3 libri da regalare al papà a Natale

Lunedì, 30 Novembre 2015 10:17

La vita da mamma sicuramente vince il premio di quella più stressante in assoluto nel 99% dei casi, e qui non ci piove. Ma spesso anche quella dei papà non è male!

Ecco allora 3 libri da regalare al papà a Natale: 3 idee regalo per papà alle prese con una vita stressante

 

- "Cadere sette volte e rialzarsi otto"

 

Sembriamo essere condannati a vivere un’esistenza di cui a volte sembra fuggirci l’essenza. Ciononostante quando cadiamo, dobbiamo imparare ad accettare la sconfitta e poi a rialzarci. Per farlo dobbiamo riuscire a cambiare i signifi cati del mondo che ci assedia, cambiare la metafora della nostra vita, e trasformare l’energia della paura in capacità di agire nell’interesse di tutti. Infatti, il vero cammino verso il successo non è una lotta per vincere scontrandoci contro le avversità che incontriamo, ma è un percorso di conciliazione di quei confl itti che, originandosi dentro di noi, si proiettano sullo scherma del mondo esterno rappresentato dalla nostra esistenza quotidiana.

Con il racconto della sua vita, Luigi Zoia spiega come cavalcare l’onda dell’energia e ridirigerla dall’interno per costruire nuovi futuri. Zoia ci illustra come ha trovato il successo applicando i suoi principi di vita spirituali e come si possa riuscire a sviluppare la propria capacità di trasformare in modo positivo l’energia che proviene dalle situazioni ostili. Lo ha fatto dapprima come giovane campione sportivo internazionale di karate, poi come dirigente di banca e imprenditore a New York, approdando infine all’alta fi nanza internazionale; in un mondo ostile dove si combatte per annientare l’avversario. Zoia è tornato da questo campo di battaglia, che si estende dagli stretti e profondi canyon di Wall Sreet, tempio del capitalismo più crudele, sino alle strade e agli edifici degradati di Harlem, dove si manifestano le più profonde contraddizioni sociali che dilaniano i suoi abitanti. Ed è tornato per spiegare come il vero successo di trova solo raggiungendo l’unità dentro di noi, riconciliando il caos dualistico esterno-interno, e imparando a trovare e poi applicare una nuova, più effi cace metafora della propria vita.

LUIGI ZOIA è nato a Milano nel 1948. Cintura nera sesto dan di karate, è stato per tre volte vice-campione del mondo (1971, 1973, 1975), tre volte campione europeo e tre volte campione italiano di karate di Stile Shokotan. Laureato in Bocconi, dirigente di banca prima a Milano e poi a New York; nella Grande Mela è stato imprenditore nel settore immobiliare a cui ha fatto seguito l’apertura in Europa di una società fi nanziaria di gestioni patrimoniali. Recentemente ha fondato l’associazione culturale Conscious Business Group di cui è presidente.

 

- "Stress? no grazie sono resiliente"

 

Se pochi sanno davvero cosa si intende per ”stress”, un termine così inflazionato, ancora meno conoscono i meccanismi che lo regolano e i danni che può provocare se diventa cronico!

Esiste una soluzione che è dentro ciascuno di noi e si chiama ”resilienza”: è la capacità dell’uomo di uscire rafforzato dalle avversità della vita e spesso tra- sformato. la maggior parte delle persone neanche si rende conto di questa incredibile capacità perché non ne conosce il meccanismo e non ”si ascolta” come dovrebbe.

Attraverso un percorso teorico e pratico potrete conoscere davvero lo stress e imparare le tecniche più corrette per sviluppare la resilienza e uscire indenni dal ”Mal Essere”. scoprendo, alla famigerata data del 21 dicembre 2012, che forse la fine del mondo è semplicemente l’inizio di una nuova era. Quella del ”Ben Essere”.

Alfredo Formosa: legale specializzato in ”Asset Protection”, è anche Direttore di COnsulnET ll.C., agenzia di comunicazione scientifica statunitense che lavora nel campo delle neuroscienze. È da sempre appassionato di psicologia e filosofia, discipline che ha esplorato attraverso approfonditi studi. su queste tematiche ha scritto numerosi articoli e partecipato come relatore a conferenze. Per la collana Mental Fitness PuBlishing ha scritto anche ”Paradiso prêt-à-porter” e ”Med & lunch”.

Stefano Pallanti: Professore associato di Psichiatria all’università degli studi di Firenze, Dottore di Ricerca in neurofisiopatologia, Professore associato di Psichiatria e Direttore del Centro strategico di Eccellenza di Psichia- tria presso la Mount sinai school of Medicine di new York, Direttore dell’Agenzia di Psicologia Clinica e Psicoterapia presso l’Azienda Ospedaliera-universitaria Careggi di Firenze. ha tenuto conferenze in tutto il mondo, è autore di numerosi articoli e pubblicazioni scientifiche e collabora con riviste e giornali italiani ed esteri.

 

- "L'arte di Risalire"

Un incontro di lavoro in un noto caffè milanese diventa lo spunto per iniziare una chiacchierata sul tema della resilienza e sulle sue implicazioni nella vita di tutti i giorni.
Prendendo spunto da vicende ed esperienze sportive personali, la conversazione si sposta verso una rievocazione di eventi particolarmente drammatici che hanno
colpito personaggi importanti e famosi del mondo dello sport, campioni che hanno subito gravi incidenti e ”stop alla carriera”.
Perché qualcuno ce l’ha fatta a tornare, reinventandosi vita e carriera, e altri no? Quali sono i meccanismi che regolano la resilienza e come si può migliorare questa favolosa facoltà che tutti abbiamo? È proprio necessario ricorrere al doping per migliorare le proprie prestazioni?
Sono tutte tematiche di grande interesse per sedentari e sportivi, costretti entrambi ad affrontare quotidianamente prove e situazioni difficili. L’esempio fornito dai campioni dello sport può essere di grande utilità per la vita di tutti i giorni.

Alfredo Formosa: Legale specializzato in ”Asset Protection”, è anche Direttore di CONSULNET LL.C., agenzia di comunicazione scientifica statunitense che lavora nel campo delle Neuro- scienze. È da sempre appassionato di psicologia e filosofia, discipline che ha esplorato attraverso approfonditi studi. Su queste tematiche ha scritto numerosi articoli e partecipato come relatore a conferenze. Per la collana Mental Fitness PUBLISHING ha scritto anche ”Stress? No grazie, sono resiliente!”, ”Paradiso prêt-à-porter” e ”Med & Lunch”.

Elena Campanini: psicologa - psicoterapeuta, specialista in psicoterapia; si occupa di Psicologia Clinica della Salute, Sport e Movimento. Nell’ambito dello sport si è occupata della formazione di istruttori ed allenatori di varie discipline sportive e della preparazione mentale di atleti di medio e alto livello agonistico; ha collaborato con varie Federazioni Sportive del CONI; considera lo sport come una palestra di vita per tutte le età e come un’esperienza esistenziale, psico-educativa e riabilitativa insostituibile.

 

Oggi una mamma ci scrive: "Buongiorno, una domanda, si può dare la camomilla ad una bimba di quasi 5 mesi? se si cerca su web ci sono pareri discordanti, x la mia pediatra non si può dare nemmeno una goccia d'acqua. Che dire? mia figlia è molto irrequieta, forse si annoia non so, ma è stra carica di energia, diventa tesa con pugni e piedi stretti e urla a bocca chiusa. Consigli? grazie"

Ecco la mia risposta con i consigli per comprendere come far rilassare un bambino nei primi 8 mesi di vita: cosa fare e cosa non fare per aiutare il piccolo a dormire e rilassarsi

Buongiorno mamma, dunque la camomilla non è un'erba che agisce sul sistema nervoso rilassando, ma è benefica per l'apparato digerente, quindi aiuta a digerire. L'uso della camomilla per il sonno è frutto di una riuscita pubblicità di una nota marca produttrice ma non c'è nulla di più sbagliato di usare la camomilla. Anzi in alcuni soggetti la camomilla sortisce l'effetto opposto, quindi è un eccitante. Dunque eviterei.

Personalmente sono fortemente contraria all'utilizzo di tisane prima dei sei mesi, perchè:

1. fino ai sei mesi il bambino deve assumere secondo l'organizzazione mondiale della sanità solo latte materno o latte formulato (la tua pediatra ha ragione non ha bisogno di acqua)

2. servono fondamentalmente a noi adulti per darci l'idea di fare qualcosa per farli rilassare, tutto qui

3. possono essere mal tollerate dai bambini

4. le tisane per bambini in commercio sono zucchero e qualche erbetta buttata lì per caso

Cosa possiamo fare dunque?

- PENSIERI: dobbiamo accettare il fatto che i neonati non sono bambolotti e che hanno un temperamento in parte dettato dall'ambiente in cui vivono e in parte risultato della genetica. Dobbiamo sempre aver ben chiaro che ogni neonato, così come ogni bambino e ogni adulto è a sè, per cui basta con questa idea del bebè cicciobello, la vita reale è un'altra. 

- ROUTINE: i consigli dell'Ostetrica Angela Dinoia nel libro Il Neonato e i suoi segreti, edito da Mental Fitness Publishing

- ATTENZIONE AGLI STIMOLI: attenzione a non stimolare eccessivamente il piccolo come spieghiamo in questo articolo

- USARE LA FASCIA PORTABEBE': la fascia è davvero un toccasana per il bambino perchè è a contatto con la mamma (è un bisogno fisiologico, non un vizio), è contenuto fisicamente quindi si sente protetto, e poi è in posizione elvevata rispetto a terra, quindi ha la possibilità di avere stimoli visivi e olfattivi più interessanti. Visita la nostra sezione dedicata al babywearing

- FIORI DI BACH: ecco una miscela di fiori di Bach che aiuta il piccolo a rilassarsi

- TISANE: a partire dai sei mesi possiamo utilizzare queste tisane

- OSTEOPATIA: l'osteopatia pediatrica è un modo davvero eccellente per aiutare il naturale equilibri emotivo e fisico del bambino. 

Giulia Mandrino

 

 

 

L'ultimo ingrediente? Il riciclo

Domenica, 29 Novembre 2015 21:27

Si parla tanto, sempre, ovunque di cibo e di cucina, di ricette e di ingredienti, di cuochi professionisti e amatoriali. Ci sono programmi ovunque in tv, libri e riviste spopolano, tutti ci mettono la loro e anche noi ci mettiamo del nostro!

Si cucina di tutto in tv, dalle ricette più classiche, ai classici rivisitati, dagli ingredienti più introvabili a quelli più fantasiosi negli abbinamenti.
Si cucina a tema, a tempo, per ingredienti, a squadre, in gruppo, a staffetta, tutti contro tutti, si cucina ingredienti a sorpresa e chi più ne ha più ne metta.
I risultati non sono sempre quelli sperati, a volte invece rimaniamo stupiti.ì

In un famoso programma (ormai c’è la versione italiana, quella americana, quella neo zelandese e quella canadese) c’è chi cucina un menù completo in soli trenta minuti con ingredienti a sorpresa decisi dai giudici, nella realtà a me pare che i piatti siano alla fine, gira che rigira, sempre quelli: i pettini di mare, il purè di manioca o di zucca, cipolle caramellate, salsa di accompagnamento, riduzione di qualcosa, burro alle erbe o all’aglio, guacamole e verdure spadellate.

E la pasticceria? Potevamo esimerci dal cucinare una torta nuziale e tre piani coperta di fiori di zucchero, marmellata fatta al momento, frutta fresca e decorazioni di fondente in un’ora secca? O provare le dolci specialità di altri paesi, senza averle mai viste né assaggiate e doverle infornare e impiattare nel tempo di un battito di ciglia?

Ci sono addirittura pasticceri, ma in questo caso professionisti (!), che sfornano dolcezze di ogni tipo per un programma, è tutta gente che lavora in pasticcerie o ne ha delle proprie e poi al momento della prova li senti bellamente dichiarare cose del tipo “la prova è sicuramente difficile, non avevo mai fatto i bignè” ... “si tratta di temperare il cioccolato, una delle operazioni più impossibili” ... “la pasta frolla? E chi l’ha mai fatta”... no vabbè ma di cosa stiamo parlando, ma non lavori in pasticceria da sette anni? Ma non hai un tuo negozio da quattro anni? E che cazzo di torte fai se non sai lavorare il cioccolato, fare la frolla, sfornare i bignè...?
Alcuni personaggi poi sono ormai i volti noti della cucina: chi non conosce Gordon Ramsay e il suo filetto alle wellington, Cracco e la sua mania per le uova, la Parodi con tutto quello che c’è frigor l’importante è che si prepari in cinque minuti (e la adoro perché per le qualunque ingrediente è sostituibile con un altro, tipo se fai il risotto alle fragole e non hai le fragole vanno bene funghi... certo peccato che a quel punto sarà un risotto ai funghi e non alle fragole.. ma sono dettagli...), Simone Rugiati che mette spezie e zenzero ovunque perché lui li adora, la Clerici che con lo stipendio strepitoso che prende, dopo più di vent’anni alla prova del cuoco, libri di ricette ed un “ristorante” nel centro commerciale ancora non ha imparato a cucinare (e si vede!!).

Non commento i piccoli chef emergenti... a me un bambino che a dieci anni mi insegna come disossare un pollo lo trovo discutibile e contro ogni natura!
Tra le mille ricette più o meno innovative a periodi ci propinano quelle per riciclare gli ingredienti: a Natale il panettone, a Pasqua la colomba o il cioccolato, d’estate il riso avanzato; peccato che l’ultimo degli ingredienti che serve nella ricetta sia proprio quello da riciclare. Tipo?

“Vi capita che sia passato Natale (o Pasqua) e avete avanzato una fetta di panettone (o di colomba)? Magari proprio non avete voglia di mangiarla ancora così? Vi facciamo vedere come riutilizzarla e ricettarla per fare un dolcetto un po’ diverso... Prendete: cioccolato, latte, burro, uova, fate una crema, flambate con il rum i tocchetti di panettone, aggiungete alla crema delle nocciole tostate e tritate, guardine con un culì di lamponi e spolverizzate con zucchero a velo”... ok, altro? La mia ricetta? Prendete il panettone e mangiatevelo con un the, aspettate che sia passato il natale e vedrete che vi torna la voglia, non ingollatevi per tre o quattro giorni e vedete come vi va giù, fatevi una bella camminata al parco e vi torna la voglia di panettone!

“Per il cioccolato delle uova di Pasqua avanzate potete scioglierlo a bagnomaria aggiungere della panna, spolverizzarlo con la cannella, guarnirlo con scorzette di arancia che avrete precedentemente candito, aromatizzarla con un infuso di spezie o menta, creare una ganasce per guardine dei dolci, fare una crema, grattugiarlo su una torta...” Se volete, a mio modesto parere, potete schiaffarlo tra due fette di buon pane e farci merenda oppure congelatelo, state certe arriverà presto il momento in cui la voglia di cioccolato si fa sentire!

“Quando avanzate il risotto o il riso bianco il modo migliore per riutilizzarlo è, ad esempio, degli arancini. Fate un bel ragù, aggiungete i piselli, metteteci il riso e formate delle belle palline, impanatele e friggetele, potete anche aggiungere prosciutto, verdurine o la mozzarella per l’effetto filante” E poi avrete spignattato per altre tre ore. A parte che a me una basla di risotto così non mi avanza se non lo faccio intenzionalmente e poi di quello avanzato ti fanno vedere che ne usano un terzo, quindi punto a capo, hai altro risotto di cui “disfarti”, io lo metto nella pentola antiaderente e lo scaldo o così o al forno e ciao.

“Con il pane raffermo poi gli usi sono mille”... Ma a chi avanza tutto quel pane? Per quante persone lo comperate? Se dopo dieci volte ti avanza tanto pane perché la volta dopo non ne comperi meno?
Perché se devo aggiungere altri dodici ingredienti, programmarci una spesa ad ok e fare due ore di preparazione spignattando per riciclare una fetta di panettone raffermo o un etto di cioccolato, mi passa la voglia, io me lo butto in bocca così, perché il riciclo non può essere l’ingrediente di contorno ma quello principale, minima spesa massima resa! Sarà che in casa mia non avanza mai un cavolo se non cucino il doppio del necessario, sarà che peso tutto quello che butto in pentola, sarà che odio buttare la roba da mangiare, ma a me non capita manco per sbaglio di avere una ciotolona di risotto giallo avanzato! Quindi via con il riciclo, il cibo non si butta, certo che no.. ma che non diventi l’ingrediente “incriminato” per farci fare altra spesa!

Elena Vergani, autrice di Il mondo è bello perchè è variabile 

Foto credits: https://www.flickr.com/photos/15216811@N06/5300955223

Un tema sempre caro ai genitori è quello delle regole, spesso mi chiedono se darle, quando e soprattutto su cosa e come applicarle. Ma che cos’è una regola? Per rispondere almeno in parte a questa domanda dobbiamo fare una distinzione tra regole famigliari e regole sociali, le prime sono quelle regole che vengono create ed applicate in famiglia, le seconde invece sono quelle che ritroviamo nel tessuto sociale nel quale la famiglia ed i bambini sono immersi. Questa distinzione ci permette di capire che prima o poi il bambino si imbatterà in norme di comportamento che dovrà imparare a capire, seguire e crescendo anche a contestare. Il genitore ha quindi un ruolo fondamentale nell’introdurre il bambino nel contesto sociale d’appartenenza e questo passaggio, direi obbligato, passa anche attraverso l’interiorizzazione delle regole che vengono applicate in famiglia.

Ogni famiglia è diversa dalle altre e quindi anche le regole che vengono delineate sono diverse, non ci sono regole giuste o sbagliate ma solo regole che i membri della famiglia decidono e seguono. Le regole sono necessarie e sono una parte fondamentale della “cassetta degli attrezzi” di cui il genitore (con l’aiuto di tutti gli adulti di riferimento che il bambino avrà) dovrebbe dotare il bambino per aiutarlo ad affrontare il mondo esterno e la crescita; è necessario però che nella loro formulazione i genitori riflettano profondamente sui propri valori interni di riferimento, possiamo dire infatti che le regole non sono nient’altro che la definizione dello spazio di comportamento all’interno del quale i valori profondi si esprimono, ad esempio se per un genitore è fondamentale seguire il valore della cooperazione cercherà di insegnare al bambino il medesimo valore mettendo delle regole sulla condivisione dei giocattoli, sul prestito, sul giocare insieme.

E’ bene ricordare però che le regole senza l’esempio comportamentale da parte dei genitori non funzionano, se pensiamo che l’apprendimento del bambino passa principalmente attraverso il canale dell’imitazione è auspicabile che le regole non solo vengano dette, ricordate o scritte ma soprattutto applicate e seguite da tutti i membri della famiglia, verranno chiaramente fatte delle eccezioni e degli adeguamenti rispetto alla differenza tra adulto e bambino, alle varie fasi della crescita, agli equilibri che si creano ed ai cambiamenti famigliari, ma il valore di fondo sarà il contenuto più importante che il genitore vuole trasmettere attraverso la regola.

Il genitore deve guidare i propri figli non dandogli ordini o sottomettendoli alla propria volontà ma sostenendo i propri valori ed obiettivi con sufficiente integrità da farli sentire motivati a collaborare. Le regole sono uno degli strumenti principali che i genitori hanno disposizione per ricoprire il ruolo di guida, ed il modo più fertile per farlo non è imitare o seguire pedissequamente quello che i pedagogisti consigliano ma essere persone autentiche con i propri bisogni, gusti e limiti mantenendo però la piena consapevolezza del ruolo che si ricopre come genitore e come adulto di riferimento. In questo modo sarà possibile insegnare ai propri figli come acquistare sensibilità per i confini ed i bisogni degli altri.

I bambini piccoli spesso violano i limiti e le regole imposte dai genitori, non per mancanza di rispetto ma per un duplice obiettivo, soddisfare i loro desideri ed al contempo conoscere i genitori dedicando attenzione ai segnali ed alle risposte che ricevono. Vogliono sperimentare che cosa desiderano, che cosa gradiscono e che cosa accettano o rifiutano mettendo in atto un comportamento di “disubbidienza”. Con la crescita il bambino interiorizza il modo di vedere del genitore, ciò che è giusto e che cosa no, ciò che è bene e ciò che è male, nasce così profondamente la concezione morale. Questo processo di apprendimento richiede da parte del genitore chiarezza e ripetizione costante, non solo nella definizione delle regole ma anche nelle reazioni al comportamento del bambino che devono essere il più chiare e coerenti possibile. I genitori dovranno imparare anche ad aspettare che tutto quello appreso passi e si fissi nella coscienza del bambino ed il processo può richiedere da alcuni giorni ad anni. L’apprendimento è un meccanismo di esplorazione ha quindi bisogno per poter essere costruttivo di fiducia e di amorevolezza ma anche dei confini entro cui muoversi chiari e definiti e di un’atmosfera il meno tesa e negativa possibile. E’ necessario che il genitore dia un feedback a questo costante processo di esplorazione ed è bene che impari ad esprimersi in modo personale, sicuro, chiaro e veloce ed allo stesso tempo deve imparare a rispettare il desiderio di autonomia e di indipendenza del figlio. Il linguaggio (verbale e corporeo)utilizzato nel definire e ripetere le regole e nella reazione all’obbedienza o disobbedienza è importante , deve essere non solo sicuro e chiaro ma anche personale ed amorevole, per il bambino è più facile affrontare il processo di interiorizzazione delle regole se vengono espresse in questo modo, dire non si fa perché è così è un imperativo non personale il genitore potrebbe invece dire, “Per me è importante che tu faccia questo”, il concetto espresso è lo stesso ma la modalità è diversa, nella seconda frase il genitore trasmette il suo valore al bambino ed è per lui è più semplice capire il perché del comportamento richiesto e prevedere le reazioni del genitore facilitando così il processo di interiorizzazione.

Quindi regole si o no? Essendo inseriti in un contesto sociale la risposta è assolutamente si, con le accortezze descritte. Definire regole famigliari in linea con i propri valori profondi di riferimento, dirle e ricordarle ai figli in modo chiaro e coerente ed allo stesso tempo rispettarle. Reagire alla disobbedienza con fermezza ed allo stesso tempo con amorevolezza, ricordandosi che è necessario per il bambino esplorare anche la disobbedienza ma tenendo sempre saldi e precisi i limiti da rispettare comunicandoli in modo chiaro e personale. Non c’è una regola giusta ma è giusto che la regola ci sia.

Associazione Eupsichia
Centro psicologico
Via Osoppo, 7
20148 Milano
Tel: 02-48702143
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ecco una deliziosa ricetta per fare in pochi minuti dei deliziosi biscotti di Natale al miele, scorza di limone e cannella, senza latte e senza zucchero (volendo è possibile sostituire il mieie con il malto ed eliminare l'uovo, così da creare la variante veg). 

Siamo sempre qui a criticare la zia Ignazia sui suoi pseudo consigli non richiesti, sulla sua incompetenza. In realtà sono convinta che le nostre nonne e ancor più le nostre bisnonne, su alcune cose ci superavano ampiamente, me compresa. 

Ecco allora le 4 cose che le nostre nonne facevano meglio di noi mamme di oggi: in che cosa le donne del passato erano più competenti di noi 

1. Il bambino non si sveglia mai quando dorme: è vero, il sonno del bambino è sacro, e a nessuna delle nostre bisnonne passava dall'anticamera del cervello di svegliare un bambino di un mese per portarlo a fare una commissione o perchè diventava troppo tardi e il piccolo rischiava di non dormire la notte. Così il detto "il bambino più dorme più dorme" è vero!. I bambini di 100 anni fa dormivano molto di più dei nostri e loro erano mamme assolutamente meno stressate. E la pediatria moderna lo conferma: anche se il bambino fa la cacca mentre dorme non deve essere mai svegliato (trovate la spiegazione del pediatra Luca Roasio nel mio libro Mamme pret a porter, il primo anno insieme, edito da Mental Fitness Publishing) ma il suo riposo deve essere al primo posto. Noi invece li portiamo a corsi per imparare a farlo mangiare, a cambiarlo e magari a farlo dormire, e nel mentre lo svegliamo per arrivare puntuali. La giornata delle mamme dell'800 e dell'inizio del '900 era molto più lenta priva di appuntamenti, per cui quando potevano e il piccolo era sveglio le donne si incontravano, uscendo in strada magari o recandosi a casa dell'amica.  

2. Meno paranoie: cresce poco, cresce troppo, mangia bene, mangia male, è sul percentile troppo basso, è stimolato poco, parla poco per avere 8 mesi, "ma il tuo beve già da solo dal bicchiere a 6 mesi?". Se da una parte la medicina ha fatto passi da gigante per cui grazie alle visite filtro pediatriche è possibile monitorare la salute del bambino ed essere in grado di intervenire in caso di necessità, allo stesso tempo le nostre bisnonne erano molto più sicure di loro stesse, grazie anche al supporto di una rete di donne importante, depositario di un sapere dato dall'esperienza di madre. Così si ponevano molte meno domande e bomardavano molto meno i loro piccoli di stimoli pessimi per il loro benessere: giostrine con luci psichedeliche assolutamente fondamentali per la crescita del bambino (io potrei avere una crisi di nervi se mi mettessero sopra il letto una roba del genere, magari con una musica straziante di sottofondo) non erano di certo previste. I bambini potevano uscire in cortile e in strada, potevano crescere non più responsabilità, di certo a 6 anni le scarpe se le allacciavano da soli. 

3. Tempi lenti: forse la più grande virtù che vorrei aver preso dalle mie bisnonne era la lentezza. Si perchè la vita era lenta, organizzata, monotona e routinaria ma si sa quanto questo tipo di lentezza faccia bene al bambino. Erano donne in  grado di stare mesi sedute con la tetta di fuori e il bambino attaccato (la maggiorparte di noi hanno bisogno di muoversi in maniera complsiva in casa non è così??!!!), non avevano bisogno di fare grandi giri ai centri commerciali la domenica perchè in casa scleravano: si sedevano davanti alla stufa ad allattare, magari parlando con delle amiche o delle sorelle. Così si celebrava l'arrivo delle stagioni, si parlava per mesi del Natale e la festa di paese era un evento atteso per settimane. 

4. Non avevano il telefonino: si, questo proprio lo dobbiamo dire, non c'era il telefonino, il bambino non vedeva la sua mamma continuamente intenta a scrivere su un rettangolino senza sapere cosa stesse facendo. E non era interrotto nella sua relazione. 

5. Less is more: pochi oggetti, davvero apprezzati, amati ed attesi. Pochi stimoli, pochi impegni, ma attesi e vissuti come un "Sabato del Villaggio" di Leopardi. Sta iniziando la corsa al Natale con bambini bombardati di giochi, tendenzialmente isterici in quei giorni perchè devono fare la maratona delle cene dai parenti se non dei viaggi per andare in un "posto a misura di bambino". Ma sopratutto è inondato di giochi che, lo sappiamo anche noi, useranno effettivamente per il 10%, il resto sarà nesso nel dimenticatoio e poi dato via. E non è la solita romanzina, credo che fosse molto più appagante e soddisfacente per un bambino (ma anche per un adulto) un Natale 150 anni fa dove davvero di respirava la magia del momento. A prescindere dal Natale, in generale ogni cosa aveva il suo valore, il suo tempo: non c'era bisogno di possedere un tablet a 3 anni e magari una mamma e un papà che fanno straordinari per comprarlo: bastava un gioco in legno per sentire il cuore a mille e gli occhi colmi di lacrime di gioia. Quel gioco era il diversivo dai giochi veri che dovrebbe fare un bambino: giocare in cortile con la terra, con le palle di fieno, con la ghiaia, nelle pozzanghere, con la bici magari e in inverno con la neve. Qui non sto parlando di etica, sto parlando di soddisfazione personale. E le nostre bisnonne, volenti o nolenti davano questi 5 doni ai loro figli. 

Noi rispetto a loro abbiamo una cosa in più: possiamo scegliere. 

Giulia Mandrino

Foto Credits: https://it.wikipedia.org/wiki/Campana_(gioco)#/media/File:Duverger_Hopscotch.jpg

 C'è chi pensa in algoritmi, e chi di matematica non ci capisce un acca. Tant'è, tutti abbiamo il dovere di impararla. E, tanto quanto noi adulti, anche i bambini possono fare fatica. Perché allora non rendere più leggero l'apprendimento sin dalle basi?

Divertirsi con la matematica ispirandosi ai "Reggio Children" è possibile: in maniera giocosa, la matematica può diventare più piacevole seguendo l'esempio delle Scuole di Reggio.

Il principio dell'apprendimento della matematica secondo il metodo portato avanti dalle scuole di Reggio, fondate sull'insegnamento pedagogico di Loris Malaguzzi, prevede un approccio più visuale della materia. Ecco che allora il gioco si presta bene a questo tipo di studio per i bambini in età prescolare, fino ai cinque anni, coniugando divertimento e comprensione.
Loris Malaguzzi, come molti altri pedagogisti, tende a valorizzare il processo creativo piuttosto che il prodotto finale (Maria Montessori gli batterebbe il cinque), e anche quando si parla di matematica il principio torna buono: il bambino ha bisogno di capire il percorso che lo porta al risultato finale, e lo si può fare attraverso alcuni giochi, che divengono il punto di partenza per capire i concetti astratti alla base della matematica.

Per i bimbi più piccoli, la numerazione si fonda su ordine, schemi, comparazione e misura. Ogni giorno si trovano, anche inconsapevolmente, ad avere a che fare con quesiti matematici. "Quanti piselli ho nel piatto? Quanti ne servirebbero a riempirlo?". Oppure "Quanto lontano posso calciare questa palla?". O ancora: "Come posso far combaciare tutti i pezzi di questo puzzle?". Basta poco, e integrando queste domande spontanee con le giuste attività il bambino svilupperà il famoso senso matematico.

A livello materiale non serve molto. Basta dare loro qualche strumento in più, come delle bilance sparse per casa che potranno provare a leggere, o delle serie di elementi (ad esempio dei bastoncini di legno, alcuni bottoni o delle tessere di domino - tutti uguali tra loro e diversi rispetto agli altri) in diversi recipienti, o dei nastri colorati con i quali potrà "misurare" la lunghezza di ciò che gli capita tra le manine.
Ancora, uscendo in giardino, il bambino può raccogliere diversi tipi di foglie (non lesinando sulla quantità: per ogni tipo di foglia, più se ne hanno e meglio è); una volta a casa, dividendole per specie o colore vostro figlio sperimenterà la classificazione e la divisione in gruppi.
Mantenendo queste attività sul piano del gioco, i bimbi proveranno da soli cosa significano il conteggio, il peso, il volume, la comparazione e collauderanno in prima persona la matematica rendendola un po' meno astratta.

Non si tratta di utilizzare sistemi di misurazione codificati o universalmente noti. A quelli il bambino giungerà a tempo debito. Ma anche solo provando il senso di pesantezza o leggerezza, ordine, quantità, altezza e distanza, inizierà a mettere in pratica il senso matematico che gli tornerà utile per tutta la vita, non solo a scuola. Tutto questo grazie all'esperienza diretta.
Ogni mamma può quindi inventarsi giochi ed esperienze in base a ciò che le capita sottomano. L'importante è dotare il proprio bambino di tutto ciò di cui può avere bisogno per misurare, ordinare, sottrarre, aggiungere, contare, creare forme o confrontare durante l'attività di ogni giorno: il gioco.

Foto Credits: http://www.racheous.com/reggio-inspired/playful-numeracy-math/

Sara Polotti

Per trovare approcci pedagogici meravigliosamente innovativi non serve andare lontano migliaia di chilometri. Uno dei più affascinanti ce l'abbiamo in casa e si può racchiudere in due parole: Reggio Children. È l'esempio delle scuole di Reggio, dei nidi e delle scuole d'infanzia di una provincia italiana che ha adottato da tempo, e con risultati davvero apprezzabili, le regole pedagogiche stilate da Loris Malaguzzi negli anni Sessanta.

Scopriamo Reggio Children, un approccio pedagogico in cui al centro sta il bambino: in pochi punti, tutto il succo del modello delle scuole di Reggio Emilia

Loris Malaguzzi, pedagogista reggiano, dal 1963 collaborò con l'amministrazione della città per l'apertura della rete scolastica dell'infanzia (a cui si aggiunsero dal 1971 gli asili nido). Insieme ai suoi collaboratori, Malaguzzi ideò a poco a poco il suo progetto culturale innovativo basato su potenzialità, risorse e intelligenze del bambino, portandolo avanti nel tempo fino a giungere ai nostri giorni.
Al centro della pedagogia reggiana, conosciuta in tutto il mondo con il nome "Reggio Approach", non stanno le discipline: sta il bambino, soggetto di diritti con una propria, unica identità e costruttore delle proprie conoscenze.

Come si legge sul sito, "il Reggio Emilia Approach® si fonda su:

  • il lavoro collegiale e relazionale di tutto il personale
  • la presenza quotidiana di più educatori e insegnanti con i bambini
  • l’atelier e la figura dell’atelierista 
  • la cucina interna come atelier del gusto 
  • l’ambiente come educatore
  • la documentazione per rendere visibili i processi creativi di conoscenza
  • il coordinamento pedagogico e didattico".

Adottare questo pensiero significa soprattutto non racchiudere il sapere in settori (ma affrontarli trasversalmente), dare più importanza al progetto rispetto alla programmazione e al processo rispetto al prodotto.
Secondo l'approccio i bambini, protagonisti attivi della loro crescita, possiedono cento linguaggi per relazionarsi con il mondo. Le scuole devono quindi valorizzare questi linguaggi, non limitandone l'utilizzo.
Fondamentale è la partecipazione. Quella del bambino (che insieme agli insegnanti progetta le giornate di studio), quella degli educatori e dei genitori stessi, che giorno dopo giorno devono coltivarla attivamente. E fondamentale è anche l'ascolto (tra bambino, adulti e ambiente circostante), condizione indispensabile per il dialogo e il cambiamento.

bambini-imparano.jpg

Essendo il bambino costruttore attivo del suo sapere, delle sue competenze e della sua autonomia, i processi di apprendimento sono soggettivi e unici, e hanno sempre al centro strategie di ricerca, confronto e compartecipazione, creatività, incertezza, intuizione e curiosità. E, soprattutto, passa attraverso la ricerca quotidiana compartecipata e la documentazione che esplicita e rende visibile e valutabili i processi di apprendimento.

Non vi sono programmi predefiniti: l'educazione si struttura a partire dalla progettazione della didattica, degli ambienti, della partecipazione e della formazione del personale. Incertezza, dubbio ed errore sono quindi risorse che contribuiscono alla formazione degli ambienti. E organizzazione del lavoro e ricerca educativa vanno sempre a braccetto. L'una si struttura in relazione all'altra, attraverso la partecipazione di tutti.

mportantissimo nel Reggio Approach è l'ambiente scolastico: sia quello interno che quello esterno sono sempre pensati per favorire interazione, autonomia, curiosità, esplorazione e comunicazione, sia per i bambini che per gli adulti. Soprattutto, lo spazio prende forma e si modifica in relazione ai programmi educativi e alle esperienze dei bambini. Gli arredi, gli spazi e gli oggetti attorno alle persone contribuiscono al benessere psicologico, e il Reggio Approach lo tiene in conto, puntando su estetica e cromie ad hoc.

Infine, la valutazione è elemento chiave per l'attribuzione di senso e di valore. Deriva dalla totalità degli aspetti della vita scolastica e diviene strumento e opportunità per riconoscere o negoziare il progetto educativo. Diviene dialogo, insomma.

Prerogativa delle scuole di Reggio sono l'Atelier e la figura dell'Atelierista, inseriti nei programmi già dalla fine degli anni Sessanta. L'Atelierista è nientemeno che un insegnante con competenze artistiche. L'Atelier (costruito sempre in collaborazione con persone dalle diverse competenze - architettoniche, ingegneristiche, mediche, psicologiche e artistiche), un laboratorio creativo dove il bambino, quotidianamente, sperimenta attraverso tutti i cento linguaggi. In questo modo, l'espressività e la poetica contribuiscono sempre di più al processo di apprendimento in maniera quanto mai attiva.

creatività-bambini.jpg

Non solo parole: i linguaggi non verbali, le azioni, la creatività manuale, l'empatia, i cinque sensi prendono un posto fondamentale (e solitamente soffocato) nella vita scolastica.

È tipico della cultura giapponese, ma infonde quiete in tutto il mondo. Parliamo del giardino zen, il più tipico dei luoghi orientali, formato da acqua, piante e pietre. Ne esistono di grandi e di miniaturizzati, e, sì, sono bellissimi. Anche sui bambini queste piccole oasi di pace hanno un certo appeal-Perché allora non farne una insieme a loro?

Come creare un piccolo giardino zen per bambini: pochi elementi per formare una bellissima oasi di quiete.

Nulla di professionale o estremamente serio: non serve comprare accessori appositamente creati per veri giardini zen o cercare gli elementi naturali lontano da casa.

Tutto ciò che occorre sono:

- un recipiente dai bordi abbastanza alti da evitare rovesciamenti (un piatto fondo, un vassoio, una scatola di cartone)
- della sabbia (quella portata dalle vacanze al mare, magari, o quella per tartarughe)
- dei sassi o dei rametti
- una forchetta

Tutto è pronto, e praticamente non serve fare molto altro se non unire gli elementi: riempire il recipiente con la sabbia, appoggiarvi le pietre e, con la forchetta (che assolverà il compito di quei graziosi rastrellini giapponesi) tracciare le linee, le curve, le sinuosità attorno alle rocce. Come noi adulti, il bambino proverà una calma immediata.


http://artfulparent.com/2014/09/diy-zen-garden-sand-tray.html)

E perché non rendere il nostro giardino zen DIY ancor più alla portata (e al gusto) del nostro bambino? Al posto delle pietre, possiamo utilizzare elementi un po' più pop, colorati e divertenti, come dei mattoncini Lego, le palline-fossili di argilla o, per attenerci più strettamente al concetto di "pietra", semplicemente rendere i sassi un poco più giocosi, creando rocce di pastelli a cera fusi: basterà scaldare in forno alcune pietre, appoggiarvi sopra i pastelli a cera e lasciare che colino piano piano (alternando i colori per un'esplosione cromatica!). Una volta raffreddati, avrete creato dei bellissimi sassi colorati da utilizzare (guarda caso!) per il giardino zen più spassoso di sempre.


http://artfulparent.com/2012/06/melted-crayon-rocks.html

 

Sara Polotti

 

Il gioco delle forme geometriche Montessori

Sabato, 28 Novembre 2015 06:36

Tra i materiali sensoriali del Metodo Montessori ci sono anche le forme geometriche. Si tratta di una scatola cofanetto, contenente le più comuni figure piane, che si può anche costruire da soli con del legno, la colla vinilica e del feltro.

Ecco come costruire un gioco Montessori che sviluppa l'intelligenza logico-matematica: come costruire il gioco delle forme geometriche Montessori

Secondo il Metodo Montessori, lo sviluppo sensoriale è molto importante per il bambino e cosa c’è di meglio se non implementarlo con la conoscenza delle forme geometriche? Per farlo basta avere a portata di mano la scatola delle forme, una sorta di cofanetto che contiene le figure piane più conosciute e che potete facilmente costruire anche voi a casa.

Per realizzarne uno vi servirà:
Feltro
Colla
Taglierino
Pennello

Per prima cosa, prendete i panni in feltro e stendete sulla loro superficie la colla, meglio se diluita con l’acqua. Subito dopo, lasciate asciugare il feltro al sole. Quando sarà pronto, vedrete subito che il feltro, una volta essiccato, assomiglierà alla plastica dura ed è esattamente questa la consistenza che dovrete ottenere.

A questo punto, iniziate a ritagliare le figure geometriche e intagliatele sul feltro. Per aiutarvi nella presa della figura sulla superficie, aiutatevi con un bottone, o con qualsiasi altro supporto che preferite.

Con un po’ di pazienza, quando avrete realizzato tutte le figure geometriche che preferite, prendete una scatola, anche di cartone, e sistematele al suo interno suddividendo le forme per tipologia.

In pochissimo tempo avrete realizzato per il vostro bambino una bellissima scatola con le forme geometriche più conosciute. Secondo il Metodo Montessori questo è un gioco di vitale importanza per lo sviluppo del bambino. Di volta in volta, e giorno dopo giorno, il piccolo imparerà a riconoscere similitudini e differenze tra le figure geometriche.

 

Qui puoi acquistare questo gioco. 

 

 

 

Qui puoi acquistare questo gioco. 

Questo gioco offre al bambino non solo la possibilità di incastrare i cilindri ma anche di permettere al bambino la percezione sensoriale di superfici differenti (ruvido, liscio, morbido etc...) in quanto sono presenti sui cilidri fogli di scariati materiali e di colori diversi. Puoi acquistarlo qui

 

Questo gioco infine lo trovi su Amazon a questo link

La redazione di mammapretaporter.it

 

 

Sara

sara.png

Cecilia

Untitled_design-3.jpg