Certo, la televisione non è il massimo della vita. Non è giusto piazzare i pargoli davanti alla scatola nera che li assorbe completamente. Ma è anche un piacere, a volte, se dosato con cura. Soprattutto in un momento eccezionale come questo: il Coronavirus COVID-19 ci sta costringendo tutti a casa (e mi raccomando, non fate i furbi: STATE A CASA!), e i disagi possono essere molti.
Da chi lavora in casa e non sa come tenere occupati i bambini a chi ha i bambini troppo piccoli per poterli lasciare da soli, da chi lavora per forza fuori casa a chi non ha i nonni vicini… I fastidi possono essere molti, ed è per questo che Italia1 e Rai Cultura hanno deciso di venire incontro alle famiglie italiane, cambiando la programmazione e dedicando il palinsesto di questi giorni ai bambini e ai ragazzi!
Non serve dirlo: normalmente non piazzeremmo i bambini davanti alla tv. Ma senza fare gli ipocriti, possiamo anche dire che i cartoni in televisione sono uno dei migliori ricordi della nostra infanzia. Quindi in un momento così drammatico come quello che ci sta facendo vivere il coronavirus perché non approfittarne? I bambini sono a casa tutto il giorno, per forza, e riempire le 16 ore in cui sono svegli non è così semplice.
Compiti, studio, ripasso da remoto: fatto. Leggere un po’ rilassandosi: fatto. Fare un esperimento: oggi magari no, che l’abbiamo fatto ieri. Giocare alle Lego o con le bambole: fatto. Guardiamo un po’ di tv? Ma sì, dai! Che male c’è?
Nessuno, soprattutto se in tv c’è qualcosa pensato proprio per i bambini. Italia1, in questo senso, ha deciso di cambiare la sua normale programmazione e, da canale prediletto della nostra infanzia qual è, ha deciso di dedicarla tutta ai bambini (fino alle 18 circa). E Rai Cultura ha aggiunto ore e ore di programmi per aiutare le istituzioni scolastiche,
Ecco che quindi su Italia 1 in questo mese di quarantena troveremo alle 8.30 i documentari naturalistici della BBC (meravigliosi! Anche i bambini restano affascinati dalle meraviglie della natura), per continuare alle 9.30 con “The Flash”, il telefilm sul supereroe. Da dopo pranzo restano i Simpson e “The big bang theory”, e alle 16 (ecco la novità più grossa!) un film per famiglie (mai accaduto in questa fascia): da “Cinderella Story” a “Paddington”, da “La bella e la bestia” a “Shrek”, ogni giorno ecco un film diverso da guardare tutti insieme inventando una “giornata cinema” a casa.
Rai Cultura, invece, ha aumentato i programmi di Rai5 e Rai Storia per venire incontro ai ragazzi a livello educativo, proponendo tutti i giorni “Viva la scuola” (un programma in 24 puntate costruito insieme agli alunni e agli studenti di tutta Italia, dalle elementari al liceo, con domande e quiz riguardanti ogni giorno un argomento diverso) e lasciando a disposizione su RaiPlay una quantità enorme di programmi culturali per ragazzi (in homepage troviamo in evidenza proprio la sezione “Learning”, oltre a quella “Bambini”, con i cartoni animati). Noi adoriamo “Per un pugno di libri” e tutti i documentari!
Non dimentichiamo, poi, tutti i servizi on-demand che ci permettono di guardare programmi sempre di qualità ed educativi senza rinunciare all’intrattenimento. In questi giorni possiamo approfittarne per guardare i bellissimi documentari che troviamo su Netflix, come “Il nostro pianeta”, “Notte sul pianeta Terra”, o i cartoni animati (hanno caricato tutto “Siamo fatti così”!). Divertente e molto carino è anche “I giocattoli della nostra infanzia”.
E perché non fare una serata con i film e cartoni di quando eravamo piccoli noi? Sempre su Netflix ci sono “Richie Rich”, “Dennis la Minaccia”, “I Flinstones”, “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato”, “Ella enchanted”, “La famiglia Addams”, una stagione dei “Puffi”, “Jurassic Park”, “La storia infinita”, “Space Jam”…
Purtroppo è difficile ancora per troppe di noi. Dire “mestruazioni” e parlare apertamente di ciclo non è ancora un dato di fatto, anzi. Per secoli la nostra cultura ci ha imposto di non parlarne, di trattare il ciclo mestruale come qualcosa di impuro, come un tabù. Ma un tabù non dovrebbe più esserlo!
Ora pensiamo alle nostre figlie adolescenti. Arriva il menarca, il loro corpo cambia, i pensieri si affollano, i dubbi si sommano… Parlarne, insomma, non è così semplice, né con noi né con le loro amiche. Forse anche a causa di quel tabù di cui parlavamo. Ecco perché questo libro lo consigliamo davvero a tutte, tutte, tutte le ragazzine: “È tutto un ciclo” è un graphic novel che ispira, che rappresenta, che presenta e che scioglie molti dubbi,, con delicatezza, concretezza e coinvolgimento!
La prima cosa che balza all’occhio è il colore: “È tutto un ciclo” (edito da Il Castoro - potete acquistarlo qui) è una graphic novel, ovvero un racconto a fumetti, non in bianco e nero, ma in rosso e nero. Una caratteristica simpatica, ironica, che ci piace moltissimo! Perché parla proprio di loro. Delle ROSSE. Anzi, chiamiamole con il loro nome: delle mestruazioni.
In un momento delicato ed enorme come quello dell’arrivo del ciclo mestruale, questo libro per ragazze (e per ragazzi! Anche loro possono beneficiarne, assolutamente) è favoloso perché è uno di quei fumetti che vorresti divorare, perché la storia è deliziosa, e che alla fine ti lascia moltissimo, perché risponde a moltissime domande alle quali le ragazze non hanno risposta, soprattutto quando molto giovani.
E le risposte sono a domande tanto pratiche quanto “psicologiche”. Si parla di quali assorbenti usare, di come alleviare i dolori che sembrano lacerarci, di come andare in piscina, di come non vergognarsi, di come fare squadra… Il tutto raccontando la storia di quattro amiche, Brit, Sasha, Christine e Abby.
L’oiccasione per parlarne giunge quando una delle quattro amiche, appena arrivata nella nuova scuola, senza accorgersene si macchia. Esatto: ci siamo passate tutte (chi macchiandosi davvero, chi temendo la macchia rossa sui pantaloni chiari). Così come siamo passate da altre situazioni descritte magnificamente nel libro (come, ad esempio, quando Brit ha dolori lancinanti e deve fare controlli più approfonditi, o i dubbi di Christine su chi le piace). Ed è tremendo, soprattutto alle medie, con gli occhi di tutti su di noi. Ma diviene subito meno tremendo proprio grazie all’amicizia e grazie, finalmente, al fatto di togliere la patina di tabù dall’argomento.
Il libro è stato scritto da Karen Schneemann con Illustrazioni di Lily Williams, e ci piace proprio perché attraverso una storia adolescenziale di amicizia aiuta le nostre figlie e i nostri figli a conoscere i cicli del corpo femminile, a capire che il ciclo mestruale non è un tabù ma qualcosa di naturale e a conoscere allo stesso tempo se stesse e se stessi.
Da quell’episodio si snoda quindi una narrazione davvero super, avvincente e coinvolgente, perfetta per appassionare i ragazzi e le ragazze alla lettura. Solitamente a quest’età il fumetto è una forma che piace, e che avvicina all’oggetto-libro. In questo caso, dunque, possiamo prendere due piccioni con una fava: fare leggere le ragazze e i ragazzi attraverso una forma piacevole e insegnare concetti importantissimi con la leggerezza del loro linguaggio adolescenziale.
Qui un articolo dedicato proprio alla prima mestruazione delle nostre figlie.
Per viaggiare in auto è necessario pianificare gli strumenti di base per un viaggio sicuro: la revisione dell’auto aggiornata e la documentazione periodica sono fondamentali. E se uno dei membri dell'equipaggio è un bambino, è necessario prestare attenzione. In ogni caso, i bambini di età inferiore a 10 anni devono essere sistemati sul sedile posteriore del veicolo, utilizzando adeguati dispositivi di sicurezza.
Ogni età ha un seggiolino specifico per bambini. L'indicazione è che i bambini fino a un anno devono essere ospitati in un ovetto, che garantisce la sicurezza per il bambino nella sua forma anatomica, che ricorda un nido. Per trasportare bambini da uno a quattro anni, è necessario utilizzare un seggiolino per auto. Da quattro a sette anni e mezzo, viene utilizzata l’alzatina. Un modello versatile che può essere utilizzato in queste due fasi è Auto Star Plus, in quanto ha anche una funzione booster senza schienale. Dopo questa età, il bambino può usare solo la cintura di sicurezza. Tutta l’attrezzatura deve essere collegata a una cintura a tre punti.
I medici indicano che anche il peso e l'altezza del bambino devono essere presi in considerazione al momento dell’acquisto dell'attrezzatura. Prendere in considerazione solo l'età è infatti limitante. La maggior parte dei bambini non raggiunge il peso e l’altezza ideali per usare la cintura senza l’attrezzatura all'età di sette anni e mezzo.
Un suggerimento è leggere attentamente i manuali di istruzioni dell'apparecchiatura per vedere cosa indica ogni produttore. In base a questo possiamo scegliere l’opzione più adatta per il bambino. Per quanto riguarda il fissaggio, il dispositivo più sicuro è il sistema internazionale ISOFIX, che collega il sedile direttamente al telaio dell'auto. Ogni macchina deve essere progettata con questa tecnologia. È il modo migliore per agganciare il seggiolino al sedile, senza dubbio.
E se state già pensando di cambiare automobile, non c’è bisogno di preoccuparsi, perché non sarà necessario acquistare un altro modello di seggiolino. Se l'auto è già dotata di sistema ISOFIX, una buona soluzione è acquistare una base BBC Terni. L’attrezzatura viene fornita con due punti di ancoraggio e una barra anteriore per una maggiore stabilità, oltre ad essere agganciata a qualsiasi sedile e con regolazione in altezza per diversi veicoli.
Un’informazione di sicurezza: infrangere le regole in automobile è un'infrazione molto grave. Se l’autista viene fermato in una situazione inadeguata rispetto al seggiolino, verrà punito con una multa, sette punti della patente e potrà continuare a viaggiare solo quando il bambino sarà sistemato in sicurezza.
È possibile ordinare qualsiasi parte auto del seggiolino per bambini sul sito autoparti.it.
Che siamo in zona rossa, zona arancio, zona gialla o zona rosa shocking non fa differenza. Deve entrarci in testa: DOBBIAMO STARE A CASA.
Se in tutta Italia hanno chiuso le scuole per il coronavirus Covid-19 un motivo c’è. Perché rischiare di allungare potenzialmente in maniera esponenziale il contagio solo per non privare nostro figlio della compagnia degli amici o di una festa di compleanno?
Le scene di ragazzini accalcati nei centri commerciali a vedere il loro idolo, di partitelle al parco tutti sudati, di feste di compleanno non rimandate e di inviti a casa per fare i compiti tutti insieme fanno riflettere. Non sono scelte innocue, anzi.
Si tratta di una situazione di EMERGENZA. Non è la normalità. E per un po’ possiamo anche resistere, per il bene di tutti. Anche di noi stessi.
Le scuole sono chiuse in tutta Italia. Certo, è un disagio. Non sappiamo dove lasciare i bambini, non sappiamo come lavorare, e allo stesso tempo non sappiamo cosa accadrà a livello culturale e istruttivo, se resteranno fermi per troppo tempo. È una situazione assurda e gigantesca. Ma proprio perché è così assurda dobbiamo capire che è serissima.
Se le scuole hanno chiuso è per un motivo semplice: i bambini sono uno dei veicoli più efficaci di germi. Non hanno, come noi adulti, il senso dei confini. Si toccano, stanno vicinissimi, si soffiano il naso e si stringono le mani, starnutiscono senza mettere la mano davanti nonostante il migliaio di volte che glielo abbiamo ripetuto… E questo virus, non bastasse, è molto ma molto più contagioso di molti altri, e non abbiamo né difese né vaccini.
Perché, quindi, organizzare feste di compleanno, gruppi di studio e giornate di gioco a casa degli amichetti? Così vanifichiamo totalmente il lavoro delle istituzioni. Che non ci stanno obbligando a tenere i bambini a casa perché gli va, ma perché degli ESPERTI ci stanno mettendo in guardia. Molto seriamente.
La festina potremo farla a situazione sotto controllo. I gruppi di studio saranno consigliatissimi quando il virus sarà sconfitto. Ma in questo momento il gioco non vale la candela.
Ognuno di noi pensa di essere una goccia nel mare, di non fare la differenza. Pensa di non essere contagioso perché non ha nemmeno un sintomo. Ma basta una persona, bambino o adulto, anche asintomatica, a scatenare una catena di contagi potenzialmente enorme, anche senza rendersene conto. E a quel punto la situazione non tornerà più alla normalità, no? Stare a casa, al contrario, significa poter spezzare questa catena e tornare mooooolto più velocemente alla tanto amata routine, alle tanto agognate festicciole e - a quanto pare - ai tanto adorati gruppo di studio.
Non solo. Si parla sempre di “anziani” e “persone già compromesse”. Ma è giusto dare un volto a queste persone, anche in maniera egoistica. Si tratta dei nostri genitori, dei nostri nonni, dei nostri amici che stanno passando o hanno passato brutti periodi a livello di salute. Cosa accadrebbe se nostro figlio tornando da una festicciola, pur asintomatico, attaccasse il virus a loro? Ecco.
Le regole sono semplici e chiare, basta seguirle senza trovare cavilli. Perché i cavilli non fanno bene né a noi né agli altri, alla lunga. “Le rinunce che si stanno facendo per l'emergenza sono per il bene di tutti. Seguiamo le regole e l’Italia si rialzerà”, ha dichiarato proprio nelle scorse ore il premier Giuseppe Conte.
Cerchiamo di stare a casa. È difficile, è vero. Ma non impossibile. Stare a casa significa cercare di non uscire e cercare di vedere solo le solite persone che vivono con noi. Bisognerebbe evitare di vedere anche i nonni, soprattutto quelli più anziani, per il loro bene. Le soluzioni sembrano non esserci, ma ci sono, e anche quando è inevitabile uscire e andare a lavorare fuori casa, cerchiamo di lasciare i bambini con i nonni o con gli zii, o comunque con persone vicine, senza cambiare troppo spesso.
Evitiamo poi di uscire se non è necessario anche a livello extra lavorativo. Si può uscire con i bambini, certo, ma solo per recarsi in zone aperte e con poca gente. Sì, quindi, alle passeggiate in montagna in zone non troppo battute, ma no alle passeggiate in centro o - soprattutto! - nei centri commerciali. Ci saranno anche degli eventi non cancellati, ma è assolutamente sconsigliato andarci. È lì che il pericolo di assembramento è al 100%.
Laviamoci molto spesso le mani ed evitiamo di toccarci il viso.
Cerchiamo di stare sempre ad un metro di distanza dalle altre persone.
Cerchiamo di uscire per fare la spesa solo se necessario, e quando lo facciamo stiamo attenti, cercando anche di andarci in orari non di punta, se possibile. Stiamo ad un metro dagli altri, non tocchiamoci la faccia, laviamoci le mani prima e subito dopo…
Quando incontriamo qualcuno che conosciamo, anche se è difficile (siamo italiani!), non abbracciamoci, non baciamoci e non stringiamoci la mano. Sarà strano e imbarazzante all’inizio, ma vale davvero la pena.
Chi ha la febbre, anche bassa, deve necessariamente stare a casa. Punto. Anche se non si è entrati in contatto con persone positive al Coronavirus. Potrebbe essere semplice influenza, ma potrebbe anche essere Covid-19. E se anche non fosse Covid-19, se è in corso un’influenza le nostre difese immunitarie sono più basse e potremmo prendere il Coronavirus più facilmente, con un decorso clinico più difficile.
E i nonni? Facciamoli stare a casa. Per molti sarà difficile non uscire per la passeggiata o non andare al bar con gli amici, ma è per il loro bene. E, sì, sarà estremamente difficile, ma è meglio non abbracciarli né baciarli.
Se invece temiamo di avere contratto proprio il coronavirus, atteniamoci alle disposizioni della nostra Regione e del governo, chiamando sempre il 112 e non andando direttamente in Pronto Soccorso, telefonando al numero unico per le informazioni (1500) oppure contattando i numeri verdi che variano di regione in regione:
LOMBARDIA: 800.894.545
VENETO: 800.462.340
PIEMONTE: 800.192.020
EMILIA ROMAGNA: 800.033.033
TRENTINO ALTO ADIGE: 800.751.751
FRIULI VENEZIA GIULIA: 800.500.300
TOSCANA: 800.556.060
CAMPANIA: 800.909.699
MARCHE: 800.936.677
CALABRIA: 800.767.676
VALLE D’AOSTA: 800.122.121
UMBRIA: 800.636.363
Chi l’ha detto che i disegni devono essere per forza colorati? E chi l’ha detto che il bianco e il nero non sono colori? Ok, tecnicamente uno dei due NON lo è, ma ciò non significa che devono venire per forza snobbati.
Ci sono molti modi per creare opere d’arte solo con questi due colori, che siano con la tempera, con i pastelli, con l’acquerello, sulla tela, sul foglio o che siano collage. Ecco dunque qualche idea per riscoprire il colore attraverso questi due toni così distanti sullo spettro.
Siamo abituati, e i nostri bambini come noi, ad utilizzare una tela bianca, disegnandoci sopra con una matita e colorandola poi con delle tempere o con degli altri tipi di colori. Stravolgiamo per una volta questa impostazione: compriamo delle tele nere. Diventeranno una base perfetta per sperimentare il negativo, dipingendo sopra solo con il colore bianco. Le potete acquistare qui o in tutti i negozi specializzati in arte.
Essendo il bianco bianco e punto, possiamo provare a fare sperimentare ai bambini diverse texture, consistenze e tecniche. Il colore sarà sempre lo stesso, dunque, ma basterà stenderlo sulla tela con diversi strumenti (pennelli a punta fine, pennelli a punta larga, spatole, spugne…) per creare disegni diversi.
Allo stesso modo possiamo farlo con il colore nero su una tela bianca.
Prendiamo ora una tela bianca e utilizziamo sia la tempera nera, sia la tempera bianca, lasciando che i bambini studino questi due colori e li accostino come vogliono, creando quadri super astratti.
Questo quadro è di Robin Brooks e ci può guidare verso un esperimento artistico con i bambini. Basterà ritagliare tanti pezzetti neri dalle riviste che abbiamo in casa e creare così dei disegni (come in questo caso un bosco). Non un collage astratto, dunque, ma qualcosa di riconoscibile. Che alla fine sarà affascinantissimo, essendo in bianco e nero.
Se abbiamo molto spazio e possiamo quindi rendere lo spazio di lavoro a prova di schizzi (coprendo il pavimento e le pareti con dei vecchi giornali) possiamo sperimentare la dripping art di Jackson Pollock, stendendo il foglio o la tela a terra e lasciando sgocciolare i pennelli pieni di colore. E, tornando all’inizio, possiamo anche utilizzare le tele nere con i colori bianchi, creando così due opere opposte.
Solitamente il campanello d’allarme è sottile ma percepibile. Ovvero: quando stiamo organizzando di vedere questa persona, una piccola (o a volte grande!) parte di noi vorrebbe piangere. Non ha voglia. Soffre. Perché inconsciamente sappiamo già quali sono le persone per noi tossiche.
Se ne parla moltissimo, negli ultimi anni. Ed è giusto così, perché le amicizie tossiche fanno malissimo al corpo e allo spirito, ed è quindi doveroso cercare di allontanarle da noi. Senza sensi di colpa.
Ma come riconoscere un’amicizia tossica? E come allontanarla da noi?
Prima di tutto: teniamo sempre bene a mente che uscire da un’amicizia tossica non fa di noi delle cattive persone, anzi. Non fa di noi degli egoisti. È un nostro diritto ed è un nostro dovere, perché non influenza solo noi, ma tutti coloro che ci stanno attorno. Un’amicizia tossica, infatti, è davvero deleteria: ci risucchia, ci fa entrare in un mood tremendo, e questo influenza tutti quelli che ci stanno intorno, e non solo noi. I nostri familiari, quindi, i nostri figli, i nostri amici, i nostri partner, i nostri colleghi…
Le amicizie sane, invece, sono iper benefiche, ci allentano lo stress, ci rendono felici, ci fanno stare bene fisicamente. Quindi perché concentrarci su qualcosa che ci fa stare male, che ci fa fare pensieri negativi, che ci fa vivere male la giornata? Meglio, come in tutto nella vita, puntare sulla qualità e non sulla quantità.
Ma chi sono le persone tossiche? Sono quelle sempre negative, che non ascoltano chi cerca di mostrare loro il bicchiere mezzo pieno. Sono quelle che se ne approfittano. Sono quelle che cercano di estorcere i nostri pareri e non ci danno mai il loro. Sono quelle che non rispettano i nostri confini, che ci spingono ad essere chi non siamo.
Non confondiamo però, mi raccomando, certi aspetti di amicizie effettivamente sane con “tossicità”. Meglio guardare sempre il quadro completo: ci sono amicizie, infatti, che ci fanno stare bene, che ci piacciono, ma che ogni tanto hanno aspetti negativi che ci fanno pensare. In quel caso non si tratta di amicizie tossiche, ma di amicizie vere. Perché non esiste amicizia senza litigi e senza difetti.
Nel caso della tossicità, si tratta di relazioni SEMPRE negative, nelle quali l’altra persona non rispetta i limiti, tira fuori i nostri lati peggiori, ci invischia nelle sue situazioni negative e ci fa vedere, anche inconsciamente, tutto nero.
In questo caso, allontanarci è un nostro diritto. E non si tratta di non aiutare l’altro o di comportarci da cattivi amici, ma semplicemente significa prendere in mano la nostra vita e decidere di STARE BENE a prescindere da tutto, eliminando ciò che rende la nostra quotidianità pesante e deleteria.
Che fare, dunque? Ovviamente il “ghosting” non è simpatico nemmeno nel caso delle amicizie, e non solo in amore (ovvero: ignorare l’altro sparendo da un giorno all’altro). Ma nemmeno il confronto diretto, spesso, è un’opzione, poiché nel caso delle relazioni di questo tipo è sempre molto, molto difficile esternare i nostri veri sentimenti. Anche perché la maggior parte delle volte, essendo la persona che c’è di fronte una persona tossica, questa diventerà aggressiva o si chiuderà in se stessa.
Una soluzione è una vecchia e buona lettera di spiegazione, nella quale esprimere i nostri sentimenti e nella quale consigliare qualche cambiamento positivo. In questo modo, diventerà un mezzo di aiuto, e non solo di rottura.
Altra modalità è l'allontanamento graduale. In questo caso, più che un confronto diretto e immediato potrebbe essere l'occasione per un discorso più dilazionato e più leggero, da proporre in maniera graduale, per fare ragionare l'altro e, allo stesso tempo, prenderci i giusti spazi che meritiamo.
Prima di addentrarci nell’articolo, un suggerimento: cerchiamo di avere un feed sano. Perché l’influenza dei social media su ciò che mangiamo sta proprio lì.
Ognuno di noi, è semplice, vede i social media in maniera diversa. Non in senso figurativo, ma proprio oggettivo. In base agli amici che abbiamo, alle pagine che seguiamo, ai fotografi a cui mettiamo il follow e così via, il nostro feed (ovvero la “bacheca”, che sia di Facebook o Instagram) appare diversamente. Ogni feed è quindi unico.
Detto questo, i social media negli ultimi anni sono stati letteralmente invasi dal tema cibo. Ricette, foto di piatti, consigli sui ristoranti… E non solo le pagine e i blogger. Anche i nostri amici (quelli che conosciamo personalmente e che abbiamo tra gli amici social) postano spesso le proprie abitudini alimentari.
Vista questa tendenza, un nuovo studio ha cercato di capire se questa tendenza a conoscere le abitudini alimentari degli altri abbia un impatto sulla propria dieta e sul proprio indice di massa corporea. Ovvero: ciò che vediamo sui social può predire il nostro stato di salute alimentare? E le norme social, ovvero l’etichetta online su cosa è eticamente giusto postare o meno, ha effetto?
L’articolo è stato pubblicato su Appetite e condiviso du Science Direct e suggerisce esattamente che potremmo essere influenzati dai social molto di più di quanto pensiamo. E non solo a livello conscio (quando proviamo a replicare piatti o ricette che ci hanno colpito), ma anche a livello inconscio. Insomma: è anche il nostro subconscio a suggerisci cosa mangiamo, basandosi sulle scelte alimentari degli altri (di chi posta, ovviamente).
Lo studio ha preso in considerazione circa 370 studenti universitari e ha chiesto loro le abitudini riguardo il consumo di frutta, verdura, snack, bibite, così come le loro abitudini social, ovvero quanto e come passassero il loro tempo sui social media. Soprattutto, le domande hanno riguardato le amicizie online.
Il risultato è stato abbastanza chiaro, perché tutti, anche alle domande dirette, hanno risposto che le abitudini alimentari di certi gruppi seguiti online influiscono sulle loro scelte. Ad esempio, se un determinato gruppo di persone seguite mangia molta verdura, di conseguenza la mangiano anche loro.
Allo stesso modo lo studio ha analizzato anche come le norme social possano avere un effetto sugli utilizzatori. E si è visto che queste norme sono davvero molto efficaci e importanti. Per “norme” si intende la tendenza a promuovere qualcosa di “giusto” evitando di postare qualcosa di sbagliato. Anche inconsciamente, come fossero campagne offline contro il bere quando si guida o contro il fumo, queste norme (o tendenze) portano gli user dei social a modificare positivamente il loro comportamento. E di conseguenza anche la tendenza a postare cibo e ricette sane ha un ottimo impatto sulla salute.
Non è quindi una stupidaggine: curare il nostro feed ed eliminare chi spinge diete ipercaloriche o chi posta sempre piatti grassi, privilegiando le pagine che promuovono studi di vita sani e soprattutto piatti leggeri, benefici e salutari, fa bene al nostro corpo in maniera indiretta.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Purtroppo è un pericolo poco percepito, ma da temere. Perché internet è per noi adulti qualcosa di semplice, di chiaro e di cristallino, ma che per i nostri bambini può diventare un luogo davvero pericoloso.
I genitori non hanno paura dei social network (e a dirlo sono dei sondaggi), non temono i meandri del web. Ma dovrebbero. E prima di tutto, dovrebbero prendere qualche precauzione per proteggere i propri figli online.
Quali sono i pericoli? Il cyberbullismo, la pedopornografia, gli adescamenti, le truffe… Ma senza allarmare oltre i genitori, è bene sapere che proteggere i minori da tutto questo non è difficile. Basta seguire poche regole e prendere piccole precauzioni per dormire sonni davvero tranquilli.
Innanzitutto, uno strumento che in pochi conoscono ma che è molto utile ed efficace sono le connessioni sicure come le VPN. Di cosa si tratta? Di una rete privata virtuale, ovvero un tunnel sicuro tra il computer di casa e internet per proteggere il traffico web privato da intercettazioni, interferenze e censura.
Installando una VPN sul computer o sul router di casa (nel caso in cui si utilizzino diversi dispositivi in casa) possiamo così criptare la connessione e rendere la navigazione in rete anonima. Qual è il vantaggio? Semplice: essendo una navigazione privata, sarà più difficile per gli hacker accedervi e rubare le informazioni private. Inoltre, una VPN può migliorare anche la velocità complessiva della connessione ad internet; per controllare la propria velocità attuale è possibile visitare www.speedcheck.org e fare un test.
Dopodiché, le regole sono semplici, ma vanno sempre seguite. Prima di tutto, non dobbiamo esitare a controllare l’attività dei nostri figli su internet, nemmeno quando “semplicemente” guardano i cartoni animati su YouTube o quando eseguono esercizi e attività didattiche. Trovare contenuti inappropriati e trovarsi in luoghi del web nei quali non si dovrebbe è un attimo.
Sfruttiamo anche i parental control, soprattutto nei servizi video che abbiamo sulle smart tv e sui programmi come YouTube, così come sulle App che utilizzano i nostri figli. E scegliamo sempre App adatte a loro e pensate proprio per l’infanzia, in modo che non inciampino in tranelli.
Dobbiamo poi parlare ai nostri figli di internet, insegnando loro ad utilizzarlo al meglio e in sicurezza, proprio come se dovessimo dare loro una “patente”.
Evitiamo anche di iscrivere i nostri figli a social network non adatti alla loro età, e quando si iscriveranno non esitiamo a dare regole precise e a proibire l’amicizia con sconosciuti.
Parliamo anche delle password, della loro importanza e di come custodirle: saranno anche problemi “da adulti”, il furto di identità e delle carte di credito, ma spesso i nostri figli maneggiano i nostri device ed è giusto responsabilizzarli.
Infine, parliamo, parliamo e parliamo senza stancarci della vera natura di internet, che sembrerà virtuale ma che ormai è reale. Ovvero: tutto ciò che non faremmo nella realtà, è bene non farlo mai neanche online. Perché tutto ciò che scriviamo e inviamo online resta, gira, non si cancella. E le persone sono comunque persone, anche dietro ad un avatar. E spesso queste persone non sappiamo nemmeno chi siano, potendo fingere e potendo nascondersi dietro a delle foto e a degli avatar. Mai scambiare foto con sconosciuti!
Non stanno mai fermi, si dimenano, urlano, faticano a concentrarsi… Sono i bambini che soffrono di ADHD, ovvero di Sindrome da Deficit di Attenzione. Sono i bambini iperattivi, a cui è stato diagnosticato, quindi, un disturbo del neurosviluppo, una vera e propria malattia. Che, tuttavia, deve essere diagnosticata e solo se confermata trattata in maniera medica o attraverso l’educazione. Insomma: prima di emettere diagnosi casalinghe, è sempre bene rivolgersi al medico, che saprà indirizzare al meglio.
Detto questo, l’ADHD è un vero e proprio disordine che causa inusuali livelli di iperattività e di impulsività, che si manifestano in maniera e intensità differenti a seconda dell’età e della situazione personale. Ecco perché è difficile da diagnosticare, ed ecco perché è bene prestare attenzione ai piccoli e ai grandi segni, per poter descrivere al meglio la situazione a chi di competenza.
I primi segnali di Disturbo dell’Attenzione possono apparire attorno ai 3-6 anni, ovvero durante il periodo prescolastico, ma ciò non vuol dire che non ci siano segni nei bambini più piccoli, o che i segnali possano cominciare ad apparire più avanti, fino all’età adulta.
Nei bambini piccoli è certamente difficile fare una diagnosi, ed è anche precoce e forse controproducente, ma i segnali possono comunque esserci, anche se sono difficili da cogliere, dato che la maggior parte dei bambini in questo periodo è super energico e senza freni. Se questa energia però è effettivamente troppa (con il bambino che non sembra stancarsi proprio mai, che si agita per casa arrampicandosi su tutto, che è sempre pronto a partire, che parla senza fermarsi o che salta di gioco in gioco senza concentrarsi), allora forse potremo trovarci in presenza di ADHD.
In questo caso, essendo la diagnosi difficile ed essendo i bambini molto piccoli, se si tratta effettivamente di ADHD i medici tendono a optare per una terapia comportamentale, piuttosto che farmacologica.
Nei bambini un po’ più grandi, e quindi in quelli che frequentano la scuola, i segnali possono essere un pochino più chiari e marcati, pur difficili da diagnosticare (perché, di nuovo, siamo di fronte a bambini, ovvero a esseri umani che hanno solitamente l’argento vivo addosso per natura!). In generale, possiamo dire che tutto ciò che è esagerato può essere un segno di iperattività.
Ovvero: tutti i bambini possono essere vivaci, possono interrompere continuamente, possono fare mille domande, possono piangere e ridere, ma quando tutto questo si fa estremo e continuativo, allora potremmo trovarci di fronte ad una sindrome da deficit dell’attenzione.
Ecco quindi i segnali a cui dovremmo stare attenti:
- Comportamenti spesso egocentrici
- Inquietudine quando si tratta di aspettare il proprio turno
- Interruzione continua degli altri
- Esplosioni di rabbia, capricci o esplosioni di gioia
- Difficoltà a giocare con tranquillità
- Difficoltà a finire ciò che si inizia
- Difficoltà a stare seduti o a stare fermi a lungo
- Difficoltà a seguire delle istruzioni
- Difficoltà a concentrarci, soprattutto quando un compito richiede preventivamente attenzione (come i compiti a casa)
- Tendenza a dimenticare molte cose
- Sognare ad occhi aperti
- Difficoltà ad organizzarsi
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
L’esempio è il primo strumento di educazione. E questo potrebbe essere anche espresso in un altro modo, più diretto: è il NOSTRO comportamento a guidare il comportamento dei nostri figli. Detta così, forse, sembra più dura e pesante, ci fa sentire maggiormente il peso della responsabilità. Ma è così, non possiamo farci nulla. E non possiamo riempirci la bocca di belle parole sull’”esempio” se poi quell’esempio, nella realtà di tutti i giorni, non lo diamo.
Ciò che dobbiamo fare è riflettere, osservarci e provare a cambiare. Ovvero: riflettiamo su ciò che vorremmo insegnare ai nostri figli; osserviamoci per capire se in prima persona noi stessi agiamo nel rispetto di quegli insegnamenti; e, infine, cerchiamo di modificare le nostre abitudini in positivo. Perché sì, si tratta di abitudini, spesso e volentieri. Quindi piccoli gesti a cui non diamo molto peso ma che rappresentano proprio l’ESEMPIO di cui ci riempiamo la bocca.
Ecco quindi le cattive abitudini di cui non ci rendiamo conto che dobbiamo abbandonare per far sì che i nostri figli raccolgano davvero un buon esempio da parte nostra.
Si parla spesso di “persone tossiche” da lasciarci alle spalle. Si tratta di quelle sempre negative, che vedono solo il brutto nelle cose che accadono. E se quelle persone, anche in minima parte, fossimo noi? Quanto ci lamentiamo del lavoro? Delle faccende domestiche? Del poco tempo? E quanto, invece, cerchiamo di trarre il meglio e di mostrare il lato positivo di tutto?
“Mamma mia come sono grassa”. “Sto perdendo i capelli, sarò calvo e brutto”. “Che palle "le mie cose"”. Magari non in questi termini e in maniera più blanda, ma quante volte ci capita di parlare male di noi stessi, anche in maniera inconscia? Diciamo sempre che dobbiamo insegnare ai nostri figli ad accettarsi per ciò che sono, ad amare la diversità, e poi che facciamo?
Questa è una tendenza delle persone che cercano di essere sempre accomodanti. Che non è di per sé una cattiva caratteristica, ma che diventa difetto nel momento in cui ci si annulla e si cerca di accettare tutto da parte degli altri anche quando non ci fa stare bene.
I nostri figli, da grandi, si ricorderanno prima di tutto le relazioni dei loro genitori. E impareranno come si sta insieme proprio guardandoci. Se vedranno due persone che stanno bene, armoniosamente insieme, litigando quando serve e rispettandosi e facendo pace in maniera equilibvrata, con dei ruoli equilibrati all’interno della coppia, allora probabilmente cercheranno una relazione così. Se cresceranno con genitori che stanno male tra loro, litigando sempre anche di fronte a loro, anche in maniera violenta, crederanno che le relazioni sono tendenzialmente così. Se cresceranno in una famiglia allargata che va d’accordo (dove i genitori hanno saputo allontanarsi perché era impossibile stare insieme), cercheranno l’armonia. Se vedranno uomini violenti cresceranno credendo che deve per forza essere così, e viceversa. E così via. Ogni coppia è a sé, è vero, ma il rispetto deve esserci sempre, così come l’impegno, e questo va mostrato ai nostri figli.
Proprio come le persone che si lamentano sempre, essere pessimisti può essere deleterio. Perché alla lunga fa vedere tutto nero, anche quando ci sarebbe bisogno di un po’ di sana speranza!
Anche in famiglia, anche nella nostra privacy. Spesso ci lasciamo andare a commenti o pettegolezzi, è normale purtroppo. E anche se lo facciamo con leggerezza e senza intenti cattivi, sarebbe sempre meglio evitarlo, soprattutto davanti ai bambini, ma soprattutto per noi stessi e per gli altri!
Diciamo sempre che dobbiamo mangiare in maniera sana, includendo tanta frutta e tanta verdura nella nostra dieta, evitando il junk food e facendo attività fisica. Ma lo facciamo anche noi? Tutti quei piccoli stappi alla regola si sommano, e i nostri bimbi li vedono eh!