprirà alle famiglie e ai curiosi che vorranno passeggiare tra gli stand (dalle 14 alle 18), e tutto il sabato 15 ottobre (dalle 9 alle 18) sarà aperto al pubblico, che potrà conoscere le aziende partecipanti: tra vini, formaggi, miele, confetture e prodotti tipici delle malghe e delle fattorie friulane i cittadini si potranno confrontare con i produttori.
Non solo: sono previsti anche molti incontri con la Regione Lombardia e con il Comune di Milano, per parlare delle realtà agricole esistenti.
L’intento della manifestazione è quello di presentare il sistema produttivo agricolo del Friuli e la realtà delle fattorie didattiche e sociali della regione. Sul territorio lombardo, infatti, queste ultime sono ancora poco sviluppate. La speranza è quella di incentivare attraverso l’esempio anche altre fattorie a trasformarsi in angoli perfetti per i bambini e i cittadini che si vogliono avvicinare alla vita agricola, sia attraverso il turismo scolastico sia attraverso giornate dedicate alle famiglie e ai gruppi.
Implementare queste realtà significa aumentare l’attenzione verso l’ambiente, verso la vita sana, verso l’alimentazione genuina e salutare, verso la biodiversità e verso il patrimonio floreale e faunistico e verso la vita all’aria aperta; ma anche porre il focus sulle realtà territoriali, sulle tradizioni e sui valori culturali, storici, ambientali e produttivi del mondo rurale, così poco vissuto nelle città d’oggigiorno.
Come preprare un frosting perfetto per i cupcake? Perchè diciamocelo, i cupcake sono davvero qualcosa di spettacolare, sopratutto per le feste di compleanno!
“Vai all’ospedale pincopallino di Milano a partorire se vuoi fare il parto naturale. E poi lì fanno l’epidurale, per cui puoi avere il tuo parto senza dolore. Già, ho letto l’articolo sul giornale e c’era proprio scritto che il numero dei cesarei è il più basso della zona”.
Sembra tutto lineare, numero basso di cesarei significa parto naturale assicurato o quasi. Ma sarà proprio vero? Purtroppo, come spesso capita in questo filone della maternità detto “naturale”, il caos regna sovrano e si rischia di imbattersi in castelli di sabbia. E sì, perché sempre più ospedali costruiscono l’immagine del buon reparto maternità con qualche trucchetto, su filosofie che di naturale hanno ben poco e ancor più che di rispettoso nei confronti della donna non hanno neanche l’ombra.
Ma partiamo dall’inizio: il primo luogo comune da sfatare è che un numero basso di cesarei sia indice di un approccio naturale al parto. Il dato è davvero poco significativo perché:
E questo è solo ciò che riguarda il dato statistico di cesarei. Ma andiamo avanti e parliamo dell’epidurale “la migliore amica del parto naturale”, quello che sembra essere lo strumento più utile per portare felicemente a termine un travaglio e un parto. Partiamo dal presupposto che lo strumento migliore è l’istinto della donna, naturalmente predisposta a partorire che, se si affida a un’ostetrica in maniera profonda (certo che un’ostetrica brava fa la differenza) difficilmente avrà problemi nel parto. Si perché una donna sa qual’è la posizione che la può aiutare in quel momento (anche se a volte il suggerimento ostetrico è fondamentale), sa che stare ferma a pancia in su provoca un dolore lancinante ed è solo comodo per l’operatore, sa quando ha bisogno muoversi, sa che non è malata, e che ha bisogno del supporto emotivo e pratico di un’altra donna più che due dita in vagina ogni dieci minuti o una canula piantata nella colonna che diciamolo, non è un aiuto al libero movimento.
L’epidurale infatti in primis generalmente allunga i tempi del travaglio, poi non consente il parto in acqua (il parto che noi ci sentiamo di consigliare a tutte voi), non permette un movimento fluido da parte della donna e l’assunzione di numerose posizioni, talvolta necessarie al benessere del bambino. Questo perché è comunque una procedura medica che può avere complicanze che impediscono un libero movimento, senza contare che spesso la donna perde in maniera parziale la sensibilità alle gambe per alcune ore…
Attenzione poi ad epidurali inserite durante i prodromi: il travaglio generalmente si allunga davvero tanto e il rischio poi è quello di imbattersi in un parto che di fisiologico ha poco, quindi con l’utilizzo delle ventosa o altre manovre che possono danneggiare anche il piccolo: perché si, un travaglio molto lungo non è una manna del cielo neppure per il bambino lo sapevate?
Quindi attenzione a scegliere ospedali in cui si abusa dell’epidurale, perché rischiate di compromettere il vostro parto naturale. Perché se davvero è quello che vogliamo dobbiamo tener presente che la nascita è un evento, un evento che parte dalla gravidanza e si prolunga nei mesi successivi al parto, non è l’uscita dalla vagina del bambino.
1. se non si ha una complicanza della gravidanza o una malattia del bambino è bene scegliere un ospedale più piccolo perché è più garantita un’assistenza one to one dal ricovero al dopoparto e sono meno gravosi gli interventismi inutili dei pediatri con aggiunte, esami e quant’altro.
2. chiediamo i dati percentuali dei parti in acqua: attenzione, non solo il travaglio ma il parto. Eh si, perché partorire in acqua è indiscutibilmente il modo migliore e più dolce per nascere. Poi una mamma è libera di scegliere non solo prima ma anche nel momento stesso di non effettuarlo, ma questo dato percentuale è significativo dell’approccio effettivamente fisiologico di una struttura.
3. Informiamoci sulle posizioni assunte durante il travaglio e il parto: quante donne partoriscono in posizione ginecologica che sappiamo essere la peggiore per la donna ma la più comoda per gli operatori? Perché davvero se il modo principale di partorire è questo la struttura non può in alcun modo essere definita vicino a un approccio fisiologico. c’è una netta differenza tra PARTO VAGINALE E PARTO NATURALE. Tutti questi parti elencati sono vaginali, ma pochi naturali.
4. quante ventose vengono applicate, quante manovre di kristeller, quante episiotomie?
5. qual’è l’assistenza durante il puerperio? Quante soluzioni glucoside, aggiunte e ciucci vengono dati e quindi quanti allattamenti rovinati? Cerchiamo strutture dove la mamma e il piccolo vengono seguiti nel puerperio dalle ostetriche, così che possano sostenerle a livello non solo di allattamento al seno ma di benessere a 360° affrontando tematiche quali il sonno, la cura del neonato, il bagnetto, la cura del seno etc… Sarà così più difficile cadere nel circolo vizioso delle aggiunte e dei ciucci che sappiamo creare disagi importanti nell’allattamento nella fase iniziale. E, fidatevi, sono punti strategicamente importanti quanto il parto. Pensate agli effetti positivi che potrebbe avere un accurata informazione delle mamme sul tema del sonno? immaginate quanti sonni sereni per tutta la famiglia?
6. cerchiamo strutture, purtroppo ancora poche, dove siano presenti ambulatori di gravidanza fisiologica, quindi ambulatori dove le gravide sono seguite dalle ostetriche che, oltre a monitorare la gravidanza, possono offrire supporto pratico e psicologico alla futura e neomamma. L’ostetrica infatti è la figura più linea con le esigenze di una donna sana: la gravidanza, essendo un evento fisiologico, non prevede la figura del medico di per sé,anche perché spesso una gravida cerca nel ginecologo risposte che chiaramente lui non potrà darle: non è infatti il suo lavoro fornire supporto emotivo ma anche consigli concreti di benessere per la donna. Nell’ambulatorio di gravidanza fisiologica la donna sarà seguita GRATUITAMENTE per tutta la gravidanza, e gli stessi esami clinici come analisi del sangue ed ecografie saranno prenotate ed effettuate nella stessa struttura.
Teniamo quindi conto, future mamme, di questi aspetti prima di optare per un ospedale perché tanto pubblicizzato, spesso da persone che di vero nascita naturale, non sanno davvero nulla.
Ho trovato un nuovo modo per far mangiare verdura ai bambini, e chiaramente ne abuso! Sono le mie torte salate con poco glutine, tante proteine e tanta verdura. Le preparo in tanti colori diversi e il loro procedimento è super semplice, sopratutto se avete un robot da cucina.
In che senso “sottovalutato?”. In maniera molto semplice: è troppo controllato. Certo, servono regole e prevenzione degli incidenti, ma siamo sicuri che esercitare il totale controllo sui bambini intenti nella loro pausa tra le varie materie scolastiche sia un atteggiamento sano ed educativo?
E’ proprio come il gioco libero: ormai lo sappiamo, è fondamentale che i bambini si dedichino ad attività senza regole, nelle quali inventano i ruoli, durante le quali lasciano andare la fantasia e grazie alle quali rafforzano le loro capacità di problem-solving, di empatia e di indipendenza.
Bene: lo stesso discorso vale per l’intervallo, o la pausa-merenda che dir si voglia. Quello che dovrebbe essere un momento di svago e di libertà è oramai diventato un lasso di tempo come un altro, durante il quale troppo spesso i bambini si trovano a dover sottostare a regole troppo rigide, che non permettono loro fisicamente e mentalmente di liberarsi e sfogarsi.
Le maestre, giustamente pensando di prevenire gli incidenti, di assicurare la sicurezza necessaria e di educare il comportamento anche durante questi momenti, limitano lo spazio nel quale stare (quante volte per punizione i bimbi si vedono costretti a stare in classe? E sapete quali sono le terribili conseguenze della costrizione in un luogo chiuso!), limitano i giochi ai quali poter giocare, controllano e vigilano con eccessivo zelo.
Non stiamo naturalmente dicendo di lasciare a briglia sciolta senza alcuna regola i bambini. Possiamo però suggerire alcuni cambi di rotta che potranno aiutare le maestre a mantenere sì un controllo, ma un pochino più blando, in modo che gli alunni beneficino della bellezza del tempo veramente libero. Benefici che saranno anche a lungo termine: vi assicuriamo che molti “disturbi del comportamento” ne gioveranno a vista d’occhio, così come i piccoli screzi e litigi tra i bambini. Lasciarli un pochino più liberi, come durante il gioco, li aiuta ad acquisire competenze sociali in maniera più diretta e più responsabile!
Le regole da seguire sono poche ma buone. Innanzitutto lo spazio. Come dicevamo, gli insegnanti dovrebbero evitare come la peste le famose punizioni “in aula”: punire la classe costringendola a stare in classe anche durante il momento di sfogo è deleterio, disumano e terrificante.
Si passa poi al tempo: gli intervalli dovrebbero essere sempre più lunghi. Dieci minuti non bastano, e i bambini non ne sentiranno mai i benefici! Serve tempo per muovere a dovere il corpo, per esplorare, inventare, pensare, risolvere i problemi. Offrire loro solo dieci minuti significa interrompere sul vivo tutti i processi mentali e fisici che stanno sperimentando.
Terzo consiglio riguarda il controllo, che, come dicevamo, dovrebbe essere allentato. Sì, è chiaro che le maestre facciano attenzione che nessuno si faccia male o che non accada nulla di terribile, ma è meglio lasciare i bambini liberi, e soprattutto lasciare CHE SI SENTANO liberi, in modo da inventare senza restrizioni e senza paure e in modo da risolvere con la propria testa i problemi.
E infine i materiali che dovrebbero essere messi a disposizione dei bambini. Nessun gioco già fatto, ma oggetti e materiali singoli, magari di riciclo, senza senso ma che permettono ai piccoli di inventare giochi, creazioni, sculture, ruoli.
“Scusate, ma la mamma sono io!”: sembra una frase di quelle che vi consigliamo sempre in risposta ai consigli non richiesti della zia Ignazia, no?
Bene: non siamo solo noi di mammapretaporter a sostenere l’ineleganza e l’inutilità delle frasi fatte e dei consigli che piovono a destra e a manca da parte di parenti, amici, zie, prozie, cugine di amiche e salumieri al supermercato. Sembra che nel momento in cui spunta il pancione la gente si senta in dovere di dire la sua. Be’, non è proprio così, e per questo vi consigliamo il libro di Giorgia Cozza.
Il periodo della gravidanza e della nascita del proprio bambino (soprattutto del primo) è delicatissimo. Cambiano molte cose, dal corpo alla quotidianità, e le domande che girano e rigirano in testa sono essenzialmente infinite.
Non tutte le future e neo mamme la vivono allo stesso modo; anzi, la maggior parte di loro sentono un grande peso sulle spalle (giustamente) e anche quando serene il pensiero va sempre all’essere o meno una brava mamma.
Non bastasse, arrivano sempre tutti quei commenti non richiesti, i consigli più strampalati, i giudizi positivi o negativi sui modi di essere genitore. E, guarda caso, arrivano sempre da persone che non dovrebbero avere voce in capitolo o che vediamo una volta all’anno e ognuno sembra avere la sua idea: il parto dolorosissimo, il taglio cesareo, la nanna con i genitori, la pancia troppo alta, il ciuccio che “ommioddio!”, guai a toccare i bambini (“si sporcano e si ammalano, non lo sapevi?”).
Non preoccupatevi: succede a tutte, e tutte possiamo sentirci frustrate di fronte a tutte le argomentazioni (inutili) che ci piombano addosso. Ma se proprio non ce la fate e non sopportate più il mondo che vi circonda, così indiscreto e invadente, fiondatevi in libreria: chiedete il libro di Giorgia Cozza e mettetevi comode.
Nel suo “Scusate, ma la mamma sono io!” Giorgia racconta della sua esperienza e mette a disposizione i suoi consigli alle mamme che non sanno affrontare la situazione. Ma non sono consigli nel senso stretto del termine! No: quelli li lasciamo ai conoscenti (facendoli entrare da un orecchio e buttandoli fuori dall’altro).
Snocciolando studi scientifici, fatti e situazioni particolari l’autrice pone il focus sulla cosa più importante, e cioè sulla competenza naturale della mamma. Lei ha fiducia nelle capacità materne così come sono, e lo stesso deve provare la futura mamma. Perché tutte abbiamo in noi la forza e gli strumenti per essere genitori.
Detto questo, e appurato che ogni mamma ha il suo metodo (che è quello perfetto per lei e la sua famiglia) Giorgia riesce a dare dei consigli che stavolta sono davvero utili. Ma non sulla maternità o sull’educazione! No: lei consiglia, guida e accompagna le mamme nel percorso di prevenzione e superamento delle critiche e delle osservazioni degli altri. Anche suggerendo quelle risposte che spesso ci vengono in mente troppo tardi e che ora possiamo sfoderare ad ogni evenienza!
L’importante, alla fine, è essere consapevoli che stiamo facendo ciò che meglio sappiamo fare, e quindi evitare di ascoltare le sentenze dei conoscenti, prendendosela, arrabbiandosi o frustrandosi: quelle sono tutte energie che vengono sottratte al tempo per fare la mamma.
Alla fine, non preoccupatevi di risultare insensibili, state sulla vostra strada e non abbiate timore a chiedere aiuto al vostro compagno: deve proteggervi anche dalle parole, non solo dal mondo fisico. E deve incoraggiarvi: il coraggio verrà da entrambi e sarete ancora più forti!
I prati e le strade si stanno colorando di rosso, giallo, arancione e marrone: è autunno, è il tempo delle foglie che cadono, ed è bellissimo uscire per godere di questa esplosione di colori caldi in contrasto con il primo freddo!
Uscite quindi con i bimbi, sguazzate nelle pozzanghere dopo la pioggia, ma soprattutto approfittatene per raccogliere le bellissime foglie. Portatele e a casa e iniziate a dare sfogo alla fantasia!
(foto 1 https://it.pinterest.com/pin/196328864978862323/)
(foto 2 http://minne-mama.blogspot.it/2014/10/fall-leaf-painting.html?m=1)
(foto 3 http://www.simplefunforkids.com/painting-leaves.html/)
(foto 4 http://www.delightedmomma.com/2012/08/how-to-leaf-stamp-and-make-your-own.html)
- Sempre coprendole con un foglio, ma stavolta normare (meglio se liscio e leggero), i bambini possono divertirsi a colorare il foglio tenendo le matite leggermente, per scoprire tutte le venature dei differenti tipi di foglie.
(foto 5 http://www.kcedventures.com/blog/art-and-science-of-leaf-rubbings-nature-activity)
- Provate a stirare le foglie tra due fogli di carta forno, quindi create attorno una cornice di carta (o di legno): quadretti perfetti per la cameretta dei bambini, fatti con le loro mani!
(foto 6 http://rmhouseofnoise.blogspot.it/2012/09/kids-craft-fall-leaf-stained-glass.html)
(foto 7 http://buggyandbuddy.com/3-ways-preserve-fall-leaves/)
- E perché non realizzare una maschera da supereroe dell’autunno? Incollate le foglie ad una mascherina ritagliata da un piatto di carta, infilate un elastico alle estremità e indossate!
(foto 8 http://www.smallfriendly.com/small-friendly/2013/11/diy-leaf-mask.html)
(foto 9 http://www.1plus1plus1equals1.net/2010/09/something-special-fall-tree-craft/)
Il primo di settembre riesco a legare la nena sul passeggino dopo il consueto round di wrestling (ma i terrible two cominciano all’anno e mezzo?) e sfrecciamo fino all’asilo nido che abbiamo accuratamente selezionato per la nostra erede. Uno privato, perché a giugno nel pubblico ci hanno rimbalzato.
Lei giá conosce il posto per esserci stata a luglio con noi a giocare un paio di pomeriggi e quando arriviamo saltella e non si lascia per niente intimorire da alcuni bimbi che stanno piangendo. Dopo averne accarezzato uno, e dato una pacca sulla spalla al’altra, si fionda sulle bambole che stipano le mensoline della classe ed io sparisco dalla sua mente. E cosí pure i 3 giorni successivi, quando comincio a lasciarla sola per un po’ e quando rientro la trovo tranquilla, indaffarata e senza nessuna intenzione di andarsene.
Sono un po’ perplessa, lo ammetto. Trascorro questi primi giorni in uno stato di bipolarismo totale: in alcuni momenti gongolo soddisfatta pensando che, cribbio, l’attachment parenting funziona! e che effettivamente ha reso la nena una bimba indipendente e sicura; il secondo dopo penso timorosa che é tutto troppo bello per essere vero. Ed infatti non lo é. Al cuarto giorno, mentre io putroppo volo lontano per lavoro, il papá mi racconta di pianti disperati giá davanti al portone dell’asilo. Nei video che la maestra manda al gruppo di whatsapp della classe dei coniglietti, la bimba che i giorni prima sfasciava sorridente la casetta di plastica del patio si é convertita in una nena dalla faccina spaurita, con gli occhi cerchiati dal pianto, che non fa che ripetere “mama, mami”.
Lo vedo in hotel a mezzanotte, a giornata lavorativa finalmente conclusa, e chiamo il mio compagno piangendo come un vitello perché ho davvero bisogno che mi rassicuri sul fatto stiamo facendo la cosa giusta. Non prima peró di aver maledetto le nuove tecnologie. Il giorno dopo stessa storia ed io sempre lontana. Sulla strada del rientro ricevo una chiamata dall’asilo nido pubblico: mi avvisano che si é liberato un posto. Se vogliamo, la nena puó iniziare lunedí. Siamo a giovedí e abbiamo giá fatto una settimana di inserimento nell’asilo pirvato.
Dicevamo della madre di Murphy...? Io e papá ci riserviamo il fine settimana per pensarci. Intanto la situazione peggiora e il venerdí la lascio disperata alla maestra mentre a me si spezza il cuore. Vedo peró il sole quando nel consueto video di fine mattina, la mia coniglietta sorride facendo il giro giro tondo catalano con gli altri bimbi. Che cominci ad assimilare la nuova situazione? Forse. Ed é a questo punto che arriviamo noi, i suoi genitori, a darle il colpo di grazia: da lunedí cominciamo l’asilo pubblico perché nel lungo periodo é senz’altro la decisione migliore. La struttura é meravigliosa, il patio enorme, con tante piante e l’orto; la classe e gli spazi comuni sono organizzati e pulitissimi e, con mia grande sorpresa e gaudio, le educatrici seguono il metodo Reggio Emilia. E, come se fosse poco, costa parecchio meno.
Queste sono le cose che mi ripeto come un mantra per non sentirmi una infame. Il bilancio dei nostri primi giorni nel nuovo asilo sembra preso direttamente da una di quelle liste che tanto piacciono alla rete: i possibili sintomi del malaessere da inserimento nell’infante. Non ci siamo fatti mancare niente:
• Inappetenza: la bimba conosciuta da tutti per la sua fame da camionista, adesso spizzica come un uccellino
• Sonno disturbato: benché il nome sia totalmente azzeccato e lasci poco spazio all’immaginazione, non sapevo esattamente cosa fossero in terrori notturni prima che arrivassero a casa nostra. Due notti di fila. Ad oggi posso affermare che adesso mi é chiarissimo e sono veramente spaventosi
• Attaccamento morboso: rifiuta categoricamente il passeggino e vuole solo stare in braccio a me. Dopo essermi giocata entrambi i gomiti e aver compromesso pure le spalle, ho ritirato fuori il marsupio che non usavo da quando ancora non camminava. Lei contentissima. Meno male che ne azzecco ancora qualcuna
• Regressione: mi si attacca al collo sconsolata perfino quando la lascio con la iaia, la stessa con cui ha passato gli 8 mesi prima del nido e che chiamava mamma (lasciamo stare che se ci ripenso piango)
• Irascibilitá e momenti di ribellione: ogni cambio del pannolino é accompagnato dal sibilo dei calci volanti che sfiorano la mia testa e lavarle le mani é diventato ormai come fare il bagno a un gatto
• Apatia: la vedo triste, spenta, senza voglia di niente Atterrita mi chiedo dove diamine sia finita la mia bimba caterpillar. In un momento di debolezza acuta, decido che é una buona idea buttare 35 euro per un taller online sull’ “adaptación escolar”, tenuto da una non meglio identificata esperta, che, solo dopo aver pagato, scopro essere semplicemente “una madre”, con tutto il rispetto per la nostra categoria.
La presentazione di 12 slide (inclusa la prima di benvenuto e l’ultima di ringraziamento) dove mi si dice che saluti sempre la nena prima di andarmene e che le dia un “abbraccio ricarica pile” al lasciarla, mi convince del fatto pure io posso organizzare un taller online sul tema e farci i soldi. Lo terró presente nei momenti bui. Sto cosí male che a chiunque mi chieda come va, non resisto e rispondo “insomma...siamo alle prese con l’asilo e la nena l’ha presa proprio male”. Sorvolo su come l’abbia presa io.
E ovviamente, puntuale arriva la signora che mi risponde: “Tu tranquilla che sono tutti degli attori nati. Tutti, eh! E che non ti veda tentennare, mi raccomando, se no sei a posto! Ti manipolerá e l’avrá vinta lei”. Le rispondo che non credo mia figlia finga dei terrori notturni. Quindi mi instilla il dubbio che la nena abbia vissuto un non meglio specificato trauma, ma che certo non sará per l’asilo. Mi mancava il trauma di origine sconosciuta. Grazie, signora megera. Decido di tacere: non sono vestita adeguatamente per una rissa da bar.
Benché non la lasciamo mai sola nel nuovo asilo, le prime due settimane finiscono cosí, in un mare di lacrime. Nel weekend, grazie a un po’ di sana autoanalisi e a una spintarella di papá, va un po’ meglio. E parlo di me. Capisco che con la nena cresceranno anche i problemi e che sará meglio che mi dia una svegliata. Perché se é pur vero che io non posso evitarle la sofferenza nella vita (non tutta, almeno), posso insegnarle la resilienza. Con questa consapevolezza nel cuore smetto di cercare consolazione da parte tutti gli sconosciuti che incontro per strada. É giá qualcosa.
Fortunatamente e sorprendemente la nena, dal canto suo, sembra essersene fatta piú o mneo una ragione. Dorme giá un po’ meglio (arriva a sera stravolta), ha ripreso a mangiare come un bove (buon sangue non mente), continua a voler stare solo in braccio (sia mai che la abbandoni al primo angolo di strada, che “questa mamma é impazzita”), ma almeno non é piú cosí apatica e triste come i giorni precedenti. La terza settimana quindi, rincuorati dai miglioramenti, cominciamo a provare a lasciarla sola.
Mentirei se dicessi che non le (ci) risulta difficile: quando le dico che me ne vado, mi si avvinghia al collo, la bocca le prende la forma a rettangolo di quando sta per piangere, e si dispera. Il primo giorno. Il secondo smetto di sentirla urlare prima ancora di uscire dall’asilo, distratta delle bolle di sapone e il venerdí praticamente smette di piangere mentre sono ancora lí davanti a lei. Evviva! Ce l’abbiamo fatta!? Ci possiamo considerare inserite? Non voglio una risposta, per favore.
Preferisco vivere in questa illusione almeno fino a lunedí. Per adesso mi godo questo momento di sollievo dopo settimane di angoscia e sono pronta a mangiarmi (e bermi) il weekend! Ma questa é un’altra storia...
Nicoletta