“Son tutte belle le mamme del mondo” diceva una vecchia canzone, tutte belle agli occhi dei propri bambini, sì, ma così diverse tra loro nel modo di fare, di vivere la maternità! Ogni donna si cala nel ruolo genitoriale in modo proprio, specifico, unico, che dipende dalla sua storia, dalla situazione ambientale e dal contesto relazionale che vive, dal bambino che ha avuto e dalla relazione che instaura con lui. Ma, tanto per giocare un po’, ci divertiamo a classificare alcuni generi di mamma che normalmente ritroviamo al parchetto, dal pediatra, all’asilo nido… e proviamo a capire a quale categoria possiamo dire di appartenere!
MAMMA ANSIOSA
E’ la mamma sempre in ansia, che corre dal pediatra appena il bambino fa uno starnuto, che lo fa gattonare solo sui tappetoni perché se no prende qualche batterio, che si sveglia di notte per controllare se respira, che non si può uscire col bambino se fuori c’è un alito di vento, che telefona tre volte alla nonna a cui lo ha affidato l’unica sera che esce a mangiare una pizza col marito per essere aggiornata in tempo reale su cosa stia facendo il bambino e che se cade il ciuccio per terra e non ha quello di scorta, è la fine!
MAMMA EASY
E’ la mamma all’estremo opposto della mamma ansiosa. Il suo motto è “Vivi e lascia libero”. Per lei il bambino deve crescere libero di provare e sperimentare , lei permette al bambino di toccare tutto e mettere in bocca, di muoversi nello spazio senza limiti, esce col bambino anche se c’è la bufera, tanto è ben coperto, non vede l’ora di passare del tempo col proprio compagno senza bambino perché è sicura che starà benissimo con la nonna, e se ha la tosse.. beh, gli passerà!
MAMMA TUTTO FARE
Sempre pronta, sempre con tutto il necessario a portata di mano, operativa, dinamica, sa sempre cosa fare e quando farlo, lei sì che conosce il suo bambino, mica la nonna… se il bambino ha la tosse, per tre giorni gli somministra miele e propoli, dopodichè se non passa, chiama il pediatra, descrivendogli ora per ora il decorso della tosse. Si scandalizza se al parchetto vede mamme sprovviste di unguento naturale antizanzare, esce a mangiare la pizza con marito e bimbo perché non ha nessun problema a gestire il bebè, passa la giornata a preparare pietanze fatte in casa per il bambino e torte, ad occuparsi delle faccende domestiche e a ricamare sulle bavagline il nome del bambino.
MAMMA BAMBINO PRECOCE
“Il mio bambino già capisce tutto quello che gli dico, nel nido dell’ospedale appena nato già si sollevava sulle braccia, il pediatra tutte le volte che lo visita mi dice che è un bambino precoce in tutto!”.
E’ la mamma che pensa di avere un bambino genio, che sottolinea con enfasi ogni minima conquista motoria o cognitiva del figlio, credendo che gli altri bambini non siano altrettanto competenti. Al parchetto osserva gli altri bambini non trovandone uno all’altezza del suo, sia in fatto di bellezza che di capacità. Parla sempre delle mille prodezze del bambino a chiunque, anche al cameriere che le serve la pizza la sera che esce col marito!
MAMMA NON CE LA POSSO FARE
La maternità non occupa il posto principale della sua vita… sì, l’ha desiderato il bambino, la riempie di gioia, ma non è tutta la sua vita. Ci sono gli aperitivi con le amiche, il corso di yoga, il concerto di musica… va al parchetto col bambino e un bel libro in mano, esce volentieri solo col marito e anzi, deve essere un appuntamento settimanale. Non capisce le mamme che parlano solo di marche di pannolini o tipi di omogeneizzati … lei non lo sa, non le interessa più di tanto, e poi ci sono tante cose più interessanti a cui pensare… prima o poi organizzerà un viaggio nello Yemen!
Allora… tu, che mamma sei?
Dott.ssa Monica Contiero
di ciccia, disperazione e frustrazione dopo il parto
Una tra le più frequenti domande che le future e neomamme mi pongono riguarda l’utilità o meno di indossare la famosa “fascia” o “pancerina” (chiamarla pancera forse fa troppo senso…) dopo il parto. Io, che mi definisco un’ostetrica “pro-mamma” sempre e comunque, e che non mi piace essere ‘talebana’ in nessun suggerimento, a questo quesito mi sento tuttavia di rispondere con un categorico “NO”. Non me ne vogliano le aziende che le producono o i negozi che le vendono. Proprio ieri, entrata in un noto negozio di articoli per la prima infanzia per acquistare un regalo, mi è capitato di ascoltare sprazzi di una conversazione tra una futura mamma e la commessa di turno che illustrava le infinite proprietà della pancera (chiamiamola con il suo vero nome: è una pancera). Prima fra tutte, il “dopo il parto almeno torni piatta subito e la pancia non si noterà”. Alt, ferma tutto. La pancia potrebbe anche non vedersi, e ok che se occhio non vede cuore non duole…ma ai muscoli di quella mamma, chi ci pensa? Se pensate di acquistare e dunque utilizzare una pancera dopo il parto per nascondere la pancia che normalmente continuerà a vedersi per ancora diverse settimane, state sbagliando qualcosa. Quando il bambino nasce, gli organi attorno all’utero, così come i muscoli della parete addominale, hanno bisogno di ritrovare il loro equilibrio, tornare lentamente alla posizione di partenza. La natura è lenta, lo avete imparato durante la gravidanza… La pancia è cresciuta piano piano, probabilmente c’è stato un momento preciso in cui l’avete vista aumentare di molto, ma i mesi dell’attesa sono stati tutti utili a preparare al meglio il vostro corpo, con i tempi giusti. Questo vale anche per il dopo: l’utero stesso e il pavimento pelvico (l’insieme delle strutture muscolari che abbracciano i nostri organi genitali, la vescica, l’uretra e l’intestino) hanno bisogno di almeno 6-8 settimane per rientrare nei ranghi. Questo è il tempo minimo di attesa, ad esempio, per la ripresa dell’attività sportiva, che dovrebbe comunque sempre essere preceduta da un periodo di riabilitazione del pavimento pelvico (ma di questo parleremo più avanti).
E’ difficile, magari è snervante, frustrante. Specie quando parenti ed amici commentano con le solite simpaticissime frasi del tipo “Ma ti è rimasta ancora la pancia! Sembra che non hai partorito!”. E’ indubbio, da noia, ci infastidisce. Ma dobbiamo capire che è normale, e che è un momento passeggero. Avete partorito, i vostri muscoli ed organi si assesteranno e arriverà il momento in cui riuscirete ad occuparvi di voi e del vostro fisico. Il commentatore imbecille, invece, è fatto proprio così, ed è probabile che resterà il solito cretino di sempre. (In caso di particolare irritazione, è concesso farlo notare apertamente all’interlocutore).
E la pancera? La pancera schiaccia e comprime tutto quanto, silenziando il lavoro dei muscoli addominali. Avete capito bene, la pancera non consente un lavoro armonico della vostra parete addominale, dunque può potenzialmente ritardare il ritorno alla vostra dimensione fisica pre-gravidanza. La pancera non ci aiuta a ritrovare la forma. Stupite?
Diverso è se, in caso di parto cesareo, si dovesse sentire particolare male, dolore, fastidio alla cicatrice e allo spostamento di tutti gli organi interni. Se l’uso della pancera per i primi giorni ci dona sollievo, concediamocela, ma cerchiamo il prima possibile di eliminarla, piuttosto contattiamo un osteopata per un aiuto nella ripresa e nel re-equilibrio dopo il parto.
Ostetrica Eleonora Bernardini
www.acasaconte.com
Foto: jead Beall Photography tratta dal sito gazeta-shqip.com
E’ nato, è un maschietto. E’ sano, roseo e bellissimo. Tutti, ma proprio tutti – parenti, amici, vicini di casa, portinaia, giornalaio, panettiere, estetista, parrucchiere, esattori delle tasse – si complimentano con voi per la meraviglia che avete creato. E qualcuno, immancabilmente, non si dimenticherà di elargire consigli, spesso non richiesti. “Non tenerlo troppo in braccio che lo vizi!”. “Lascialo piangere che si fa i polmoni!” (Si fa i polmoni!? Quindi se non piange non gli crescono? Qualcuno ha mai sentito parlare di embriologia?). “Se vuole mangiare ogni ora è perché non hai abbastanza latte o non è abbastanza nutriente!” (E tu invece che rompi le scatole sentenziando assurdità ogni trenta minuti, dimmi, quale problema avresti?). E via dicendo, fino all’estremo consiglio finale: “Quando gli cambi il pannolino, devi tirargli giù la pelle del pisellino per scoprirglielo e lavarglielo per bene, altrimenti gli verranno infezioni, si chiuderà tutto e avrà problemi da grande con le ragazze.” E sì, probabilmente diventerà anche un drogato, un ladro, un assassino, o un politico.
Care mamme, cari papà, alt. Facciamo un passo indietro. Anatomicamente parlando, il pene maschile è naturalmente coperto nella sua parte apicale, il glande, dalla pelle del prepuzio, che assolve la funzione di protezione, e che lascia fuoriuscire il glande nel momento dell’erezione. In un neonato, è normale non vedere il glande, dal momento che esiste nessuna utilità alla sua fuoriuscita. Il prepuzio non occlude tutto completamente, infatti l’urina è in grado di fuoriuscire riempiendo il pannolino e regalandovi mille fontane dorate. Ma perché questa smania di smanettare, tirare giù, aprire?
Proprio perché il glande del bambino non fuoriesce dal prepuzio normalmente per almeno i primi 3 anni di vita, spesso la prima paura è che possa rendersi difficile una buona operazione di igiene, causando infezioni genitali. In realtà, è proprio il prepuzio che tenendo tutto “chiuso” e protetto, limitando l’ingresso di germi o sostanze potenzialmente irritanti o nocive per la salute del pisellino. Quindi, invece di forzare, possiamo lasciar fare alla natura, attendendo che tutto possa aprirsi quando ve ne sarà bisogno, senza rischiare danneggiare una protezione che la natura regala ai nostri bambini.
La seconda paura, ovvero di una futura mancata apertura che dovrà risolversi con un intervento chirurgico di rimozione del prepuzio (circoncisione), non ha tuttavia nulla a che vedere con la cosiddetta “ginnastica prepuziale”. Esistono teorie secondo cui l’esercizio di “tira su-tira giù” del prepuzio dovrebbe renderlo più elastico ed evitare possibili chiusure più o meno patologiche (chiamate fimosi), che possono causare non pochi problemi in caso di erezione, oltre ad una futura vita sessuale difficile, dolorosa, inappagante. Esistono teorie secondo cui, invece, addirittura la quasi totalità delle fimosi, che si presentano come un anello fibroso all’apice del prepuzio e che non ne consentono l’apertura e dunque lo scorrimento sul pene, possano essere provocate da…indovinate un po’…proprio dalla ginnastica prepuziale! Insomma, disturbare la natura, anche se con ovvio intento benevolo, può provocare seri danni futuri. Tira che ritira, possono infatti crearsi delle mini cicatrici che, unendosi le une alle altre, possono diminuire invece di aumentare l’elasticità del prepuzio, causando una futura chiusura che si risolverà solo in sala operatoria.
E allora, che fare? Proprio nulla di nulla, e lasciare al controllo pediatrico la valutazione della salute del pene del vostro bambino.
Ps: Vi siete mai chiesti come mai, allora, non venga eseguita la ginnastica imenale alle bambine? Ai posteri l’ardua sentenza.
Ostetrica Eleonora Bernardini
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Immagine tratta da www.merakoh.com
Spesso, molto spesso, una delle prime parole che si affiancano a quella così dolce e delicata di neonato è … vizio.
Sembra quasi che dal primo istante in cui i bambini vengono al mondo assumano il ruolo del Despota che fa il bello e il cattivo tempo, che governa la casa.
Già in ospedale, durante la degenza a volte si sente dire “Non tenerlo in braccio che lo vizi” Oppure “Ha già capito tutto il signorino, senti come strilla, vuole comandare lui!”
Non riesco mai a capire se dire queste cose di un neonato sia un po’ come elogiarlo o denigrarlo.
Mi spiego.
Se un neonato o comunque un bambino di pochi mesi sapesse esprimere oltre ai suoi BISOGNI anche i suoi VEZZI sarebbe molto, molto più avanti della media dei neonati che ho conosciuto che piangono per far capire ai genitori che qualche cosa non va, che vorrebbero altro o qualche cosa che al momento non possono ottenere da soli (cibo, asciutto, calore, distrazione, sonno).
Se un neonato poi sapesse comandare … bè signori qui ci troveremmo davvero davanti alla salvezza del Mondo intero probabilmente, altro che despota e tiranno, governerebbe l’amore.
Oppure dire ad un neonato che è viziato significa denigrarlo perché il vizio è un’abitudine umana negativa e solo il pensiero che un bambino possa agire in modo negativo mi turba.
Non sono viziati in nostri bambini e neppure tiranni o despoti, sono bambini e il pianto è l’unica espressione che possono usare all’inizio per farsi capire poi non preoccupatevi arriveranno versetti, indici alzati al cielo e caldi abbracci, ma all’inizio solo con il pianto e la mimica facciale e corporea che dobbiamo imparare a capire e rispettare potremmo conoscerne i bisogni.
Ostetrica Veronica pozza
Tra le varie perplessità, paure e leggende metropolitane che spesso mi capita di ascoltare parlando di gravidanza e nascita, spunta spesso l’incubo del mostruoso e terrificante “cordone intorno al collo”. Acerrimo nemico del parto naturale, terrore di tutti i genitori e parenti, arma di distruzione di massa di ginecologi senza scrupoli. Ma esattamenteo, cosa vuol dire avere il cordone intorno al collo? E quali effetti può causare ad un bambino?
Per prima cosa, conosciamo il cordone ombelicale. Si tratta di un vero e proprio “cordone” di lunghezza variabile, che mette in connessione il bambino e la sua circolazione sanguigna, con la placenta, l’organo piatto a forma di disco che sta attaccato all’utero della madre, e funge da filtro tra il passaggio delle sostanze nutritive e quelle potenzialmente dannose dalla circolazione materna a quella fetale. Dalla placenta dunque, attraverso il cordone, il sangue viaggia e porta nutrimenti e protezione al bambino scorrendo lungo una grossa vena, e ripesca le sostanze di scarto che lasciano il bambino e ripercorrono a ritroso il cordone viaggiando in due più piccole arterie. Questi tre vasi sanguigni sono circondati da una gelatina biancastra che da forma al cordone e protegge i vasi stessi.
Nell’utero, il bambino vive immerso nell’acqua, volteggiando e danzando. Coabita con il cordone, ed è dunque normalissimo che questo si avviluppi intorno al suo corpo, collo compreso. Il pulsare del cordone è vitale per il cucciolo, se dunque per caso dovesse anche capitargli di afferrarlo tra le mani per scoprire di cosa si tratta e stringere un po’ troppo mentre ci gioca, capirà da sé che occorre lasciarlo andare e continuare a volteggiare felice, nella sua piscina termale.
Risulta quindi facile capire come diagnosticare il cordone intorno al collo durante la gravidanza non abbia un vero significato o la possibilità di stabilire un rischio a priori. L’unico effetto certo è quello di spargere inutile terrore nella famiglia del nascituro, a volte spianando la strada ad un possibile taglio cesareo non necessario (ricordiamoci sempre che l’Italia si posizione come secondo Paese al mondo per numero di tagli cesarei: è un record vergognoso, il che significa che questo tipo di nascita, in alcuni casi salvavita, viene troppo spesso scelto senza che ve ne sia una reale motivazione, e ogni giorno molte donne vengono sottoposte inutilmente ad una grossa operazione). Anche con il cordone intorno al collo, o intorno al corpo, è possibile vivere un parto naturale. Il bambino nella pancia si muove, gira, e quel giro di cordone intorno al collo potrebbe sparire, o potrebbero anche aggiungersene di altri, senza che questo significhi per forza qualcosa al momento del parto. Dobbiamo ricordare che il bambino si muove anche durante la nascita, è saggio e sa come cercare la strada. E’ brutto da dirsi, ma non dobbiamo immaginare la nascita di un bambino con il cordone intorno al collo come l’esecuzione di un impiccato! Io stessa ho assistito alla nascita di diversi bimbi, nati sani, rosei e paffuti, tutti avvolti dal loro cordone, chi intorno al collo, chi a tracolla (ma tu guarda, quasi avessero una borsetta!).
Diffidiamo dunque da amici, parenti, o specialisti che tentano di inculcare in noi il terrore del parto parlando di giri di cordone intorno al collo… Anzi, a farsi un bel giro, mandiamoci loro!
Ostetrica Eleonora Bernardini
www.acasaconte.com
Il Ministero della Salute, le Linee Guida della Gravidanza Fisiologica, gli Esperti e gli Addetti ai Lavori insomma tutti, ma proprio tutti oggi sanno che in gravidanza servono, e qui rimane sottointeso nelle condizioni di fisiologia ovvero quando le cose vanno bene, tre ecografie.
Tre?
Esattamente.
SOLO, o per chi la vede diversamente BASTANTEMENTE … 3!
Tre non dovrebbe stupirci insomma è oppure no il numero perfetto nella tradizione numerologica internazionale? Perché non dovrebbe rappresentare anche la perfezione nella sorveglianza della gravidanza, del più affascinante prodigio umano?
Perché tre e quali?
Tre perché le informazioni che si ottengono da questo numero di ecografie, se effettuate correttamente e ad una corretta epoca gestazionale, sono quelle che servono per comprendere l’andamento della gravidanza.
Quali sono queste ecografie?
Quella del primo trimestre: che accerta se non definita correttamente dalla data dell’ultima mestruazione l’epoca della gravidanza, che verifica la sede della gravidanza, il suo impianto in utero, la presenza di uno o più embrioni e del battito cardiaco di questi.
Quella eseguita tra 19 e 21 settimane gestazionali, la famosa, agognata e temuta ecografia morfologica il cui scopo principale, celato spesso dalla curiosità di conoscere il sesso del nascituro, è in realtà accertarsi del corretto sviluppo dei suoi organi vitali, verificare la placentazione e valutare il liquido amniotico.
Questo esame molto importante è tra i tre esami ecografici quello con maggior valore, normale quindi che qualcuno abbia cavalcato l’onda per offrire alle mamme la pre-morfologica.
Ne ho sentito parlare molto spesso ultimamente.
Mamme fatevi bastare uno stress, quello della morfologica, due sarebbero tanti no?
E infine l’ecografia delle 32 settimane di gestazione conosciuta anche come ecografia di accrescimento perché una delle sue funzioni principali è quella di valutare la crescita del feto, oltre che ovviamente controllare il suo benessere, placentazione e liquido amniotico.
Queste sono le informazioni che gli esami ecografici possono e devono dare e queste le epoche di gravidanza in cui è importante avere certe informazioni.
Vi assicuro, da mamma più che da ostetrica, che avere solo le informazioni realmente necessarie vi farà guidare di più dal vostro bambino. Sentirlo e ascoltarlo in modo diverso perché non avrete bisogno di vedere sullo schermo del “gine” che si muove… no, lo sentirete voi, voi con il corpo e il cuore e forse un po’ anche di fantasia che importa!
Il professionista a cui vi rivolgete per la vostra gravidanza saprà indicarvi le ragioni esatte perché vi propone, se lo fa, un numero maggiore di ecografie rispetto a quelle indicate non già come sufficienti ma come necessaire e bastevoli dal Ministero della Salute.
Ostetrica Veronica Pozza
"Mi è sempre piaciuto lavorare, avere una tua vita anche nella società e nel mondo è importante."
Chi sei e che cosa fai?
Faccio la tata da due anni. Ho lavorato per trent'anni come operaia nel settore della plastica. Nel 2009 è entrata in crisi l'azienda ed ha fatto dei tagli drastici. Essendo un'azienda piccola poteva chiudere dall'oggi al domani e così non abbiamo avuto nè cassa integrazione nè mobilità. C'era solo una detrazione per il futuro potenziale datore.
Quando hai capito che stavi diventando mamma, com'era la tua vita?
Ero già sposata, sposata a settembre ad ottobre ero già incinta!
Com'è cambiata dopo?
Cambiata in meglio per me. Dal punto di vista lavorativo nn so... non puoi più dare la disponibilità che davi prima...
E quindi ti hanno penalizzato?
Si. La disponibilità per gli straordinari non era la stessa ed i turni in orari dalle 6 alle 14 o dalle 14 alle 22 erano problematici. Mio marito, facendo il trasportatore, aveva orari illimitati stava via anche per giorni.
Come hai conciliato il lavoro con i figli?
Mi ha aiutato mia mamma; facendo il classico orario delle 8 ore ed avendo il supporto di mia mamma sono riuscita a fare convivere le due realtà.
Pensi che come sono andate le cose lavorativamente sia dipeso anche dalla tua indisponibilità?
Si. Nella ditta di Carugo in cui ho avuto il primo figlio c'è stata una riduzione del personale ed ovviamente erano tutte donne. A me hanno imposto di cambiare ditta. Insomma, mi hanno fatto capire che o accettavo il trasferimento oppure mi licenziavano. Così ho accettato, ma dopo due anni non mi hanno più pagata. Allora sono andata via.
Quindi dei figli ti sei sempre occupata tu?
Si, si perché appunto mio marito non aveva orari e non poteva aiutarmi.
Come vi spartite i compiti?
Non ce li spartiamo proprio! Lui si occupa esclusivamente dell'entrata economica, però nn avendo tempo x la parte amministrativa e tutto il resto, ci penso io. Dal punto di vista economico c'è lui, soprattutto adesso. Prima comunque avevamo due stipendi ed abbiamo sempre messo tutto in comune.
Comunque quando c'è è dedicato alla famiglia. Di solito succede la domenica perché lavora anche di sabato.
Nicolo l'ho avuto 8 anni dopo. era solo un anno che lavoravo nella nuova ditta; una terza realtà lavorativa trovata dopo l'esperienza fallimentare del trasferimento da un'azienda ad un'altra sua partner. Quando ho scoperto di essere incinta avevo paura che la prendessero male. avevo finalmente trovato un posto normale e dopo l'esperienza precedente... alla fine invece sono stati gentilissimi. Rientrata dopo un anno ho chiesto di fare il part-time e me l'hanno concesso. C'era un buon rapporto. Il nostro principale anche adesso si ricorda sempre di noi alle feste comandate.
Ti senti una buona mamma?
Penso di si.
Com'è secondo te una buona mamma?
Ma, non saprei. Marco, che è il mio primogenito, è stato più con mia mamma, la nonna, quando era piccolo ho lavorato di più perché facevo ancora il tempo pieno. Nicolò, invece, l'ho seguito di più, ero più presente. Avevo più attenzione verso di lui. Però paradossalmente gli sono stata troppo vicina, forse, non mi piace il termine "viziato" però forse è stato un po' più viziato e quindi è più ribelle.
Marco invece, ha avuto meno la mia presenza e mi sembra più responsabile, più... non so, se gli dico qualcosa mi ascolta, Nico invece no. Infatti litighiamo sempre!
Però potrebbe anche essere la scuola elementare che è stata differente.
Marco ha frequentato un corso sperimentale che lo ha spronato molto alla passione per la lettura, per lo studio. Infatti ama studiare. Nicolò invece ha frequentato un'altra scuola elementare. Anche quello ha influito.
Pensi di essere una buona moglie?
Cerco sempre di dare tutto. sono così in tutto. sono istintiva, sto poco a ragionare.
Quindi come dovrebbe essere una buona moglie?
Una che nn si risparmia, che condivide tutto.
Da quanto siete sposati?
25 anni.
Qual è una tua caratteristica peculiare che ti permette di fare fronte alle difficoltà?
Essere sempre ottimista. Al momento della difficoltà mi abbatto anche io, ma penso sempre ad un esito positivo.
E riesci anche a trasmetterlo?
Cerco. Mio marito è sempre più pessimista.
Cosa ti sentiresti di consigliare ad una giovane mamma che cerca di stare a galla tra casa, figli e lavoro?
Di cercare di lavorare. A me è sempre piaciuto lavorare, avere una tua vita anche nella società e nel mondo è importante.
Perché ti senti, a parte la casa e la famiglia, che fai parte della società, del mondo del lavoro, hai anche una tua indipendenza economica.
Sara Donati
saradonatifilmaker.com
Intervita (https://sostegnoadistanza.intervita.it/sostegno/home/012?gclid=CPS-34fzo74CFZShtAodCBIAug) si occupa di raccogliere fondi ed aiuti per i bambini di zone del mondo che hanno serie difficoltà economiche. Un'opportunità per tutti coloro che con un piccolo investimento vogliono dare un contributo concreto ai bambini e dunque alle famiglie, che altrimenti non hanno una concreta possibilità di riscatto nel paese d'origine. Non entro nel merito delle modalità di erogazione degli aiuti verso bambini e famiglie disagiate, ma mi colpisce scoprire che Intervita ha dei centri in Italia e che proprio da questi centri è nato un progetto che parla non solo dei bambini, ma delle loro mamme puntando l'attenzione sulla dicotomia che ancora oggi esiste tra il concetto di mamma e quello di donna.
Milano, Napoli e Palermo i luoghi da cui nasce questa iniziativa. Gli operatori che hanno in carico i bambini delle famiglie da loro sostenute, hanno chiesto loro che cosa vedessero nella loro mamma. I bimbi faticano ad avere un'idea della loro mamma come donna. Il progetto, infatti, punta proprio su questo concetto, svelato dal titolo: "mia mamma è (anche) una donna."
Oggi si assiste ad una ricerca di un concetto di femminilità sempre più partecipe alla vita sociale, attivo all'interno del mondo dell'imprenditoria, che può esprimere la propria creatività, fare le proprie scelte in maniera autonoma etc etc... Forse, noi che scriviamo e leggiamo abbiamo questo privilegio, ma in Italia ancora oggi c'è un'emergenza sul piano dell'emancipazione femminile. Intervita segnala che in Italia 6 milioni 743 mila donne hanno subito violenza e basta affacciarsi su uno spaccato di una media italiana per capire che c'è ancora culturalmente un divario tra ciò cui ambiamo e ciò che vivono molte di noi. E' interessante, della ricerca condotta da Intervita, che i contenuti di cui parliamo emergano dalla voce dei figli. Emerge una forte disgregazione sociale in cui le madri vengono per prima cosa isolate perché non possano esercitare il proprio fascino e "tradire" la dimensione familiare. Escluse quindi dalla vita sociale, dal poter frequentare delle amicizie ed avere una vita propria che esuli dalle necessità di figli e mariti.
La ricerca di Intervita lo evidenzia, mettendo in luce come per le mamme dei bimbi intervistati, anche delle piccole ricchezze del quotidiano, come occuparsi di se stesse, avere dei risparmi per potersi curare, un telefono cellulare personale, una vita privata da tutelare, delle amicizie, risulta un obiettivo di là da venire e non qualcosa di acquisito.
Vorrei cogliere l'occasione di questa ricorrenza, la festa della mamma, per augurare a tutte le donne che sono in situazioni difficili, che possano per gradi raggiungere i traguardi che si prefiggono.
Intervita offre loro una finestra per affacciarsi su opportunità che altrimenti sarebbero loro precluse.
Spesso la dimensione di maternità diventa totalizzante e l'essere donna diventa difficile da riconoscere per coloro che si sentono valorizzate solo in quella dimensione. Si innesca un meccanismo di auto-isolamento che sembra sollecitato dalle donne stesse, ma che ha bisogno di consapevolezza per essere disinnescato.
Sara Donati
saradonatifilmaker.com
Il dolore al seno si manifesta frequentemente qualche giorno prima dell’ovulazione e\o durante la mestruazione, molte donne riferiscono di sentire i seni più duri e dolenti e questo è facilmente imputabile alle modificazioni ormonali del ciclo ovarico.
È altrettanto vero che questo disturbo è spessissimo il primo sintomo della gravidanza, e la mancata mestruazione è il segno che ne da’ conferma.
La ghiandola mammaria inizia la sua modificazione proprio durante il primo trimestre di gestazione, sotto l’effetto del progesterone i seni si modificano in dimensione e consistenza.
Anche i capezzoli variano notevolmente: tendono a estroflettersi e possono risultare più sensibili. L’areola, la zona attorno al capezzolo, cambia di tonalità, si fa più scura, può aumentare di dimensione e alcune donne notano dei piccoli rigonfiamenti in questa zona. Sono i tubercoli di Montgomery, importantissimi poiché rilasciano una sostanza sebacea che rende elastica e morbida la pelle del capezzolo e dell’areola stessa preparandoli alla futura suzione del bambino (tutte le preparazioni del capezzolo in gravidanza sono superflue, il nostro corpo sa già cosa deve fare! Non strofinatevi i capezzoli col guanto di crine di cavallo, lasciamo agli equini i loro capelli!)
Le modificazioni della mammella continuano fino al terzo mese di gestazione e in alcuni casi si possono notare delle perdite lattiginose, il colostro. Questo è il primo latte che darà nutrimento al piccolo quando nascerà! L’assenza di perdita di colostro durante i mesi di gravidanza non è un cattivo segno, non significa che quella mamma non avrà latte!
Durante la gravidanza è utile indossare dei reggiseni che non stringano e che non abbiano i ferretti proprio per evitare di traumatizzare i tessuti che si stanno modificando in vista dell’allattamento, meglio usare dei reggiseni in cotone traspirante e che diano comunque un buon sostegno ai seni.
Ostetrica Silvia Bianchi
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Argomento sempre discussissimo e che scatena le polemiche di esperti e non.
“Il parto in casaaaa? Ma sei pazzaaaa? Non è sicuro!”
Questa, di solito, è la reazione di tante mamme e donne a cui presento l’opzione di dare alla luce il proprio bimbo al di fuori delle mura ospedaliere.
Dunque, sfatiamo un mito: il parto in casa è sicuro tanto quanto quello in ospedale nel momento in cui la gravidanza e il travaglio si mantengono fisiologici.
Questo non lo dico io, ma lo dice l’OMS.
Poi è indubbio che il parto spaventi gran parte della popolazione, tante future mamme hanno paura del dolore, di metterci troppo tempo, che il piccolo soffra, di perdere il controllo etc, etc…
A volte bisogna sapersi fidare del proprio corpo, delle proprie capacità ed affidarsi alla natura… se non ci siamo estinti (e per millenni le donne hanno partorito dappertutto: giungla, capanne, igloo, in casa, in campagna, in acqua) forse il parto extra-ospedaliero non è poi così assurdo. Basti pensare che in Inghilterra e in Olanda c’è il 15% di parti in casa (e non rientrane nelle specie protette né gli inglesi, né gli olandesi!)
Siamo nel 2014 e, ad oggi, è inaccettabile che si rischino delle complicanze gravi visto che spessissimo si può intervenire e salvare la situazione. D’accordissimo.
La verità sta nel mezzo, come sempre.
Il travaglio e il parto in casa sono una risorsa perché (non dovendo sottostare ai rigidi protocolli ospedalieri) i tempi di quella coppia mamma-bambino possono esprimersi in tanti modi e le ostetriche che assistono in casa lo sanno, non hanno mai visto un travaglio uguale all’altro perché ogni utero ha un ritmo e un tempo adatto al bimbo che sta ospitando.
Troppo spesso in ospedale si assiste a travagli accelerati con ossitocina sintetica perché “la dilatazione non è perfettamente come ci si aspetta” o peggio ancora “tra non molto finisco il turno, acceleriamo un po’ i tempi”… il rischio è che si interferisca con il naturale percorso di quel travaglio.
Esistono anche ospedali in cui non si è così quadrati e dove si lascia lo spazio necessario alle contrazioni e alla coppia mamma-bambino di fare un percorso armonico, in equilibrio.
Ci sono dei requisiti per poter partorire in casa?
Certo:
Non condanniamo chi ha scelto di partorire in casa additandola come “una pazza”, è una scelta consapevole, personale e come tale va rispettata, magari non verrà condivisa, ma merita di essere accolta.
Ostetrica Silvia Bianchi
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.