Secondo un report dell’ISMEA, nel 2016 il consumo di latte vaccino da parte delle famiglie italiane si è ridotto del 7% rispetto al 2012.
In questi cinque anni invece si è diffuso il consumo di bevande vegetali. Tra le più diffuse ci sono le bevande a base di soia che, nello stesso periodo, hanno fatto registrare un aumento degli acquisti del 108%.
Le motivazioni che portano a sostituire il latte vaccino con le bevande vegetali sono principalmente:
- problemi di intolleranza al lattosio
- presenza di patologie influenzate dall’alimentazione come ad esempio colesterolo e diabete
- regimi alimentari come la dieta vegana.
La varietà di bevande vegetali in commercio è in continuo aumento negli scaffali dei negozi. Questa vasta scelta confonde i consumatori che sempre più spesso si chiedono: qual è la miglior bevanda vegetale? Qual è quella più adatta alle mie esigenze? Qual è il latte vegetale più nutriente?
Innanzitutto è importante leggere attentamente l’etichetta nutrizionale, perché spesso nelle bevande vegetali sono presenti zuccheri aggiunti come glucosio o fruttosio. Si consiglia di prediligere bevande senza zuccheri aggiunti, senza conservanti e senza dolcificanti artificiali.
Di seguito una tabella nutrizionale comparativa per 100ml di prodotto:
Analizziamo nel dettaglio due tra le bevande vegetali maggiormente utilizzate e che, per certi aspetti, presentano caratteristiche simili al latte vaccino: il latte di soia per il contenuto in proteine ed il latte di mandorla per il contenuto in calcio, ma non solo. Analizziamo dunque perché sono queste le bevande vegetali più utilizzate.
Il latte di mandorla è un valido sostituto del latte vaccino in quanto contiene numerosi importanti nutrienti tra cui fibre, calcio, vitamine, minerali e grassi buoni. Inoltre se acquistato senza zuccheri aggiunti, è poco calorico. Questa bevanda vegetale ha una quantità discreta di calcio, vitamina E e D, i cui valori per 100ml di prodotto rappresentano rispettivamente il 25%, il 20% e il 10% della Razione Giornaliera Raccomandata.
Purtroppo la maggior parte delle bevande alla mandorla che si trovano in commercio utilizza una bassissima percentuale di mandorla e per questo motivo spesso sono addizionate in calcio e vitamine. Tra gli ingredienti del latte di mandorla ci potrebbero essere inoltre dolcificanti, sale e addensanti.
Il latte di mandorla è naturalmente privo di lattosio e di glutine, può essere quindi tranquillamente consumato da soggetti intolleranti. Risulta inoltre essere un ottimo alimento per vegani e vegetariani per il buon quantitativo di calcio in essa contenuto.
Il latte di soia è una bevanda che contiene appena 32kcal per 100ml di prodotto. I grassi, prevalentemente insaturi, costituiscono il 54% dell’energia totale, le proteine rappresentano il 37% e grazie agli amminoacidi essenziali, possono essere utilizzate dall’organismo. Il restante 9% di energia è costituito da carboidrati. Sul fronte dei micronutrienti, evidenziamo una quantità discreta di vitamina B2 e fosforo.
La presenza dei fitoestrogeni rende la bevanda a base di soia un prezioso alleato nel contrastare alcune patologie che sconvolgono il sistema ormonale nella donna. I fitoestrogeni sono delle molecole simili ai nostri ormoni che agiscono imitandone o modulandone gli effetti.
Come in molti cereali e legumi la soia però contiene degli anti nutrienti: l’acido fitico, gli inibitori della tripsina e le saponine. Queste sostanze influiscono negativamente nell’assorbimento e nella digestione di alcuni nutrienti.
Il latte di soia, come anche quello di mandorla, non contiene lattosio e glutine, è quindi adatto al consumo da parte di soggetti intolleranti. Risulta inoltre essere un ottimo alimento per vegani e vegetariani per l’elevato contenuto proteico.
La bevanda a base di soia e quella a base di mandorla, nonostante la loro differente natura e composizione nutrizionale, hanno effetti positivi sulle ossa.
Il latte di soia contiene poco calcio e nessuna vitamina D, nonostante questo la presenza dei fitoestrogeni ha un effetto protettivo nei confronti dell’osteoporosi.
L'osteoporosi è una patologia che spesso si manifesta con fratture traumatiche o spontanee. Gli isoflavoni, contenuti nella soia, come genisteina, daidzeina e gliciteina imitano l’azione degli estrogeni che sono in grado di rallentare la demineralizzazione ossea. Pertanto il consumo abituale di prodotti a base di soia impedisce la perdita di calcio delle ossa e il blocco del suo assorbimento.
Il latte di mandorla invece contiene un quantitativo tale di calcio da renderlo un alimento valido per la salute delle ossa. Anche la presenza di vitamina A e D contribuisce al sano sviluppo delle ossa e a prevenire l’osteoporosi.
100g di questa bevanda apportano circa il 25% di calcio, il 10% di vitamina D e l’8% di vitamina A della dose giornaliera raccomandata (definita RDA). Ovviamente è necessario poi assumere anche altri alimenti che contengono calcio, per arrivare al quantitativo giornaliero consigliato.
Esistono anche bevande addizionate, ma è difficile sapere se il calcio e le vitamine addizionati sono assorbiti bene dall’organismo quanto quelli naturalmente presenti.
Il colesterolo è un grasso ed è una molecola davvero importante per il nostro organismo che in parte viene prodotta dal nostro corpo ed in parte è assunto con l’alimentazione. Il colesterolo può essere buono (HDL) e cattivo (LDL) ed è quest’ultimo che, se si deposita nelle arterie, può comportare notevoli rischi cardiovascolari. Tra i principali rimedi suggeriti per contrastare il colesterolo alto vi è la giusta alimentazione e l’attività fisica.
Il latte di soia contiene proteine, fosfolipidi e fitosteroli, importanti per contrastare il colesterolo. Le proteine della soia stimolano il fegato a rimuovere le LDL; I fosfolipidi agevolano il passaggio di colesterolo verso il fegato; i fitosteroli sono coinvolti nella riduzione dell'assorbimento intestinale del colesterolo. Numerosi studi dimostrano che 25 g di proteine di soia al giorno riducono il colesterolo totale e quello cattivo LDL.
Il latte di mandorla, per la bassa quantità di colesterolo e grassi saturi e la presenza di grassi insaturi, risulta essere un ottimo alimento in caso di colesterolo alto. Gli acidi grassi presenti nel latte di mandorla sono l’acido oleico e linoleico. L’acido oleico è un grasso monoinsaturo che favorisce il normale mantenimento della fluidità ematica e diminuisce la quota di colesterolo LDL. L’acido linoleico omega-6, definito essenziale perché il nostro corpo non è in grado di produrlo, aiuta a controllare il livello totale di colesterolo nel sangue.
Ma attenzione, se si sceglie questa bevanda per problemi di colesterolo è bene preferire il formato liquido e non solubile perché in questo formato la mandorla viene degrassata.
Il diabete è una patologia caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue, l’iperglicemia. Chi ha problemi di diabete deve cercare di assumere cibi con IG (Indice Glicemico) basso.
Il latte di soia senza zuccheri aggiunti, è adeguato in un’alimentazione per diabetici per:
- l'esigua quota glucidica
- il basso indice glicemico (IG 34)
- il basso quantitativo di grassi che facilita il controllo del peso, che a sua volta ha un ruolo importante sul controllo del livello di glucosio nel sangue
- la presenza degli isoflavoni.
Attenzione, per migliorare l’assorbimento della soia e incrementare i suoi benefici, bisogna associare ad essa cibi naturalmente ricchi di antiossidanti, microelementi e altre vitamine come la frutta e la verdura. Questo perché la soia contiene sostanze come l’acido fitico, che sottrae importanti minerali (es. lo zinco, coinvolto nell’assorbimento del glucosio).
Il latte di mandorla senza zuccheri aggiunti, risulta essere adeguato in un’alimentazione per diabetici perché:
- ha un basso contenuto di carboidrati
- ha un basso indice glicemico
- non provoca picchi glicemici.
Sia la bevanda a base di mandorla che quella a base di soia, se assunte senza zuccheri aggiunti, sono indicate in caso di dieta dimagrante. Una tazza di bevanda alle mandorle o alla soia può essere consumata a colazione in alternativa al latte vaccino. Il latte vaccino apporta circa 160 kcal che corrisponde all'8% delle Kcal giornaliere se si considera un fabbisogno di circa 2.000 Kcal, contro le 30kcal del latte di mandorla e le 83 kcal del latte di soia, se queste sono senza zucchero.
Gli isoflavoni e le proteine della soia contenuti nel latte di soia, si sono rivelati ottimi alleati ai fini del dimagrimento. Degli studi hanno dimostrato che la beta conglicinina, sostanza di natura proteica, è in grado di stimolare il rilascio di un ormone coinvolto nell’aumentare il senso di sazietà e ridurre la fame.
Nel caso del latte di mandorla in molti si chiedono se faccia ingrassare oppure no. La verità è che l’apporto calorico varia di molto se il prodotto è con o senza zuccheri, si passa da un minimo di 13kcal ad un massimo di 89kcal per 100g di prodotto. Il latte di mandorla rispetto alle alternative vegetali al naturale e al latte vaccino, è la bevanda con il minor quantitativo calorico. Quindi in caso di dieta ipocalorica, il consumo del latte di mandorle senza aggiunta di zuccheri permette di assimilare meno calorie. Una tazza di questa bevanda che corrisponde a circa 260 g, apporta circa 30 kcal, l’1.5% delle calorie se si considera un fabbisogno giornaliero di circa 2.000 Kcal. Inoltre il latte di mandorla migliora la composizione e la distribuzione del grasso corporeo, favorisce la perdita dipeso nella zona del tronco ed ha un effetto allontana-fame.
I disturbi legati alla tiroide sono tra le più comuni malattie endocrine, che cioè alterano la normale concentrazione di ormoni e degli equilibri chimici del nostro corpo.
Gli isoflavoni contenuti nel latte di soia possono interferire negativamente con le attività della tiroide, infatti causano una diminuzione della produzione degli ormoni tiroidei T3 e T4, importanti in numerosissime funzioni fisiologiche.
Le mandorle, presenti nella bevanda vegetale alle mandorle, inibiscono l'assorbimento di iodio, minerale importante, in quanto viene usato dalla ghiandola tiroidea per produrre gli ormoni tiroidei.
La carenza di questi ormoni, associata ad una deficienza di iodio, provocherebbe un continuo e aumentato stimolo della tiroide, portando a ipotiroidismo e all’insorgenza di noduli alla tiroide. Per questo chi ha già una funzionalità tiroidea compromessa, dovrebbe evitare il consumo di alimenti derivati dalla soia e dalla mandorla.
Per bambini che soffrono di intolleranza al lattosio o che seguono una dieta vegana, spesso si valuta la possibilità di sostituire il latte vaccino con le bevande vegetali. I dubbi sono tanti e si temono carenze nutrizionali e controindicazioni.
Il latte vaccino è la bevanda maggiormente consumata dai bambini a colazione ed una tazza di latte parzialmente scremato (circa 260g) apporta 119.6kcal. Risulta quindi essere una buona fonte di energia, data da un buon quantitativo di proteine, carboidrati, grassi, vitamine, alcuni amminoacidi essenziali e calcio.
Il latte di mandorla contiene un buon quantitativo di calcio, quella di soia ha un buon contenuto proteico ma nessuna delle due bevande raggiunge i valori nutrizionali del latte vaccino e forse, alternarle, potrebbe essere la soluzione migliore. Inoltre il latte di mandorla ed il latte di soia, assunto dai bambini ogni giorno, possono provocare delle controindicazioni che non vanno sottovalutate.
Per neonati e bambini esistono in commercio formulazioni specifiche fortificate in nutrienti, ma come già precedentemente detto, la biodisponibilità di queste sostanze non è dimostrata.
Non bisogna decantare o demonizzare un alimento. Sia il latte di soia che quello di mandorla hanno particolari influenze sul nostro organismo e per questo motivo dobbiamo stare attenti ad assumerli nelle giuste quantità e alternandoli. Tra le possibili alternative ci sarebbe anche il latte di riso. Ci si chiede spesso se sia meglio il latte di soia o di riso. La bevanda a base di riso è ricca di zuccheri semplici ed è sconsigliata per i bambini, per soggetti con iperglicemia o diabete o per chi già assume molti zuccheri durante il giorno, non ha particolari proprietà nutrizionali, ma può essere utile quando, per qualche motivo, non è possibile utilizzare soia o mandorla.
Spesso è difficile sapere cosa controllare e sul mercato esistono tantissimi prodotti, molto diversi tra loro. Una soluzione pratica è quella di consultare le classifiche di wikonsumer.org per scegliere, in maniera consapevole, il miglior latte vegetale alla soia in commercio o un latte di mandorla senza zucchero e con tutte le altre caratteristiche che un consumatore dovrebbe esigere.
Il Fuori Salone offre alle famiglie davvero moltissime opportunità (e se volete consigli su cosa fare qui trovate il nostro articolo dedicato!). Tra queste, ci ha colpito davvero tanto l’evento organizzato da Casa Stokke in zona Tortona: ci siamo state ieri ed è stato proprio stupendo immergersi tanto nell’atmosfera “design” quanto in un progetto fotografico davvero meraviglioso, che ha coinvolto Oliviero Toscani e moltissime mamme.
Fino a domenica 22 aprile 2018 ecco “Energia di una mamma”. Una mostra che non è fine a se stessa, perché parla al cuore dell’energia della maternità ma soprattutto perché le modelle di Toscani sono mamme vere, passate da Casa Stokke e immortalate nelle sue fotografie durante la serata di opening dello scorso giovedì.
Casa Stokke è uno spazio polifunzionale nel cuore del FuoriSalone, in via Tortona. Qui le mamme, i papà, le donne in gravidanza e i bambini possono trovare servizi e attività apposta per loro, in un ambiente rilassato, professionale e bellissimo.
Fino a domenica 22 aprile dalle 10 alle 19 a Casa Stokke (con ingresso libero) troveremo un’esposizione delicata e bellissima, quella delle fotografie scattate da Oliviero Toscani durante l’opening della Design Week di Milano: le mamme e i loro bambini sono passati davanti all’obiettivo del noto e irriverente fotografo durante il vernissage di Casa Stokke e sono poi finite sulle pareti dello spazio.
Esposte troviamo quindi quaranta fotografie che ritraggono altrettante mamme con i loro bambini, raccolte sotto al titolo “Energia di una mamma”. Tutte contengono lo stile riconoscibile (e amato) del fotografo: primi piani, sorrisi, pance in attesa, bimbi tranquilli, bimbi imbronciati, bimbi sorridenti… E le loro mamme, orgogliose, tenere e forti. Donne indipendenti, donne comuni, donne professioniste, donne casalinghe, donne artiste… La commistione di umanità è visibile e percepibile e il risultato è un progetto davvero forte e coinvolgente che mostra ed esprime la bellezza della maternità, così come la sua energia e la sua emozione.
Ma Casa Stokke non propone solo questo, e decidendo di visitare la mostra domani (sabato 21 aprile) ci sarà l’occasione di partecipare ad un’altra attività davvero interessante e utile. Come l’anno scorso, infatti, Casa Stokke ha organizzato insieme al MaMi Club di Milano (un club gratuito e accessibile su invito) “MaMi Business”, un incontro per aiutare le mamme a capire e decidere la propria strada professionale.
Consapevoli infatti che diventare mamma spesso frena o cambia completamente il proprio percorso, i professionisti di Casa Stokke si mettono a disposizione delle madri per supportarle concretamente aggiornando il proprio curriculum vitae, preparandole ad affrontare al meglio i colloqui di lavoro e consigliando come avviare la propria attività imprenditoriale.
Infine, continuano tutti gli eventi collaterali, i workshop e gli incontri dedicati a gravidanza, maternità e genitorialità offerti da Casa Stokke ai genitori, come i corsi di massaggio, il corso di disostruzione pediatrica, gli incontri con i pediatri, gli psicoterapeuti e le ostetriche…
È possibile visitare Casa Stokke, usufruire dei servizi (come l’area food per la merenda, l’area allattamento, la nursery per il cambio e il parco giochi per bambini) e partecipare agli incontri (iscrivendosi ai workshop online) tutti i giorni dal 18 al 22 aprile 2018 dalle 10 alle 19. L’ingresso è libero!
Giulia Mandrino
I bambini amano Walt Disney e i suoi cartoni animati (e anche noi siamo cresciute con moltissimi amori disneyiani!). E quando qualcosa è così amato dai bambini, ciò che è doveroso fare è sfruttare il canale per portare messaggi positivi e di crescita.
Il progetto presentato ieri in conferenza stampa ci piace dunque per questo: UniSalute e The Walt Disney Company hanno unito le forze per proporre ai bambini una App davvero utile e importante! Il tema? Lo stile di vita sano, che se veicolato con divertimento e approccio ludico può diventare un patrimonio che i nostri bimbi si porteranno dietro tutta la vita.
3 bambini italiani su 10 sono in sovrappeso oppure hanno problemi di obesità: un dato sconcertante recentemente pubblicato dal Rapporto Okkio alla Salute. Sì, fa spavento, e non dobbiamo sentirci immuni: anche se i nostri bambini, infatti, non soffrono di questi problemi, a causa dello stile di vita odierno purtroppo sono sempre sul filo del rasoio, pericolosamente spinti verso abitudini alimentari e di movimento pericolose.
Non sono solo le merendine zuccherate, i fritti o il cibo spazzatura a mettere in pericolo la salute dei nostri figli. La tendenza a non giocare all’aperto, a non fare sport, a non divertirsi facendo movimento libero e la sedentarietà della scuola porta infatti a conseguenze sulla salute altrettanto devastanti.
La Walt Disney Company ci tiene moltissimo a questo argomento: consapevole dell’impatto che i suoi personaggi e le sue storie hanno sui bambini, non si impegna solo nel veicolare messaggi positivi riguardanti la società, la gentilezza, la non discriminazione e l’uguaglianza, ma anche messaggi riguardanti il proprio stile di vita. Dal 2006, dunque, cerca di ispirare le famiglie (attraverso varie iniziative raccolte sotto allo slogan “Divertiamoci a stare bene!”) a intraprendere e mantenere uno stile di vita sano attraverso una buona alimentazione e il movimento. Il tutto sfruttando i personaggi più amati dei cartoni animati e il potere del gioco e del divertimento!
Insieme ad UniSalute, azienda assicurativa leader nel campo della salute), ha così sviluppato l’App UniSalute Junior, ispirata proprio ai personaggi Disney, che attraverso le loro parole e qualche gioco mostrano ai bambini la bellezza dello stile di vita sano.
Questa App è gratuita e disponibile a tutti. Attraverso essa, gli sviluppatori vogliono diffondere tra i bambini e le famiglie i concetti salutari più importanti spronandoli a vivere secondo uno stile di vita sano, che non significa solo “noioso” o “insapore”, ma divertente!
Nell’App troviamo quiz, domande sul proprio stile di vita e sugli stili di vita alimentare e sportivo che permettono di ottenere in premio l’opuscolo “Divertiamoci a stare bene”, e poi, scuotendo il telefono, ai bimbi appaiono divertenti schede informative fornite da un personaggio Disney ogni volta differente (per imparare moltissime cose e prendere spunto dai consigli dei personaggi, che invitano i bambini a intraprendere varie attività divertenti da fare all’aperto o a casa). Ogni quattro shake, ecco in premio un personaggio Disney da stampare e colorare!
Insomma, la tecnologia quando utilizzata al meglio ci dà davvero molti spunti e opportunità. I bimbi in questo modo si divertono, ma imparano moltissime cose sul cibo e sul moto che poi applicheranno molto più volentieri nella vita quotidiana. Coinvolgendo anche noi!
Possiamo scaricare l'App dall'App Store o da Google Play!
Giulia Mandrino
Conoscete le Alpi del Mare? Si trovano nel tratto di arco alpino compreso tra il Colle di Tenda e il Colle di Nava, in provincia di Cuneo. Proprio qui, accoccolato tra i monti, si trova l’Hotel Miramonti, dal nome tradizionale e dal sapore alpino, che ci piace moltissimo perché permette di passare una vacanza in famiglia assolutamente unica, rilassante, didattica e curiosissima!
L’Hotel Miramonti si trova a Frabosa Soprana (CN), in via Roma 84. Si tratta di un albergo super adatto alle famiglie (family-friendly, per essere trendy!): ha tantissimi servizi e i bimbi qui si potranno dimenticare iPad e videogiochi, immergendosi nella natura e scoprendo dal vivo, con le proprie mani, la bellezza della terra e degli animali.
In questo albergo di montagna, infatti, non ci sono solo camere bellissime con tutto il necessario per le famiglie (dai lettini da campeggio in camera alle spondine anticaduta, dalle vaschette per il bagno dei neonati ai riduttori per il wc, fino ai fasciatoi e agli scalda biberon, ai passeggini e agli zaini porta bebè a noleggio per le passeggiate - tutte cose che ci permettono quindi di partire più leggeri e senza stress), ma anche tantissime attività per i bambini.
Tutto il giorno è infatti attivo il servizio di animazione e intrattenimento con animatrici esperte e attente, insieme alla stanza giochi sempre accessibile (perfetta nelle giornate di pioggia perché piena di libri, matite colorate, film e cartoni animati) e ad un’area all’aperto recintata (il parco è grande 10.000 metri quadrati!), con scivoli, tunnel e casette, sabbia, carrucole e palafitte, per lasciare che i bimbi si divertano in libertà in tutta sicurezza. Ci sono anche laboratori creativi e tematici ed escursioni su misura per tutti! E per gli amanti dello sci, a 150 metri dall’albergo è presente una scuola sci con più di 30 maestri.
Tuttavia ciò che ci fa impazzire è la fattoria dei bambini: una baby farm che apre di primissima mattina e che i bambini possono visitare, per coccolare le caprette nane, accarezzare i porcellini d’india, nutrire i coniglietti e raccogliere le uova fresche delle galline.
E sempre in tema di “cibo di fattoria a km zero”, l’albergo Miramonti nel suo parco ha allestito una capretta-fantoccio munita di finte mammelle: se i bambini lo vogliono, quindi, possono imparare l’arte antica della mungitura.
È presente anche un orto biologico, dove si svolgono varie attività didattiche: i bambini possono concimare la terra, piantare la frutta e la verdura e coglierla una volta matura. Il tutto osservando le fasi lunari, per capire quando piantare o mettere a dimora pomodori, cetrioli, melanzane e zucchine.
Dall’hotel Miramonti, luogo perfetto come base per passeggiate ed escursioni, si possono poi organizzare le passeggiate in malga: qui si osserverà da vicino la produzione del tipico formaggio Raschera.
Se vogliamo organizzare una vacanza all’Hotel Miramonti di Frabosa Soprana basta visitare il loro sito, completo di tutte le informazioni. I prezzi vanno dai 79 euro a persona per la mezza pensione gourmet (che comprende anche baby menù su misura per i bambini e il libero accesso alla SPA dell’albergo!). I bambini sotto i 3 anni non pagano, dai 3 ai 6 hanno uno sconto del 50% sul prezzo pieno e dai 6 ai 12 anni del 30%.
Giulia Mandrino
Focus: l’attenzione, la concentrazione, il mettere a fuoco, l’obiettivo. Focus significa molte cose, ma essenzialmente vuol dire mettere a fuoco qualcosa, concentrarsi su un ben preciso aspetto di qualcosa. Anche in psicoterapia è così.
Il focusing (detto anche “metodo esperienziale”) è infatti una “terapia” (anche se più che terapia potremmo definire mezzo per raggiungere altro) che prevede l’introspezione e la messa a fuoco di certi aspetti della propria persona magari latenti, lasciati sopiti o volutamente ignorati. Soprattutto, ci spinge a concentrarci sul nostro corpo, lavorando sulle sensazioni fisiche.
Ma vediamo meglio insieme di cosa si tratta, per provare ad applicare il focusing anche alla nostra vita quotidiana ottenendo benefici e sicurezze.
La parola “focusing” è strettamente collegata a “consapevolezza”. Perché? Perché spesso, spessissimo non abbiamo consapevolezza di noi stessi. Non fino in fondo.
Negli anni Settanta, quindi, Eugene Gendlin, psicoterapeuta e filosofo, ha ideato questa tecnica psicologica. Grazie al suo lavoro con migliaia di pazienti, Gendlin era arrivato alla conclusione che alcuni di loro possedevano una capacità che permetteva loro di cambiare, migliorare e trovare soluzioni ai loro problemi, a differenza degli altri, più limitati. Questa capacità risiedeva nella capacità di ascoltarsi. Erano cioè “focalizzatori naturali” (natural-focuser).
Il focus naturale avveniva molto semplicemente: se gli altri pazienti, infatti, durante le sedute di psicoterapia raccontavano la propria esperienza e la propria storia semplicemente e in maniera lineare, questi focalizzatori naturali attingevano invece anche dai propri sentimenti, dalle proprie emozioni e, soprattutto, dai propri ricordi fisici, arricchendo i racconti con essi.
Queste sensazioni fisiche (il ricordo corporeo di ciò che provavano nel momento raccontato) si chiama per Gendlin “flat-sense”. Questo flat-sense non è però fine a se stesso: porta infatti ad un nuovo cambiamento corporeo (body-shift) che a sua volta conduce ad un nuovo flat-sense come in un circolo virtuoso.
Questi pazienti “natural-focuser”, tuttavia, erano pochi, e non rappresentavano la totalità dei suoi pazienti. Eugene Gendlin si chiese così se fosse possibile insegnare anche agli altri questo ragionamento, questa tendenza, portando beneficio anche a loro.
Arrivò quindi a ideare il processo del “Focusing”: un metodo di ascolto del proprio corpo e delle proprie sensazioni che può essere sfruttato non solo in psicoterapia, ma in generale nella vita per rilassarti, sbloccare le situazioni, risolvere i problemi, stimolare la creatività e spingersi verso un cambiamento positivo.
Attraverso il focusing, dunque, si può entrare in profondo contatto con se stessi, con la propria fisicità e con la propria mente (di conseguenza), concentrandosi su aspetti che quotidianamente non ascoltiamo, su sensazioni che diamo per scontate e viviamo passivamente. È molto legato al concetto di somatizzazione, come si può capire, ed è per questo che il focusing è estremamente benefico.
Il Focusing ideato da Gendlin prevede sei passi. Ci si può guidare da soli o, come dovrebbe essere, stimolati da uno psicoanalista attraverso parole o immagini. In ogni caso possiamo prendere questi sei passi come spunto per ascoltarci fino in fondo.
Prima di tutto, è necessario creare uno spazio silenzioso e tranquillo. Meglio essere soli e chiudere gli occhi per qualche minuto senza stimolazioni uditive per entrare in uno stato di rilassamento. Passato qualche minuto, iniziamo ad ascoltare il nostro corpo, interamente e per singola zona: si parte dai piedi e si sale verso le gambe, il sedere, la schiena, le spalle, il collo, la nuca, la testa, gli occhi, il naso… Arrivati al naso è il momento di ascoltare l’aria che respiriamo. Entrando l’aria, entriamo anche noi nel nostro corpo, ascoltando l’interno: i polmoni, il torace che si alza e si abbassa, il petto, lo stomaco…
Ascoltando il nostro corpo riceveremo alcune sensazioni, positive o negative. A questo punto possiamo decidere se tenerle o se spostarle fuori dal luogo in cui avvengono, riponendole da qualche parte più “neutra” (come ad esempio i fianchi).
È in questo momento che possiamo iniziare a farci domande e a ricevere risposte dal corpo: “come sto?”. “Come va la mia vita?”. Il corpo risponderà con alcune sensazioni che starà a noi analizzare, liberandoci e creando lo spazio necessario all’ascolto.
Dal nostro corpo, mentre ci focalizziamo, riceveremo varie sensazioni. È ora di selezionarne una e analizzarla, puntando il focus sulla zona del corpo che ci sta parlando, quella che sentiamo maggiormente. Non analizziamo quindi la sensazione, ma solo il punto del corpo specifico che ci arriva più definito. Si definisce la zona del corpo e si lascia indefinita la percezione del problema.
Lasciandoci andare, ascoltiamo ora la nostra mente e catturiamo qualche frase, immagine, gesto o suono che ci suggerisce. Pensiamo a come descriveremmo il problema e ascoltiamo il simbolo che la mente ci dona. Ne sentiremo vari, ma alla fine capiremo quello che combacia con la sensazione, proprio come quando dimentichiamo qualcosa e ripercorriamo le ipotesi, o quando vediamo un volto riconosciuto e non riusciamo per un attimo ad associare un nome. Ciò che si prova troverà una definizione in maniera spontanea.
Focalizziamoci ora su questa parola, frase, immagine o suono che associamo al problema e verifichiamo se coincide, se combacia. Dobbiamo lasciare, appunto, che risuoni, che venga confermata da un piccolo segnale fisico. Solitamente è una sensazione di rilassamento. Perché proprio come quando ricordiamo ciò che abbiamo dimenticato, il corpo ci comunica sollievo.
È a questo punto che possiamo chiedere al nostro corpo più nello specifico cosa ci sia nella sensazione provata. Paura? Disagio? Sgradevolezza? Qualcosa di irrisolto? Inadeguatezza? Possono essere molte le risposte, e quando il corpo la troverà accadrà proprio ciò di cui parlavamo: body shift e flat sense. Il corpo infatti cambierà per un attimo, di nuovo, e porterà ad una nuova sensazione di sollievo nel momento in cui riconosceremo la sensazione. Il corpo, insomma, continua a modificarsi e aggiustarsi dandoci le risposte che cerchiamo.
L’accoglienza finale è l’obiettivo del focusing: accogliere il cambiamento, accogliere le sensazioni, accogliere il rilassamento. Il tutto, in questo modo, si ridimensiona, il quadro ci appare più chiaro e da questo punto possiamo fare partire il cambiamento positivo.
Se vi interessa approfondire il concetto di Focusing, molto utili sono i libri scritti proprio da Eugene Gendlin: “Focusing, interrogare il corpo per cambiare la psiche” e “Il focusing in psicoterapia - introduzione al metodo esperienziale”.
Giulia Mandrino
Donald Winnicott è un pediatra britannico vissuto nel secolo scorso. Fu anche psicoanalista, e questo connubio di specializzazioni lo portò a diventare uno dei pionieri della scuola delle relazioni oggettuali, ma soprattutto, uno dei più conosciuti teorizzatori sul rapporto madre-bambino e sullo sviluppo psicologico ed emotivo dei bimbi.
Di Winnicott sono conosciute varie teorie, a partire da quella sul contenimento delle angosce del bambino da parte della madre fino a quella degli oggetti transizionali, oggetti che attraverso il rapporto tattile con il bambino lo aiutano nel suo sviluppo psicologico (peluche o coperte, ad esempio, che rappresentano il rapporto con la madre e che aiutano anche con il distacco e con il riconoscimento della soggettività e del mondo, del “me” e del “non-me”).
La sua teoria più conosciuta e discussa (perché ha moltissime implicazioni e dà moltissimi spunti di riflessione), tuttavia, è quella della “madre sufficientemente buona” (o dei “genitori sufficientemente buoni”).
La teoria di Donald Winnicott sulla madre sufficientemente buona ha un merito: quello di aver liberato le spalle delle madri dal peso, grevissimo, della perfezione. Non esiste una madre perfetta, non esiste l’educazione perfetta. I nostri figli subiranno traumi a prescindere dai nostri sforzi, e di conseguenza aspirare alla perfezione potrebbe solo essere controproducente.
Detto questo, ciò non significa abbandonarli a se stessi. Non significa non tentare di dare loro un’educazione positiva e buona. Non significa non fare il nostro meglio. Significa solo evitare di pensare che se sbagliamo siamo sbagliate noi.
Per Winnicott le imperfezioni fanno parte della madre, e non dovremmo tentare di cancellarle. Perché una madre buona ha già dentro di sé le capacità di essere attivamente presente nella vita del suo bambino trasmettendogli amore e protezione nonostante le preoccupazioni, le passioni forti, le ansie, le incertezze o la stanchezza.
In maniera istintiva la madre sufficientemente buona sa accudire il suo bambino. Sa misurare le cose buone e le frustrazioni inevitabili. Perché per sua natura possiede la “preoccupazione materna primaria”, che le permette di dare al bambino tutto ciò di cui ha bisogno, nei tempi in cui il proprio figlio manifesta questi bisogni.
Winnicott non si limita però alla madre buona. Esiste anche quella “non sufficientemente buona”, certo. Ma in questo caso la condizione è data da una patologia, psicologica, depressiva o di questo genere. In questo caso la madre agisce meccanicamente, senza creatività o adattamento. In questo caso il bambino non solo non sarà protetto dalle angosce della madre (che, quando sufficientemente buona, riesce ad arginarle), ma andrà incontro a pericoli per lo sviluppo psicologico ed emotivo. Perché?
Per capirlo dobbiamo riprende un’altra teoria di Winnicott, quella dello spazio transitazionale. In questo spazio, per un periodo di tempo, il bambino vive, secondo il pediatra, in uno stato di “onnipotenza soggettiva” nel quale è convinto di essere la causa di tutto e di creare e distruggere le cose a proprio piacimento. Anche la madre, in questo spazio, viene percepita dal bambino come un’entità costruita con i suoi desideri. Pian piano, poi, il bambino abbandonerà questa visione per capire che la madre vive indipendentemente da lui e dai suoi bisogni.
Con una madre non sufficientemente buona, tuttavia, il bambino rischia di vivere in un mondo semplicemente presentato fatto e finito dalla madre, che non asseconda i suoi bisogni ma che risponde a questi indipendentemente da quando insorgono.
Insomma: in questa situazione non è la madre ad adattarsi al bambino ma il bambino ad adattarsi alla madre. Il problema è che in questo modo la madre distrugge fin da subito l’esperienza dell’onnipotenza soggettiva del bambino, eliminando anche la creatività nascente e distorcendo la visione del legame tra mamma e piccolo.
Come dicevamo, tuttavia, la madre non sufficientemente buona non è la regola, ma l’eccezione, un’eccezione data dalla psicopatologia. Ciò significa che, quando non in presenza di una situazione di questo genere, le madri possono essere considerate generalmente sufficientemente buone. E come si traduce sulla quotidianità e sull’educazione odierna questa teoria di Donald Winnicot?
Per troppo tempo le madri (e, aggiungeremmo, i padri, in un’epoca nella quale fortunatamente la figura paterna sta prendendo il posto che gli spetta) hanno ceduto ai sensi di colpa di fronte ai propri errori: gli errori, proprio come insegniamo ai nostri bambini, servono per crescere, aiutano a formare la propria coscienza.
Perché quindi fustigarsi quando a sbagliare siamo noi genitori? Meglio rendere questi errori costruttivi. I nostri figli attingeranno da questa nostra tendenza, sapranno vedere che l’errore è solo un errore.
Anche perché Winnicott va oltre, e dice ad alta voce qualcosa che ogni genitore nella vita prima o poi pensa: si hanno molte ragioni per detestare il proprio figlio. Ma questo non significa non fornirgli ciò di cui ha bisogno, non occuparsene con amore o rispondere sempre adeguatamente alle sue richieste. Non significa non amarlo e non significa non essere buoni genitori.
Perché si è comunque buoni genitori, pur non essendo perfetti. Non dobbiamo cercare la perfezione nel crescere i nostri figli, ma dobbiamo sempre cercare di fare il nostro meglio. Essere consapevoli dei propri difetti, dei propri errori e delle proprie mancanze è positivo. Basta non lasciarsi buttare giù da tutto questo o farci sopraffare dai sensi di colpa.
Accettare i propri limiti cercando di migliorarci dove possibile è ciò a cui dobbiamo aspirare. Non alla perfezione, perché non esiste, e perché nella ricerca di essa è troppo forte il rischio di farci male, facendo male ai nostri figli.
E poi, se ci pensiamo, nostro figlio non ha bisogno della nostra perfezione. Ha bisogno di crescere da solo, supportato dalla nostra guida. Non ha bisogno della nostra presenza perfetta per tutta la vita, ma ha bisogno della nostra cura adeguata e del nostro esempio.
Anche guardando ai nostri errori e alle nostre mancanze nostro figlio crescerà. Inizialmente avrà costantemente bisogno di noi, ma pian piano svilupperà un naturale bisogno all’indipendenza, e noi, da genitori buoni e umani, saremo lì a sostenerlo, a supportarlo, a dargli affetto, ma anche a lasciare che faccia esperienza della frustrazione, del dolore, degli errori. Esattamente come facciamo noi.
Giulia Mandrino
Sottile ma morbido, delizioso e soprattutto perfetto per accompagnare ogni nostro piatto e da riempire per pranzi o cene alternative: il pane arabo ci piace moltissimo, e realizzarlo ci dà molta soddisfazione. Ecco la nostra ricetta!
Variare: lo possiamo fare in tanti modi. Come ad esempio sostituire il pane in tavola con uno snack altrettanto delizioso e sfizioso! I grissini fatti in casa sono buonissimi e sono più semplici da realizzare di quanto si creda. Ecco la nostra ricetta dei grissini fatti in casa con farina integrale e olive verdi!
Un passeggino gemellare deve essere innanzitutto comodo. Deve essere sicuro, maneggevole e compatto. Perché un passeggino gemellare dovrebbe facilitare la vita ai genitori, non complicarla! Quando arrivano due gemellini o due fratellini a distanza di pochi anni, questo strumento (oltre a tutti gli accessori necessari alla vita di un bambino!) è indispensabile. Sappiamo però che nel mare di proposte è difficile scegliere il passeggino gemellare perfetto.
Ecco perché abbiamo deciso di aiutarvi fornendovi i consigli più utili nella scelta dei passeggini gemellari e proponendovi una selezione dei migliori.
Come scegliere un passeggino gemellare? Innanzitutto, deve essere sicuro e rispettare quindi gli standard di sicurezza, soprattutto per quanto riguarda gli agganci per la seduta.
Se avete un’automobile, il passeggino gemellare dovrebbe poi piegarsi in modo da starci in macchina, nel baule. Le ruote dovrebbero quindi essere dotate di un sistema di bloccaggio sicuro e forte e la struttura dovrebbe essere leggera ma robusta.
Da non dimenticare poi gli optional, che sono sempre molto comodi: gli ombrellini laterali, il paravento o il telo antipioggia.
Detto questo, si possono scegliere più tipologie di passeggini gemellari: esistono quelli affiancati, nei quali le due sedute sono posizionate fianco a fianco. In questo caso, è molto utile per i bimbi che amano guardare il mondo mentre passeggiamo, ma è scomodo in alcuni casi, dato che fatica a passare dai corridoi o sui marciapiedi troppo stretti. Tuttavia molti genitori lo ritengono il più comodo e la scelta spesso ricade su questi (che sono anche i più comuni in commercio).
Per tutti i giorni è molto comodo il passeggino gemellare tandem, con le sedute posizionate l’una dietro l’altra. I bimbi, in questo modo, non stanno vicini, ma divisi, ed è quindi meno “personale”, ma è davvero comodo perché stretto e quindi più semplice da spostare sui marciapiedi o in casa (ci passa benissimo dalla porta). Se non amiamo l’idea che i bambini stiano uno dietro l’altro, soprattutto perché il bimbo dietro ha la visuale spezzata, sarà utile scambiarli di posto di tanto in tanto.
Esiste poi il passeggino gemellare divisibile, che può essere diviso nel caso in cui siano due le persone a portarlo.
Infine, ecco i passeggini gemellari duo o trio, fatti apposta per accompagnare i bambini fin dalla nascita: passano infatti dalla culla, all’ovetto fino al passeggino.
Tra i nostri preferiti sta certamente il McLaren Gemellare Twin Techno, omologato dagli 0 ai 36 mesi. È un passeggino gemellare affiancato leggerissimo, che si chiude in un attimo (ed è tranquillamente riponibile nel baule) ed è quindi perfetto per le uscite in famiglia! Anche in città, per la sua leggerezza, è imbattibile. Meno adatto alla neve, alla terra o alla sabbia.
Ottimo è anche il Bebè Confort Dana 2, pensato per i bimbi dagli 0 mesi. È molto maneggevole e lo schienale è regolabile a tre posizioni. Perfetto per la città e per lo shopping!
Molto leggero (chiuso pesa circa 13 chili) è il passeggino gemellare Echo Twin di Chicco: Lo schienale può essere regolato anche in posizione sdraiata (utilissimo per i pisolini!), le ruote sono anche piroettanti (e quindi è super maneggevole) e anche questo è utilizzabile fin dalla nascita.
Dai 6 mesi comodo è il Baby Jogger City Mini Double, a quattro ruote e ancor più leggero (10 chili).
Ha tre ruote, invece, l’Out’n’About Nipper Double: è utilizzabile dagli 0 mesi e la caratteristica principale, quella delle 3 ruote, lo rende manovrabile in maniera davvero, davvero comoda. Utile sia in città sia per le passeggiate.
Anche il BOB Ironman Duallie ha tre ruote, ma è ancor più specifico perché è ideale per i genitori che amano lo jogging: è utilizzabile dai 6 mesi dei bambini, ha lo schienale regolabile e ha il freno a mano. Le ruote non sono piroettanti, ma è fatto proprio per la camminata e la corsa sportiva in famiglia ed è quindi fatto apposta!
Per quanto riguarda i passeggini gemellari tandem, ecco l’ABC design zoom, pensato apposta per la città: per bimbi dai 6 mesi, ha lo schienale regolabile in ben 4 posizioni, l’impugnatura regolabile e una chiusura a libro molto comoda per il trasporto in automobile o per riporlo in corridoio.
Anche il CAM Twin Pulsar è un passeggino gemellare tandem: questo è adatto fin dalla nascita, si chiude a libro stando in piedi da solo, è adattissimo alla città e comprende una borsa fasciatoio, la capottina, i coprigambe, il parapioggia e una cesta portaoggetti.
Parlando invece di passeggini gemellari trio, qui trovate una buona selezione!
Giulia Mandrino
(Photo credit: Samuele Gamba)
Fatica: probabilmente è questa la parola che associamo più spesso alla dislessia. Perché la dislessia porta questo, porta la fatica. Che non è solo la fatica a leggere o a studiare, ma anche a sopravvivere in una società che ancora (purtroppo) non ha gli strumenti necessari per andare incontro alle esigenze dei dislessici. Soprattutto, è faticoso vivere in una società nella quale la dislessia è ancora vista come una malattia o una mancanza. Un luogo comune da sfatare, assolutamente. Perché la dislessia è semplicemente un modo diverso di vedere le cose, di ragionare. E basterebbe davvero poco per rendere a tutti la vita meno faticosa!
L’arte: ecco una delle vie attraverso cui portare messaggi e smuovere le coscienze. E in merito alla dislessia c’è un artista che ci piace moltissimo, e non solo perché porta la sua condizione sulla tela, ma perché le sue opere sono davvero bellissime. Si tratta di Samuele Gamba e ora vi spieghiamo il suo lavoro.
Samuele Gamba è dislessico. Ma soprattutto, Samuele Gamba è un artista. La commistione tra questi due suoi lati porta ad una meraviglia: la dislessia raccontata in maniera artistica.
Ha poco più di vent’anni, Samuele, ed è mantovano. E ha fatto della sua arte uno strumento per parlare di qualcosa di cui si parla molto ma di cui si sa poco, generalmente: la dislessia. Con la sua espressività, Samuele riesce a parlare a colpi di pennello della sua fatica, ma anche del suo potenziale, della sua emotività e della sua empatia, che sono propri di tutti coloro che sono affetti da dislessia, ognuno a proprio modo.
Le sue tele contengono colore e segni, ma anche lettere e parole. E come potrebbero mancare? E poi i numeri. Perché la dislessia colpisce anche il calcolo.
Sono opere piene di significato e di espressività, quelle di Samuele. Sì, potremmo dirle espressioniste: perché è attraverso esse che l’artista esprime il suo sentimento nei confronti della dislessia, facendolo esplodere sulla tela, portandolo fuori da se stesso per donarlo al mondo. Ma non è un sentimento propriamente diretto alla dislessia in sé. Piuttosto, sono emozioni riguardanti il sistema scolastico, che ancora troppo spesso non riesce a lavorare con gli alunni dislessici, trattandoli in maniera sbagliata, o accondiscendente o irrispettosa.
(Photo credit: Samuele Gamba)
Sulla sua pagina Facebook sono pubblicate le sue opere, con bellissime spiegazioni: alcune parlano del dito per seguire le lettere sul libro consigliato da piccolo, altre della fatica a comprendere e ricostruire un testo (si fatica a leggere, e questo fa perdere il filo); ci sono poi il tentativo di trovare una propria strategia, l’importanza della diagnosi (presa un po’ sottogamba dalle scuole)… E infine la decisione di trovare il proprio percorso artistico al di là della scuola, dopo il diploma.
Tutto questo non è un caso: la dislessia è semplicemente un disturbo che colpisce lettura, scrittura e calcolo e che lascia invece intatte le altre funzioni intellettive. I dislessici, quindi, faticano quando intenti in queste attività ma sono assolutamente intelligenti quanto gli altri, se non di più. E dal momento che per imparare ed esprimersi si trovano a dover inventare strategie e a ricorrere ad altri mezzi, spesso l’arte diviene strumento preziosissimo. E se aggiungiamo che nei dislessici sono frequenti empatia, emotività, coordinazione e spirito artistico al di sopra della media, capiamo che è naturale che nelle accademie d’arte e nel settore artistico in generale la percentuale di dislessici sia superiore alla media!
(Photo credit: Samuele Gamba)
Samuele è solo un esempio, ma ci piace pensare che possa essere non solo utile a chi vuole conoscere meglio la dislessia, ma un esempio per chi è affetto da questo disturbo: non bisogna desistere ma semplicemente trovare la propria strada, la propria espressività.
Giulia Mandrino