È un dato di fatto: in moltissime culture orientali o diverse dalla nostra, i bambini sono soliti dormire con i genitori. Si chiama co-sleeping, e in Giappone è diffusissimo. Anzi, potremmo dire che sia la normalità. Mamme e papà sono soliti dormire con i loro bambini fino a che non nasce un secondo o un terzo figlio. I più grandi, quindi, per fare spazio al più piccolo si spostano, ma continuano a dormire con qualcuno della famiglia, che sia il papà, il nonno o la nonna. Non lo fanno per mancanza di spazio o povertà, perché anche quando le stanze sono grandi e le possibilità ci sono (e cioè nella maggior parte dei casi) mantengono questo uso. Semplicemente, è così.
Noi occidentali, insomma, promuoviamo l’indipendenza (anche fisica e affettiva), mentre in Giappone il senso di famiglia e affetto è radicato e promosso. Ecco perché se noi chiamiamo “bamboccioni” i figli che stanno in casa dopo i 25 anni, per loro invece è normale, sano e auspicabile: è amore, è attaccamento alla famiglia.
Dall’altra parte, i giapponesi sono abituati comunque a spronare i propri figli all’indipendenza. Non è un’ossimoro: in casa e in camera da letto praticano la vicinanza, il contatto e l’affetto fisico ed emozionale profondo (ma mai abbracciandosi!), ma fuori insegnano subito ai bambini come vivere la vita. Ecco perché in metropolitana o sugli autobus si vedono bimbi di cinque anni da soli andare verso la scuola con i loro zainetti colorati.
Detto questo, in Giappone hanno anche un’altra tradizione bellissima, che è quella di dormire sui futon. Sì, i bambini stanno nel centro mentre mamma e papà stanno ai lati. In ogni caso, co-sleeping o non co-sleeping, il futon è un elemento d’arredo molto intelligente, comodo e affascinante. Perché quindi non sceglierlo per noi, ma soprattutto per i nostri figli?
Ciò che conta, va detto, è una sola cosa: non c’è un modo sbagliato di dormire, non c’è un modo errato di crescere i figli. C’è chi si sente a proprio agio con il co-sleeping, chi non riesce proprio, fisicamente e psicologicamente. La cosa migliore e più giusta da fare, quindi, è seguire il proprio istinto e la propria natura, scegliendo di dormire come più ci viene naturale, per noi, per la nostra famiglia, per la coppia e per i bambini.
Il futon, in entrambi i casi è una scelta davvero comoda e naturale. Se, come i giapponesi, siamo una famiglia che pratica il co-sleeping, non c’è una struttura letto più adatta, essendo bassa e larga e quindi comodissima per dormire in più persone. Proprio come i genitori giapponesi, anche noi potremmo dormire sui futon con i nostri bambini al centro, ricordando l’ideogramma che recita “fiume”, con due stanghette più lunghe ai lati e una più corta nel mezzo (川).
Dall’altra parte, se il nostro bambino dorme già da solo e se stiamo pensando di adottare in cameretta la pedagogia di Maria Montessori, sappiamo che il futon ricalca esattamente i precetti e le regole stilate dalla pedagogista italiana: il lettino dei bambini dovrebbe infatti essere basso e lineare, comodo, per poter permettere al bambino di muoversi su e giù in libertà, per stimolare in lui il senso di indipendenza e permettergli di sperimentare ciò che può quando vuole. Scendere e salire dal letto da soli è infatti uno dei primi passi verso quell’autonomia che gli servirà moltissimo per imparare nuove cose e per muoversi nel mondo.
Se ci pensiamo, il lettino o il futon montessoriano non sono però nemici del co-sleeping: anche se infatti la nostra cultura occidentale si strugge ancora per accettare il dormire insieme in famiglia, e anche se facciamo fatica a farlo (nonostante la volontà di provare questa pratica!), nessuno vieta e nessuno punta il dito contro il fatto che i bambini, com’è naturale che sia, spesso la notte si sveglino e capitino nel lettone dei genitori. Con un lettino basso come un futon questo gli risulterà più semplice sin dai primi passi, evitando cadute dal letto.
Insomma, il futon è praticamente sempre una buona idea. Anche per il fatto che è costruito in maniera naturale e che i materassi seguono sempre rigide regole qualitative che conciliano il sonno e lo rendono comodo e sicuro. “Futon” in giapponese significa infatti proprio “materasso arrotolato”, quindi anche se pensiamo subito al letto completo, in realtà ci stiamo riferendo al materasso, che è la parte più importante del letto, quella che condiziona il nostro dormire e il nostro fisico.
Optando quindi per aziende che si concentrano sulla qualità dei futon, possiamo scegliere di mettere nella cameretta dei bambini questo tipo di letto, al posto delle solite strutture pesanti e ingombranti. Già, perché un altro punto a favore del futon è il fatto che sia flessibile, comodo da spostare e leggero. Per fare un letto-futon basta infatti questo materasso arrotolabile (che è possibile piegare a metà in modo da realizzare un divanetto), corredandolo o meno con un tatami, la tipica stuoia bassa giapponese che riveste i pavimenti delle case che è utilizzata anche come base del letto.
Noi abbiamo scoperto, in linea con la nostra filosofia di vita bio e rispettosa, i futon di Vivere Zen: ci piacciono moltissimo perché sono realizzati in materiali naturali (con tre strati di puro cotone cardato abbinato a lattine o fibra di cocco) e perché assorbono l’umidità, fanno traspirare il corpo e mantengono il caldo in inverno e il fresco in estate. Non ci sono parti metalliche, e quindi sono sicurissimi per tutte le stanze della casa, ma soprattutto sono elastici ed ergonomici come nella migliore tradizione giapponese. In generale, l’azienda propone lettini montessoriani abbinandoli sempre ai prodotti di tradizione giapponese: un’accoppiata certamente vincente che non potrebbe piacerci di più. E che noi completeremo sicuramente con i piumini in mais e cotone per bambini, per inverni caldi ma traspiranti.
Per realizzare un ambiente dal calore orientale, quindi, possiamo scegliere i loro futon (presenti in tantissime dimensioni, in modo da scegliere quella più adatta a noi e ai nostri figli) abbinandoli ai tatami dai diversi spessori, mettendoli in cameretta e utilizzandoli sia come lettini per i bambini sia come divanetti all’occorrenza. Sono comodissimi, oltre che bellissimi da vedere, igienici, elastici e sicurissimi.
Di giorno, poi, avere il futon è fichissimo, poiché oltre a farlo diventare un divanetto possiamo sempre arrotolarlo in maniera super veloce e lasciare il tatami sul pavimento, utilizzandolo come tappetone per il gioco.
Non solo: sono un’ottima soluzione per le stanze per gli ospiti e per i pijama-party dei bambini; e poi li si rinfresca in un attimo, stendendoli sul davanzale delle finestre.
Molti benefici e apparentemente zero svantaggi (sarebbe solo meglio avere il legno a terra, e non la ceramica; ma basta coprirsi un po’ di più per non sentire il freddo!). Il futon per bambini è una scelta consapevole, sicura, stilosa e naturale, e il co-sleeping, come il dormire all’occidentale (con un pizzico di giapponesità!), non ne possono che uscire con numerosi vantaggi.
Giulia Mandrino
No, non ce ne vergogniamo: certo che vorremmo sempre, ogni minuto, dedicare la nostra attenzione ai bambini. Ma a volte non ce la si fa. A volte si torna a casa e c’è la lavastoviglie da caricare, il bucato da lavare, la casa da mettere a posto, il lavoro da recuperare. E noi genitori ci troviamo divisi tra il voler seguire i bambini nei loro giochi (anche se diciamolo: il gioco in autonomia, liberi dai genitori, è fondamentale per la crescita) e gli obblighi della vita adulta.
In questi casi, la migliore cosa è (quando i bambini sembrano proprio volere la nostra attenzione o non avere idee) spiegare la situazione e proporre giochi semplici, educativi e soprattutto divertenti, evitando di piazzare i bimbi davanti alla tivù o con l’ultimo videogioco (vi abbiamo già parlato, infatti, dei pericoli della tecnologia).
Ecco quindi qualche idea per far sì che i bambini si divertano con giochi sensoriali, mentre noi ci dedichiamo, ahinoi, alle faccende di casa. Perché i giochi sensoriali sono bellissimi: aiutano i bambini a crescere armoniosamente e li divertono moltissimo.
Ogni età ha chiaramente i suoi giochi preferiti, e certe cose impegnano i nostri bambini più di altre. I primi anni, ad esempio, basteranno davvero dei semplicissimi oggetti piazzati davanti al muso per far sì che i bambini si concentrino e si divertano con poco! Ad esempiole etichette. Sì, proprio quelle dei vestiti e dei pupazzi, che, fateci caso, i bambini spesso e volentieri torturano con le manine e con la bocca.
Man mano cresceranno, le attività potranno farsi sempre più elaborate e fantasiose. Se in casa avete delle bottiglie sensoriali (sono semplicissime da realizzare! Ecco come), utilizzatele in questi momenti: i bambini si lasceranno incantare dai movimenti, dai suoni, dai colori…
Passiamo quindi alle busy board, le tavole per impegnare i bambini: possiamo costruirle noi con ciò che troviamo in casa (viva il riciclo!) e lasciare che i bambini sperimentino tutti gli oggetti che ci abbiamo attaccato.
Sempre con l’idea di utilizzare ciò che abbiamo in casa in maniera sensoriale, perché non usare i legumi per inventare attività divertenti, creative e che stimolano gli occhi e le mani dei bambini? Con i fagioli, i ceci, le lenticchie e i piselli (secchi, naturalmente) si possono realizzare dei collage incollandoli su dei cartoncini, oppure creare delle decorazioni su della pasta modellabile, o ancora classificarli in base a forma e colore (un’attività molto montessoriana che trovate qui, nel nostro articolo dedicato al gioco sensoriale con i legumi).
Sempre in cucina, prima dei mestieri, possiamo preparare super velocemente della pasta di sale: con questa poi i bambini potranno realizzare delle piccole sculture o sbizzarrire la loro creatività.
Con le spezie, invece, possiamo lasciare che i bambini provino a colorare e disegnare, in un’attività che coinvolge le mani e la vista (e la creatività), ma anche l’olfatto, grazie ai profumi di queste colorazioni fatte in casa. Qui trovate le nostre indicazioni per colorare con le spezie.
Ottima idea sono anche le working station, postazioni nelle quali il bambino imparerà tramite il gioco a usare al meglio le sue manine. Possiamo fargli stendere i vestitini delle bambole e dei peluche, oppure giocare con una macchinetta per bucare la carta, farlo scrivere sul pongo… Possiamo inventarne di mille tipologie.
E, alla fine, possiamo sempre affidarci ai libri. Non importa se i bambini non sanno ancora leggere: possiamo lasciare che li sfoglino e che guardino le figure (abituare i bambini sin da piccoli ad amare l’oggetto-libro e appassionarli alla lettura anche quando sembrano odiarla è sempre un bellissimo proposito). Oppure possiamo lasciargli recitare i libri che ormai conoscono a memoria. Ancora meglio: esistono dei libri tattili (come Biancaneve, appena uscito) interessantissimi e divertenti: puntiamo anche su quelli!
Giulia Mandrino
Se come noi amate provare sulle vostre figlie delle pettinature da bambina diverse e bellissime, saprete anche che trovarne di semplici non è facile. In realtà ci sono delle acconciature davvero semplici da realizzare, veloci ed economiche (vade retro parrucchiere!), ma dall’effetto strabiliante, che le nostre bimbe potranno sfoggiare tutti i giorni oppure in qualche occasione particolare!
Codini bambina, Depositphotos
Non serve per forza ricorrere a pieghe, piastre, coiffeur professionisti e trecce intricatissime; ci sono acconciature da bambina semplici, efficaci, veloci e davvero graziose, che piaceranno a loro perché molto carine e che ameremo noi mamme e papà perché facili da realizzare, in pochissimo tempo.
Ecco quindi una selezione di idee per 8 pettinature per bambine davvero uniche, che possiamo realizzare a casa senza bisogno di portarle dal parrucchiere.
Una coda semplicissima che si può realizzare anche a mano: basta un elastico. Facciamo una coda bassa, quindi allentiamo l’elastico, infiliamo un dito nell’attaccatura della coda e infiliamo i capelli della coda nel buco, tirando poi l’elastico come faremmo con una coda normale.
(https://www.brit.co/toddler-hairstyles/?utm_campaign=pinbutton_hover)
A volte la semplicità paga: dei semplici codini bassi impreziositi con dei bei fiocchi renderanno le nostre principesse ancora più dolci.
(https://www.instagram.com/p/BNfaHTODaoh/?taken-by=angelahardison&hl=en)
I fiocchi rendono stupende anche le cipolle alte: basta fare due codini con gli elastici e rotolarli su se stessi fissandoli con delle forcine. Quindi fissiamo anche i fiocchetti, sempre con le forcine.
(https://www.wunderkinco.com/blogs/news/the-paper-raven-co-collection)
Oramai in internet si vedono trecce di tutti i tipi. A nostro parere sono stupende, ma anche abbastanza difficili da realizzare. Per chi dunque come noi non ha la manualità o il tempo per farle, torniamo alla treccia normalissima che ci hanno insegnato le nostre nonne: realizziamola con i capelli dietro alle orecchie e fissiamola poi come un cerchietto.
(https://simpleasthatblog.com/2015/08/low-maintenance-hair-care-guide-for-moms-of-girls.html)
Questi codini sono super facili ma davvero d’effetto: serve solo qualche elastico sottile. Facciamo dei codini bassi, quindi infiliamoci sopra altri elastici, tirandoli per creare l’effetto “pom pom” in ogni sezione.
(https://persnicketyclothing.com/products/marley-shortie-navy)
Lo chignon alto è sempre una buona idea, perché è elegantissimo e rimane ordinato per molto tempo (oppure possiamo farlo spettinata, un po’ shabby!). Questo è realizzato con la spugna per chignon, uno strumento simile ad un elastico ciccione che si infila sulla coda. I capelli andranno quindi girati e infilati nella spugna, fissandoli con forcine.
(http://www.prettydesigns.com/hairstyles-little-girls/)
Con la tecnica simile a quella dei codini multipli di prima, ecco una pettinatura alta e ordinata da realizzare semplicemente facendo molte code una successiva all’altra, attaccate alla cute.
(http://diply.com/hairstyles-princess-girls-hair-toddlers-kids-children-child/3?publisher=different-solutions)
Infine, la frangetta, che sta sempre bene (anche se i capelli sono un po’ mossi) e che permette di tenere i capelli sciolti o legati. L’importante è tenere sempre fuori dal raccolto la frangia!
(https://it.pinterest.com/pin/ARBp8T--CjGQUwRKMM6N3H8Pg6XPk9ouVp3E9g-sBNefm_DCxapZKqQ/)
Per le bambine più ribelli e rock, un'acconciatura semplice, un po' disordinata e leggermente punk: le trecce con le punte rosa! Le si possono colorare temporaneamente con i gessetti per capelli, che vengono via al primo lavaggio.
E un'altra pettinatura semplice, effortless (ovvero senza sforzo) e evergreen è il codino in cima alla testa, fatto rigorosamente con uno scrunchie, ovvero l'elastico morbido che fa molto anni Ottanta.
L’amicizia non è qualcosa di secondario nella vita. Non è qualcosa di contorno, che completa qualcosa di più grande. L’amicizia è fondamentale, sul podio dei rapporti. Perché non è solo la famiglia a definire chi siamo, ma sono anche gli amici. E curare le amicizie significa curare noi stessi. Stare bene con gli amici significa stare bene con noi stessi. Abbandonandoli, ci facciamo solo del male, e lo facciamo anche alla nostra famiglia.
Sono vari gli studi che lo dicono chiaramente: l’amicizia f benissimo alla salute di una persona, a livello mentale e a livello fisico, poiché mentre riduce lo stress e aumenta il senso di benessere generale, rafforza anche il sistema immunitario e regolarizza la pressione sanguigna.
Il problema è che quando cresciamo e diventiamo adulti e la vita si fa un pochino più complicata, tendiamo a smettere di coltivare le nostre migliori amicizie perché riteniamo che ci siano cose più importanti a cui rivolgere la nostra attenzione. È normale: il lavoro, l’università, il matrimonio, i figli… Non parliamo di certo delle amicizie cattive o tossiche, quelle che decidiamo consapevolmente (e coraggiosamente) di troncare. Ma di quelle importanti che nonostante ci facciano stare molto bene rischiamo di eliminare piano piano dalle nostre vite.
Come dicevamo, i motivi del distacco sono molti, ma su tutti stanno proprio il matrimonio e i figli, poiché giustamente la famiglia ci prende molto più tempo. Tuttavia questo tagliare (anche inconsapevolmente) i ponti con gli amici è davvero pericoloso, perché, come dicevamo all’inizio, gli amici sono molto importanti per la nostra salute personale: con loro parliamo di cose di cui non parliamo con il nostro partner; ridiamo spassionatamente; ci incoraggiamo a vicenda quando serve; ci lasciamo ispirare; ci aiutiamo vicendevolmente.
Ci fanno stare bene con noi stessi, insomma, in un modo differente da quello del nostro partner o dei nostri figli, perché ogni persona nella nostra vita ha un compito specifico e non è nemmeno giusto incaricare qualcuno di aspettative su aspetti che non gli appartengono: un marito è un marito (e anche se è un grande amico non sarà mai un’amicizia come quella con la vostra migliore amica o con il vostro storico gruppo), un figlio è un figlio e un amico è un amico. Punto.
Come sempre dobbiamo ricordare che stare bene con se stessi fa benissimo ala famiglia. Di conseguenza, curare un rapporto che si ripercuote positivamente sulla nostra salute è iper benefico anche per la famiglia. Meglio quindi sforzarsi un attimino (non serve molto! All’amicizia possiamo dedicare anche solo qualche minuto, ma di qualità) per non perdere del tutto le nostre amicizie nel momento in cui cambiamo lavoro o città, quando siamo troppo presi dalla vita, quando ci sposiamo o abbiamo figli.
Non importa se qualche amico l’abbiamo già perso lungo la strada. Perdoniamo noi stessi per essere stati amici carenti e perdoniamo loro per non aver fatto la loro parte (ognuno ha le sue colpe!) e rimettiamoci in contatto. Gli amici che meritano ritorneranno, gli altri, senza risentimento o sentimenti negativi, non importa se non accoglieranno il nostro invito.
Non servirà, quindi, vedersi tutti i giorni: tutti abbiamo la nostra vita, non è una colpa e ognuno lo capisce in cuor suo. Se non riusciamo a vederci frequentemente, bastano quindi pochi messaggi, qualche email, delle belle telefonate, un caffè ogni tanto. Non importano il quando o il quanto, ma il come!
Giulia Mandrino
Certi libri parlano dritti al cuore. Certi libri ce li ricorderemo per sempre. Certi libri ci aiutano a spigare cose che con le nostre parole non riusciremmo ad esprimere. Certi libri insegnano l’empatia. Certi libri fanno piangere, ridere, riflettere, aprire gli occhi.
C’è un libro che fa tutto questo, ed è perfetto per mostrare ai nostri bambini la bellezza della famiglia. Di tutte le famiglie, perché nessuna è uguale ad un’altra, e anche se certe famiglie potrebbero apparire più strane di altre, tutte hanno il sacrosanto diritto di essere chiamate “famiglie”.
“Una famiglia è una famiglia… Sempre!” è un libro di Sara O’Leary e Qin Leng edito da La Margherita che tutte le librerie dei bambini dovrebbero avere: parla in maniera diretta, semplice, schietta e dolcissima ai nostri bimbi per parlare di un tema super attuale e spesso contestato. La famiglia.
Il pretesto è una lezione a scuola. Una lezione molto semplice, in cerchio (che bella didattica, quella del Circle Time!), nella quale la maestra chiede ai bambini di descrivere la propria famiglia e di dire secondo loro cosa la rende speciale. Ed ecco che parte il racconto di ogni bimbo.
C’è chi ha una nonna che fa da mamma e papà, c’è chi ha una mamma e un papà che gli somigliano (ma che non sono per niente uguali a lui, perché ognuno è se stesso!), chi ha due mamme, chi due papà, chi tantissimi nonni, chi tantissimi fratelli accolti da genitori generosi, chi sta un po’ con la mamma e un po’ con il papà, chi ha ordinato un bebè su internet, e poi chi è stato adottato.
Il libro parla davvero a tutti, perché tutti i bambini sin dall’infanzia dovrebbero imparare ad apprezzare la diversità. È adatto a tutti proprio per questo: perché finalmente la società (o almeno la maggior parte) ritiene normali tutte le famiglie, e se ci fosse ancora qualcuno non convinto, be’, questo libro farà capire ai nostri figli che ciò che conta sempre è l’amore, e che non dobbiamo mai sentirci a disagio per la nostra famiglia, e soprattutto non dobbiamo mai fare sentire a disagio gli altri per la loro, giudicando o non empatizzando.
Soprattutto, questo libro parla a tutti i bambini adottati, perché è proprio un bambino arrivato da lontano, nato nel cuore della sua mamma e non dalla sua pancia, a parlare. I bambini la cui mamma si sente sempre chiedere se siano “proprio figli suoi”, o quali siano quelli “veri” fra i tre fratellini. Sono tutti “veri” (“Non ho nessun figlio immaginario!” risponde la mamma ad una perfetta zia Ignazia, alla fine).
Perché a fare una famiglia non sono le modalità, le forme o le convenzioni. È l’amore che intercorre tra i componenti. E poi quanto è bello un mondo vario, colorato, diverso e tutto da scoprire?
Il linguaggio è così semplice e tenero che viene voglia di rileggere questo libro cento volte. Le immagini eteree e bellissime, confusionarie al punto giusto e stimolanti per tutti i bambini. Un libro completo, insomma, che, davvero, consigliamo a tutti. Ma proprio tutti tutti. Mica solo ai bambini.
Sì, è vero, il titolo ricorda “Fate la nanna” di Eduard Estivill Sancho e Sylvia de Béjar. Ma non ha niente a che vedere con questo libro, che come abbiamo più volte spiegato propone un metodo educativo deleterio e sbagliato. E lo si vede già dal verbo: dal "fate" imperativo passiamo al "facciamo", che include il concetto di condivisione e di "insieme".
No, Grazia Honegger Fresco non propone metodi brutali, ma varie soluzioni dolci e rispettose per rendere il sonno del bambino, soprattutto quando inquieto, più tranquillo. Insomma, l’autrice ci guida alla scoperta dei cicli di sonno dei bambini, per comprenderli meglio e sapere trattare la situazione con delicatezza e senza ricorrere a metodi drastici e rigidi che possono avere conseguenze molto negative sui nostri figli.
Premessa: l’autrice è un’allieva di Maria Montessori, e questo fatto si respira benissimo nel suo libro dedicato alla nanna dei bambini, "Facciamo la nanna". Perché è una lettura che parla del sonno dei bambini e dei metodi che possiamo utilizzare per renderlo più sereno in maniera dolce, rispettando i loro ritmi, e il rispetto del bambino è proprio ciò che caratterizza sempre la didattica di Maria Montessori (qui potete trovare tutti i nostri articoli a lei dedicati).
I bambini fanno fatica a dormire, capita. Hanno un ritmo sonno veglia differente dal nostro. Ma questo non significa che dobbiamo abituarli sin da subito alle nostre nottate lunghe, e soprattutto non significa che dobbiamo negargli un bisogno naturale che hanno, che è quello di essere consolati e coccolati. Non è un vizio, non è un capriccio, nella maniera più assoluta: è un bisogno umano primario, e la violenza dei metodi che consigliano di imporre l’autonomia anche quando il bambino palesemente ne soffre sono davvero tristi e dannosi.
Ciò da cui dobbiamo partire è un concetto semplice: il sonno sta alla base delle ore di veglia. O meglio: un buon sonno ha effetto positivo sulla giornata, e una giornata serena è diretta conseguenza di una buona nottata.
Per questo motivo i genitori dovrebbero iniziare a guardare al sonno dei loro figli da una nuova prospettiva, che non è quella dell’indipendenza a tutti e costi, e subito, ma quella del benessere psicofisico che deriva dal sonno di qualità. Non serve (anzi, è proprio sconsigliato) ricorrere ai metodi veloci, immediati e autoritari che cercano di imporre un determinato al sonno al bambino, spesso con conseguenze negative e comunque con pochi risultati. Serve invece trovare approcci rispettosi e amorevoli, che rispettino l’individualità e le tendenze del bambino, che è diverso da tutti gli altri.
Come una mamma sa riconoscere il linguaggio del suo neonato quando ha fame, ha sonno, è inquieto o sta male, così saprà riconoscere, attraverso un po’ d’attenzione, qual è il sonno migliore per il suo bimbo, cercando di donargli di volta in volta e con dolcezza la calma. Sarà questa calma la chiave delle notti serene.
Tra i consigli che si trovano nel libro ce ne sono alcuni davvero preziosi.
Innanzitutto, cerchiamo di abituare i bambini al ritmo sonno veglia in maniera graduale, sin dai primi giorni, che sono quelli fondamentali poiché questo ritmo è dettato dall’ora del giorno o della notte in cui il bambino nasce. Cerchiamo quindi di arrivare al ritmo sonno-veglia biologico (quello che segue il giorno e la notte) gradualmente, senza forzare ma sfasando piano piano le dormite.
Anche i rituali della nanna sono importanti, e più sono abituali meglio è. Una ninna nanna costante, una lettura ogni sera, una particolare coccola: scegliete qualcosa di piacevole e ripetetelo ogni sera.
Cercate anche di non iperstimolare i bambini durante il giorno. Non vale infatti la regola “se si stanca poi avrà sonno”, perché l’eccessiva stimolazione stressa il bambino.
Il co-sleeping, almeno fino all’anno di età, è altamente raccomandato. Nel lettone o comunque nella stessa stanza, il bambino acquisirà benefici poiché il suo ritmo si sincronizzerà con quello di mamma e papà.
E, soprattutto, non ignorate il vostro bambino. Anche quando dormirà da solo, se avrà bisogno di voi andate da lui. Vicino. Non lasciatelo a piangere come qualcuno suggerisce. I bambini sono cuccioli di esseri umani e il loro istinto li porta a voler stare vicino alla mamma. Non è vizio e non è capriccio, è natura, e il senso di sicurezza che si instaura durante questi momenti è di vitale importanza per lo sviluppo e la crescita.
Anche perché, siamo seri: prima o poi i bambini imparano a dormire da soli, a non venire nel lettone, a non spaventarsi e a dormire sonni tranquilli. Ognuno con i suoi tempi, senza affrettare nulla!
Giulia Mandrino
Variare la dieta è una delle regole benefiche per far sì che il nostro organismo stia sempre al meglio. Anche la colazione rientra in questa filosofia: mantenere le stesse abitudini è confortevole, certo, ma ogni tanto cambiare il menù mattutino può essere un’occasione per sperimentare nuovi sapori e, soprattutto, ottenere diversi nutrienti.
Da qualche tempo abbiamo scoperto una marmellata tutta nuova, che marmellata in realtà non è, dal momento che è una gelatina a base di frutta e infuso di foglie di olivo. Sì, esatto, foglie di olivo, un ingrediente particolare dalle molteplici proprietà benefiche.
Spalmata sul pane integrale tostato, sulle fette biscottate, oppure a piccole cucchiaiate in accompagnamento ai nostri biscotti fatti in casa… L’abbiamo provata con tutto, di vari gusti, ed è davvero, davvero buona! Parliamo di Ojelly, la gelatina a base di frutta e OLIVUM® di Evergreen Life Products, un’innovativa confettura diversa da tutte le altre. Non tanto nel sapore, buono tanto quanto (se non di più!) le marmellate di frutta, quanto nella composizione, ricca e benefica.
Ojelly, infatti, contiene il 60% di OLIVUM®, un infuso di foglie di olivo innovativo, al cui interno troviamo oleuropeina, acido elenolico, rutina, tirosolo e idrossitiroloso, oltre che antiossidanti importantissimi per la salute di tutta la famiglia.
Questo infuso di foglie di olivo, Olivum®, è innovativo e unico ed è grazie al fondatore di Evergreen Life, Livio Pesle, se ora ne possiamo beneficiare: anni fa, infatti, conobbe a Cipro un medico che gli spiegò come il nonno curasse moltissima gente attraverso infusi di foglie di olivo (una pratica diffusa in tutte le culture del Mediterraneo Orientale), e dopo un’attenta ricerca su questo alimento decise di renderlo disponibile al maggior numero di persone, dedicandosi alla produzione alimentare presso la sua azienda agricola sulle colline vicine all’Abbazia di Rosazzo, in Friuli.
Dalla produzione sono nati così i primi esperimenti per ottenere degli infusi piacevoli, inalterati al palato e nei principi attivi e soprattutto sani, ed è così che è nata la ricetta di Olivum®, testato anche attraverso analisi fisiche e chimiche da esperti presso l’Università degli studi di Trieste.
Dai decotti e dagli infusi si è passati così ai prodotti più elaborati, come queste gelatine di frutta che, oltre al prezioso Olivum®, contengono 400 mg di pectina di mele, la fibra preziosa per l’organismo che associata alle proprietà dell’ulivo si trasforma in un perfetto concentrato di benessere per la famiglia.
Buona, ma soprattutto energica e povera in grassi: è questo che rende Ojelly una colazione deliziosa e perfetta, per noi ma soprattutto per i nostri bambini che ameranno il sapore di lampone, arancio e mela verde (i gusti che possiamo ora trovare online sul sito dell’azienda).
Naturalmente, non serve dirlo, questa confettura gelatinosa è completamente priva di conservanti e coloranti!
Giulia Mandrino
Lo diciamo spesso: prendersi del tempo per sé è fondamentale. E sappiate che non è solo benefico per noi stessi, ma lo è anche e soprattutto per il benessere della nostra famiglia e dei nostri figli, perché le due cose sono strettamente correlate.
Pensiamo solo ad una situazione immaginaria (ma molto reale): quando scegliamo una baby sitter per i nostri bambini, siamo più propensi ad affidarli ad una persona che pare stanca e stressata o a qualcuno di rilassato e sereno? E non evitiamo anche di mandarli dai nonni quando nonna sembra esausta o affaticata, o semplicemente particolarmente giù di morale?
In cuor nostro sappiamo che i bambini crescono meglio in un ambiente sereno, e questo ambiente sereno si costruisce semplicemente attraverso le persone serene che ci vivono dentro. Ma come possiamo essere sereni se non ci prendiamo più cura di noi stessi?
Spesso quando si ha un figlio si lascia da parte tutto ciò che prima ci faceva stare bene. E stiamo parlando soprattutto delle piccole cose, degli strappi alle regole, dei minimi gesti di benessere che ci concedevamo, come una giornata di shopping, un lungo bagno e una maschera facciale, una passeggiata in solitaria, la colazione con gli amici al bar, la piega dal parrucchiere… Tutti momenti all’apparenza banali e futili che in realtà sono fondamentali per la nostra felicità personale.
Il problema è che spesso non relazioniamo questa nostra felicità personale con la felicità familiare: in realtà sono strettamente collegate e rinunciare all’una significa purtroppo rischiare seriamente di rinunciare all’altra. Pensiamoci: quando siamo stanche, che voglia abbiamo di cucinare e di giocare con i bambini? Mentre quando siamo rilassate è tutta un’altra vita: ci divertiamo noi e si divertono loro.
A dirlo è anche Aimee Danielson, direttore del Women’s Mental Health Program del MedStar Georgetown University Hospital, che in un’intervista al Washington Post ha rivelato che è assolutamente giusto che i genitori si prendano spesso dei giorni liberi, dei veri giorni liberi, per staccare, da soli o in coppia.
Questo è valido per la vita di tutti i giorni, naturalmente, perché questi momenti in cui si stacca la spina fanno benissimo alla vita familiare. Ma, soprattutto, sono fondamentali quando allo stress quotidiano si aggiungono problemi e pensieri più importanti, come un lutto, la perdita di un lavoro o una separazione (ma non solo). In questo caso, l’energia si abbassa ancora di più, la depressione è dietro l’angolo, e spesso focalizzandosi solo sulla famiglia i genitori non pensano alla situazione da risolvere o da affrontare, o, al contrario, non riescono ad esserci mai con la testa in casa.
In questi delicati casi dobbiamo farci ancora più forza e imporci di trovare tempo per noi stessi, come dice la dottoressa Danielson, poiché le donne (ma anche gli uomini), si ritrovano a rischio di sviluppare malattie mentali (leggere o importanti, ma comunque debilitanti: depressione, ansia, insonnia…) che avranno un impatto sulla famiglia. “Focalizziamoci sul mangiare bene, sul dormire serenamente e sul fare esercizio. Siamo noi il collante della famiglia”, suggerisce quindi.
No, non dobbiamo quindi farci prendere dai sensi di colpa se decidiamo di staccare dalla famiglia per un’ora alla settimana, per un giorno al mese o per il tempo che sentiamo necessario. Pensiamo a questi momenti come periodi di ricarica, per tornare ad avere l’energia fisica e mentale necessaria per essere buoni genitori, e i nostri figli lo sentiranno subito, il cambiamento in positivo.
In sostanza: prendersi cura di sé non è da egoisti. È giusto ed è anche un gesto altruista. E se ancora facciamo fatica a deciderci e a capire che fare quella cosa che ci fa stare bene, da soli, non è importante, non facciamolo tanto per noi, quanto per i nostri figli. Che si accorgono sempre quando mamma e papà sono sereni e quando c’è qualcosa che non va.
Giulia Mandrino
Qui trovate un nostro articolo dedicato a 10 modi per prendersi del tempo per sé in dieci minuti: a volte basta davvero poco!
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Il titolo sembra dire qualcosa di scontato che in realtà scontato non lo è. Perché? Perché spesso ciò che diamo per scontato rischia di non essere insegnato, quando ce ne sarebbe un gran bisogno. Non solo da parte dei genitori, ma anche da parte delle scuole e degli insegnanti, che hanno un ruolo fondamentale per la crescita dei nostri bambini.
Uno studio recentemente pubblicato ha mostrato infatti come insegnare l’autocontrollo e altre abilità sociali basilari sin da piccoli possa in effetti prevenire comportamenti aggressivi e criminali negli adulti, soprattutto nei bambini che sin dai primi anni mostrano segni di aggressività.
Ma vediamo in dettaglio perché e capiamo perché le scuole dovrebbero fare tesoro di questa ricerca americana.
Lo studio in questione è stato pubblicato sull’American Journal of Psychiatry ed è stato condotto dal 1990 fino ad oggi dal team capitanato dal dottor Kenneth A. Dodge. Questa ricerca è durata quasi 25 anni (la conclusione è del 2013) e ha messo in luce come l’insegnamento di certi comportamenti sin dai primi anni di scuola abbia “salvato” molti bambini da un futuro aggressivo e criminale.
Il dottor Dodge e i suoi ricercatori hanno infatti selezionato un gruppo di bambini considerati a rischio e li ha divisi in due gruppi. Al primo gruppo sono state impartiti fin da subito gli insegnamenti sulle abilità sociali e sull’autocontrollo (attraverso delle lezioni con insegnanti, gruppi d’ascolto per genitori, tutor scolastici e lezioni specifiche su queste skill), mentre il secondo segmento di bambini non ha ricevuto questo tipo di intervento, lasciando stare le cose come erano.
Il programma è partito dalla prima elementare ed è durato circa dieci anni e alla fine dello studio ha mostrato come questo tipo di intervento ha potuto ridurre la delinquenza e gli arresti dei bambini selezionati, così come la necessità di supporto psicologico o mentale durante l’adolescenza e la giovinezza.
Nello studio erano coinvolti circa 900 ragazzi e i ricercatori hanno rivelato che la diminuzione di problemi di aggressività in età adulta è correlata proprio con gli insegnamenti ricevuti (dal momento che le percentuali hanno mostrato che nel gruppo assistito i comportamenti sociali criminali sono decisamente calati). Questi insegnamenti andavano dal fare capire le conseguenze delle azioni in maniera concreta durante le lezioni, ad esempio, di educazione fisica fino ai gruppi di lavoro tra studenti - che aumentano le skill comunicative, il problem solving e la cooperazione.
Le conseguenze positive sono state l’aumento dell’autocontrollo dei ragazzi e lo sviluppo di un’intelligenza emotiva, così come un sentimento empatico utilissimo per la vita. Imparare l’autocontrollo, così come le conseguenze a lungo termine delle proprie azioni, è dunque essenziale per la vita futura.
La conclusione del dottor Dodge è semplice: lo studio non è semplicemente teorico, ma dovrebbe diventare un campanello d’allarme per fare capire alle scuole che i programmi non sono completi se non comprendono questo tipo di insegnamenti. Solo in questo modo si potrà ridurre l’aggressività e la delinquenza giovanile, così come solo così si potranno garantire ai bambini una crescita sana e completa e una vita serena.
“Early intervention”, lo chiama. “Intervento precoce”. Ed è proprio questa precocità che a volte manca, perché la nostra cultura e i nostri sistemi scolastici tendono sempre a mettere pezze sui problemi quando nascono, e non a prevenire.
Giulia Mandrino
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
La zia Ignazia lo dice sempre: “Guarda che se continui a coccolarlo così lo vizi”. “Se lo abbracci così spesso poi non si staccherà più”. “Tenerlo in braccio è deleterio”. “Fatti gli affari tuoi”, tu pensi. E hai ragione. Perché tenere in braccio il tuo bambino è una tua scelta. Ma sappi che addirittura questa scelta è la migliore che tu possa fare, affettivamente e scientificamente parlando.
No, non è un vizio. No, non fa male. No, non lo porterà a non essere indipendente e ad essere “mammone”. Tenere in braccio i propri figli è benefico, punto e basta. E non è un vizio, è un bisogno primario che i bambini sentono, e che, esattamente come la fame e la sete, andrebbe bene soddisfare.
Il contatto (soprattutto quello pelle a pelle) è quanto di più benefico possiamo offrire ai nostri figli, e non solo a breve termine, ma anche a lungo termine, poiché questo gesto apparentemente semplice (e per alcuni, ahinoi, negativo) avrà impatti sulla loro salute e sul loro sviluppo cognitivo.
Uno studio uscito qualche tempo fa sulla rivista scientifica online Pediatrics dimostra infatti come il contatto pelle a pelle con i bambini (il contatto “canguro”) ha un impatto diretto sul loro sviluppo neurologico: aumenterebbe infatti il quoziente intellettivo e abbasserebbe la tendenza a comportamenti aggressivi in età più adulta.
Anche la dottoressa Natalie Maitre del Nationwide Children’s Hospital di Columbus, in Ohio, in un’intervista su Reuters ha confermato questo studio, portandone uno riportato sulla rivista Current Biology: più i bambini vengono esposti a questo tipo di tocco (quello amorevole, delle coccole, e non solo quello del “cambio pannolino”), più il loro cervello ne beneficia, poiché il tatto è uno dei primi sensi ad essere coinvolti nella comunicazione tra adulto e bambino e il bambino in questo modo impara prima le connessioni sociali ed emotive.
Altra conferma arriva dalla stessa dottoressa Maitre in un’altra intervista con la rivista Babble: secondo il medico il contatto intenzionale e amorevole con i bambini è essenziale per il loro sviluppo cognitivo poiché è la prima forma di comunicazione che imparano. Uno studio da lei condotto si concentrava su questo contatto tra genitori e bambini nati prematuri, ma è stato poi esteso a tutti i neonati e in effetti i benefici erano per tutti.
Ogni tocco, per lei, è importante, quindi non preoccupiamoci né del troppo tempo che i nostri bimbi passano in braccio né del fatto che non abbiamo tempo di farlo: prendiamo ogni occasione buona, anche solo cinque minuti al giorno, ma facciamolo. E consideriamo positivi tutti quegli strumenti, come il baby wearing, che ci permettono di stringere e sentire il nostro bambino, allo stesso modo in cui permettono a lui di sentire noi. Mamma e papà, nonni, tutti.
E non ascoltiamo quindi chi ci dice “Lo vizi”. No, non lo stiamo viziando. Lo stiamo crescendo bene, intelligente, empatico e comunicativo.
Giulia Mandrino
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.